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SISTEMA SANITARIO ITALIANO
Dopo il fascismo sono state istituite le mutue che davano copertura sanitaria
agli associati ed erano organizzate su base settoriale, quindi l’assistenza
sanitaria era differenziata sulla base della specifica posizione professionale..
Non esaurivano completamente la copertura della popolazione e gli associati
non erano trattati in modo uguale tra loro.
Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), introdotto nel nostro paese nel 1978,
è stato all’origine caratterizzato dai seguenti obiettivi:
• estensione della copertura assicurativa a tutti i cittadini
indipendentemente dalla loro condizione economica, sociale e lavorativa;
• finanziamento pubblico fondato sulla fiscalità generale
(contributi);
• gratuità del servizio per l’utente finale;
• coinvolgimento dei diversi livelli di governo nella gestione del
servizio:
a) lo Stato: è garante e finanziatore del sistema con la raccolta dei
fondi che confluiscono nel Fondo Sanitario. Ripartisce le risorse
fra le Regioni, definisce e controlla gli standard minimi di servizio;
b) le Regioni: a queste vengono assegnate le risorse dallo Stato,
programmano gli interventi nel territorio regionale dell’offerta
sanitaria e sono proprietarie delle strutture sanitarie;
c) le Unità Sanitarie Locali (USL): gestiscono i servizi. Sono
strutture di gestione costruite a base territoriale, con componenti
tecniche (direttori generali) e politiche. Gli obiettivi gestionali sono
la perequazione territoriale dell’intervento pubblico e il
contenimento della spesa pubblica. L’autonomia gestionale
deve essere esercitata in termini di vincolo di bilancio.
Alla fine degli anni ‘80 c’è stata la riforma, la revisione del sistema
sanitario che ha portato a fissare la spesa pro capite uniforme su tutto il
territorio nazionale. Il finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale deve basarsi
su una spesa uniforme: livello di spesa storica (si attribuiscono maggiori
fondi alle regioni che sono caratterizzate da maggiori prestazioni pro capite) e
mobilità ospedaliera interregionale (si compensano con maggiori
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trasferimenti le regioni che assistono cittadini provenienti da altre aree
geografiche).
Il finanziamento della spesa sanitaria regionale deriva da due componenti
essenziali: la prima componente è costituita dal gettito dell’IRAP e le
dall’addizionale regionale dell’IRPEF; la seconda componente deriva da
una percentuale del gettito dell’IVA e delle accise.
È stata affermata la piena responsabilizzazione delle Regioni che hanno il
divieto di ripianamenti per i deficit sanitari a carico del bilancio statale.
Negli anni ‘90 e 2000 c’è stata l’aziendalizzazione della gestione dei
servizi sanitari con il passaggio da USL a ASL, aziende dotate di personalità
giuridica pubblica e con autonomia organizzativa, amministrativa, contabile,
gestionale e tecnica. La struttura di comando ha un vertice monocratico, il
direttore generale, nominato dalla Regione, ed è richiesta competenza. Sotto
di lui ci sono il direttore amministrativo e il direttore sanitario, che è il
capo dello stabilimento e coordina i diversi reparti, cioè le unità operative a
capo di cui c’è il responsabile.
Viene introdotto il concetto di centri di costo che vanno a costituire un budget
di spesa triennale. I centri di costo sono costituiti principalmente dal personale,
che è un costo fisso.
È stato adottato il sistema dei DRG, cioè dei raggruppamenti diagnostici
omogenei, con cui le strutture ospedaliere vengono finanziate sulla base delle
prestazioni effettuate, secondo un tariffario formulato a livello regionale. Il fine
è quello di controllare l’evoluzione della spesa ospedaliera e di evitare
fenomeni di sottoutilizzo delle risorse.
SISTEMA PREVIDENZIALE
Il sistema pensionistico è parte del sistema previdenziale, che è un
sistema di norme finalizzato al mantenimento della sicurezza economica in età
anziana. Il sistema pensionistico è un meccanismo redistributivo che
trasferisce risorse prodotte dalla popolazione attiva a favore di chi:
• ha cessato l’attività lavorativa per ragioni di età anagrafica o contributiva
(pensioni di vecchiaia o di anzianità);
• non è più in grado di partecipare al processo produttivo per una
sopravvenuta incapacità lavorativa (pensioni di invalidità);
• è legato da rapporti familiari con persone decedute che hanno fatto parte
della forza lavoro (pensioni ai superstiti o di reversibilità);
• è sprovvisto di qualunque forma di reddito e non è in grado di lavorare
(pensioni assistenziali o sociali).
Il cambiamento demografico è avvenuto ad una velocità tale da lasciare
impreparato il sistema, che è molto più lento. L’età anziana è aumentata
perché c’è stato un aumento della vita media nei paesi europei e un
cambiamento della struttura della popolazione (tasso di natalità in
diminuzione): c’è stato un aumento degli anziani e una diminuzione dei
giovani.
