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R&S
Marketing
Logistica
Distribuzione
3 Analisi dell’offerta
3.1 Strategie e comportamenti degli attori del commercio al dettaglio: tra innovazione e
diversificazione
A partire dagli anni Ottanta del novecento, nei contesti commercialmente più evoluti e per le
formule che più si identificano con la moderna distribuzione, i mercati hanno cominciato a saturarsi.
Per sostenere la crescita le imprese hanno dunque dovuto scegliere tra due strade, quella della
diversificazione verso altre formule di vendita (innovazione dei “prodotti commerciali”) senza
uscire dal loro paese di origine, oppure quella dell’esportazione della loro formula tipica in altri
paesi. Alcune hanno scelto la prima alternativa, altre la seconda e altre ancora le hanno percorse
entrambe. Noi ci incentreremo più sul fattore di come un’azienda possa svilupparsi sempre più nei
21
confini territoriali senza investire troppo capitale all’estero. L’innovazione dell’azienda può
spingere a nuovi prodotti, nuovi format distributivi i quali possono dare nuova linfa vitale
all’impresa. Quest’ultime sono:
innovazione di prodotto: far si che il punto di vendita sviluppi più format
1. destinati al potenziale cliente. Dalla superette efficiente e veloce sotto
casa, all’ipermercato sviluppato per soddisfare i bisogni anche più
problematici. L’unico vincolo sono gli alti costi di adattamento;
innovazioni di processi: Consiste di procedure organizzative e di
2. capacità, acquisite con un processo di learning by doing, che possono
essere utilizzate su altri prodotti o mercati. L’utilizzo può essere su forme
distributive simili o su mercati commercialmente meno sviluppati;
marche commerciali: sviluppo di marche commerciali che posso dare
3. vita ad un assortimento esclusivo, unito o meno a una formula di vendita
innovativa, può costituire una fonte rilevante di vantaggi proprietari. Non
è però sempre facile sfruttarla. L’offerta di prodotti a marchio del
distributore tende, infatti, a mettere quest’ultimo in una posizione molto
simile a quella di un produttore che voglia entrare su un mercato estero e
per farlo debba creare le premesse di notorietà del proprio marchio. Tanto
più il vantaggio proprietario si basa sui prodotti piuttosto che
sull’originalità della formula, tanto più il distributore è dipendente da
risorse di fiducia che richiedono tempo per essere costruite;
innovazione assoluta: una formula che viene proposta solamente da una
4. singola impresa, e relativa, quando l’elemento di innovatività riguarda
solo alcuni mercati, di norma a uno stadio di sviluppo commerciale più
basso di quello del paese di origine dell’impresa esportatrice.
Tuttavia l’innovazione del prodotto, incide anche sul cliente che coglie
l’innovazione analizzando questi fattori:
miglioramenti: implicano un miglioramento progressivo delle prestazioni
- di un prodotto, ma senza alcun impatto sul comportamento del
consumatore;
metamorfosi comportamentali: sono innovazioni a debole cambiamento
- tecnologico, ma che implicano però un cambiamento nei comportamenti
del cliente;
conversioni tecnologiche: sono innovazioni che rappresentano
- cambiamenti tecnologici importanti ma non cambiano realmente il
comportamento dell’utilizzatore;
mutamenti radicali: riguardano nuovi prodotti o servizi che si fondano su
- cambiamento tecnologico importanti e che modificano sensibilmente i
comportamenti di consumo o di utilizzo. 22
Possiamo concludere dicendo che l’innovazione varia a seconda dell’intensità del
cambiamento comportamentale del cliente che, in generale, accetterà in maniera
più difficoltosa un’innovazione che implica un cambiamento comportamentale
rispetto ad un’altra che comporta solo un cambiamento tecnologico.
3.1.1 Mappa di Porter
La mappa di Porter ci permette di visualizzare tramite i due assi cartesiani, la
posizione strategica delle imprese nel settore. Nel nostro caso abbiamo sviluppato
solo il settore del food per facilità ed immediatezza visto che per molti punti il
settore del non food è molto frammentato quindi di difficile lettura soprattutto per
il fatto stesso che, nel nostro caso, tale mappa viene svolta in maniera totalmente
soggettiva. Nel caso in cui dovessimo fare una ricerca per terzi o a livello
professionistico dovremmo necessariamente consultare un esperto nel settore.
L’analisi si sviluppa tramite due fasi:
una prima fase dove vengono scelte le dimensione strategiche più significative per il nostro
1) mercato di riferimento;
nella seconda fase si devono mettere sui due assi le variabili scelte e le imprese del nostro
2) settore. Facendo tutto ciò (sempre in maniera soggettiva) raggrupperemo le imprese per
gruppo strategico, permettendo di identificare i differenti gruppi del settore.
Come è possibile vedere nella mappa sopra riportata, nella nostra analisi abbiamo analizzato in
particolar modo il settore del food delle imprese italiane; escludendo di studiare il settore del non
food per difficoltà di relazione dei gruppi di un settore altamente frammentato e di difficile lettura.
Nella mappa di Porter quindi abbiamo messo le imprese del settore del food (GDO) raggruppandole
per la qualità dell’assortimento (asse delle ascisse) e per il prezzo d’acquisto (asse delle ordinate).
