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M M
K impiegati
II) Costanza di W, con P in calo (macchine più efficienti),W/P cresce (Disoccupazione tecnologica
M M
ovvero introduzione delle macchine senza che aumentino i salari)
17) La sostituzione del lavoro con le macchine neoclassica
La sostituzione del lavoro con le macchine neoclassica avviene quando varia il rapporto fra interesse (il
prezzo del capitale) e salario. La sostituzione è determinata da un cambiamento che ha luogo nel corso del
tempo nei salari rispetto al prezzo delle macchine: i salari aumentano e vengono prodotte nuove macchine
che sostituiranno un certo numero di lavoratori.
La sostituzione neoclassica è di tipo statico e comprende una variazione istantanea nei prezzi relativi.
18) La differenza tra la produttività media e marginale
1- La produttività media è il rapporto tra la quantità prodotta ed il numero di occupati. E’ un concetto solido
che non fa nascere problemi né in un'analisi statica né in una dinamica.
2- La produttività marginale fa riferimento all’aumento della quantità prodotta ottenuto con un piccolissimo
incremento della quantità di un fattore, tenuti costanti gli altri, ovvero in termini matematici si tratta della
derivata parziale della quantità prodotta rispetto alla variazione molto piccola di un fattore della
produzione, con costanza degli altri. E’ l’incremento dell’output ottenuto con l’utilizzo di un'unità
aggiuntiva di un fattore, ad esempio L, lasciando costante K.
19) Perché il concetto di produttività marginale non è una nozione economicamente valida
Il concetto di produttività marginale è una nozione del tutto priva di realismo per due ragioni:
1) data una tecnica se vogliamo aumentare la produzione avremo bisogno di variare tutti gli altri
fattori o almeno uno (caso industria tessile). Per ciascuna tecnica i fattori produttivi sono
necessariamente complementari fra loro, cosicché appare preclusa la possibilità di utilizzare il
concetto di derivata parziale e l’intera costruzione cade.
2) non è realistico supporre andamento ad U rovesciata della produttività marginale, ovvero costi
marginali crescenti e rendimenti decrescenti. Nella realtà l’andamento della produttività è una retta
e coincide con la produttività media ed ovviamente anche il costo marginale è costante e coincide
con quello variabile, nel breve periodo ovviamente i rendimenti in questo caso non saranno
decrescenti ma costanti.
Neppure nel lungo periodo, ovvero con impianti variabili, regge il principio dei rendimenti decrescenti.
20) Cosa utilizzare come prezzo del capitale
Il saggio dell’interesse non può essere considerato come prezzo del capitale e secondo Sraffa il capitale non
può essere considerato misurabile indipendentemente dalla distribuzione del reddito e dei prezzi.
Gli uomini d’affari considerano il capitale in termini finanziari (come liquidità, potere d’acquisto) e
l’interesse come il costo per procurarselo: ne segue che quando il tasso d’interesse diminuisce non si
verifica una variazione delle quantità fisiche di capitale utilizzato per produrre a favore del lavoro.
Con i mezzi finanziari aggiuntivi si potranno acquistare sia macchine nuove che lavoratori.
Con il calo del tasso d’interesse si possono verificare quindi ripetuti spostamenti delle tecniche sia nella
direzione di un aumento del capitale per lavoratore che in quella con maggiore intensità di lavoro.
Se dunque non possiamo utilizzare il tasso dell’interesse come prezzo del capitale, bisognerebbe utilizzare
non un prezzo ma i singoli prezzi delle macchine, così da far cadere la possibilità di derivare la
distribuzione del redito dalla funzione aggregata di produzione.
21) Conseguenze della irrealtà della distinzione tra produttività marginale e media per il calcolo della
distribuzione del reddito
1- Se i fattori della produzione sono complementari e non sostituibili per ogni tecnica produttiva, non è
realistico il calcolo del contributo alla produzione di un singolo fattore e cade la distinzione tra produttività
marginale (derivata parziale di un fattore rapportato all’incremento marginale della quantità prodotta) e
produttività media.
2- Se poi la produttività media è nel breve periodo costante, data la tecnica, allora devono matematicamente
coincidere le due produttività e viene meno la possibilità di ricavare dalla produttività marginale, sempre
uguale alla produttività media, le quote distributive.
3- C’è un’altra contraddizione nella teoria della distribuzione marginalista: la funzione aggregata di
produzione consente risultati non assurdi solo se in equilibrio si suppongono rendimenti costanti, ma
secondo la stessa teoria le curve dei costi marginali hanno forme ad U e sono prima decrescenti e poi in
equilibrio crescenti, ovvero suppongono rendimenti decrescenti.
Molti economisti neoclassici hanno abbandonato la funzione aggregata di produzione, continuando a
credere nella validità della funzione di produzione microeconomica, dove permane la grave difficoltà a
considerare la quantità di K fissa, e dalla quale non è ricavabile la distribuzione del reddito aggregato.
22) I rendimenti supposti dalla funzione Cobb-Douglas sono in armonia con i rendimenti
decrescenti ?
