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LA CAPPELLA CARAFA

Oliviero Carafa affermava ancora una volta, con la decorazione della Cappella Carafa, la sua magnificenza e il

proprio prestigio come cardinale tra i più importanti d'Italia. Nato nel 1430 da una antica e stimata famiglia

napoletana, il Carafa, grazie al sostegno del re Ferrante d'Aragona, divenne arcivescovo di Napoli nel 1458 e

Per ultimo è da notarsi quanto aggiunge il verbale di dietta ricognizione circa l'identificazione dei resti rinvenuti del

corpo dell'Angelico: “Misurato il teschio rinvenuto in quella particolare posizione, e confrontato colla faccia scolpita

nella pietra tombale, e che assai probabilmente dovette essere modellata dalla maschera impressa sul cadavere, giusta

l'uso già in pratica nel quattrocento, tanto che si conserva tutt'ora la maschera di S. Antonio, contemporaneo e

confratello dell'Angelico, si accertò la perfetta coincidenza degli zigomi e dei lobi frontali. A questi riscontri

parteciparono anche due periti anatomici, i quali opinarono che il teschio potesse appartenere al secolo XV” - “Beato

Angelico” di Stefano Orlandi – Leo Olschki editore - op. cit.

7 “La Roma di Bernini” di Federico Gizzi – Tascabili Economici Newton – Newton & Compton editori S.r.l. - 18

aprile 1996

8 “Bernini scultore – la tecnica esecutiva” - Anna Coliva – De Luca Editori d'arte – Luglio 2002

9 “Art & Dossier n° 57– Bernini” di Oreste Ferrari – ed. Giunti – maggio 1991 - Pag. 30 – 31

10 “La pittura Italiana – Il Quattrocento” - Electa Bruno Mondadori – 2003 – pag. 522)

cardinale nel 1467. Quando nel 1483 fu nominato Cardinale Vescovo della Sabina, era ormai il secondo membro

più influente del Sacro Collegio.

Papa Niccolo V aveva decretato che le celebrazioni della festa del santo della chiesa, St. Tommaso, si svolgessero

presso l'altare maggiore della basilica, alla presenza del Collegio dei Cardinali. Durante la funzione veniva

intonato sullo stesso piano il Credo, ponendo così S.Tommaso allo stesso piano dei 4 Dottori della chiesa, e infine

veniva pronunciato il sermone. In questo modo la figura ed il prestigio di S. Tommaso veniva ad essere più

grande, ed in definitiva quello del Cardinale Carafa.

Dall'altare maggiore lo spettatore vede due sistemi ad arco, marmoreo il primo, fittizio il secondo, dove le

somiglianze tra i due accrescono l'effetto illusionistico. 11

Le paraste marmoree sono scanalate, quelle dipinte hanno grottesche (decorate) . Il Vasari a tal proposito

definisce il Lippi “bizzarro” , e le sue opere capricci, perché si allontana dal bello ideale del Vasari, dall'ideale di

bellezza armonica e proporzionata e indulge alle novità alle stravaganze, alla poesia cioè “ai capricci”, mostrando

una preferenza evidente per gli ornamenti, le grottesche e le vesti complicate ed elaborate. Il soggiorno romano e e

gli affreschi della Cappella Carafa segnano un momento di “passione non artistica” per l'antichità romana, un

episodio di soggezione culturale, che perciò appunto viene esagerato. Sicché la Neilson torna a giustificare

nell'opera la chiara nota di “secentismo” che vi era stata indicata, e parla anch'essa di un “nascente stile barocco”,

però frenato dall'ancor forte aderenza allo stile fiorentino da Masaccio in poi.

Nel pavimento, attorno ad una grande lastra di porfido collocata davanti ai gradini dell'altare , si sviluppano

motivi geometrici che incorporano 3 tondi. Il più prossimo all'ingresso include lo stemma Carafa che riappare

anche al centro della volta , e negli scudi sorretti da putti seduti sui capitelli. Gli altri due tondi del pavimento

contengono le imprese del cardinale, rappresentate da un libro aperto (a destra) e da una stadera, l'impresa del

ramo di Oliviero, unitamente al motto HOC FAC ET VIVES. L'immagine del libro aperto ritorna altre due volte

nel vicino affresco del Trionfo. Inoltre nella parete opposta. Probabilmente Filippino completò la volta della

Cappella durante il primo soggiorno a Roma tra l'agosto del 1488 e il giugno del 1489. Probabilmente nel 1490

iniziò a lavorare agli affreschi dell parete d'altare che probabilmente venne terminata prima che Alessandro VI vi

celebrasse la messa del 25 marzo 1493. Entro questa data anche le pareti laterali erano terminate.

Dal Vasari abbiamo una larga descrizione dell'opera del Lippi, “Filippino poco tempo dopo esser tornato a

Firenze, ripartì per Roma per dipingere una cappellina al lato a quella del Carafa; ed altre figure , delle quali

Raffaellino del Garbo, suo discepolo ne lavorò alcune.” A proposito di Raffaellino poi il Vasari ne scrive che “

Nella Minerva, intorno alla sepoltura del Cardinale Carafa c'è quel cielo della volta che par fatto da miniatori” da

ciò l'attribuzione delle lunette al Garbo.

