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La scienza dei corpi non è alla nostra portata: certezza e dimostrazione sono cose che non
possiamo pretendere in questa materia.
Capitolo IV: della realtà della conoscenza
È evidente che lo spirito non conosce le cose immediatamente ma solo per l’intervento delle idee
che ha di esse. La nostra conoscenza perciò è reale solo in quanto c’è conformità fra le nostre
idee e la realtà delle cose. Credo ci siano due specie di idee di cui possiamo essere sicuri che
concordano con le cose. La prima è quelle delle idee semplici che lo spirito non può creare da sé e
devono necessariamente il prodotto di cose che agiscono sullo spirito in modo naturale. Le idee
semplici non sono quindi finzioni della nostra fantasia ma produzioni naturali delle cose fuori di noi,
che realmente agiscono su di noi. In secondo luogo, tutte le nostre idee complesse eccetto quelle
delle sostanze, essendo archetipi che lo spirito costruisce per suo conto, non hanno bisogno della
conformità necessaria alla conoscenza reale. Siamo certi che tutta la conoscenza che concerne
queste idee è reale e raggiunge le cose stesse. Giacché in tutti i pensieri e discorsi di questa
specie, facciamo riferimento alle cose solo in quanto si possono conformare alle nostre idee. Le
nostre idee complesse di sostanza, essendo riferite ad archetipi fuori di noi, possono differire da
essi e così la nostra conoscenza può esser priva di realtà e imperfetta. Nella misura in cui le nostre
idee complesse concordano con gli archetipi fuori di noi, la nostra conoscenza delle sostanze è
reale.
Capitolo V: della verità in generale
La verità è l’unione o la separazione di segni, a seconda che le cose da essi significate concordino
o discordino l’una con l’altra. La verità propriamente appartiene solo alle proposizioni; e, in
riferimento ad esse, la verità può essere definita mentale o verbale. La verbale è duplice: o è
puramente verbale o è reale. Quest’ultima è l’oggetto della conoscenza reale. La verità consiste
nel tradurre in parole l’accordo o il disaccordo delle idee quale esso è. La falsità consiste nel
tradurre in parole l’accordo o il disaccordo in modo diverso da come esso è. Oltre le verità in senso
stretto prima menzionate, ce ne sono altre due specie:
1. la verità morale;
2. la verità metafisica.
La certezza è duplice: certezza di verità e certezza di conoscenza. La certezza di verità si ha
quando le parole sono poste insieme nelle proposizioni in modo da esprimere esattamente
l’accordo e il disaccordo delle idee per cui esse stanno, quale esso realmente è. La certezza di
conoscenza si ha quando si percepisce l’accordo o il disaccordo delle idee, in quanto espresso in
una proposizione qualsiasi. Nessuna proposizione generale può essere riconosciuta vera con
certezza quando l’essenza reale delle specie menzionate è conosciuta. Questo non è difficile da
farsi per tutte le idee semplici e i modi. In essi infatti l’essenza reale e quella nominale coincidono.
Ma per le sostanze le cose sono diverse; perché noi non conoscendo l’essenza reale, non
possiamo conoscere ciò che appartiene o no a quella specie; né, di conseguenza, ciò che si può o
no affermare con certezza di essa. Ma quando come limite di una specie si assume l’essenza
nominale, allora non c’è pericolo di ingannarsi. Non dobbiamo meravigliarci se troviamo la certezza
solo in pochissime proposizioni generali che concernono le sostanze; la nostra conoscenza delle
loro qualità e proprietà va molto raramente al di là di ciò che i nostri sensi raggiungono.
Capitolo XII: delle massime
Le massime e gli assiomi sono proposizioni autoevidenti. Tuttavia non solo le poche proposizioni
che sono state accreditate come massime, sono autoevidenti, ma un numero infinito di
proposizioni lo sono ugualmente. Per l’identità e la diversità, ad esempio, tutte le proposizioni sono
autoevidenti. Che le massime non siano le prime verità conosciute dallo spirito, è dimostrato dalla
stessa esperienza. Un bambino sa con certezza che un estraneo non è sua madre assai prima di
conoscere che “è impossibile che la stessa cosa sia e non sia”. Le idee particolari sono ricevute
per prime e la conoscenza comincia con esse. Partendo da esse l’intelletto procede verso idee più
generali. Le massime non aiutano gli uomini nel progresso delle scienze e nella scoperta di verità
sconosciute. I casi particolari sono per l’intelletto non meno autoevidenti delle massime addotte per
confermarli. Le massime allora sono utili:
1. per l’insegnamento della scienza, ma non per il suo progresso;
2. nelle discussioni, per zittire un oppositore ostinato, mostrando l’assurdità di ciò che dice e
portare così a qualche conclusione la disputa. Ma una cosa è mostrare a un uomo che è in
errore, un’altra è porla in possesso della verità.
E come queste massime sono di scarsa utilità quando abbiamo idee chiare e distinte, così sono
pericolose quando le nostre idee non sono determinate.
