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Possiamo rinvenire un'opportunità importante nel tirocinio come mezzo per superare la
polarizzazione fra apprendimento rappresentazionale e quello esperienziale, comportando la loro
compenetrazione.
-Il tirocinio professionale come processo di apprendimento dall'esperienza.
Apprendimento che avviene all'interno di un sistema a rete in cui sono coinvolti il contesto
accademico, le comunità professionali e il mondo di produzione dei servizi.
Lo studente può sperimentare l'azione professionale in un contesto protetto con il sostegno e la
valutazione di figure che appartengono sia alla comunità scientifica sia a quella d'opera.
Il tirocinio nella formazione universitaria.
Il tirocini precede l'ingresso nel mondo professionale rispetto al quale costituisce una forma di
socializzazione anticipatoria e si sviluppa in una sfera formativa che non concerne un compito o una
specifica abilità di natura tecnica ma si estende a una professione.
Il tirocinio è attività formativa.
Il tirocinio deve consentire al soggetto in formazione di verificare le teorie che gli sono state
proposte eventualmente riproponendo in base al suo agire nuove premesse.
Lo stage è l'attività formativa che si realizza nel vivo della situazione lavorativa, con il quale lo
stagista sperimento il ruolo al quale viene formato.
Il tirocinio professionalizzante è quello obbligatorio per accedere all'esame di Stato.
Il tirocinio nella formazione al servizio sociale.
È volto ad attivare un processo di apprendimento che si snoda attraverso l'osservazione.
Si fornisce allo studente di operare un confronto a tre poli fra: idealtipo di professione, la personale
rappresentazione della professione e quanto osservabile nel caso concreto.
In questo processo di apprendimento all'apprendere sono preminenti la riflessione e la
rielaborazione con il coinvolgimento di dimensioni affettive e motivazionali, oltre di quelle
cognitive la cui gestione deve essere presidiata.
Il supervisore assume un ruolo di doppio accompagnamento in complementarietà fra sede
formativa, comunità professionale e organizzazioni ospitanti.
La valenza del tirocinio è collegata allo svilupparsi di una serie di metacompetenze quali:
-saper effettuare processi di sintesi fra le diverse conoscenze;
-acquisire nuove conoscenze sapendo controllare e approfondire il proprio apprendimento;
-concettualizzare l'esperienza, procedendo a collegarla alla teoria;
-usare creativamente la conoscenza nell'analizzare e affrontare i problemi e i compiti;
-essere disponibile all'ascolto e alla conoscenza di se per acquisire competenze relazionali.
Al supervisore e al tutor compete:
-orientare l'allievo all'interno delle dimensioni istituzionali, organizzative e professionali del
contesto in cui si realizza il tirocinio; identificare e predisporre situazioni operative idonee per
l'osservazione e la sperimentazione; fornire stimolo e sostegno nelle fasi di osservazione
partecipante e sperimentazione attiva;
-favorire il processo di riconoscimento di criticità e punti di forza rispetto all'esercizio
professionale, in termini relazionali, metodologici e deontologici;
-promuovere e sostenere la riflessività in merito all'esperienza;
-contribuire alla valutazione conclusiva del percorso di tirocinio.
Quattro fasi della sessione di supervisione:
1-esposizione: narrazione dell'allievo e all'espressione dei suoi punti di vista:
2-chiarificazione: verifica di un adeguata comprensione da parte del supervisore del punto di vista
dello studente, e degli aspetti oggettivi e soggettivi;
3-valutazione: l'allievo è accompagnato nell'assumere consapevolezza rispetto ad aspetti positivi e
critici, agli obiettivi da porsi;
4-implementazione: creare condizioni in cui l'allievo possa perseguire la realizzazione del suo
compito.
La funzione di docenza all'interno del tirocinio deve seguire il metodo della de-strutturazione dove
l'attività formativa è un contenitore di eventi piuttosto che un percorso dettagliatamente
programmato e dove l'azione non è rigorosamente prestabilita.
Un siffatto modello richiede che il tirocinio sia dotato di un adeguato assetto strutturale trattandosi
di un esperienza di apprendimento dalla pratica non coincidente né al riprodurre operazioni, né al
fare pratica, bensì corrispondente alla rielaborazione di quanto è emerso dall'osservazione,
dall'analisi critica della realtà e dalla sperimentazione in situazione.
Nella realtà italiana le impostazione del tirocinio sono assai diversificate sia a causa di assenza di
coordinate sia per la totale mancanza di risorse ad esso dedicate.
Per cambiare questa situazione le sedi universitarie dovrebbero garantire alcune prerogative:
-effettiva considerazione del tirocinio come componente didattica;
-strutturazione di un percorso di tirocinio in cui siano dichiarati gli obiettivi formativi e i risultati
attesi, le scansioni metodologiche, i ruoli dei diversi soggetti, le forme di valutazione;
-la messa a disposizione di risorse umane, finanziarie e logistiche;
-la correlazione fra numerosità degli studenti, risorse interne alla sede formativa tali da assicurare
l'individualizzazione del percorso e disponibilità da parte dei servizi ospitanti.
-La dimensione organizzativa del tirocinio.
