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Legate dialetticamente e sinergicamente, queste categorie interpretative concorrono ad ampliare un orizzonte mentale: la tradizione viene sottoposta a "radiografia" e ricostruzione dei "punti da rivedere". È una sfida antropologica e cognitiva. Quell'io che nella modernità e nel illuminismo era stato idealizzato (un uomo razionale, con valori, auto-centrato, cosciente, portatore di valori) diviene "alla ricerca di se stesso" dagli inizi e per tutto il corso del Novecento, dalla rivoluzione psicanalitica in poi: l'unica certezza rimasta, per quanto povera ed effimera, fu quella dell'appartenenza, dell'identità basata su teorie pseudo biologiche. Proprio la continua ricerca di un'identità l'ha resa così preziosa e calcificata, perché si temeva di scoprire cosa "non si era", più che il contrario.

9. Spazio dell'incontro, portarsi lo zaino vuoto (pag.13)

dispositivo pedagogico, una sfida di presente e futuro. Si tratta di uno spazio ideale e fisico da costruire per entrare in un'ottica di relativismo. Coloro che aderiscono e prendono parte allo spazio dell'intercultura devono decostruire le proprie formæ mentis per ricostruirne di nuove, ormai liberate dal pregiudizio e dalla presunzione di "superiorità culturale", sempre presente in chiunque. La scuola in questo deve diventare un luogo di revisione etnocentrica: un luogo di passaggio fra la mente chiusa e circoscritta ad una sfera cognitiva di menti aperte, con proprie specificità, caratteristiche e peculiarità. La scuola si carica quindi della responsabilità di promuovere un dialogo costante, stigmatizzando etnocentrismi e divisioni. È uno spazio dinamico, dato da 4 dispositivi (Cambi pag.49) - Confronto: l'ascolto, il porsi l'uno di fronte all'altro. - Decostruzione: liberarsi dai pregiudizi e

scardinare le proprie certezze.

• Dialogo: dare un volto alla persona con la quale si parla.

• Intesa: fare un patto, stabilire accordi, predisporre lo spazio comune.

10. Lévi-Strauss e lo "sguardo da lontano" (Cambi, pag.19)

Il suo approccio etnologico e il relativismo culturale sono medicine contro il razzismo, che mina alle aperture e all'accoglienza: esso è ormai delegittimato sotto ogni fronte e ha bisogno di essere decostruito e rimosso. Strauss propone dunque questo sguardo da antropologo che deve decostruire il proprio sé per entrare in contatto con le "alterità".

Nella sua esperienza con gli indiani Nambikwara, Lévi-Strauss si mette in discussione, ci fa considerare le nostre certezze e addirittura il nostro modo di percepire l'amore e la felicità.

Vivendo a contatto con questo popolo egli si rende conto di quanto le nostre sovrastrutture, considerate "avanzate, moderne, evolute", siamo

qualcosa che ci allontana dalla vera natura umana, vissuta pienamente dai Nambikwara che si dimostrano esempio di “esperienza più commovente della tenerezza umana”, indicando altre frontiere delle relazioni familiari. L'alterità è dunque spiazzamento e integrazione.

11. Legalità e possibili percorsi scolastici interculturali (Cambi pag.120)

Il concetto di legalità viene spesso definito come un vincolo al nostro agire, qualcosa che pregiudica la nostra libertà. Il motivo per cui essa in molti casi non venga resa operativa è da ricercarsi nel valore di interiorizzazione e intenzionalità del seguire una norma data: se la regola è ritenuta valida e giusta, la moralità prevarrà sulla legalità (Kant) e si avrà il rispetto di una legge non solo per il timore di una eventuale punizione, ma come responsabilità personale e sociale.

La sub cultura dell'illegalità nasce quindi dal fatto

di ignorare non solo la norma e le motivazioni che hanno spinto ad emanarla, ma anche il punto di vista dell'eventuale vittima. Operare un risveglio della legalità presuppone il recupero e la promozione del pluralismo dei punti di vista, mettersi nei panni dell'altro come "parte lesa" e rendersi conto che la giustizia deve valere per tutti, che posso essere colpito da un momento all'altro. Da questa educazione alla "reciprocità" fino all'affermazione di legalità come etica personale, il passo è relativamente breve. In questo percorso la scuola costituisce un terreno privilegiato di promozione della legalità e della coscienza civile: in acquisizione attiva, consapevole e INTENZIONALE che parta da un processo che vuole il bambino al centro. Funzione positiva, risveglio individuale della legalità.