Il sistema pensionistico ha tre funzioni:
a) assistenziale: è la capacità del sistema previdenziale di assicurare a
tutti i cittadini un reddito minimo adeguato a garantire una dignitosa
sopravvivenza (invalido);
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b) previdenziale: questa funzione si realizza quando un sistema garantisce
al pensionato il mantenimento del tenore di vita raggiunto durante la vita
lavorativa, è in grado di massimizzare il tasso di sostituzione, definito
come il rapporto tra la pensione al momento della cessazione dell’attività
lavorativa e la retribuzione finale;
c) assicurativa: è il versamento dei contributi. All’individuo viene restituito
in età anziana quanto ha accantonato nel corso dell’età lavorativa. Il
valore attuale dei contributi deve essere uguale alla somma delle
pensioni attese per essere un buon sistema previdenziale, per essere in
equilibrio.
Il finanziamento del sistema avviene attraverso il versamento periodico dei
contributi previdenziali obbligatori da parte degli assicurati e dei datori di
lavoro. L’INPS è l’ente previdenza nazionale che riceve i contributi e paga le
pensioni. Il finanziamento avviene anche con un’integrazione con il bilancio
dello Stato quando il sistema va fuori controllo.
Nelle diverse funzioni e nelle modalità di finanziamento di un sistema
previdenziale si possono riconoscere differenti concetti di equità:
a) assistenziale: il sistema è equo se è in grado di dare a tutti i cittadini
almeno un reddito minimo;
b) previdenziale: il sistema è equo quando garantisce a tutti i cittadini
almeno una percentuale dell’ultima retribuzione o della media delle
ultime retribuzioni;
c) assicurativa: il sistema è equo se garantisce a tutti la fruizione di tutto il
risparmio accantonato.
Con l’industrializzazione sono nati gli istituti di mutuo soccorso, enti di
previdenza che creavano fondi per intervenire in caso di morte del dipendente
e nel caso non ci fosse un adulto in famiglia capace di sostituirlo oppure in caso
di inabilità al lavoro.
Nel 1919 viene introdotta l’assicurazione previdenziale obbligatoria per
gli operai. Negli anni ’50 i trattamenti pensionistici sono stati estesi agli
impiegati e ai lavoratori autonomi. Negli anni ’70, dopo le lotte sindacali, viene
creato un sistema nazionale obbligatorio contributivo e a ripartizione,
capace di coprire l’80% dell’ultima retribuzione. Nei primi anni ’90 interviene il
governo sul sistema pensionistico italiano che è stato profondamente
modificato dalle due riforme Amato e Dini.
I sistemi pensionistici possono essere o a ripartizione o a capitalizzazione. La
distinzione fa riferimento alle modalità di finanziamento adottate.
In un sistema a ripartizione il gettito contributivo riscosso in ogni periodo è
destinato a finanziare le prestazioni erogate nello stesso periodo. Il
contribuente versa risorse all’ente previdenziale che le eroga in forma di
pensioni. Ha un equilibrio finché la parte che entra è maggiore o uguale a
quella che esce, sennò il meccanismo si inceppa. Non c’è un investimento né
l’accumulo ma equilibrio finanziario del sistema.
α × w × Nocc=P× Npens
Il numero di occupati deve crescere in proporzione al numero di pensionati per
aversi equilibrio.
In un sistema a capitalizzazione i contributi che ogni lavoratore versa nel
periodo di attività sono investiti sul mercato dei capitali. È un sistema
individuale e ad accantonamento ed è previsto l’investimento e il rendimento
finanziario. Nel periodo di pensionamento la pensione percepita dallo stesso
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lavoratore è pari ai contributi versati aumentati del rendimento ottenuto dal
loro impiego. Genera per ciascun contribuente un monte contributi rivalutato
uguale al monte pensione.
monte pensione
pensione= anniresidui vita media
( )
Le pensioni vengono rivalutate in base all’inflazione.
Il modello a capitalizzazione genera risparmi e investimenti (effetto di crescita
per il sistema), quello a ripartizione invece non genera risparmio, ma solo una
redistribuzione dei consumi.
In un sistema a ripartizione le pensioni possono essere calcolate secondo due
metodi fondamentali:
1. metodo di calcolo retributivo: è stato utilizzato dagli anni ’70 fino al
1996. È basato sul valore della retribuzione del singolo lavoratore che va
in pensione. La pensione annuale è pari a una certa percentuale (2%) β, il
coefficiente di rendimento, della retribuzione pensionabile R p
moltiplicata per il numero di anni di contribuzione L. . La
P=β × Rp× L
retribuzione pensionabile può essere uguale all’ultima retribuzione
percepita oppure alla retribuzione media degli ultimi 5 anni. Con la
riforma Amato è stato introdotto un correttivo: la retribuzione
pensionabile è uguale alla media rivalutata della retribuzione di tutta la
vita;
2. metodo di calcolo contributivo: nel 1996 in sostituzione al sistema
retributivo con la riforma Dini si è passati al sistema contributivo, che è
stato applicato solo a coloro che iniziavano a lavorare nel 1996. Per chi
lavorava da 18 anni si applicava ancora il sistema retributivo Amato. Per
chi non era ancora arrivato a 18 anni di lavoro, dal ’96 in poi il calcolo
sarebbe avvenuto con il sistema contributivo.
Con il metodo contributivo si procede alla costituzione di un montante
contributivo individuale ottenuto con la c