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Immagine fotografica che mette in scena uno spazio figurativo dove c’è un uomo a braccia aperte
(attore dell’enunciato) guarda verso l’obiettivo costruendo uno spazio virtuale (enunciazione
enunciata) -> pare proprio che egli ci interpelli.
L’immagine dell’uomo è però incorniciata da un complesso sistema di puntamento, forse persino di
un’arma di offesa: l’immagine è colta da un certo punto di vista (quello dell’enunciazione) ->
questo punto di vista assume l’uomo rappresentato in quanto obiettivo preso di mira. Braccia in alto
con la figura tipica della resa, ma con gli indici puntati delle mani sembra non voler affatto
assumere il gesto di arrendersi e ironizzare.
Il tutto potrebbe essere un’immagine ironica dove enunciatore e soggetto dell’enunciato (il
personaggio ritratto) si prendono gioco di un possibile spettatore (enunciata rio) che crede di
trovarsi di fronte a una persona prima della sua esecuzione capitale.
Spazi istituzionali e pratiche. Comunicazione e identità
Leonardo vive il primo giorno di università in un sogno.
Organizzare i saperi:
Cosi come ogni senso assume una determinazione di senso solo all’interno dell’organizzazione
discorsiva propria di un testo; ogni produzione testuale ha una significazione dipendente da uno
scenario pragmatico regolato da uno specifico dominio sociale (arte,diritto,religione,..). Ogni
dominio regola il valere dei valori comunicati attraverso testi, che diventano piattaforme negoziali
per cercare di ridurre l’indeterminazione propria di ogni processo comunicativo.
Incubo di Ludovico: dominio dell’educazione, le pratiche di comunicazione che lo attorniano
restano ambigue: chiasso indistinto, parlare animatamente ad alta voce -> uno scenario di protesta.
Ludovico si trova implicato, si trovano a profilare dei valori della situazione che paiono legarlo al
corso d’azione e alle identità dei suoi compagni; si sente responsabilizzato a una presa di iniziativa.
Può pensarsi come lo stesso del passato, richiamarsi a un polo identitario (idem); o pretendere una
soluzione ad hoc di se stesso inedito nuovo e capace di reagire (ipse).
I domini sociali tendono a regolare quanto ci si possa basare, di volta in volta sull’idem (ruoli
cristallizzati e fortemente normati); o sull’ipse, chiedendoci doti di creatività ed escogitazione.
Ludovico si accorge di quanto sia perturbante decidere tra questi due poli -> confusione.
Non è chiaro in questa situazione quali siano i ruoli e gli assi dello scambio comunicativo -> tutti si
sentono un po’ coinvolti e protagonisti. Per chiarire i valori che sono in gioco, non pare sufficiente
condividere la stessa aula, non è sufficiente nemmeno la lingua, i discorsi faticano a entrare in
relazione l’uno con l’altro, non è sufficiente nemmeno l’istituzione dato che la lezione non riesce a
stagliarsi sulle voci e a imporre uno scenario educativo consistente.
Peso forte -> microfono, un puro dato tecnologico ma che consentiva in realtà di creare l’opportuna
asimmetria di volume tra la voce del professore e quella degli studenti. Ogni scenario comunicativo
si impernia su quattro spazi di mediazione:
a) uno spazio fisico o ambiente che media la circolazione dei segni -> spazio mediale,
ambiente sensoriale
b) uno spazio linguistico, quello creato dai linguaggi: lingue utilizzate, sonori, visivi->
spazio mediazionale, ambiente linguistico in grado di consentire le nostre ideazioni
c) uno spazio istituzionale, uno scenario sociale in grado di imporre un regime ->
spazio mediatore, ambiente istituzionale in grado di rinegoziare la significatività
degli atti comunicativi e di organizzarli
d) uno spazio tecnologico->spazio mediatico, ambiente tecnologico che ristruttura le
condizioni stesse degli atti comunicativi, facendoli andare in scena anche laddove
essi non avrebbero autonoma capacità di imporsi
Ludovico capisce come tali mediazioni siano essenziali per guidare la sua stessa interpretazione. È
turbato perché queste mediazioni paiono inizialmente non essere sufficienti per comprendere ciò
che sta accadendo. Si accorge di dover scendere a patti con l’indeterminazione della scena
comunicativa: dall’armonizzazione con il fare degli studenti, alla fiducia nelle sue capacità
interpretative,..
La finzione appare così come capace di estendere l’esperienza e di preparare in qualche modo alla
capacità di riconoscere, interpretare e rispondere a situazioni esistenziali che ci assegnano un posto.
Anche il sogno lo sta preparando cognitivamente e temprando emotivamente al suo primo giorno di
università -> molto lontana dalla realtà.
Ludovico puo’ meglio comprendere grazie al sogno quanto lo scenario della lezione abbia un
preciso decorso nel tempo, e come suo inizio stentato tipico del primo dell anno, dona una precisa
angolatura al farsi dell’esperienza = aspettualizzazione.
Vi è una messa in tensione (tensivizzazione) dell’incoatività del processo formativo ‘lezione
universitaria’. Le passioni tendono ad accordarsi con questa preminenza degli indizi -> passioni
della sorpresa. Tutti gli scacchi cognitivi vissuti lasciano il protagonista interdetto.
