vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CONCLUSIONI
L’Irpef è la più importante imposta in Italia in termini di gettito; è un’imposta progressiva applicata a livello
individuale a un reddito che si allontana sensibilmente dalla definizione di reddito-entrata, come conseguenza di
erosione (esclusione per legge di quote di reddito dalla base imponibile ideale) e evasione. Più che un’imposta
generale sul reddito, l’Irpef si avvicina ad un’imposta speciale su alcuni redditi, in particolare sui redditi da
lavoro dipendente e pensione (che rappresentano più dell’80% dell’imponibile complessivo Irpef), e su alcuni
redditi da lavoro autonomo. IMPOSTA SUL REDDITO DELLE SOCIETÀ
Nella maggior parte dei paesi, tra cui l’Italia le società sono tassate in modo diverso in base alla fisionomia
societaria:
le società di persone sono prive di personalità giuridica e i soci hanno responsabilità illimitata nei confronti
delle obbligazioni sociali il reddito da tassare che fa riferimento alla società viene trattato come reddito
individuale: esso è ripartito tra i soci in base alle loro quote di partecipazione – a prescindere dal fatto che
sia distribuito o trattenuto dalla società a scopo di autofinanziamento – e tassato tramite Irpef, di norma
partnership approach;
progressiva sistema della tassazione per trasparenza o
le società di capitali hanno personalità giuridica autonoma e vi è garanzia si responsabilità limitata: gli
azionisti non possono essere chiamati a rispondere personalmente degli obblighi assunti dalla società,
quindi se la società fallisce non sono tenuti a utilizzare i loro beni personali per pagare i debiti contratti dalla
società e possono perdere al massimo la somma di denaro che hanno investito nella società il reddito è
tassato con un’imposta specifica, l’imposta sul reddito delle società (IRES), di norma proporzionale; il reddito
al netto dell’IRES subisce poi una nuova tassazione in capo ai soci percettori quando viene distribuito a loro
favore sotto forma di dividendo.
Possibile effetto distorsivo riguardo alle decisioni delle imprese: alcuni studi ipotizzano che aumenti della
pressione fiscale relativa sulle società di capitali possano spingere molte imprese a rinunciare a questa
caratteristica, con una significativa perdita secca a livello di benessere sociale.
PERCHÈ ESISTE L’IMPOSTA SULLE SOCIETÀ
L’imputazione personale dei redditi indipendentemente dalla loro distribuzione ai soci ai fini della tassazione
potrebbe risultare problematica con riferimento alle società di capitali: in assenza di distribuzione degli utili –
essendo la proprietà distribuita su un gran numero di azionisti che possono cambiare frequentemente e
detenere partecipazioni anche in altre società – sarebbe molto difficile accertare la quota di reddito d’impresa
da imputare al singolo socio il reddito delle società risulterebbe difficilmente tassabile come imposta
personale, generando un trattamento fiscale di favore del reddito delle società capitali almeno fino al momento
della distribuzione ai soci.
Al contrario, in caso di distribuzione dell’utile, l’esistenza dell’imposta sulle società crea problemi di doppia
tassazione del dividendo.
In generale quindi, l’esistenza di un’autonoma imposta sui redditi delle società di capitali si giustifica in funzione
dell’esigenza di tassare gli utili non distribuiti, ma in caso di distribuzione dell’utile netto ai soci sussiste il
problema di doppia tassazione dei dividendi.
IMPOSTA SOCIETARIA E IMPOSTA PERSONALE
In particolare, la doppia tassazione dei dividendi si realizza appieno nel sistema classico: esso riconosce
capacità contributiva autonoma in capo alle società di capitali attraverso la tassazione del reddito d’impresa con
l’imposta sulle società, che si aggiunge a quella riconosciuta in capo ai soci tramite l’imposta personale sui
dividendi no neutralità rispetto alla scelta delle società di capitali riguardo alla distribuzione degli utili netti ai
soci.
Esempio: società di capitali con reddito di 10.000 e socio unico; imposta sulle società proporzionale con aliquota
del 24% la società deve versare 2400 a titolo d’imposta reddito netto 7600 (1) se l’impresa accantona
gli utili, nessun’altra imposta viene prelevata; (2) se l’impresa decide di distribuire l’utile netto all’unico socio,
che ha un’aliquota marginale dell’imposta personale del 38%, egli incasserà un dividendo netto di 4712 perciò il
dividendo subisce una doppia tassazione.
Possibili soluzioni:
Esenzione totale
Tale sistema prevede che la capacità contributiva autonoma in capo alle società di capitali sia sostitutiva
rispetto a quella dei soci, perciò il reddito d’impresa viene unicamente tassato con l’imposta sulle società e non
è prevista l’applicazione dell’imposta personale sui dividendi neutralità rispetto alla scelta delle società di
capitali riguardo alla distribuzione degli utili netti ai soci.