23
Dal nostro studio abbiamo raggruppato 4 contenitori, aggiunti a nostra discrezione grazie alle
variabili da noi scelte:
il primo gruppo è stato chiamato “Leader”, al suoi interno troviamo
1) grandi GDO come Esselunga, Auchan e Carrefuor. I quali hanno una
qualità d’assortimento molto ampia visto che detengono molto ipermercati
ed un prezzo alto rispetto ai piccoli produttori o i discount;
il secondo gruppo è quello dei “Follower”, questi ultimi sono molto simili
2) ai primi per prezzi ma detengono una qualità inferiori visto che per larghi
linee sviluppano un assortimento food;
il terzo gruppo è formato dagli “Ibridi”, avendo prezzi minori e un
3) assortimento prettamente food con poche referenze rispetto ai primi due.
infine l’ultimo gruppo i “Leader di prezzo” sono prettamente discount che
4) si incentrano su un’economia di low-price avendo prezzi strettamente
competitivi e poca qualità assortimentale.
Tuttavia possiamo notare dalla nostra analisi, che si potevano utilizzare altre variabili anziché
quelle scelte; come per esempio la quota di mercato e l’immagine dell’azienda, ma abbiamo
escluso questa determinante visto che per esse era più opportuno chiedere il parere di un esperto
del settore come cita Porter. La mappa in questione è stata costruita ponderando alcune scelte
esclusivamente sul senso critico soggettivo, basato sull’esperienza maturata nell’ambito dei
diversi cicli di studi.
3.1.2 Cluster Analysis
La “Cluster Analysis” è una tecnica statistica che ci permette, mediante l’utilizzo di alcune variabili,
di identificare i gruppi di imprese che hanno una strategia di business simile, i cosiddetti gruppi
strategici. Il principale presupposto di quest’analisi è che nei gruppi ci sia omogeneità all’interno ed
eterogeneità tra essi e che le variabili debbano essere in grado di discriminare tra loro i prodotti (in
questo caso il servizio). Sono state analizzate le prime 49 imprese per fatturato (prima dei
distributori Food e poi di quelli Non Food) da cui sono state scelte le seguenti variabili:
localizzazione, variabile qualitativa opportunamente trasformata in una
- variabile quantitativa discreta per cui il valore “1” identifica
l’appartenenza della sede dell’impresa nel Nord Italia, “2” nel Centro e
“3” nel Sud;
fatturato, variabile quantitativa continua che mostra il fatturato dell’ultimo
- anno;
EBITDA, variabile quantitativa continua che mostra il margine operativo
- lordo dell’ultimo anno; 24
rendimento dei dipendenti, variabile quantitativa continua che definisce il
- rendimento medio di ogni dipendente all’interno dell’azienda nell’ultimo
anno.
Comparto Food
Per individuare i gruppi strategici
abbiamo costruito con il programma
statistico SPSS il dendrogramma con i vari raggruppamenti delle imprese e, da qui abbiamo
“tagliato l’albero dove i rami sono più lunghi” e infine identificato 5 gruppi. Abbiamo rilevato lo
stesso numero di gruppi anche con l’utilizzo del coefficiente di agglomerazione (o distanza media
intra-cluster).
Per descrivere i gruppi abbiamo osservato il confronto delle medie e in seguito abbiamo nominato i
5 gruppi.
Denominazione dei gruppi:
Gr1: leader del settore (Esselunga);
Gr2: imprese con alta penetrazione;
Gr3: imprese con alti margini;
Gr4: imprese del mezzogiorno;
Gr5: leadership di costo (Penny Market). 25
Comparto Non Food
Nelle imprese di distribuzione “Non Food” abbiamo invece individuato tre gruppi strategici; il
metodo di classificazione che ci è sembrato più efficace in questo caso è stato quello di osservare i
coefficienti di agglomerazione e fermarci dove la variazione di quest’ultimo era maggiore (la
variazione della distanza media intra-cluster più elevata si trovava nel terzo gruppo). Abbiamo
quindi fatto il confronto delle medie e nominato i gruppi:
Denominazione gruppi:
Gr1: leader di categoria;
Gr2: follower;
Gr3: imprese con una gestione efficiente.
3.1.3 Analisi delle componenti principali
Mediante l’analisi delle componenti principali si sintetizzano le caratteristiche (in questo caso le
variabili precedenti) in due o più componenti in modo tale poi da posizionare su una mappa le
diverse imprese secondo i gruppi rilevati in precedenza. Sempre con SPSS abbiamo creato quindi
una mappa per le imprese distributive sia di Food che di Non Food.
Comparto Food 26
a
Matrice dei componenti ruotati
Componente
1 2
.727 .339
Localizazzione -.809 .224
Fatturato .167 -.749
EBITDA .204 .682
RendDipendenti
Come possiamo notare dal grafico i gruppi strategici di impresa sono stati posizionati in base a
“efficienza di costo”, ovvero quanto una impresa commerciale applica una strategia di low-price, e
“deficit redditivo” (le imprese che si trovano sulla destra hanno minori ricavi e minori margini di
quelli che si trovano sulla sinistra).
Comparto Non Food a
Matrice dei componenti ruotati
Componente
1 2
.822 -.291
Localizazzione -.232 .753
Fatturato .257 .769
Ebitda .813 .340
RendimDipe
Per quanto riguarda il Non Food abbiamo osservato che