Capire il perché, interrogarsi, pensare criticamente a cause e conseguenze

Riconoscimento e

interiorizzazione del valore della legalità. Il concetto di bene comune. 12. Terra patria: la cittadinanza terrestre (Cambi pag.25) «C'è in comune la stessa umanità, pur nella separazione di lingue, etnie, tradizioni». Umanità comune significa riconoscimento comune di diritti, di diritti che proprio da questa comune umanità emergono e si decantano. Sono diritti della persona che in quanto tale deve essere protetta anche al di sopra dello Stato stesso: l'ONU deve riconoscerla e difenderla. La legge del progresso, votata all'infinito non ha posto limiti alla crescita economica, non ha posto limiti all'intelligenza umana, esasperando la mancanza di misura e l'accecamento umano. Ma alla fine Morin lancia un messaggio. Questo pianeta è il nostro pianeta e pur consapevoli di vivere su un "granello" immerso nel gigantesco universo, è necessario ritrovare l'unità umana e la sua.

profondarelazione con la natura per opporsi alla catastrofe e alla logica della perdizione, a salvaguardia dellasua diversità. Gli uomini passano la maggior parte del loro tempo a sopravvivere: "Dobbiamotentare di vivere non soltanto per sopravvivere, ma anche vivere davvero. Vivere poeticamente èvivere per vivere". (Terra patria, Morin 1994)

"Storia dell'umanità" non significa abbandonarsi e accettare l'inevitabile, ma è una creativacostruzione umana, che fa appello alla responsabilità e allo slancio vitale delle comunità. Lo slancio vitale deve tuttavia essere sostenibile e non sacrificato all'altare del profitto odell'interesse di una singola nazione, perché quella geografica è una suddivisione mentale, diconvenienza e che non incoraggia il pensiero plurale, lotti a planetaria.

Siamo parte di una medesima comunità di destino e ogni azione ci appartiene e interessa, anche seviene

operata dalla parte opposta del globo: è cittadinanza planetaria, una stessa squadra che opera per un bene superiore a quello delle singolarità delle nazioni o dei continenti.

13. Educare all'intercultura non tanto per "accogliere" ma per "essere accolti" in una emigrazione lavorativa/scolastica: quale importanza avrebbe e come formare in questa ottica. (Pag.41)

L'essere migrante è colui che si scopre "in bilico", che non si ancora necessariamente ad un'identità preconfezionata. Essere migranti significa stare in un'esperienza che si caratterizza come avventura, ricerca, incontro. In questa dimensione, non si ha paura di "sporcarsi le mani", né dimettersi in discussione: il proprio paradigma può venire a mancare o essere confutato da un momento all'altro, i suoi confini sono sfumati.

La mente "migrante" è autoriflessiva, metacognitiva, predispone in sé

le infrastrutture di incontro e dialogo: NON SENZA RADICI MA CON RADICI FASCICOLATE!
14. Educazione alla pace e Cultura della pace (Guetta par.3)
L'educazione rappresenta uno dei principali aspetti che formano alla cultura della pace; essa può evolversi ed affermarsi solo se vengono ugualmente e contemporaneamente attivati altri principi fondamentali come l'uguaglianza dei diritti e responsabilità tra uomini e donne, il rispetto dei diritti umani, il sostegno alla partecipazione democratica e alla cittadinanza attiva. (Seminario Guetta) La definizione è stata coniata nel 1989 dall'UNESCO ma oggi più che mai abbiamo bisogno di riflettere sul fatto che l'educazione stessa possa essere veicolo di messaggi di guerra più che di pace: un incitamento all'odio, un "hate speach" che continua a trasmettere l'idea che le relazioni fra le comunità si possano risolvere attraverso il conflitto armato e la guerra. Gli studisostenibilità e la cooperazione è fondamentale per costruire un futuro di pace. L'educazione alla pace ci aiuta a comprendere che la violenza non è l'unica soluzione ai conflitti e che esistono alternative pacifiche. Attraverso l'UNESCO e altre organizzazioni internazionali, si promuove la cultura della pace, la tolleranza, il rispetto reciproco e la comprensione tra i popoli. L'obiettivo è quello di creare una società in cui i diritti umani siano rispettati, la diversità sia valorizzata e i conflitti siano risolti attraverso il dialogo e la negoziazione anziché la violenza. L'educazione alla pace è un processo continuo che coinvolge tutti i livelli della società, dalla famiglia alla scuola, dai media alle istituzioni. È un impegno che richiede la partecipazione attiva di tutti noi per costruire un mondo migliore per le future generazioni.consapevolezza el'intenzione di agitare altre catastrofi. Le armi sono prodotto della scienza, la guerra è prodotto culturale: l'educazione è una grossa POTENZIALITÀ nella costruzione di un mondo futuro, stabilendo regole condivise e dando a tutti la possibilità di partecipare, lasciare ai bambini il modello della partecipazione civica come spunto per un futuro di pace come normale prosecuzione dell'oggi. 15. Educazione alla pace e Dichiarazione di Siviglia (Guetta 3.1) 1989: scienza, cultura e educazione dichiarate non neutrali nella diffusione della "cultura della guerra". L'atto bellico non estingue il suo significato nel mero terrore del conflitto, ma nel pensiero stesso di fare guerra, nel momento stesso in cui pensa di risolvere i problemi tramite conflitto armato. 5 principi della Dichiarazione: 1. La guerra è un prodotto animale e non un istinto animale 2. La natura umana non è votata alla violenza 3. Icomportamenti aggressivi non sono legittimati da "rinforzi storici". La mente umana non è per natura solo aggressiva ed è comunque educabile. La guerra non è "scatenata" b
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Publisher
A.A. 2019-2020
8 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher s.mori di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia interculturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Mariani Alessandro.