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SILENZIO-ASSENZO
1- SILENZO-RIGETTO
2- SILENZIO-DEVOLUTIVO
3- SILENZIO-RIFIUTO o SILENZIO-INADEMPIMENTO
4-
SILENZIO-ASSENZO: si ha quando la legge ascrive ad un comportamento silente del soggetto
pubblico un valore legalmente rilevante, che in questo caso è l’accoglimento tacito dell’istanza
presentata dal privato. Quindi, nell’ipotesi in cui il privato presenti un’istanza di regola volta ad
ottenere un provv. ammin. di tipo ampliativo ( con il quale si fa valere un interesse pretensivo) e la
p.a. non si pronunci nei termini di legge, l’art. 20 l. 241/90 attribuisce a questo silenzio della p.a.
valore legale di accoglimento tacito dell’istanza.
L’art. 20 in realtà è una norma di portata generale (salvo i casi della Scia) in quanto opera ogni
qualvolta il privato richieda l’adozione di un provv. amm. ampliativo (licenze, concessioni,
abilitazioni ecc..).
Uno dei casi di silenzio-assenzo è quello in tema di PERMESSO DI COSTRUIRE (oggi introdotto
nel d.p.r. 280/2001 dal d.l. 79/2011): nei casi in cui decorrono i termini previsti dal d.p.r. per il
rilascio del permesso di costruire si forma il silenzio-assenzo.
SILENZIO-RIGETTO: si ha ogni qualvolta sia la stessa legge a prevederlo. Ha portata residuale e
limitata: si tratta di un’ipotesi contemplata esclusivamente nei casi tassativi previsti dalla legge.
Sono ipotesi di silenzio-rigetto:
La materia dell’accesso a documenti amministrativi. L’art. 25 l. 241/90 prevede
espressamente che decorsi 30 gg dalla presentazione dell’istanza di accesso ad un
documento amministrativo, senza che la p.a. si sia pronunciata in merito, essa è tacitamente
rigettata. Quindi il silenzio equivale ad un provvedimento tacito di rigetto dell’istanza.
La materia dei ricorsi gerarchici. Questi ultimi sono rimedi di tutela giustiziale che a
differenza dei rimedi di carattere giurisdizionale sono demandati all’autorità amministrativa
gerarchicamente superiore. La vecchia legge TAR contemplava espressamente un caso di
silenzio rigetto: decorsi 90 gg dalla presentazione del ricorso, senza che l’autorità
gerarchicamente superiore si fosse pronunciata in merito, quest’ultimo si riteneva
tacitamente rigettato.
SILENZIO DEVOLUTIVO: Previsto dall’art. 17 l. 241/90. Tale art. prevede espressamente i casi
di valutazioni tecniche: si dice che quando l’amministrazione deve richiedere ad organi dotati di
competenze tecniche il rilascio di valutazioni tecniche strumentali all’emanazione del provv. finale,
e nel caso in cui l’organo investito non si pronunci nel termine stabilito, l’amministrazione
devolverà la domanda ad altro organo dotato di pari competenza.
SILENZIO-INADEMPIMENTO o SILENZIO-RIFIUTO: si tratta dell’ipotesi prevalente
nell’ambito del diritto amministrativo. L’art. 2 comma1 l. 241/90 prevede che la p.a. abbia l’obbligo
di concludere un procedimento amministrativo con un provvedimento espresso. Partendo dall’art. 2
si colgono i due tratti qualificanti per la formazione dell’istituto del silenzio-rifiuto:
Inosservanza dell’obbligo giuridico di concludere il procedimento;
Il decorso dei termini procedimentali. Il proc. amm. deve concludersi in un termine che può
essere variamente definito. 3 sono i modi: la legge, il regolamento (attraverso i d.p.c.m.)
oppure in mancanza di termine stabilito con legge o regolamento il proced. si conclude nel
termine di 30 gg. Il termine eventualmente ampliato non deve travalicare il limite dei 90 gg.
Esso può essere portato al limite massimo di 180 gg laddove il proced. riguardi materie
delicate.
Il problema del termine è quello di capire la rilevanza che assume rispetto alla chiusura del
proced. Cioè ci si chiede: i termini sono ORDINATORI o PERENTORI? La differenza
attiene alla conseguenza che deriva dal decorso vano del termine. La risposta la ritroviamo
in procedura civile: di regola i termini si presumono ordinatori, salvo ipotesi specifiche che
attribuiscono perentorietà al termine. Quindi la regola è che decorso il termine senza che la
p.a. si sia pronunciata la p.a. non consuma il potere di adottare il provv. amm. Quest’ultimo
può anche essere adottato tardivamente senza che sia tacciato di illegittimità ma è valido ed
efficace. Al massimo si potrebbe impugnare per vizio di violazione di legge.
Per quale motivo si parlava di silenzio rifiuto? Originariamente era conosciuta soltanto la figura del
silenzio-assenzo. Non era dunque contemplato il caso in cui la p.a. non chiudesse il proced. con
l’emanazione di un provved. espresso. Per disciplinare anche questa ipotesi, successivamente si
cominciò a parlare di silenzio-rifiuto: in questo modo è stata equiparata la mancata adozione del
provv. amm. a un vero e proprio silenzio-rigetto. Il silenzio-inadempimento insomma nasce come
silenzio-rifiuto.
NOVITA’ INTRODOTTA IN MATERIA DI SILENZIO-INADEMPIMENTO DAL DECRETO N.
