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LOCALIZZAZIONE DEI TERREMOTI
Quando il pennino di un sismografo comincia a tracciare una linea a zig-zag sulla carta,
vuol dire che da qualche parte sta avvenendo un terremoto, ma non sappiamo né dove, né
quando la Terra ha cominciato a vibrare. Ovviamente la prima domanda che ci poniamo è
“dove sta avvenendo?” o anche “a che distanza sta avvenendo?”.
Come fare per localizzare il terremoto, cioè per trovare la posizione della sorgente
(ipocentro o fuoco) o almeno quella dell’epicentro (il punto di emergenza sulla
superficie del raggio terrestre passante per l’ipocentro)?
Localizzare un terremoto significa determinare le coordinate spaziali (latitudine,
longitudine, profondità) e temporali (tempo origine del processo di rottura) del suo
fuoco.
Più il terremoto è lontano, maggiore è il tempo che le onde sismiche impiegano per
giungere fino al sismometro. Le diverse velocità con le quali le diverse onde sismiche
generate da un terremoto si propagano dall’ipocentro, fanno sì che esse vengano registrate
in tempi diversi dai sismografi ubicati sulla superficie terrestre.
Ciò permette la localizzazione dell’ipocentro dei terremoti.
In un materiale elastico (come le rocce) si propagano due tipi di onde di volume (onde P ed
sismogramma, mostra
S) e la loro velocità è diversa. La registrazione di un terremoto, un
l’andamento della vibrazione del suolo in funzione del tempo di arrivo delle onde sismiche.
Sul sismogramma il tempo è segnato ad intervalli regolari così che su di esso è possibile
misurare, oltre all’esatto tempo di arrivo delle diverse onde, anche l’intervallo di tempo fra
il tempo di arrivo delle onde S (che sono più lente per cui arrivano dopo) e il tempo di
arrivo delle onde P (che essendo più veloci arrivano prima).
La differenza fra i due tempi di arrivo sarà tanto maggiore quanto maggiore è la
distanza dalla sorgente del terremoto, perché le onde P, più veloci, guadagneranno
sempre di più rispetto alle onde S.
Tale concetto è paragonabile al classico esempio di 2 automobili che, partite alla stesso
istante da uno stesso luogo di cui non si conosce l’ubicazione, arrivano allo stesso traguardo
in tempi diversi misurabili, viaggiando a velocità costante e nota, ma tra loro differente.
In tal modo possiamo determinare la distanza percorsa dalle 2 automobili, ma non
l’ubicazione del punto di partenza.
Supponiamo che l’automobile più veloce abbia viaggiato costantemente alla velocità di 100
km/h, mentre quella più lenta abbia viaggiato costantemente a 50 km/h; se l’auto più lenta
arrivasse al traguardo dopo un’ora rispetto all’automobile più veloce si potrebbe calcolare la
distanza percorsa (100 km).
Ovviamente se lo scarto fosse di 2 ore, la distanza percorsa sarebbe di 200 km.
La stessa cosa vale per le onde sismiche, ma è indispensabile conoscere la velocità delle
onde all’interno della Terra.
Tali velocità non possono essere misurate in laboratorio su campioni di roccia raccolti dal
suolo poiché le velocità sono diverse da roccia a roccia ed inoltre non è possibile riprodurre
le caratteristiche esatte delle rocce anche a grande profondità.
Inoltre, se all’interno della Terra le proprietà elastiche delle rocce variano, le onde
sismiche non si propagano più con velocità costante (e quindi in linea retta) a causa dei
fenomeni di rifrazione, esattamente come nel caso delle onde luminose.
Potremmo pensare allora di servirci degli stessi terremoti per calcolare la velocità delle
onde sismiche all’interno della Terra.
Ogni giorno i sismometri registrano molti terremoti in varie parti del mondo, cosicché vi
sono onde che percorrono i cammini più diversi all’interno della Terra.
Trovare la velocità equivale a misurare il tempo necessario a percorrere un certo cammino,
time) delle onde entro la Terra. Ma il cammino è quello
cioè il tempo di viaggio (travel
dalla sorgente sismica al sismometro, per cui bisogna conoscere la posizione della sorgente.
Siamo tornati al punto di partenza!
Per trovare la posizione della sorgente di un terremoto bisogna conoscere la velocità
delle onde sismiche; ma per conoscere la velocità delle onde sismiche bisogna
conoscere la posizione della sorgente.
