Anteprima
Vedrai una selezione di 14 pagine su 62
Sistemi di qualità Pag. 1 Sistemi di qualità Pag. 2
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 6
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 11
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 16
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 21
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 26
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 31
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 36
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 41
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 46
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 51
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 56
Anteprima di 14 pagg. su 62.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sistemi di qualità Pag. 61
1 su 62
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

PRIME

La prima fase va fatta sempre, mentre la seconda fase si attua solo in caso di richiamo del

prodotto dal mercato, oppure in caso di simulazioni di richiamo.

Le informazioni che vengono registrate vengono chiamate informazioni critiche.

Un’informazione critica è un pacchetto di informazioni che corrisponde alle risposte a 5

domande, e se manca una delle risposte, non ho identificato correttamente:

1. COSA, ovvero quali materiali: un materiale deve avere una denominazione e

un’identificazione univoca (numero di lotto);

2. CHI, responsabile, che può essere l’azienda, oppure no, per esempio il fornitore o il cliente o

la società di trasporto;

3. QUANTO, quantità, in genere è meglio rispondere con delle misure di massa e non di

volume, perché la massa rimane costante qualunque sia la temperatura;

4. DOVE, localizzazione ed eventualmente in quale impianto sta avvenendo la trasformazione;

5. QUANDO, in che data ed eventualmente in che orario.

Per quanto riguarda il flusso di materiali, ne abbiamo 2 modelli:

1. FLUSSO CONTINUO, che ospita combinazioni di materiali anche di diversa provenienza, per

cui produce dei lotti con identificazioni incerte. L’identificazione del lotto continuo infatti

© Laila Pansera - 34

è detta parziale, perché non c’è nesso di collegamento tra prodotto finito e materia prima, a

causa per esempio di successivi riempimenti non conseguenti a completi svuotamenti.

2. FLUSSO DISCONTINUO, ovvero avvengono riempimenti e svuotamenti totali degli impianti,

per cui ottengo lotti discontinui, che hanno un’identificazione certa. Questa gestione

avviene per esempio in aziende che producono prodotti biologici.

Gli obiettivi della rintracciabilità sono 2:

• È uno strumento per gestire il rischio, ovvero consente di effettuare ritiri di prodotti

contaminati o potenzialmente contaminati;

• Fornisce garanzia: posso individuare i responsabili dell’errore e effettuare l’analisi delle

cause.

Come si realizza al rintracciabilità

Ci sono schemi di rintracciabilità diversi, quindi occorre capire quale sia il più adeguato

rispetto al contesto. Ci sono 2 aspetti da considerare, che vanno in direzioni opposte (una

penalizza l’altra):

 Garanzia di sicurezza

 Produttività

Tutti gli schemi che si possono creare si collocano tra 2 modelli contrapposti, che dipendono da

2 Regolamenti CE, che danno 2 definizioni diverse di rintracciabilità, pur chiamandola allo

stesso modo:

• Modello generico RF, per tutti gli alimenti e i mangimi, dal Reg. CE 178/2002;

• Modello per unità di prodotto RFP, si applica alle carni bovine, dal Reg CE 1760/2000.

per alcuni altri prodotti ci sono delle varianti specifiche, invece i prodotti che non hanno

regolamenti specifici sottostanno al modello generico.

La scelta di un determinato sistema dipende dal tipo di impianti che ha un’azienda, se continui

o discontinui.

Modello di filiera generico

Gli agricoltori producono materia prima, e la vendono ad un esportatore, che fa delle miscele

delle materie prime, magari perché i singoli produttori producono piccole quantità, oppure per

creare una miscela adeguata. L’esportatore fa arrivare le materie prime all’industria di prima

trasformazione, che produce un ingrediente che manda all’industria di seconda

trasformazione, che manda il suo prodotto finito al dettagliante, e poi arriva al consumatore. Il

Reg. CE 178:

• dice che ogni soggetto della filiera deve tracciare il soggetto che lo precede

immediatamente e quello che lo segue immediatamente, ma non deve necessariamente

conoscere tutta la filiera (art. 18); © Laila Pansera - 35

• non obbliga il trasformatore a tracciare eventuali miscelazioni di materie prime.

In questo sistema la garanzia è minima, tuttavia la legge garantisce il consumatore perché il

produttore deve rispondere in caso di anomalie e deve saper attuare un ritiro dal mercato dei

prodotti. Identificare i propri fornitori e i propri acquirenti significa rispondere alle 5 domande

delle informazioni critiche, e non sono necessarie ulteriori informazioni. Da tener presente è un

concetto particolare: in fase di commercializzazione del prodotto, devo saper rintracciare

l’acquirente solo se è un’impresa, non se è un privato; in fase di fornitura invece l’azienda deve

conoscere l’identità del fornitore, anche se esso non è un’impresa ma un singolo.

Questo sistema si combina benissimo con il sistema di allerta rapido.

Vantaggi di questo sistema:

• è un sistema flessibile,

posso usare gli impianti alla loro capacità ottimale se lavoro in continuo,

o posso standardizzare

o

Gli svantaggi sono:

• devo fare un ritiro maggiore rispetto al prodotto effettivamente contaminato

• è difficile fare l’analisi delle cause e delle responsabilità.

Quindi questo sistema mi garantisce la massima produttività, ma la minima sicurezza.

