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Sentenze Cass. 20106/2009; CGUE 317/2014; Cass. Sez. Unite 500/1999 Pag. 1 Sentenze Cass. 20106/2009; CGUE 317/2014; Cass. Sez. Unite 500/1999 Pag. 2
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INIZIA LA SENTENZA

Abuso del diritto configurato come l’esercizio di una facoltà prevista da contratto di

ad nutum),

concessione di vendita (recesso unilaterale violando però, a giudizio

della corte di cassazione a sezioni unite, l’obbligo di buone fede oggettiva

contrattuale

→ il concessionario si poneva da contratto in una posizione di dipendenza rispetto

alla cose produttrice dal momento che il contratto prevedeva rinnovo solo in caso

di raggiungimento di un target di vendita → il concessionario al fine di raggiungere

questo target sostiene costi pluriennali e da ammortizzare in esercizi successivi. Il

recesso della Renault è avvenuto con preavviso di 3 mesi, che però dalla

cassazione non sono stati considerati sufficienti per il concessionario (per questo si

recesso ad nutum,

parla comunque di che però era concesso da clausola

contrattuale).

In primo grado ‘associazione dei concessionari revocati eccependo abuso del diritto

da parte della Renault chiedendo dunque un risarcimento per l’illecito → il tribunale

rigetta le domande compensando le spese. In secondo grado la corte d’appello

conferma la sentenza di primo grado.

L’associazione di concessionari si rivolge alla Cassazione con 5 motivi di

impugnazione della sentenza emessa dalla Corte d’appello: mancanza

1) Sentenza nulla per vizi relativi alla costituzione del giudice →

di collegialità nella decisione (La pronuncia della sentenza è stata

antecedente rispetto alla riunione dei giudici in camera di consiglio). Le corte di

cassazione respinge il motivo di impugnazione per errore materiale

(RIGETTATO)

2) Violazione del principio di buona fede → (ACCOLTI NEI LIMITI MOTIVATI)

3) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 (ACCOLTO NEI LIMITI

MOTIVATI)

4) Applicabilità analogica del contratto di agenzia Per percepire un’indennità

SUL contratto di concessione di vendita dal momento che tale contratto non può

essere inquadrato in uno schema contrattuale tipico (pur avvicinandosi a

quello di somministrazione) (ACCOLTO NEI LIMITI MOTIVATI)

5) Mancata compensazione delle spese relative al giudizio d’appello

(ASSORBITI DALLE CONCLUSIONI RAGGIUNTI → viene assorbito anche il

ricorso incidentale della Renault relativo alla liquidazione delle spese di

giudizio di primo grado)

Sentenza di Corte d’appello.

1) Il giudice non controlla l’atto di autonomia privata in quanto il diritto di recesso

risponde all’autonomia contrattuale delle parti.

2) Non c’è recesso illegittimo (quindi non richiami a correttezza e buona fede) perché

questi vengono rilevati solo per verificare l’adempimento di determinati obblighi (non

creano obbligazioni autonome)

3) Non sono presenti i presupposti enucleati dalla giurisprudenza in caso di abuso de

diritto (che viene accumunato ad un atto emulativo) : 1) assenza utilità per titolare

del diritto (elemento oggettivo) 2) animus nocendi (elemento soggettivo

4) Il libero mercato prevede che ciascuno sia responsabile delle proprie scelte

d’impresa

5) L’abuso non sussiste perché il recesso ad nutum, era per la renault il mezzo più

conveniente per la risoluzione del contratto di cessione di vendita.

L’esercizio di una facoltà prevista da contratto può essere sanzionate solo se in

sostituzione automatica)

contrasto con norme imperative (→meccanismi di

Risponde la cassazione (iter logico giuridico)

1) La cassazione ritiene che gli atti di autonomia privata non siano soggetti a

sindacato giurisdizionale, ma qualora il rapporto evolva in chiave patologica e con

richiesta d’intervento del giudice, a questo spetta l’interpretazione (→soggettiva)

del contratto per trovare la comune intenzione delle parti → l’atto di autonomia privata

in definitiva può essere sottoposto al controllo giurisdizionale in caso di necessità.

l’interpretazione deve avvenire prima di tutto a livello letterale, quindi attraverso

criteri sussidiari ma soprattutto anche secondo il criterio di buona fede (art. 1366) la

cui violazione costituisce inadempimento di per sé comportando così l’obbligo

risarcitorio.

La corte d’Appello non poteva esimersi dal valutare le circostanze impeditive

dell’esercizio del recesso e fondanti un diritto di risarcimento per il suo abusivo

esercizio.

La Corte d’appello non ha esaminato l’atto effettuato verificando l’eventuale esistenza

di altri fini associati al recesso.

2) La buona fede deve essere esercitata nel rapporto anche in assenza di obblighi

contrattuali/norme specifiche nell’ottica di bilanciare i vicendevoli interessi → la

buona fede diventa infatti uno strumento integrativo.

Bisogna evitare che un diritto soggettivo per un suo utilizzo diventi puro arbitrio

La cassazione contesta l’abuso, non dell’autonomia, ma dell’atto di autonomia

3) La corte di cassazione dichiara che contrariamente a quanto affermato dalla corte

d’appello l’abuso del diritto non sia riferibile ad un atto emulativo e che dunque sia

indipendente dai requisiti oggettivi e soggettivi di tali atti (mancanza di giustificazione

+ animus nocendi). La Cassazione ritiene invece che l’abuso del diritto si sia

configurato come un recesso arbitrario avente forma di recesso ad libitum non

consentito dall’ordinamento (a prescindere da dolo e animus nocendi → fatto con

assoluta arbitrarietà).

