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LEMENTI DI CONOMIA DEL ENESSERE E DELLE SCELTE COLLETTIVE

9 -16 Ottobre 2015 – Lezione 2-3

CAPITOLO 2

Il monopolio

La concorrenza perfetta

Per dare una definizione di monopolio partiamo dalla concorrenza perfetta: in un mercato

concorrenziale l’equilibrio si ottiene quando il prezzo è uguale al costo marginale di lungo termine

ed è uguale al costo medio di lungo periodo. Ricordiamo che la differenza tra il breve e il lungo

termine è data dal fatto che nel breve periodo non tutti i costi sono modificabili mentre nel lungo

periodo è possibile modificarli. P = MC = AC

LP LP

La caratteristica fondamentale della concorrenza perfetta è il profitto nullo nel lungo periodo in

quanto non essendoci barriere all’entrata, essendo la tecnologia disponibile per tutti e non essendoci

vincoli per l’utilizzo degli input appena c’è un minimo profitto positivo interviene una nuova impresa

sul mercato; l’entrata di un nuovo agente però fa si che la quantità di output aumenti ma lasciando

invariata la domanda, necessariamente il prezzo dovrà ridursi. L’assenza di barriere all’entrata e

all’uscita fa sì che in concorrenza perfetta operino più compratori e venditori, i quali scambiano sul

mercato un prodotto omogeneo così da consentire ai consumatori di comparare i prodotti dei diversi

concorrenti. Un’altra caratteristica è l’informazione perfetta ossia c’è una assoluta condivisione delle

stesse informazioni sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta. Tutto ciò ci porta a dire che

in un mercato concorrenziale gli agenti sono price taker ossia non fissano il prezzo del bene ma

devono adeguarsi a quello di mercato, prezzo quest’ultimo che deriva dalle funzioni di domanda e di

offerta di quel bene.

La differenza fra i due grafici è data dal fatto che nel mercato le due funzioni sono l’aggregazione

delle funzioni di domanda e di offerta individuale, se però analizziamo singolarmente ciascuna

impresa vediamo come la curva di domanda d’impresa corrisponde ad una retta orizzontale se quindi

l’impresa fissa un prezzo diverso da quello di mercato la quantità che venderà sarà pari a 0. La

quantità ottimale che un’impresa è disposta a produrre è data dall’uguaglianza tra i ricavi marginali

e i costi marginali, e corrisponde al costo medio minimo di lungo periodo.

Verifichiamo ora qual è la differenza tra il monopolio e la concorrenza perfetta e verifichiamo perché

è necessario un intervento pubblico.

Il potere di mercato

Che cosa è il potere di mercato? In realtà il potere di mercato lo misuriamo come la capacità di

un’impresa di fissare un prezzo maggiore del suo costo marginale (rispetto al costo marginale in

quanto questo corrisponde al prezzo più basso a cui un’impresa è disposta a vendere il suo bene). In

concorrenza perfetta le imprese non hanno alcun potere di mercato ed essendo il prezzo uguale al

costo marginale, il loro profitto è nullo. Se un’impresa ha un potere di mercato lo sfrutta aumentando

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il prezzo: il potere sarà tanto più grande quanto più sarà la differenza tra il prezzo che l’impresa riesce

ad applicare (price maker) e il costo marginale (differenza che a sua volta dipende dalla quantità che

vende e produce). Un’impresa price maker quindi riesce a vendere sul mercato un bene ad un prezzo

superiore rispetto al costo di produzione questo perché in realtà esiste un grado di non sostituibilità

di quel prodotto con altri presenti sul mercato; sarà proprio la non sostituibilità a garantire il potere

di mercato alle imprese.

Poiché abbiamo detto che in concorrenza perfetta il prodotto venduto è omogeneo, questa sarà la

prima differenza con gli altri mercati in cui si producono beni non sostituibili. Queste imprese con

potere di mercato possono organizzarsi in regime di monopolio, in cui vi è un unico operatore, o in

regime di oligopolio, in cui operano pochi agenti.

Come fa un’impresa a diventare monopolista?

Il monopolio può costituirsi per la presenza di una legge che garantisce ad una sola impresa la

produzione di quel bene (ad es. i brevetti), o per una innovazione tecnologica (produce un nuovo

bene), o per la proprietà degli input (ad esempio De Beers, monopolista nella produzione di diamanti

infatti detiene l’80% del mercato e lo gestisce modificando il prezzo), o ancora l’esistenza di

economie di scala significative (Ferrovie dello Stato ha il monopolio dei binari). In molti di questi

casi, l’esercizio del potere di mercato tende ad erodersi nel tempo.

Il monopolista ha profitti positivi perché la curva del costo medio (AC) giace al di sopra della curva

di domanda (D), solo per alcune quantità. La curva del costo medio è data dal rapporto fra il costo

totale e le quantità.

Cosa accade se entra una nuova impresa nel mercato? La curva di domanda resta sempre la stessa?