Credito d’imposta
Tale sistema fa in modo che l’imposta sulle società colpisca solo la parte del reddito d’impresa non distribuita,
attraverso l’applicazione di uno sconto sull’imposta personale sui dividendi in favore dei soci che tenga conto,
parzialmente o totalmente, di quanto già pagato dalla società se il credito d’imposta è solo parziale, il
sistema non è comunque neutrale rispetto alla scelta di distribuzione degli utili netti ai soci.
Integrazione completa o tassazione per trasparenza
Tale sistema tratta le società di capitali esattamente come le società di persone, non riconoscendo una capacità
contributiva autonoma in capo alle società di capitali neutralità rispetto alla scelta delle società di capitali
riguardo alla distribuzione degli utili netti ai soci + neutralità rispetto alle decisioni delle imprese
sull’opportunità di avere una personalità giuridica autonoma; problemi di applicazione + problemi di liquidità: i
soci verrebbero tassati sulle plusvalenze maturate sulle azioni (in mercati finanziari perfetti e in condizioni di
certezza, l’esistenza di utili non distribuiti si riflette in un aumento del valore delle azioni) e non ancora
realizzate, inducendoli a preferire la distribuzione rispetto all’accantonamento, pur a parità di imposte da
versare.
IN ITALIA
In Italia, il sistema dell’integrazione completa è applicato alle società di persone e alle imprese individuali: il
reddito d’impresa, indipendentemente dal fatto che sia distribuito o meno, viene imputato ai soci in base alla
loro quota di partecipazione e diventa parte del reddito complessivo ai fini Irpef. Nel 2017 è stata tuttavia
introdotta l’opzione IRI (imposta sul reddito imprenditoriale), che prevede la tassazione in sede Irpef del solo
reddito d’impresa distribuito, e la tassazione in sede Ires del reddito non distribuito.
Alle società di capitali è invece applicato il sistema classico, anche se con alcuni correttivi previsti dalla legge: il
reddito d’impresa è prima di tutto tassato tramite Ires, indipendentemente dalla sua distribuzione o meno; in
caso di distribuzione, la tassazione del dividendo in sede Irpef dipende dal tipo di partecipazione detenuta (i
dividendi da partecipazione qualificata sono tassati al 58,14% del loro importo, gli altri dividendi sono tassati
con ritenuta alla fonte del 26%) doppia tassazione dei dividendi (in parte attenuata), no neutralità rispetto
alla scelta di distribuzione degli utili netti ai soci.
EFFETTI DELL’IMPOSTA SOCIETARIA SULLE SCELTE DI INVESTIMENTO E DI FINANZIAMENTO DELLE
IMPRESE
Il sistema tributario è neutrale quando non influenza le scelte di investimento (quanto investire) e/o di
finanziamento (debito vs azioni).
SCELTE DI INVESTIMENTO
In assenza di imposta societaria, il profitto economico è dato da
−L−
P=R−M A−IP
dove R = ricavi; M = costi variabili; L = costi del lavoro; A = quota di ammortamento del bene strumentale; IP =
costi del finanziamento, pari agli interessi passivi nel caso di finanziamento con debito e alla remunerazione
degli azionisti nel caso di finanziamento con azioni.
L’impresa sceglie il livello ottimale di investimento che massimizza il profitto, che è quello per cui il rendimento
marginale dell’investimento è uguale al costo marginale dell’investimento (tasso di interesse di mercato).
L’imposta societaria è neutrale rispetto alle scelte di investimento se il livello ottimale di investimento per
l’impresa non cambia in seguito all’introduzione delle imposte. Tale neutralità dipende da come è definito il
reddito d’impresa (base imponibile) rispetto al profitto economico:
se base imponibile = profitto economico, l’imposta societaria non produce effetti distorsivi sulle scelte di
investimento, ma semplicemente riduce il profitto netto dell’impresa (l’impresa sceglie il livello ottimale di
investimento che massimizza il profitto al netto dell’imposta societaria, quindi l’imposta societaria riduce
della stessa proporzione il rendimento marginale e il costo marginale dell’investimento, non modificando la
scelta dell’impresa in termini di livello ottimale di investimento);
se base imponibile profitto economico, l’imposta societaria, oltre a ridurre il profitto (netto) dell’impresa,
≠
non è neutrale e fa sì che il livello ottimale di investimento cambi rispetto alla situazione in assenza
d’imposta (l’impresa sceglie il livello ottimale di investimento che massimizza la base imponibile – diversa
dal profitto – al netto dell’imposta societaria, quindi l’imposta non riduce della stessa proporzione il
rendimento marginale e il costo marginale dell’investimento, e l’investimento ottimale si modifica).
Il reddito d’impresa può differire dal profitto economico a causa del trattamento fiscale riconosciuto agli
ammortamenti e ai costi del finanziamento: solo se le quote di ammortamento fiscale corrispondono al vero
deprezzamento economico del bene strumentale e contemporaneamente i costi del finanziamento sono
totalmente deducibili, il reddito d’impresa coincide con il profitto economico e l’imposta sulle società è neutrale
rispetto alle decisioni di investimento. In particolare, in presenza di deducibilità solo parziale o nulla dei costi di
fina