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SAGGIO: L’EROINA INTREPIDA
L’opera è scritta da Francesco Fulvio Frugoni, autore prolifico dal punto di vista
stilistico del pieno Barocco. Visse tra il 1620 e il 1687 circa. Scrisse opere diverse,
alcune non pubblicate e alcuni manoscritti sono confluiti nella sua ultima opera.
Tra i romanzi abbiamo: La vergine parigina (in 3 volumi pubblicati nel 1661),
L’eroina intrepida (in 4 volumi pubblicata nel 1673) e Il cane di Diogene (in 7
volumi pubblicati tra il 1687 e il 1689). Inoltre scrisse I fasti del miracoloso S.
Francesco di Paola, L’epulone, Una candia angustiata, la guardinfanteide (poemetto
pubblicato sotto pseudonimo in cui afferma che la pratica del guardinfante era nata
per nascondere le gravidanze). Vi sono altre opere di meno importanza.
Per quanto riguarda L’eroina intrepida essa è composta da tre volumi, mentre la
storia è divisa in tre parti (la terza parte occupa sia il terzo volume che il quarto
volume). Il romanzo narra la storia di Aurelia Spinola (l’eroina intrepida appunto),
duchessa di Valentinese, appartenente ad una nobile famiglia genovese, le cui
vicende erano note perché aveva sposato il principe di Monaco con cui ebbe una
difficile e dolorosa storia. Frugoni fu il suo confidente e quindi perfetto conoscitore
delle vicende.
L’edizione si apre con un’antiporta dove sono raffigurate due figure alate, una in alto
e una in basso, e nel centro è raffigurato il corpo di un animale in cui è presente il
titolo dell’opera. Dopo c’è il frontespizio uguale per tutti e quattro i volumi. Poi c’è il
ritratto dell’eroina intrepida e si ripete, senza note tipografiche, il titolo con qualche
modifica. Le tre parti dell’opera hanno tre dediche diverse.
PRIMO VOLUME “la
FRONTESPIZIO: è presente la marca tipografica, il motto minerva”, il luogo e la
data di stampa (Venezia, 1673), lo stampatore (società Combi e La Nou) con licenza
di superiori e permesso di stampa.
DEDICA: è indirizzata alla Repubblica di Genova di cui l’autore si presenta come
umile e fedelissimo suddito. Questa dedica è fondamentale perché Frugoni vuole
recuperare i suoi rapporti con la città. In seguito, loda la madre dell’eroina intrepida,
ovvero Genova, e lei stessa. Esalta Genova, sposa inseparabile di Giano, dicendo che
non mancano donne forti essendo tutte figlie della città e tra queste donne campeggia
Aurelia (che anche nel testo spicca perché il suo nome è scritto tutto in maiuscolo), il
cui maggior vanto fu quello di essere fedelissima figlia di Genova. Richiama le
imprese degli eroi antichi, richiamando la storia di Ifigenia, infine definisce la città
una porta per l’Italia e la sua sicurezza ad occidente.
INDIRIZZO AL LETTORE: dopo la dedica, Frugoni si rivolge all’ingenuo lettore
occupando 11 pagine. Dice di aver sofferto molto per la morte di Aurelia e di aver
deciso di scrivere il romanzo per farla risorgere. Dice di offrire un libro fatto senza
libri (cioè racconta fatti reali) e con la libbra (cioè pesando tutto ciò che ha scritto).
Essendo una materia da trattare con attenzione, ha fatto sì che lo stile sia d’oro (non si
fa scrupoli di modestia). Dice di aver scritto con inchiostro di lacrime (perché ha
sofferto per le vicende di Aurelia) e con sale (cioè con intelligenza). Loda Aurelia e il
lettore ora diviene giudice giudizioso. Poi cita i suoi modelli: Agostino Mascardi
(l’opera è Pompe del Campidoglio), Ciampoli ( Istoria di Polonia), e Virginio
Malvezi (I saggi storici della monarchia di Spagna). Di questi autori ha tenuto
presente le loro idee sulla poetica. Di Mascardi ha preso l’idea del riflessivo, di
Ciampoli ha preso l’idea del corsivo e da Malvezi ha preso l’idea del digressivo.