Nel momento in cui in un mercato monopolista entra una nuova impresa che offre uno stesso bene,

le due imprese sul mercato si “dividono” gli acquirenti quindi di conseguenza si modifica la curva di

domanda dell’impresa che diventa la metà rispetto alla precedente (D half) in questo caso la curva

dei costi medi è sempre al disopra della curva di domanda, quindi per ogni possibile livello di quantità.

Essendo il costo medio molto elevato, l’impresa genera dei profitti negativi per qualsiasi quantità

prodotta. Quando questo si verifica siamo in presenza di un monopolio naturale.

Si definisce monopolio naturale quel mercato che naturalmente tende ad un regime di monopolio,

questo implica che nel mercato, data la funzione di costo medio, non possono coesistere due imprese;

se dovessero operare entrambe allora queste avrebbero dei profitti negativi e rischierebbero di uscire.

(Ricordiamo che la curva di costo medio è inclinata negativamente in quanto se aumenta la quantità

prodotta l’incidenza dei costi totali su ogni unità è minore).

L’esistenza del monopolio naturale è sempre associata all’esistenza di costi fissi superiori rispetto ai

costi variabili (quindi una presenza preponderante nei costi totali), se aumenta la quantità prodotta il

costo medio diminuisce proprio perché la quantità di costo fisso viene ripartita fra le varie unità.

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Fissazione del prezzo e massimizzazione del profitto di monopolio

Essendo in un mercato monopolista è l’impresa a determinare la quantità da produrre e che

massimizza il suo profitto, ovviamente si ipotizza che il monopolista conosca la domanda e sappia

che questa è inclinata negativamente. Sappiamo, inoltre, che il monopolista ha un potere di mercato

che dipende dal grado di sostituibilità del bene che produce, in altre parole il monopolista è price

maker ma sa che se aumenta il prezzo la quantità richiesta dai consumatori si riduce. Giunti a questo

punto si hanno tutte le indicazioni necessarie per per stabilire qual è la quantità che massimizza il

profitto del monopolista.

Ricordiamo che il ricavo marginale è il reddito addizionale che deriva dalla produzione di una unità

aggiuntiva di output è quindi uguale al rapporto fra la variazione dei ricavi sulla variazione della

quantità: R R (

Q ) R (

Q Q )

Δ − − Δ

MR = =

Q Q

Δ Δ

Allo stesso modo calcoliamo il costo marginale con la differenza che in questo caso consideriamo

i costi e non i ricavi, quindi è il costo aggiuntivo che deriva dalla produzione di una unità addizionale

di output. La relazione che sussiste fra ricavi e costi marginali consente all’impresa di comprendere

quando è più conveniente aumentare o diminuire la quantità.

Cosa accade se un monopolista aumenta la quantità venduta di Se è pur vero che il ricavo

Δ(q)?

aumenta perché si sta producendo di più allo stesso tempo però si riduce il prezzo al quale si vende il

prodotto perché, per la legge della domanda, all’aumentare della quantità il prezzo si riduce. Si hanno

quindi due forze che modificano il ricavo, e di conseguenza il profitto del monopolista:

Effetto di espansione del prodotto ossia l’impresa vende una quantità addizionale di

• Δ(q)

output ognuna delle quali è venduta ad un prezzo pari a P(Q).

Effetto di riduzione del prezzo, affinché l’impresa possa vendere quelle unità addizionali è

• costretta ad abbassare il prezzo riducendo così il ricavo che otteneva vendendo le precedenti

unità ma ad un prezzo più alto.

Conviene aumentare la quantità e quindi abbassare il prezzo quando l’effetto espansione è maggiore

dell’effetto riduzione. Tutto ciò corrisponde graficamente a:

§ Effetto espansione del prodotto: l’impresa vendeva la quantità Q - (q) al prezzo P(Q- (q)).

Δ Δ

L’impresa riduce il prezzo e lo fissa a P(Q), così facendo l’impresa venderà solo la quantità

Q. Il prezzo P(Q) per la quantità Q è pari all’effetto espansione.

Δ

§ Effetto riduzione di prezzo: l’impresa vendeva la quantità Q- (q) ad un prezzo pari a P(Q-

Δ

(q)), quando la quantità aumenta l’impresa è costretta a ridurre il prezzo da P(Q- (q)) a P(Q).

Δ Δ

Confortando i due rettangoli, se l’area del rettangolo dell’espansione è maggiore rispetto a quella

dell’effetto riduzione allora per l’impresa è conveniente aumentare la quantità da produrre. Da cosa

dipende questa scelta? La caratteristica fondamentale che influenza la scelta dell’impresa è la

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pendenza della curva di domanda che indica il grado di sostituibilità di un bene rispetto ad un altro;

maggiore sarà il grado di sostituibilità minore sarà il potere di mercato. Le due aree vanno quindi

confrontate considerando la curva di domanda.

Il ricavo totale per un impresa è dato dal prezzo per la quantità prodotta P(Q)xQ, dove P(Q) indica la

funzione inversa della domanda di mercato (in

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Publisher
A.A. 2015-2016
156 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/03 Scienza delle finanze

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Checca123 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienza delle finanze e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Dell'anno Roberto.