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Una ricorrente spada di Damocle

E’ una contraddizione che non ha una cura continuare uno sviluppo illimitato in un pianeta che ha risorse limitate.

risorse non rinnovabili, non sono rinnovabili; il loro consumo supera la velocità con cui si rinnovano.

Perché le

Prima che la crisi riportasse il suo prezzo a livelli più “normali” la preoccupazione mondiale era andata alle stelle

per l’infiammarsi del prezzo della sua fonte energetica primaria: il petrolio. Il balzo del prezzo è probabilmente

dovuto al fenomeno speculativo e all’ingresso prepotente nell’economia da parte dei Paesi in fase di crescita, in

particolare Cina e India. È bastato l’aumento brusco del prezzo del greggio per provocare un effetto diapason

sul costo di una vasta gamma di beni e servizi in comparti anche molto distanti tra loro. Questo evento ha

portato a riflettere su uno scenario di questo tipo dove il prezzo dei beni cambia rapidamente e vi sono

conseguenze importantissime su altri prezzi(il prezzo poi rientrò grazie alla crisi). Artefatto della storia:

durante la prima crisi petrolifera (1973) alcune testate giornalistiche recitarono: “è la peggiore e più lunga

recessione dal 1945”. La differenza inquietante con l’oggi è che la richiesta di energia aumenta

esponenzialmente ogni giorno. Come successe allora e nel 2008, fenomeni di questo genere che alterino gli

equilibri energetici continueranno a proporsi con conseguenze sempre peggiori se non cambia qualcosa. Con una

materia prima critica come il petrolio che oscilla come uno yo – yo crisi di questo genere saranno sempre dietro

l’angolo. Con il greggio a 200 dollari (si era ipotizzato durante la crisi) lo scenario non sarebbe che potuto essere

il seguente: moltissime famiglie sotto il livello di povertà; molti più poveri; difficoltà generalizzata di accesso ai

consumi; ricorso a canali distributivi oggi poco utilizzati come gli outlet, gli spacci aziendali, magari anche lo

scambio e il baratto; meno quantità acquistate e meno frequenza nel consumo; meno frequenza nella

sostituzione; transizione verso marche o prodotti meno costosi, maggiore acquisto dell’unbranded. Lo scenario

con il greggio da 300 dollari è impossibile da pensare con l’economia odierna. Penso che sia possibile che perché il

sistema economico esploda basta che una sua componente strutturale vada fuori controllo: l’esempio più chiaro è

l’ingresso nel mondo economico dei due superpaesi in crescita Cina & India. In molti sostengono che anche senza

la crisi il solo aumento del prezzo del petrolio avrebbe generato una recessione. La crisi ha funzionato se

vogliamo anche da “calmiere”, da “boa di salvataggio” abbassando il livello di prezzo del petrolio. Se questa

variabile è veramente sufficiente a generare queste recessioni allora in futuro si andrà molto probabilmente

verso il ripetersi di queste crisi, magari anche con una certa regolarità. 7

La risposta italiana alla crisi è stata (anche se non ufficialmente) la scelta del nucleare. Grande errore. In

termini di energie pulite siamo il fanalino di coda dell’Europa. Il capitolo nucleare si è riaperto improvvisamente,

senza che fosse avvenuto nessun serio coinvolgimento dell’opinione pubblica come in passato. Inoltre è stato

presentato come una scelta inevitabile, quando le fonti rinnovabili sono state ignorate. Abbiamo scelto la

soluzione più costosa: l’uranio già carissimo si sta rincarando per lo stesso motivo della benzina: sta finendo. In

più è una soluzione a lungo termine: il primo reattore sarà pronto nel 2020, mentre servono soluzioni che

rispondano all’odierno. Anche la questione sicurezza è contro: almeno 500 incidenti di piccola entità sono

avvenuti. In più il problema lasciato al futuro dello stoccaggio ed eliminazione delle scorie è quanto di più

eticamente scorretto si possa fare.

La responsabilità del credito al consumo. È davvero incolpevole l’economia reale?

La crisi del 2008 è una crisi annunciata (petrolio) ma anche una crisi che segna un importante stacco dal passato.

È diversa da quelle che ci sono state in precedenza per diverse ragioni: le conseguenze, il contesto storico e

infine lo scenario futuro che genererà. È l’ultimo colpo di coda dell’epoca moderna che va tramontando sotto

l’incalzare di nuovi modi di produzione. Se si volesse indicare una data che certifichi l’inoltrarsi della società

moderna verso un rapido tramonto, il raggiungimento di una inoltrata senescenza questa coinciderebbe con

l’introduzione di internet. Questa crisi si è mostrata con così tanta virulenza da distogliere l’attenzione sulla

natura e la portata dei profondi processi di cambiamento indotti dall’emergere di nuovi sistemi di valori,

orientamenti all’azione, nuove sensibilità. La crisi era prevedibile vista la possibilità di vederne tutti i fattori

scatenanti. Il problema è stata la visione d’assieme. Inoltre è stata resa peggiore dall’irresponsabilità e dalla

voracità di spregiudicate operazioni finanziarie, in particolare il ricorso al credito. Pensiamo che accanto all’Asia

che risparmia anche fin troppo (è da ricercarsi nella sua cultura secondo me) (Cina risparmio = 50% PIL) c’è un

America che grazie a quei soldi spende e consuma troppo, soprattutto ricorrendo in maniera ossessiva al credito.