Modello per unità di prodotto

Il Regolamento CE 1760/2000 prevede che ci sia un collegamento chiaro e inequivocabile tra

tutti i soggetti della filiera. Secondo il Regolamento dobbiamo essere capaci di risalire al

singolo animale attraverso ogni taglio di carne. Ogni soggetto della filiera deve conoscere tutti

gli altri soggetti. Questo Regolamento precede il Regolamento generico (è stato introdotto nel

2000 mentre il generico nel 2002), ed è stato introdotto in seguito all’episodio della mucca

pazza, che hanno generato pochi problemi di sicurezza per il consumatore ma moltissimi

problemi economici per le aziende di produzione della carne.

Le caratteristiche principali sono:

• garanzia elevatissima

• ritiro mirato

• sistema molto rigido.

Il prodotto finito riporta un’etichetta obbligatoria, che riporta informazioni obbligatorie

riguardo la provenienza della carne e il nome del punto vendita. I soggetti precedenti al punto

vendita il cliente non li vede, ma il venditore li conosce. Poi i prodotti possono presentare

anche un’etichetta facoltativa, che contiene informazioni facoltative, che creano più fiducia

nel consumatore. Queste informazioni facoltative possono essere il numero di matricola

dell’animale, la sua data di nascita, l’allevamento, il numero di identificazione del macello, il

numero di identificazione del laboratorio di sezionamento, la categoria della carne, il tipo

genetico, l’età dell’animale al momento del macello e l’indicazione che la dieta dell’animale è

prova di grassi. Queste informazioni sono per lo più indicazioni sulla qualità della carne.

© Laila Pansera - 36

Uno degli elementi che rende applicabile il sistema è il fatto che esiste un sistema di

identificazione dei singoli animali, ovvero ogni bovino alla nascita viene registrato in un

registro anagrafico che lo identifica univocamente con un numero di matricola. Esso gli viene

apposto con dei marchi auricolari, e ogni bovino è dotato di passaporto, per registrare i

movimento del bovino da un allevamento all’altro. Nel luogo di macellazione si rimuovono i

marchi auricolari. Anche in fase di lavorazione si deve mantenere l’identificazione, che avviene

con l’etichetta. Se l’azienda lo vuole, può tenersi in stretto contatto con gli altri elementi della

filiera creando un coordinamento, per poter fornire informazioni aggiuntive.

Sistemi intermedi

Esistono sistemi di rintracciabilità intermedi, descritti da norme volontarie. Per esempio il

sistema descritto dalla norma ISO 22005. La norma ci permette di capire qual è lo schema più

adeguato a un preciso contesto aziendale, per non attuare un sistema esclusivo per la

produttività o per la sicurezza. La norma dà delle indicazioni precise su cosa fare.

1. Scegliere gli obiettivi della rintracciabilità

Se un’azienda produce carni bovine, deve per forza seguire il Reg 1760, ma se un’azienda

produce qualsiasi altro alimento può decidere se seguire un modello rigido come quello delle

carni bovine, oppure un modello generico.

Se per esempio tratto carni avicole, la legge non è così severa come per le carni bovine, siccome

ci sono stati problemi quali l’influenza aviaria, è stato reso obbligatorio identificare

l’allevamento di provenienza del gruppo di animali. Ci sono altre regole per altri prodotti di

origine animale, mentre per i prodotti di origine vegetale l’azienda può usare il modello

generico senza vincoli.

Quando la ISO 22005 dice di individuare gli obiettivi, sottintende che occorre considerare:

• vincoli cogenti

• rischio di contaminazione, anche se non c’è un vincolo cogente per quel prodotto; infatti

se la materia prima è associata ad un elevato rischio di contaminazione, conviene un

sistema rigido

• richieste del cliente, anche se la legge è flessibile.

Se non ci sono particolari richieste, rischi o vincoli e il prodotto è a basso rischio, possiamo

usare il sistema generico, con una maggiore produttività.

2. Definire i criteri di attribuzione del numero di lotto

La ISO 22005 dà una definizione di lotto, come un set di unità di prodotto, che sono state

ottenute, trasformate o confezionate in condizioni simili. Nella definizione la parola simili è un

concetto soggettivo, perché la norma ha lasciato flessibilità all’azienda su cosa definire simile,

che si rivela molto utile. © Laila Pansera - 37

Per esempio abbiamo un impasto che per la fase cottura viene frazionato in 4 pezzi e cotto in 4

forni separati. Un altro esempio è quello della purea di pomodoro, che esce dall’evaporatore e

viene imbottigliata, e va in 4 diverse autoclavi per essere sterilizzata. In entrambi i casi i

prodotti vengono frazionati per necessità dovute alla capacità degli impianti. La ISO 22005

chiede solo di stabilire cosa sia simile per l’azienda, ed è l’azienda che decide cosa le conviene

fare, soprattutto sulla base del rischio di contaminazione. Facendo un prodotto da forno per

esempio il rischio di contaminazione è basso e l’azienda decide di dare un solo numero di lotto,

mentre quando si fanno prodotti pastorizzati e sterilizzati (come nel caso del pomodoro) il

rischio è alto, quindi è molto conveniente tracciare dare 4 diversi numeri di lotto.

3. Definire la struttura organizzativa

Essa comporta 2 aspetti:

• Definire i fornitori e i clienti

Questo punto è già stato richiesto dal Reg. 178/2002.

• Determinare il flusso di materiali sotto il proprio controllo

Questo punto è nuovo rispetto al regolamento cogente. Le aziende che adottano questa norma

solitamente utilizzano flussi di

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
62 pagine
38 download
SSD Scienze agrarie e veterinarie VET/04 Ispezione degli alimenti di origine animale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher panseralaila di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Qualità e sicurezza alimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Lavelli Vera Agnese.