Capitolo VIII: delle proposizioni insignificanti
Ci sono proposizioni universali le quali, sebbene siano certamente vere, non illuminano il nostro
intelletto né incrementano la nostra conoscenza. Tali proposizioni insignificanti sono:
1. le proposizioni identiche;
2. le proposizioni in cui una parte dell’idea complessa è predicata del nome del tutto. Quale
informazione o conoscenza contiene la proposizione “il piombo è un metallo” per chi già
conosce l’idea complessa per cui sta il nome piombo?
Tali proposizioni non includono nessuna conoscenza oltre il significato delle parole, per quanto
certe possano essere: esse servono solo a insegnare il significato della parola e l’uso del segno,
ma non aggiungono nessuna conoscenza reale. Le proposizioni generali sulle sostanze, se sono
certe, sono per la maggior parte insignificanti; e se sono istruttive, sono incerte e tali che non
possiamo aver conoscenza della loro verità reale.
Capitolo IX-XI: della triplice conoscenza dell’esistenza
Abbiamo la conoscenza della nostra propria esistenza per intuizione, dell’esistenza di Dio per
dimostrazione e delle altre cose per sensazione. Credo che sia fuori questione che l’uomo ha
un’idea chiara del suo proprio essere; egli sa con certezza che esiste e che è qualcosa. Oltre a ciò
l’uomo sa che il puro niente non produce un essere reale. Se perciò noi sappiamo che c’è qualche
essere reale e che il non-ente non può produrlo, questa è la dimostrazione evidente che
dall’eternità c’è stato qualcosa; perché ciò che non esiste dall’eternità ha avuto un inizio; e ciò che
ha avuto un inizio deve essere prodotto da qualcos’altro. Questa sorgente eterna di tutto l’essere
deve anche essere la sorgente e l’origine di ogni potere. L’Essere eterno deve essere anche il più
potente e il più conoscente. Così dalla considerazione di noi stessi e di ciò che infallibilmente
troviamo nella nostra costituzione, la nostra ragione ci conduce alla conoscenza di questa verità
certa e evidente, che c’è un essere eterno potentissimo e sapientissimo; e non importa se lo si
vorrà o no chiamare Dio. Non c’è verità più evidente che questa che qualcosa dev’essere
dall’eternità. Nessuno può essere così irragionevole da ammetter una contraddizione così
manifesta, come un tempo in cui non c’era perfettamente niente. Di tutte le assurdità, la maggiore
è quella di immaginare che il puro niente, negazione perfetta e assenza di ogni essere, abbia
prodotto un’esistenza reale. La conoscenza dell’esistenza di ogni altra cosa possiamo averla solo
per sensazione. Nessun uomo può conoscere l’esistenza di un altro essere, tranne quando questo
agisce attualmente su di lui e si fa percepire da lui. Avere l’idea di qualcosa nel nostro spirito non
prova l’esistenza di questa cosa. Quando i nostri sensi portano attualmente nel nostro intelletto
un’idea, non possiamo fare a meno di ammettere che in quel momento esiste realmente fuori di noi
qualcosa che agisce sui nostri sensi. Ma questa conoscenza si estende solo sin dove arriva la
testimonianza presente dei sensi. Ci sono due specie di proposizioni:
1. c’è una specie di proposizioni che concerne l’esistenza di qualcosa che risponde a una
data idea. Questa conoscenza è solo di particolari. Nessuna esistenza di qualcosa fuori di
noi, tranne quella di Dio, può essere conosciuta con certezza al di là di ciò che è
testimoniato dai nostri sensi;
2. un’altra specie di proposizioni esprime l’accordo e il disaccordo delle nostre idee astratte e
la loro dipendenza reciproca. Queste proposizioni possono essere universali e certe.
La proposizione: “Gli uomini debbono temere e obbedire Dio”, per quanto certa, non mi prova
l’esistenza di uomini nel mondo; ma sarà vera per tutte le creature siffatte, dovunque esistano.
Molte di queste proposizioni generali sono dette verità eterne perché una volta che siano state
formulate intorno alle idee astratte in modo da essere vere, esse saranno sempre realmente vere.
Capitolo XII: dell’incremento della nostra conoscenza
La conoscenza non è attinta dalle massime, ma dal paragonare idee chiare e distinte. Niente può
essere così pericoloso come i principi assunti senza discussione o esame, specialmente se
concernono la moralità che influenza la vita degli uomini e indirizza le loro azioni. Il modo di
migliorare la conoscenza non è quello di accettare ciecamente dei principi, ma quello di ottenere e
fissare nei nostri spiriti idee chiare, distinte e complete, quanto più è possibile ed annettere ad
esse nomi adatti e costanti. La nostra conoscenza delle sostanze può essere migliorata, non dalla
contemplazione delle idee astratte, ma solo dall’esperienza. L’esperienza mi deve qui insegnare
ciò che la ragione non può. Devo rivolgermi all’esperienza: fin dove essa arriva, posso avere
conoscenza certa, ma non oltre. Questo modo di ottenere e migliorare la nostra conoscenza delle
sostanze solo mediante l’esperienza e la storia, mi fa sospettare che la filosofia naturale non sia
capace di diventare una scienza. Non dobbiamo essere troppo prontamente dominati dall’opinione
e non dobbiamo scambiare sistemi dubbi per scienze complete, né nozio