4) L’interpretazione dell’atto di autonomia contrattuale deve avvenire tenendo conto,

oltre alla buona fede oggettiva, anche delle posizioni di supremazia e dipendenza

contrattuale delle parti → la tutela della parte contrattualmente debole non dipenda da

una valutazione politica, ma squisitamente giuridica dal momento che esercizi

sconfinati di tali diritti determinano ripercussioni negative nei rapporti di forza del

mercato (non siamo comunisti);

5) La corte ritiene che contrariamente alla corte d’appello, non sia irrilevante la

modalità del recesso, ponendo attenzione sulla proporzionalità dei mezzi usati.

La corte di cassazione ritiene che il solo disporre di un diritto non è condizione

sufficiente per un suo legittimo esercizio se la patologia del rapporto vi sono rimedi in

grado di agire sugli interessi contrapposti in modo più proporzionato. L’abuso del

diritto non è disciplinato dal legislatore perché originariamente veniva considerato

a livello etico-morale meritevole di biasimo ma non presupponeva un obbligo

risarcitorio → l’assenza di una previsione legislativa generale riguardante dall’abuso

del diritto è giustificata dalla corte asserendo che la sua eventuale esistenza avrebbe

portato incertezza e grande latitudine di potere al giudice → si sono preferite

norme specifiche (come il diritto di voto in materia societaria).

Elementi costitutivi dell’abuso del diritto:

1) titolarità di un diritto soggettivo;

2) che l’esercizio di tale diritto possa avvenire in una pluralità di modi non

predeterminati

3) che l’esercizio concreto avvenga secondo modalità non censurabili (sia

giuridicamente che eticamente); che l’esercizio effettuato porti a una sproporzione

ingiustificata tra beneficio del titolare e sacrificio della controparte (contrario a

buona fede);

Si ha abuso quando non vi è correlazione tra poteri conferiti e scopo per i quali essi

sono conferiti qualora consentiti dall’ordinamento. L’esercizio delle facoltà del diritto

avviene in maniera idonea, ma come espediente per raggirare l’obbligo di nuova fede.

Rispetto alla situazione individuata CASSA CON RINVIO rimettendo al giudice di

merito di decidere attenendosi appena evidenziati per riconoscere l’abuso del diritto

e il conseguenziale obbligo risarcitorio in capo alla Renault. Rimette alla Corte

d’appello di Roma in diversa composizione la sentenza e le spese (anche del

giudizio di cassazione).

→ diritti privacy e oblio

2) Sentenza 2014 Corte di Giustizia Europea; tutela (in

direttiva 95/46; GDPR; crisi diritto-tecnologia;

internet);

DIRITTO ALL’OBLIO:

Direttiva 95/46 (abrogata nel 2018) → ha per oggetto la tutela dei diritti e delle

libertà fondamentali delle persone fisiche. Prevede che i dati siano esatti e

aggiornati (attività di rettifica se necessario) disposti per finalità determinate,

conservati per un arco di tempo non superiore a quello necessario per conseguire

le finalità. La persona interessata ha il diritto di esigere cancellazione o congelamento

(ghosting),

dei dati personali per giusta causa e facoltà di opporsi in qualsiasi

situazione al trattamento degli stessi.

La direttiva prevede che ogni stato disponga di uno o più autorità pubbliche che

sovranazionale

collaborino tra loro a livello e che dispongano di poteri investigativi

(diritto di accesso ai dati), poteri di intervento. Ciascuna autorità può intervenire su

richiesta di un paese membro. La direttiva quindi precisa le definizioni dei termini usati

in trattamento di dati personali:

DATI PERSONALI: Qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificabile

(→persona interessata);

per suoi elementi caratteristici

TRATTAMENTO: Qualsiasi operazione eseguita sui dati personali ( registrazione,

archiviazione, trasferimento o cancellazione)

RESPONSABILE DEL TRATTAMENTO: persona fisica/giuridica che effettua le operazioni

di trattamento per le sue finalità.

A regolare ulteriormente questa materia è intervenuto il regolamento 679/2016 del

GDPR attraverso il quale sono state portate nuove procedure di trattamento dati da

service providers,

parte dei nonché l’introduzione del Data Protection Officer → una

service provider

figura del tutto esterna dal e che supervisiona il trattamento dati,

assicurandosi che sia fatto nel rispetto delle normative vigenti; il DPO è anche il primo

interlocutore in materia di sicurezza dati con l’organo di controllo.

Inoltre il GDPR si propone come un grande strumento di difesa del diritto all’oblio,

assicurando all’interessato (le cui informazioni sono disposte dal service provider) la

possibilità di tracciare gli atti di disposizione dei suoi dati da parte del provider

(=tracking), (=ghosting)

nonché di richiederne la cancellazione

Il GDPR ha introdotto anche il Vulnerability Attention Test, ossia un test che simula

un tentativo di Hackeraggio al fine di verificare l’affidabilità dei servizi di sicurezza

del provider.

La mancata osservanza delle procedure di trattamento dati e di sicurezza può

determinare sanzioni variabili tra il 2 e il 4% del fatturato del provider.

Rispetto

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
10 pagine
1 download
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Drun di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli - (LUISS) di Roma o del prof Di Ciommo Francesco.