Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Lo scenario va cambiando: il consumatore può scegliere tra una varietà di prodotti e
significati sempre maggiore.
L’offerta che un tempo era dedita a standardizzare oggi sforna a getto continuo nuovi
modelli e nuovi messaggi per attrarre l’attenzione del consumatore.
È ormai diventata maggiore la “fatica” di trovare “spazio in vetrina” piuttosto che
quella di produrre.
C’è sovraffollamento di prodotti, e ogni volta la posizione va riconquistata e il
consumatore sta acquisendo dimensioni di valore e qualità diversi dalla sua
tradizionale enciclopedia.
Questa fluidità di rapporto consumatore – produttore sanziona una novità importante:
il consumatore non è più prigioniero (captive) della segmentazione di mercato stabilita
dall’offerta, ma esercita un giudizio discrezionale e quindi un potere di scelta,
passando da un segmento all’altro o ignorando la differenza.
Il significato dell’atto di consumo non è più quello assegnato dall’offerta, ma è quello
che il consumatore elabora in modo autonomo, anche quando si supporrebbe fedele al
prodotto/marca.
Vi sono diverse evidenze dei mutati rapporti di forza tra produzione e consumo
rispetto al passato:
1. Il consumatore è più autonomo prende distanza dalla subalternità nei confronti della
produzione, da cui deriva la CRISI DELLA FEDELTA’ ALLA MARCA.
In un momento dove i mercati sono sostanzialmente stabili e il marketing offensivo
non porta risultati (conquistare un nuovo cliente costa 4/7 volte più che mantenerne
uno), l’esigenza sarebbe quella di stringere un rapporto più stretto con il consumatore.
La marca, rappresenta ancora un punto di riferimento importante, una certificazione di
qualità, una semplificazione e rassicurazione per l’acquisto. Ma in questi anni il
consumatore è divenuto più autonomo, nomade, meno dipendente dalla soggezione
alla marca e rivendica una crescente libertà di scelta e sperimentazione.
Ormai dall’unica marca si è passati alle 2/3 per poi scegliere fra queste sulla base di
considerazioni come il mood del momento, la reperibilità, un’offerta speciale, una
campagna pubblicitaria, l’efficacia della comunicazione o i contenuti etici.
RISPOSTA = si potrebbe provare instaurando un rapporto vero e proprio tramite il
marketing relazionale, magari anche sviluppando quelle caratteristiche che il
consumatore dichiara apprezzare di più: innovazione reale, buon rapporto
qualità/prezzo, essere depositari di valori culturalmente attuali e significativi,
sensibilità alle responsabilità sociali della marca.
1. Molti prodotti sono ormai per il consumatore delle OPERE APERTE: essi sono disegnati
per essere usati in modo flessibile, polivalente, adatto a diversi contesti e giudizi di
uso. Chi li utilizza non accetta l’etichetta ma vi entra rivendicando un ruolo da
protagonista.
Irrompe la creatività di un consumatore attivo, capace di sense – making autonomo.
Anche nei confronti della marca si acquisisce consapevolezza che risulta determinante
alla sua costruzione l’apporto del consumator.
Si teorizza che una marca esiste se e in quanto viene riempita di senso dal
consumatore e si parla anche di rapimento, hjianking della marca da parte del
pubblico.
Ma perché meravigliarsi? Il consumatore è l’unico che conosce a fondo il contesto
d’uso e i significati profondi che a esso sono associati.
Il produttore deve capire il senso dei diversi atti di consumo simulando un mondo che
non conosce se non in superficie.
Il consumatore, esplorando, può far lievitare il senso da lui assegnato al consumo
partendo dai significati presenti nella trama del vissuto quotidiano.
Per il consumatore cambiare il modo di consumare equivale ad assumere un rischio, a
ridefinire la propria identità.
1. ANTICONFORMISMO DEL CONSUMATORE = egli elabora significati polemici nei
confronti dell’offerta. È un comportamento non proattivo (come 2.), ma di resistenza,
di significati “ribelli” rispetto a quelli tradizionali, che si traducono in stili di vita e
universi culturali nuovi (vedi abbigliamento, i punk?).
In qualche caso il marketing si limita a registrare questi usi “impropri”; in altri rinuncia
a guidare un processo che sembra respingerlo, e si mette a inseguire ciò che gli è
stato suggerito. Allora quelli che apparivano come usi impropri possono diventare
conoscenze nuove, con cui il consumatore ha involontariamente contribuito al valore
della filiera.
Per resistere attivamente ai tentavi di “cattura” da parte del produttore non sono
pochi i consumatori che sottraggono questo spazio di libera sperimentazione al potere
del produttore assegnando autonomamente nomi, significati, funzioni improprie ai
prodotti usati, in difformità patente rispetto alle istruzioni per l’uso dettate dal
produttore.
3.Consumato-re. Il consumatore sovrano, dall’ipocrisia alla realtà
Bisogna finalmente ammettere che il ruolo del consumatore è oggettivamente
cambiato
Quando vennero inseriti i primi supermercati la gente li accolse con scetticismo:
veniva a mancare il rapporto col negoziante che spesso era un momento di
socializzazione, veniva a mancare il libero servizio e i consigli del commesso e
prendeva piede la seduzione della merce, messa su ampi scaffali in grandi quantità.