Il fattore scatenante della crisi è risaputo: concessione a tutte le famiglie, anche le più povere e indebitate di

mutui che giungevano a coprire il 130% del valore della casa con la prospettiva di riuscire a onorarli con

l’ipotizzato aumento di valore della stessa. Comunque sia erano in questa situazione perché tempo fa la

concessione del credito venne considerata strategica sul piano economico e politico (ragioni anche storiche).

Piano economico perché si pensava che questi mutui facili potessero facilitare i processi di crescita,

consentendo di liberare risorse delle famiglie da destinare ad altri tipi di acquisti, politico perché si ritenne di

attuare una politica redistributiva offrendo ai poveri denaro per acquistare abitazioni sempre più costose. I

crediti tossici, quelli cioè ormai carta straccia, generarono una bolla, un crack che ebbe ripercussioni immediate

in tutto il mercato finanziario globale. In più il settore immobiliare è solo una quota parte del debito complessivo

contratto dalle famiglie americane per accedere al consumo. Basi pensare che negli USA il debito contratto con

le carte di credito (revolving card) può essere estinto fino a un massimo di un anno. Viene da sé che è normale

che l’insolvenza si moltiplichi ma soprattutto che l’ammontare totale da restituire in una situazione del genere

diventi veramente imprevedibile. Tra l’altro andando a vedere vi sono parecchie analogie tra l’accesso al credito

indiscriminato di oggi e quello antecedente la crisi del ’29: si comprava oggi a credito ciò che domani mi avrebbe

consentito di guadagnare. Mettevo un dollaro oggi e il broker me ne dava 9 in prestito con cui poi avrei comprato

i materiali per guadagnare. In Italia il contraccolpo del collasso americano ha fatto meno danni data la vocazione

autarchica del sistema bancario. È reso comunque inquietante per via della difficile tracciabilità dei derivati.

L’accesso anche patologico al credito al consumo ha alimentato l’economia reale (creando l’effetto per cui era

stato reso possibile) sottolineando la stretta interdipendenza fra le molteplicità dei fattori che hanno generato

e alimentato la crisi. Creata anche da un’offerta sempre più iperbolica da parte del mondo della produzione,

indifferenze alle conseguenze sociali di questa ma anche sollecitata da una domanda stimolata perfidamente che

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ha visto nei beni e servizi immessi a getto continuo sul mercato i suoi nutrimenti terrestri e a cui un sistema

finanziario ha, irresponsabilmente, reso possibili risorse praticamente illimitate per accedervi.

4. Risposte vecchie a scenari nuovi

4.1 Aumentare i consumi

Secondo l’opinione comune (soprattutto degli industriali) occorrerebbe riproporre il prima possibile lo status quo

precedente alla crisi per poterla superare. Per le persone intelligenti che studiano i consumi questa deve subito

sembrare una soluzione stupida. Come è possibile tornare alla situazione precedente quando: la crisi ha creato

uno stacco dal passato; sono cambiati i comportamenti di consumo; sono cambiati gli atteggiamenti al consumo e

sono cambiati i valori di consumo? Queste differenze non si sono avute in tutta la comunità, ma già in buona

parte si; si sono avuti stacchi dal passato anche radicali nei confronti dei precedenti modi di vivere. Questo per i

produttori significa proporsi all’uscita di questo tunnel con un’offerta coerente con le nuove sensibilità sociali e

ambientali e non con la precedente e invocata situazione. Non si può continuare a offrire prodotti e servizi per

cui non si sente più come in passato una reale necessità. È necessario cogliere che dietro la recessione nei

consumi non c’è più soltanto un minor reddito disponibile ma lo stato nascente dei prossimi comportamenti di

acquisto. Il consumatore in questi anni è diventato più attento, selettivo, competente, esigente, difficile da

accontentare. Ha sviluppato un crescente nomadismo (fisico e informatico) alla ricerca di punti di vendita,

prodotti e servizi a un costo più contenuto. Si è accorto che la rinuncia ad alcuni acquisti, o allungare i tempi di

sostituzione non ha provocato la morte. C’è anche una particolare colpa del mercato dell’offerta: non ha saputo

offrire reali innovazioni che attraessero il consumatore. Anche la gerarchia dei bisogni è cambiata: in questo

senso nel periodo di crisi ci sono stati comparti del consumo che sono andati in controtendenza. Vedi le spese

per la salute, per le vacanze, per l’hi-tech. Si sono presentati nuovi sistemi di valori che stanno orientando in

maniera diversa al passato le scelte del consumatore. Parlo di etica, autenticità, cultura digitale, sostenibilità

ambientale. Un certo signor Alesina illustra ironicamente come le industrie ormai “passate, antiche” si siano

sedute: “oggi è più che mai necessario che i consumatori cinesi facciano il loro dovere: consumino! Speriamo che i

cinesi consumi più che possono nei prossimi cinque anni in modo che noi possiamo finalmente vendere i nostri

vecchi prodotti. Dell’ambiente e degli altri problemi ce ne occuperemo usciti dal tunnel”. La convinzione che la via

d’uscita sia comprare a tutti i costi è veramente miope e becera. Il nostro prime minister

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A.A. 2013-2014
40 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher coral94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei consumi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Martinengo Maria Cristina.