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Secondo Herbert Read, la letteratura modernista è solo un aspetto dello sviluppo della sensibilità del
periodo, che interessa anche la musica (Schönberg), l’arte (Picasso con le emblematiche “Les
Desmoiselles d’Avignon”), la concezione dello spazio-tempo (Proust).
N.B. Il modernismo non è un movimento vero e proprio (come gli imagisti, i futuristi etc…), con un
manifesto e obiettivi condivisi e precisi, ma è una costruzione critica avanzata individualmente da diversi
autori, che solo in seguito percepirono le proprie somiglianze e forse una identità collettiva.
→ quali sono allora le cause di tali somiglianze in opere “separate”?
Secondo Friedman, il romanzo modernista cambia in maniera “eguale” di fronte al cambiamento
radicale dell’epoca: con i nuovi miti della velocità, della tecnologia, del nuovo ritmo della vita, cresce
l’inaffidabilità del pensiero nel percepire la realtà. Il modernismo NON vuole distruggere la realtà, ma
tenta di rimettere insieme le dimensioni dello spazio-tempo attraverso il punto di vista dell’esperienza
individuale o, perlomeno, dell’immaginazione, visto che la realtà non è più sicura.
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Capitolo 2: Spazio
Con la letteratura modernista si ha uno spostamento da “cose nell’oggetto” a “cose nella mente”: dalla
realtà oggettiva del narratore onnisciente si passa alla realtà soggettiva del singolo individuo, che narra
attraverso il proprio punto di vista. Da qui si giunge alla domanda: che cos’è la realtà? La realtà è ciò che
il personaggio percepisce attraverso i propri sensi: questo tipo di rappresentazione “mentale” della realtà
risale a prima del 1920.
Henry James.
Secondo James, la trascrizione rozza e confusa della realtà non può essere considerata arte, per cui lui
discrimina le percezioni attraverso una particolare prospettiva che mette a fuoco e plasma la realtà.
Questo è evidente in alcuni suoi romanzi: La coppa d’oro, Ritratto di signora (dove il centro del soggetto è
nella coscienza della fanciulla), Gli ambasciatori (dove le azioni e gli eventi sono narrati dal punto di vista
del protagonista Strether). Soprattutto in quest’ultimo romanzo, si anticipano due fattori del modernismo:
- Lo spostamento del focus dal mondo esterno alla coscienza soggettiva
- Il sollevamento di dubbi riguardo alla realtà percepita.
Tuttavia, è sempre presente una voce autoriale, che “sa”, che narra le cose riportandole attraverso il punto
di vista di James. Questa caratteristica (la presenza, cioè, di una voce oggettiva nonostante il punto di
vista soggettivo), sottolinea il ruolo di transizione di James.
Joseph Conrad.
Conrad esprime scetticismo verso la realtà per come si presenta davanti ai nostri occhi: è molto più reale
ciò che sta all’interno della persona. Questo emerge nei suoi romanzi, soprattutto per il fatto che non c’è
una voce autoriale, un narratore onnisciente, che può dare un senso di oggettività alla realtà narrata.
In Lord Jim, il personaggio principale viene descritto dai molteplici punti di vista di coloro che sono venuti
a contatto con lui, ma è impossibile ricostruire la vera realtà. I punti di vista soggettivi sono tutti
inattendibili.
Cuore di tenebra è un’indagine sull’essenza primitiva dell’io e dei sogni (ricorda molto Freud e Proust). Il
viaggio nel bel mezzo dell’Africa nera rappresenta un viaggio nelle profondità del subconscio. Il romanzo
riflette l’incertezza riguardo al concetto di civiltà e il valore del colonialismo, e anche la difficoltà nel
trovare un’interpretazione valida della storia. Queste caratteristiche rimandano all’impressionismo,
caratterizzato dalla dissolvenza dell’obiettività.
Ford Madox Ford.
Nelle sue opere, come Parade’s End e Il buon soldato, emerge la relatività e la parzialità della percezione;
tuttavia, il personaggio è sempre al centro dell’attenzione (come nei racconti di confessione della
letteratura vittoriana). Rispetto all’epoca vittoriana, però, l’analisi della percezione e del soggetto è più
approfondita. 3
D.H. Lawrence
È uno scrittore ancora fedele alle forme tradizionali, ma il suo punto di vista sulla storia e lo stile sono
più rivoluzionari. In Donne innamorate, viene esplorata l’essenza più profonda dei personaggi. Il linguaggio
viene adattato ai movimenti della psiche, tanto che si avvicina allo stile indiretto libero, visto che ci sono
delle affermazioni che non sono riconducibili a nessuno, né ai personaggi né all’autore. È un passo in
avanti verso la coscienza soggettiva del personaggio, ma c’è ancora l’autorità della voce autoriale che
percorre il romanzo.
In Figli e amanti, Paul Morel ha difficoltà nel separare i suoi affetti dalla madre, e questo si traduce in
difficoltà nelle relazioni sessuali (cfr. complesso di Edipo). Questo mostra un interesse dell’autore per la
psiche, tuttavia l’autore rimane separato dai personaggi, per riferire meglio i loro processi inconsci.