Il titolo è L’istoria Adornata perché nel romanzo ci sono molti elogi ad Aurelia.
Ribadisce più volte che tratta di fatti realmente accaduti e che la verità deve essere
nuda , come si suol dire, ma non sarà meno sincera se sarà ornata di fiori e densa di
concetti. Poi fa riferimento alla stampa con la metafora della notte, scura come
l’inchiostro, che poi termina con l’aurora (gioco di parole col nome Aurelia). Infine
dice che è impossibile che in una stampa non ci siano errori e che il lettore li deve
perdonare.
TRIPLICE PROTESTA DELL’AUTORE: insiste sulla veridicità di ciò che scrive
paragonandosi al cigno (è come un cigno candido che non infarcisce di falsità l’opera
ed è capace di elevare il suo canto), di non aver scritto l’opera per interesse, e non ha
avuto scopi particolari ma ha solo voluto narrare la verità e anche nelle critiche è
stato moderato perché non vuole rovinare nessuno (ma anche non vuole subire
conseguenze).
Infine cita un brano di Giusto Lipsio tratta dai Libri politici, inserendolo tra due fregi.
Poi c’è un altro fregio e un altro paratesto in cui si rivolge direttamente ad Aurelia
con un breve scritto in cui ribadisce ancora il fatto di aver scritto la verità e dichiara
che non ha ritenuto opportuno pubblicare la sua storia mentre lei era in vita per non
recarle ancora più danno.
Così si conclude la parte paratestuale che riguarda l’opera per intero. Poi c’è il ritratto
di Aurelia, l’occhiello, il sommario che informa sulla divisione dell’opera con i vari
titoli, il preliminare in cui dice che grazie a lui il nome di Aurelia vivrà nei secoli.
“vita
Conclude questa parte lodandola ancora e scrivendo in maiuscolo in latino da
ammirare in tutti i modi”.
Poi inizia il racconto della vita di Aurelia. Ciascuna parte dell’opera inizia con un
fregio e capilettera ornate. Alla fine c’è un fregio e un indice delle cose più notabili,
in ordine alfabetico. Dopo l’indice c’è una tavola degli errori in cui da l’indicazione
della pagina, del rigo e la versione corretta.
SECONDO VOLUME
FRONTESPIZIO: è uguale a quello precedente, riportando la scritta presente
“la
nell’occhiello del primo volume, la marca tipografica e il motto minerva”, luogo e
data di stampa, stampatore.
DEDICA: è indirizzata al principe di monaco, primogenito di Aurelia. È una dedica
breve e fortemente elogiativa. Insiste ancora sulla veridicità dei fatti narrati e dice al
figlio che, essendo stato testimone oculare dei fatti, può testimoniare la veridicità
dell’opera. Apre la dedica con l’immagine della presentazione del figlio alla madre
(Genova) e chiude con il figlio che deve difendere Aurelia e l’autore da eventuali
attacchi.
Segue il racconto della storia di Aurelia riguardante il suo vedovaggio.
Alla fine c’è l’indice delle cose più notabili, l’indice degli errori e le rispettive
correzioni. TERZO E QUARTO VOLUME
La terza parte dell’opera si estende nei volumi 3 e 4.
FRONTESPIZIO: è uguale a quello dei volumi precedenti
DEDICA: è indirizzata alle cinque figlie di Aurelia. C’è una scala nelle dediche per
cui si parte dalla Repubblica di Genova, si passa poi al figlio primogenito ed erede, e
poi alle figlie. Tutte e cinque le figlie sono indicate con il proprio titolo (due di queste
figlie sono suore). La dedica ha un fregio e capolettera ornata. Nella dedica prima di
esaltare le figlie, esalta Aurelia paragonandola a Cornelia Gracco, madre dei Gracchi,
in quanto lei aveva detto che i suoi figli sono il suo più preziosi gioielli, mentre qui
dice che sono le figlie a poter mostrare la madre come un gioiello.
Dopo la dedica inizia la prima sezione della terza parte della storia accompagnata dal
fregio, il titolo, e alla fine l’indice delle cose più notabili e la tavola degli errori.