Gli ambiti di esercizio del lavoro sociale professionale sono organizzazioni; le prestazioni sociali
utilizzate nell'ambito dell'agire professionale sono frutto di un attività organizzativa; gli AS
svolgono attività organizzative e considerano la stessa organizzazione in cui operano come
dimensione dell'intervento.
L'organizzazione come dimensione dell'agire professionale.
Il servizio sociale deve poter essere un elemento attivo all'interno dell'organizzazione e anche uno
strumento di identificazione per l'organizzazione delle mete da conseguire. Viene prospettata l'idea
di un assistente sociale che partecipa alla formulazione della politica dell'Ente.
Tre contributi:
-Hamilton da rilievo alla necessità che l'AS si senta libero di valutare la necessità di miglioramento
nell'interesse delle persone alle quali si rivolge e della collettività;
-Pincus e Minahan i quali attribuiscono al servizio sociale la funzione di contribuire allo sviluppo e
al cambiamento della politica sociale;
-Germain e Gittermann ritengono che il professionista debba essere sempre vigile rispetto
all'impatto delle politiche sui servizi e sulle persone e possedere specifiche abilità per influenzare
l'organizzazione.
In Italia sono importanti i contributi di Ducci il quale ritiene che l'AS deve divenire capace di
elaborare e proporre strategie di sviluppo organizzativo e anche Neve conferma questo
orientamento sostenendo che l'AS deve saper attuare strategie di negoziazione al fine di rendere
l'organizzazione recettiva alle istanze e i mutamenti del territorio.
Di fronte ai rischi di un abdicazione da parte degli AS nei confronti dell'organizzazione, vale il
ricorso al pensiero di Ferrarotti il quale definisce “tragedia del servizio sociale” il rifugio nello
specialismo delle tecniche come reazione alla consapevolezza dell'impotenza di fronte alle
implicazioni politiche del proprio lavoro.
Pericolo più che mai contemporaneo a causa della pesantissima contrazione delle risorse, al ricorso
a modelli managerialisti e agli indirizzi di politica sociale scarsamente inclusivi.
La trifocalità: ottima e norma deontologica.
La mission del servizio sociale implica una contemporanea attenzione alla persona dell'utente,
all'organizzazione di cui il professionista fa parte e al contesto sociale di riferimento, ma questa
simultaneità non è sempre stata preservata a discapito dell'organizzazione, che non ha mai assunto
una posizione di primo piano.
La dimensione organizzativa sembra apparire alla stregua di un'entità reificata, chiusa e perciò
animata da logiche sulle quali i singoli non possono influire.
Però si potranno ottenere effetti positivi per i singoli utenti dando impulso nelle organizzazioni a
risposte più adeguate ai bisogni rilevati.
Nel codice deontologico l'AS è chiamato sia al titolo V che al VI a promuovere all'interno della
propria organizzazione l'attenzione ai diritti degli utenti, alla riservatezza, alla qualità e alla
correttezza delle prestazioni.
L'organizzazione come teatro e come fuoco dell'esperienza.
Nel tirocinio lo studente ha la possibilità di acquisire metacompetenze rispetto all'imparare a
conoscere una struttura organizzata, deputata a fornire aiuto sciale e ad agire al suo interno.
Questo però non sempre avviene. Spesso nei progetti di tirocinio la conoscenza e la comprensione
del funzionamento organizzativo è indicata come uno degli obiettivi ma nei prodotti finali sembra
limitarsi alla descrizione della configurazione formale. Lo studente potrebbe portare a termine il
tirocinio senza aver mai incontrato figure che ricoprono ruoli di responsabilità o senza a accedere a
spazi simbolici.
Bisogna spingere questa tendenza verso una tendenza contraria per evitare che le nuove generazioni
di AS si rinchiudano in un approccio burocratico o pseudo-clinico abdicando ad una funzione
promozionale e propositiva propria della valenza politica del ruolo.
L'esito positivo di questo incontro fra pratica e teoria può estendersi dallo studente ai professionisti:
la loro disponibilità a farsi contaminare dalle sue domande e curiosità può favorire spazi di
riflessività inusitati.
Il servizio sociale: la doppia appartenenza della professione tra paradossi, conflitti e sfide.
-Introduzione: oltre la qualificazione giuridica della professione.
La professione di AS si rientra in Italia nelle professioni ordinate, appartenenti cioè ad un Ordine
disciplinato attraverso norme statali che ne subordinano l'esercizio al possesso di determinati
requisiti, al superamento di un esame di Stato e all'iscrizione ad un albo.
L'obbligo di iscrizione all'albo si configura come fatto di legittimazione per lo svolgimento di
questa professione e presupposto indispensabile per il suo esercizio, ma le conferisce anche un
carattere di esclusività nel senso che la pertinente attività può essere realizzata unicamente dai
soggetti riconosciuti come appartenenti alla rispettiva comunità professionale.
-La professionalizzazione.
Da non professione a semi professione.
Il dibattito si origina con il saggio dello statunitense Flexner il quale non considera il servizio
sociale come professione in quanto ha una scarsa rispondenza ad una serie di criteri tra i quali
quello della debolezza del sistema di conoscenze sc