Condottosi poi Filippino a Roma fece al detto Cardinale Caraffa, nella chiesa della Minerva, “una cappella nella

quale dipinse storie della vita di S. Tommaso d'Aquino et alcune poesie molto belle, che tutte furono da lui, il

quale ebbe in questo sempre propizia la natura, ingegnosamente trovate”. Vi si vede, dunque, dove la Fede ha fatto

prigiona l'Infedeltà, tutti gl'eretici et infedeli. Similmente, come sotto la speranza è la Disperazione, così vi sono

molte altre virtù che quel vizio è loro che è loro contrario hanno soggiogato. In una disputa è S. Tommaso in

cattedra, che difende la chiesa da una scuola d'Eretici et ha sotto come vinti Sabellio, Arrio, Averroè et altri, tutti

con graziosi abiti indosso. Della quale storia ne abbiamo di propria mano di Filippo nel nostro libro de' disegni il

proprio, con alcuni altri del medesimo, fatti con tanta pratica che non si può migliorare. Evvi anco quando orando

S. Tommaso gli dice il Crucifisso: “Bene scripsisti de me Thoma” et un compagno di lui udendo quel Crucifisso

così parlare sta stupefatto e quasi fuor di sé. Nella tavola è la Vergine annunziata da Gabriello e nella faccia

l'assunzione di quella in cielo e i dodici Apostoli intorno al sepolcro. La quale opera tutta fu et è tenuta molto

eccellente, e per lavoro in fresco, fatta perfettamente. Vi è ritratto di naturale il detto Olivieri Caraffa cardinale e

vescovo d'Ostia, il quale fu in questa cappella sotterrato l'anno 1511, e dopo condotto a Napoli del Piscopio.

Ritornato Filippo in Fiorenza, prese a fare con suo comodo e la cominciò, la cappella di Filippo Strozzi, ma subito

fatto il cielo dovette tornare a Roma dove fece per il detto cardinale una sepoltura di stucchi e di gesso, in uno

spartimento della detta chiesa, una cappellina a lato a quella, et altre figure, delle quali Raffaellino del Garbo suo

12

discepolo ne lavorò alcune.

11 Filippino Lippi fu uno dei primi a sfruttare il tema delle “grottesche” che inizia a svilupparsi proprio alla fine del

'400 negli affreschi romani, riprese dalle sale sotterranee (parzialmente scavate, quindi grotte, da questo il nome

“grottesche”) Domus Aurea di Nerone, che proprio tra il 1480 (anno della scoperta della Domus Aurea) e il 1490 erano

meta prediletta per la maggior parte dai pittori umbri e toscani, che si avventuravano nelle visite più o meno acrobatiche

alle grotte dell'Esquilino; ne abbiamo traccia dalle varie firme e graffiti che i visitatori di un tempo lasciavano sui muri.

I primi utilizzatori e gli scopritori avevano soprattutto ripreso e articolato dei frammenti, dei dettagli, quanto può esser

percepito e rapidamente disegnato al chiarore un po' fantastico di una lampada. Da “La grottesca” di André Chastel –

Einaudi ed. 1992

12 “Vasari - Le vite dei più eccellentissimi scultori e architetti” – Grandi tascabili economici Newton – dicembre 1993

13

“Annunciazione con S. Tommaso d'Aquino che presenta a Maria il cardinale Oliviero Carafa” .Non troppo

dissimile da quello dell'Aspertini è l'immagine dell'antico che trapela da certi esuberanti dettagli decorativi degli

affreschi di Filippino Lippi nella Cappella Carafa. Decorazioni con candelabre e grottesche di sbrigliata fantasia

decorativa, architetture di una grandiosità “tardo imperiale” e, soprattutto, un eccitato vitalismo che inclina verso

l'”horror vacui” e se così si può dire l'”horror quietis”.

I capitelli in marmo recano ormai soltanto delle tracce di doratura, ma originariamente erano decorate anch'esse,

come quelli dipinti. Tra le paraste marmoree e l'affresco vi è una balaustra di marmo, con al centro un cancelletto

di metallo, alla cui altezza l'affresco della parete di fronte è andato perduto, a paragone con la parete di destra

potrebbe trattarsi di un basamento dipinto a finto marmo. 14

Nell'annunciazione, nella finta pala d'altare S. Tommaso presenta alla vergine il Cardinale Oliviero Carafa. , è

collocata tra le paraste dipinte, che in questo caso fungono da cornice, sotto l'arco fittizio, e si fa fatica a capire

che si tratta di un affresco come quello dell'Assunta da cui è circondato, bensì sembrerebbe una tavola, per via dei

colori molto più spenti, perché trattasi di una scena che si svolge in un interno, al contrario dell'affresco che si

trova alle sue spalle che ha invece dei colori molto più vivi, e della maggior parte degli affreschi Quattrocenteschi.

A contribuire ancora di più all'effetto illusionistico della finta pala d'altare su tavola, vi è un acroterio sormontante

la stessa, con ornamenti in rilievo e con tre putti che sorreggono un drappo porpora (ora annerito e rovinato),

sorretto da un bastone annodato da due funi rosse. Altri putti sono posti sui capitelli che sormontano le paraste che

incorniciano l'affresco, hanno le gambe attorcigliate alle funi e reggono lo stemma e le armi dei Carafa. Questo è

uno stratagemma che Filippino Lippi ha voluto introdurre per spostare l'attenzione dello spettatore dalla pala

d'altare alle paraste, per sottolineare lo spazio che le divide, e per accentuare l'effetto illusionistico.

Nell'Annunciazione, nell'angolo di destra, in alto vediamo un tenda porpora, semichiusa, come anche una ne

doveva essere posta realmente di fronte alla pala d'altare; anche questo può trattarsi di stratagemma, riprendendo il

tema della tenda, posta dietro, dentro e davanti la pala d'altare, per accentuare l'effetto di scambio continuo tra il

fittizio e il reale, ed anche per accentuare lo stacco che si crea tra l'”Annunciazione” e l'”Assunta”. Inoltre anche

l'ambientazione dell'Assunta trova riscontro con lo spa

Dettagli
A.A. 2014-2015
7 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silvia.vallenari di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte moderna a Roma e nel Lazio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi della Tuscia o del prof Gallavotti Daniela.