Come uscire da questo circolo vizioso? E’ possibile solo con approssimazioni successive.
la posizione dell’epicentro di un
Supponiamo di conoscere da osservazioni in loco (sismica)
terremoto e l’istante in cui hanno avuto inizio le scosse. E’ così possibile determinare il
tempo impiegato dalle onde a raggiungere vari sismometri, la cui distanza dall’epicentro è
nota. A questo punto bisogna ricavare le velocità dai tempi di viaggio.
IL SISMOGRAMMA
La registrazione che si ottiene dal movimento del suolo provocato da un terremoto si
chiama sismogramma.
Il sismogramma è un grafico in cui sulle ascisse c’è un riferimento temporale e sulle
ordinate l’ampiezza dell’escursione del pennino.
Una successione di oscillazioni riprodotte graficamente permette di trarre informazioni
sulla sorgente sismica e sulla struttura geologica attraversata dal treno di onde sismiche
fino alla stazione registratrice
.
Un pennino scrivente lascia una traccia su un foglio di carta bianca, sovrapposto sul
tamburo del registratore, che ruota, per mezzo di un rullo solidale con il suolo, con una
velocità di rotazione costante (di solito 1 mm al secondo nei sismografi a corto periodo),
accoppiata ad una velocità di traslazione del pennino anch’essa costante in modo che ci
sia equidistanza tra le righe del sismogramma.
Ogni 24 ore il foglio viene sostituito.
Le tecniche di scrittura per i sismogrammi sono di solito di 3 tipi: carta fotosensibile,
termosensibile o ad inchiostro. Delle 6 stazioni dell’OSUB, quelle di MS1 e SG1
utilizzano carta ad inchiostro, le altre carta termosensibile.
Il sismogramma risulta, così, un importante strumento nelle mani dello studioso, il quale,
attraverso una serie di segni convenzionali quali, “tacche marcatempo”, “correzione
oraria”, “mezzanotte”, che forniscono una precisa base temporale, è in grado di leggere
con immediatezza e precisione (dell’ordine del ½ sec) il tempo di arrivo di una
determinata onda e, se riconoscibili, delle varie fasi che la compongono.
La determinazione del tempo di arrivo di un determinato segnale sismico è molto
importante, in quanto è indispensabile per la localizzazione ipocentrale del terremoto.
Inoltre, di un determinato segnale, è possibile misurare altri due parametri, importanti
per stimare la magnitudo di quell’evento: la durata in secondi dell’intera registrazione e
massima in millimetri della stessa.
l’ampiezza
La durata di una registrazione è definita come il tempo, in secondi, intercorrente tra
l’inizio e la fine del segnale.
Il primo corrisponde all’inizio della prima fase (fase P) e quindi della registrazione, il
secondo può essere posto in corrispondenza dell’istante in cui il rapporto tra il segnale e il
rumore di fondo (dovuto ai normali disturbi di registrazione) si riduce all’unità.
E’ bene precisare che la durata della registrazione (che può durare anche molti minuti o
molte ore) non è sinonimo di “durata del terremoto”: infatti, una particolare scossa, cioè
la rottura di una massa rocciosa, si verifica nell’arco da qualche secondo a qualche decina
di secondi, mentre la durata della relativa registrazione risulterà, ovviamente, maggiore,
essendo legata alla vibrazione del suolo, ovvero, all’effettivo intervallo di tempo in cui il
sismometro è stato sollecitato dalle onde sismiche (che subiscono riflessioni e rifrazioni),
sollecitazione che può durare anche per molte ore.
L’ampiezza di una fase costituisce la massima escursione compiuta dalla traccia rispetto
alla linea di riposo.
Dato che la massima escursione può verificarsi sia verso l’alto sia verso il basso rispetto
alla linea di riposo, e con lievi differenze di entità, che dipendono dal bilanciamento della
massa, si preferisce considerare un’ampiezza media, relativa alla “metà dell’ampiezza
picco-picco” dell’onda più ampia. Quindi, il termine ampiezza sarà sempre espressione di
questa semiampiezza così definita.
Come la durata, anche l’ampiezza di una registrazione è legata alla magnitudo di un
evento, e può essere utilizzata per la valutazione di questa grandezza.
Il sismogramma può essere di tipo cartaceo o numerico e quindi la rappresentazione
del moto del suolo può essere grafica (strumenti analogici) o numerica (strumenti
digitali).