5/2012 (c.d. decreto semplificazioni): l’art. 1 prevede la figura del superdirigente. Si afferma che
nei casi in cui la p.a. non si pronunci entro i termini, la p.a. ha l’obbligo di procedere alla nomina di
un dirigente,all’interno della compagine amministrativa, a cui affidare il compito di adottare il
provvedimento tardivo. La particolarità è che quando si andrà ad adottare il provved. questo dovrà
contenere, a pena di nullità, l’inciso finale con riferimento al termine ordinario entro il quale
andava adottato e il momento temporale in cui è stato concretamente adottato.
PROBLEMA: se decorre il termine di chiusura del procedimento invano, quindi senza che la p.a.
abbia adottato il provved., ci sono gli estremi del reato ex art. 328 c.p.( omissione di atti d’ufficio)?
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale il decorso del termine di chiusura del proc. amm.
coincide automaticamente con quello dei 30 gg perché si integri il reato di omissione di atti di
ufficio. In sostanza il privato presenta una richiesta alla p.a. Scaduti i 30 gg previsti dalla legge,
oltre al silenzio-inadempimento, c’è anche reato ex art. 328 perchè il decorso del termine di
chiusura procedimentale coincide con il decorso del termine richiesto dalla fattispecie penale per la
sua integrazione.
Questa giurisprudenza è stata superata da un orientamento più evolutivo, che tutela maggiormente
la p.a. e richiede il decorso del doppio termine. Si pensi al privato che presenta istanza alla p.a.,
questa non si pronuncia nei 30 gg, ci sarà un primo decorso dei termini procedimentali di 30 gg per
la formazione del silenzio-inadempimento. Occorre poi il ricorso dei successivi 30 gg perché si
perfezioni il reato ex art. 328.
Ora analizzeremo gli aspetti processuali del silenzio e più nello specifico quali sono le azioni e gli
strumenti di tutela che l’ordinamento garantisce al privato cittadino per poter contrastare l’inerzia
della p.a. Strumenti di tutela sono due:
Azione avverso il silenzio della p.a.
1- Azione risarcitoria
2-
Quanto al primo strumento è necessario dire innanzitutto che, in passato questo era disciplinato
dall’art. 2 comma8 l. 241/90 e dall’art. 21bis l. Tar. Dopo neanche un anno dall’entrata in vigore
della l. 69/2009 che ha modificato l’art.2 il legislatore ha deciso di intervenire nuovamente
attraverso il d.lgs 104/2010. Tale d.lgs. prevede al comma8 dell’art.2 che la tutela in materia di
silenzio dell’amministrazione è disciplinata oggi dagli artt. 31 e 117 del Codice del Processo
Amministrativo.
È da puntualizzare che l’azione avverso il silenzio non è un’azione impugnatoria ma un’azione
tipica di condanna. Questo perché il privato può ottenere dal giudice amministrativo una pronuncia
con la quale si obblighi la p.a. a provvedere.
Cominciamo ad analizzare l’art. 31 c.p.a.: innanzitutto prevede quali sono le condizioni per poter
procedere con il ricorso avverso il silenzio. È possibile presentare ricorso avverso il silenzio
fintanto che perdura l’inadempimento ma comunque in ogni caso l’azione non può essere proposta
oltre un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento. A ben vedere si tratta
di un termine di decadenza e non di prescrizione, andando a riguardare solo ed esclusivamente il
singolo silenzio e non tutto il rapporto sottostante. Infatti, decorso un anno dalla scadenza del
termine di conclusione del procedimento, il privato non potrà più impugnare il silenzio contro
quell’istanza che aveva fatto ma ha la possibilità di presentare una nuova istanza purchè ne
ricorrano i presupposti. Potrà cioè presentare una nuova istanza contro la p.a. nel momento in cui
intervengano nuovi elementi di fatto e di diritto che vanno a modificare la situazione precedente. Se
non sopravvengono né elementi di fatto né di diritto il privato cittadino non può far nulla ma potrà
sempre esercitare l’az. risarcitoria (nel termine di prescrizione di 5 anni).
Sempre l’art. 31 prevede che il giudice amministrativo può pronunciarsi anche sulla fondatezza
delle istanze. Si tratta di una novità fondamentale perché prevede che il giudice può pronunciarsi
sulla fondatezza:
Nelle ipotesi di attività vincolata;
- Nelle ipotesi in cui pur non trattandosi di attività discrezionale, non deve svolgere ulteriori
- adempimenti istruttori( ricerche, accertamenti..);
Nelle ipotesi in cui deve emettere un provvedimento favorevole per il privato in assenza di
- valutazioni discrezionali. A riguardo è importante la distinzione tra ATTIVITA’
DISCREZIONALE e ATTIVITA’ VINCOLATA. La prima è posta in essere dalla p.a. ed è
un’attività attraverso la quale la p.a. deve decidere come soddisfare il pubblico interesse.
Quindi la legge individua qual è il fine da perseguire (ossia il pubblico interesse) ma non
indica le modalità attraverso cui la p.a. deve raggiungere questo interesse pubblico.
Circa la possibilità per il giudice di non limitarsi all’accertamento ma di andare a vedere anche il
merito della questione c’è stata una grande discussione in dottrina e giurisprudenza. Quest’ultima la
si può riassumere in 5 fasi fondamentali:
I FASE: dalla nascita del’istituto del silenzio/inadempimento fino alla pronuncia dell’Adunanza
Plenaria del 1978. Fase in cui il giudice poteva solo accertare l’illegittimità del silenzio
II FASE: con la pronuncia del 1978 viene data la possibilità al giudice amministrativo di
pronunciarsi sulla fondatezza
III FASE: con la l. 205/2000 che ha introdotto l’art. 21bis l. Tar non è prevista la possibilità di
procedere alla valutazio