Dorothy Richardson
Nel suo romanzo Pilgrimage ogni cosa è filtrata dalla mente della protagonista Miriam Henderson,
inaugurando un nuovo metodo soggettivo: l’autore in alcuni tratti è ancora presente, ma il linguaggio è
usato in modo tale che porta alla luce i meccanismi della coscienza di Miriam. Grazie all’uso del presente
e del pronome “io”, quello di Pilgrimage può essere considerato il più antico flusso di coscienza della
letteratura inglese. È una grande conquista del modernismo, ma non è un’innovazione improvvisa, bensì
uno sviluppo costante. Tutto questo è infatti il risultato anche dello Zeitgeist dell’epoca, caratterizzato da
cambiamenti culturali, economici e sociali, la lotta del femminismo… Miriam infatti lotta per resistere al
rigido sistema classista inglese, esprimendo un rifiuto delle opprimenti condizioni sociali, che
corrisponde, sul piano letterario, a un rifiuto delle convenzioni del romanzo ottocentesco, dove la prosa
era maschile, per esprimere i valori imposti dagli uomini. Ora le donne cercano un proprio spazio e, se
non lo trovano nella società, lo trovano nella propria mente, creando una scissione all’interno della
coscienza femminile (cfr. A room of one’s own di Virginia Woolf).
May Sinclair
May Sinclair è stata collaboratrice delle suffragette e del movimento psicoanalitico, e questo si riflette nel
personaggio di Mary Olivier, protagonista dell’omonimo romanzo, dove vengono narrate le conseguenze
delle opprimenti condizioni sociali sulla coscienza femminile, in aggiunta alle restrizioni religiose. La
protagonista ricerca una via di fuga e di equilibrio, tra le esigenze della fede e quelle dell’arte; il linguaggio
segue il pensiero e il punto di vista di Mary.
James Joyce
È considerato il padre del modernismo perché sviluppa le tecniche moderniste attraverso le sue opere.
La prima tappa di questo sviluppo è Dubliners, che descrive la paralisi della vita, la descrizione delle
esperienze interiori dei personaggi. La seconda tappa è rappresentata da Stephen Hero, dove c’è un
narratore a distanza oggettiva che però narra esclusivamente dal punto di vista di Stephen. Non è ancora
un vero e proprio stile indiretto libero; è una specie di contagio stilistico, per cui il narratore adotta un
linguaggio simile a quello che userebbero i suoi personaggi (idiosincrasie linguistiche).
La terza tappa è costituita dal romanzo Ulysses, dove si trova un libero flusso di coscienza tramite
associazioni, senza interruzioni né punteggiatura (monologo di Molly). Ulysses non è soltanto un romanzo
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sul flusso di coscienza, ma è un mix di stili narrativi, tanto che si è parlato di cubismo letterario, cioè
dell’uso simultaneo di prospettive alternative. La narrazione a volte non può essere attribuita né all’autore
né al personaggio, oppure è un mix delle due voci, cosa che si avvicina sempre di più allo stile indiretto
libero.
Virginia Woolf
La sua scrittura è influenzata da quella di Joyce, ma il suo metodo soggettivo è diverso, in quanto la voce
del personaggio non sostituisce mai completamente l’autore: sono presenti rimandi alla voce autoriale
(“disse”, “pensò…”) e non ci sono verbi al presente. La scrittura della Woolf è più simile a un monologo
interiore, più organizzato e ricco di metafore, che non un flusso di coscienza libero e irrazionale (come
quello di Molly Bloom). Questo emerge soprattutto nella prima e nella terza parte di Gita al faro. È
l’interiorità di Mrs. Ramsay a essere rappresentata, mentre il mondo esterno è relegato tra parentesi. Al
contrario, nella seconda parte del romanzo gli oggetti vengono personificati e diventano loro stessi i
protagonisti, mentre le vicende dei personaggi sono relegate tra parentesi, a testimonianza della
transitorietà e della pochezza dell’umanità.
Le tre parti in cui il romanzo è suddiviso rispecchiamo i tre criteri della filosofia del signor Ramsay:
soggetto, oggetto, natura della realtà.
In Modern Fiction, la Woolf critica lo stile materialista realista (di autori come H.G. Wells, Arnold Bennett,
John Galsworthy) perché incapace di rappresentare l’interiorità di un personaggio. Secondo la Woolf,
ogni cosa è nella mente, lo spirito umano è mutevole ed è compito dell’artista descrivere la complessità
umana, anche se gli scrittori da lei criticati, seppur attaccati alla descrizione dell’ambiente, descrivono e
criticano il mondo materialista e fanno satira del mondo contemporaneo.
Il 1910 è, come dice testualmente la Woolf, “l’anno in cui il personaggio uomo è cambiato”. Questo per
diversi fattori:
- Le proteste delle organizzazioni sindacali;
- Il movimento per l’indipendenza dell’Irlanda;
- Il movimento delle suffragette;
- La precarietà delle classi sociali;
- L’influenza crescente di Freud, la cui prima opera viene appunto tradotta in inglese nel 1909. La
diffusione della psicologia fa aumentare l’interesse degli scrittori per l’esaminazione della mente,
portandoli a riconsiderare aspetti prima ignorati nei romanzi: il sogno, l’irrealtà, i pensieri.
L’interesse per la psicologia si traduce anche nella presenza di un personaggio medico (ne La
signora Dolloway) e di aspetti clinici (la sublimazione in Mary Olivier), con