La comu non appare poi un processo intenzionale; tutti lanciano grida o gesticolano, ma non è
chiaro se lo fanno per mimesi o per libera iniziativa -> non si sa la motivazione di significato.
Il carattere allarmante del vociare è proprio in un eccesso di significanti, e in una assenza di una
codificazione chiara che possa dare loro un’immediata determinazione di significato. I codici
servono a ridurre l’indeterminazione degli atti comunicativi; nel casino rispetto alla possibilità di
assegnare delle voci a precisi compagni (figuratività), già nella confusione Ludovico era in grado di
astrarsi dai ruoli e cogliere il paesaggio sonoro come un quadro astratto (plasticità).
È chiaro che una classe universitaria, al meglio delle sue possibilità, rappresenta uno scenario
comunicativo dotato di un canale di comunicazione ottimizzato, di codici tecnici, di referenti del
discorso potenzialmente obiettiva bili o comunque intersoggettivamente riscontrabili, di un asse
d’interlocuzione non controverso di forme argomentative chiare.
Canale, codice, referenti, destinatari,.. si rivelano nel sogno di Ludovico altamente opacizzati e
ridotti infine a poste in gioco della comunicazione. La frase ‘no we cant’fa presa su tutta la classe
proprio perché non è chiaro il ‘noi’, il ‘che cosa’ non è possibile, chi è il destinatario del messaggio.
Il potenziale trasformativo di quella frase -> ridere, riprendere la confusione, prendere le distanze:
sono tutte risposte. La T ha pervertito il senso originario dello slogan di Obama.
Stupiva poi che a una frase estemporanea (una battuta- qui e ora) , seguisse un audiovisivo
preparato anticipatamente di Obama (altrove, passato). Quel testo audiovisivo costruiva uno
scenario figurativo diverso, ma che non meno sembrava rivolto agli spettatori, affinché potessero
ascoltare, vedere un altro mondo in grado di proporre valori (tipici di una campagna elettorale).
Quel video conteneva la capacità di articolarsi con il presente degli studenti ed anzi l’effetto di
continuità tematica tra lo slogan storpiato e quello ripreso nelle scene -> strano effetto di botta e
risposta.
Ludovico si sente guardato dal filmato e dalla presenza del docente dentro lo spazio delle riprese.
Lo spazio enunciato, quello che vediamo oggettivato grazie al filmato, pare trovare continuazione
nello spazio dell enunciazione, quello spaio cioè in cui si trova anche Ludovico e che regge la
pratica di proiezione del filmato stesso. Il tempo dell’enunciato è il passato, ma tende a diventare un
tutt’uno con il tempo dell’enunciazione, quello in cui va in scena la proiezione ‘qui e ora’.
La suggestione cresce e Ludovico si sente interpellato perché i suoi compagni lo guardano come
anche il professore -> sembra una congiura. Quello che normalmente è un regime comunicativo
tranquillizzante (vedere un video) diviene un’interpellazione, una chiamata in causa diretta.
Il fatto è che Ludovico non pare più potersi riservare un ruolo attanziale di mero spettatore: il
carattere fittivo dell’immagine nasconde una natura persino finzionale ( vicinanza prof e Obama).
La paura di Ludovico è che la finzione si riveli realtà e che le figure minacciose facciano una rivolta
contro lui; lo spazio stesso sembra ridursi; è uno spazio dotato di una nuova significatività che
dipende strettamente dallo stato emotivo di Ludovico: il suo stesso corpo che tenta di rispondere
alle sollecitazioni fa i capricci, lo riconosce come un corpo ‘altro’, un’alterità propria, un’identità
incarnata (me-carne) di cui si deve riappropriare.
Il sogno sembra come qualcosa che lo prepara ad affrontare la giornata -> per conoscere tutto il
territorio, per costruire una mappa dell’esistenza bisogna passare anche per le vite altrui. Le storie
dei genitori di Ludovico, le loro esperienze universitarie, così come i sogni non sono che il tentativo
di amplificare ed estendere una mappa della propria vita.
Per dare il senso alle cose abbiamo bisogno di coglierle all’interno di una configurazione narrativa :
la stessa configurazione può cambiare se colta da un altro posto, da un altro punto di vista.
Sentiamo il bisogno di fare una valenza ai vissuti che organizziamo in configurazioni narrative ->
tali configurazioni le possiamo far diventare delle pietre paragone utili per vagliare situazioni
diverse. È grazie alla narratività che riusciamo a uscire dal localismo del confronto per cogliere i
nostri profili identitari in un orizzonte più vasto spazialmente e temporalmente.
La comunicazione incontra la narrazione lì dove ogni racconto è controverso, soffre
costitutivamente di un’alterità e la prospetta come ‘un'altra storia’.
Quando si racconta la stessa storia emergono delle differenze nel tono, nelle scelte linguistiche,
nello stile; e tutto ciò continua a dividere i nostri racconti con una soggettività che non è facilmente
surrogabile.
Lasciamo costantemente delle tracce della nostra enunciazione anche nei discorsi che enunciamo in
nome di tutti. Lo stile è un effetto di presenta ineludibile dell’enunciatore nell’enunciato che
realizza. Sappiamo bene quanto sia difficile intendersi: i valori fanno sistema, ossia si organizzano
in assiologie -> condividere uno stesso valore non significa ancora dargli la stessa significatività e
di concezioni diverse.
Che siano valori linguistici o valori sem