La frequentazione del supermercato era quotidiana, a testimonianza delle vecchie
abitudini.
Anche la legge stava dalla parte dei conservatori: norme più che protezionistiche
salvaguardarono il dettaglio tradizionale.
Comunque, il paese delle Meraviglie è finito, e Alice è stata deportata. Del
consumatore vecchio non c’è più traccia; ora che ha imparato sa come acquistare.
Quali sono le principali discriminanti di questo consumatore che ha cambiato pelle?
▪ Autonomo = si è scrollato di dosso la tradizionale subordinazione nei confronti della
produzione. È divenuto più critico, ma critico in senso positivo, dialettico.
▪ Competente = ha acquisito molte più informazioni sulle SUE scelte di consumo e,
anche, sulle varie merceologie. Sa valutare con criteri propri che non sono sempre
quelli utilizzati dalla produzione.
▪ Esigente = richiede sempre di più al produttore, in termini di qualità, prestazioni,
attenzione alle sue esigenze.
▪ Selettivo = non è più imbambolato di fronte alle tante offerte del mercato, la crisi di
fedeltà ne è un esempio. Per le categorie merceologiche che più lo interessano ha
selezionato 3/4 marche fra cui sceglie ogni volta con criteri differenti.
▪ Orientato in senso olistico = perché ai fini della scelta coinvolge tutte le dimensioni in
gioco: fisiche e non (valori simbolici e significati sociali).
▪ Disincantato = dimostra un crescente pragmatismo e realismo nei confronti del
mercato. Manifesta quando vuole un sufficiente distacco.
▪ Responsabile = è attento ai significati sociali dei prodotti e ai loro riflessi sull’ambiente
▪ Riflessivo = maggiore percezione del rischio, dell’incertezza, delle paure globali.
Il tutto andrebbe concluso con un difficile da accontentare, ma è abbastanza incluso in
quanto detto prima.
Effettivamente però la soddisfazione dei consumatori sta registrando un costante
declino ed è probabile che sia questa ad accentuare la crisi dei consumi (non il
contrario).
È stata compiuta un indagine dalla CONFCOMMERCIO che rivela una tendenza per i
livelli di soddisfazione in costante decrescita: dal 1996 al 2006 siamo passati dal
70,4% al 63,8%. Meno 5 punti percentuali in 10 anni, una cosa che a dire del
Fabbrucciolo, è scandalosa!
Quali sono le cause di questo decremento nella soddisfazione?
Principalmente 3 fattori:
1. Miopia del produttore = competizione spostata sul prezzo “dimenticandosi” di qualità
e servizio.
2. Esigenze crescenti = il consumatore diventa sempre più maturo e intelligente,
competente, difficile da soddisfare, ha alzato l’asticella della soddisfazione
3. Strumenti inadatti = la strumentazione del marketing di cui si fa abitualmente uso
riflette una struttura sociale e dei mercati che è profondamente cambiata, dove gli
elementi di discontinuità tendono a prevalere.
La transizione da marketing a societing implica una profonda rivisitazione della
cassetta degli attrezzi che il marketing non ha ancora compiuto. L’insoddisfazione del
consumatore ne è la maggiore testimonianza.
Il consumatore va cambiando e la produzione dovrebbe finalmente far suo l’assunto
che conquistare o mantenere un cliente è molto più costoso che nel passato.
Dovrebbe aumentare lo sforzo di rapportarsi all’offerta.
Spesso l’offerta continua sulla litania del “consumatore sovrano” millantato dal
marketing.
Certo, se così veramente fosse, questo sarebbe un monarca a “sovranità limitata”. Il
consumatore in realtà è relegato in una posizione di irrimediabile passività dallo
strapotere dell’offerta che lo limita, modellando le sue esigenze e cercando di farlo a
gire secondo le sue previsioni.
Il “consumatore sovrano” è secondo mr mr un’idea del marketing creata per darsi
autostima e ruolo aziendale.
Il vecchio equilibrio di “finta sovranità” è ormai concluso, lo schema è cambiato.
Sovranità del consumatore era più che altro una locuzione che ricorreva
insistentemente in tutta la letteratura del consumo, dall’economia classica sino a oggi.
Di questa sovranità ci sono però scarse evidenze ma oggi, il convergere di due
fenomeni fin’ora su rotaie differenti lo rende maggiormente verosimile.
1. L’individuo ha terminato il suo apprendistato nel consumo e è divenuto più esigente,
competente, difficile da soddisfare
2. Il mondo web ha messo a disposizione a tutti un livello di conoscenze, opportunità,
scelte inimmaginabili al suo comparire. L’asimmetria informativa che ha sempre
caratterizzato il rapporto tra chi produce e chi acquista tende così ad attenuarsi e il
consumatore dispone di una certa fonte finalmente non interessata per orientare le
proprie scelte.
Purtroppo c’è un’altra ricerca che non ci fa piacere: nel 2006 il 47% di un campione di
italiani affermava che occorreva reclamare nel caso in cui qualcosa non andasse nella
merce comprata.
Nel 2008 siamo passati al 38%. Perché? Perché nonostante il consumatore sia più
attivo eccetera, non reclama più?
La risposta è trovabile nella constatata inutilità dei reclami