No, perché la funzione si fonda su assunzioni del tutto irrealistiche, ossia che:
1- l’interesse sia il prezzo del capitale
2- la quantità di capitale possa essere assunta come data indipendentemente dal suo rendimento
Se la spiegazione della distribuzione fondata sulla Cobb Douglas è insostenibile, allora si deve elaborare
una valida alternativa: a giudizio di Sylos Labini l’approccio più promettente è quello proposto oltre
cinquant’anni fa da Michael Kalecki (1938), che fa riferimento all’industria manifatturiera e assume come
punto di partenza il principio del margine proporzionale.
Questo approccio ha il vantaggio:
1- creare un ponte fra le variazioni nella distribuzione del reddito e le variazioni dei prezzi dei prodotti
finiti e delle materie prime
2- tener conto delle variazioni della produttività e del ruolo, nella distribuzione del reddito, delle
variazioni nei prezzi delle materie prime (il ruolo delle variazioni della produttività è essenziale nel
processo di sviluppo, quello delle materie prime nelle relazioni internazionali).
L’approccio volto a spiegare la distribuzione del reddito adottato da Kalecki e sviluppato da Sylos Labini è
radicalmente diverso dall’interpretazione ricavabile dalla funzione Cobb-Douglas, originariamente
elaborata proprio per questo fine e solo in seguito usata per interpretare il processo di sviluppo.
L’ obiezione teorica mossa da Sylos Labini è che, nonostante emendamenti e integrazioni di vario tipo, tutti
accettano la funzione Cobb-Douglas, la quale è pero fondata da assunzioni irrealistiche.
23) Definite i decili
Qualche nozione di statistica descrittiva
• I quartili, di ordine m/4 dividono la popolazione in 4 parti uguali
• I quintili, di ordine m/5, dividono la popolazione in 5 parti uguali.
• I decili, di ordine m/10, dividono la popolazione in 10 parti uguali.
• I ventili, di ordine m/20, dividono la popolazione in 20 parti uguali.
• I centili, di ordine m/100, dividono la popolazione in 100 parti uguali. Vengono anche
chiamati percentili, esprimendo l'ordine in percentuale: m/100=m%.
24) Curva di Lorenz
La curva di Lorenz ideata dall’omonimo statistico statunitense nel 1905, individua la quota del reddito
totale posseduta da frazioni cumulate della popolazione, una volta che questa sia stata ordinata per livelli
non decrescenti di reddito.
La curva di Lorenz è rappresentabile su un piano cartesiano di area unitaria, dove sull'asse delle ordinate si
misurano le quote cumulate del reddito complessivo e su quello delle ascisse i decili della popolazione. Per
esaminare il profilo distributivo delle variabili monetarie (reddito imponibile Irpef, reddito disponibile,
consumo, ecc.) è usuale ordinare il totale delle unità campionarie, siano esse famiglie o individui, dalla più
povera alla più ricca e quindi suddividere il campione così ordinato in 10 gruppi di uguale numerosità, detti
per l’appunto decili.
25) Indice di Gini
L'indice in questione, ideato all’inizio del secolo dallo statistico italiano Corrado Gini, è una tra le misure
sintetiche della disuguaglianza economica più utilizzate in assoluto. Interpretazione geometrica dell’indice
di Gini (G) in termini della curva di Lorenz: il valore dell’indice equivale al rapporto tra l’area compresa
tra la retta a 45° gradi e la curva di Lorenz e l’area del triangolo sottesa a 45° gradi stessa. I valori estremi
che può assumere G sono 0 e 1 poiché:
1- se il reddito è distribuito in modo perfettamente egualitario, G=0 e la curva di Lorenz coincide con la
retta di equiripartizione;
2- se tutto il reddito è posseduto da una sola unità (caso di massima disuguaglianza), G=1 e c’è una
distanza netta tra la curva di Lorenz e la retta a 45°
26) Il rapporto P90/P10
Sono indicatori della disuguaglianza dei salari (esprime il rapporto tra le quote di reddito complessivo
detenute da due distinti quantili della popolazione, ad esempio il decile più ricco (il decimo) ed il decile più
povero (il primo)) : P90 è il limite salariale che separa D9 e D10, mentre P10 è il limite salariale che separa
D1 e D2.
27) Diversi tipi di reddito percepiti dalle famiglie
I diversi tipi di reddito sono divisibili in due gruppi:
1- Redditi da attività: salari e redditi da lavoro autonomo (di agricoltori, commercianti, liberi
professionisti e comprendono profitti agricoli, profitti industriali e commerciali e profitti non commerciali)
2- Redditi sociali: pensioni, redditi da trasferimento (sussidi familiari, indennità di disoccupazione, reddito
minimo di inserimento) e redditi patrimoniali (o "da capitale", che comprendono dividendi azionari,
interessi, canoni d'affitto).
In Francia, nel 2000, è emerso che i 2/3 del reddito percepito dalle famiglie sono derivati dai redditi di
attività (salari e redditi da lavoro autonomo) e la restante terza parte è rappresentata dai redditi sociali, della
quale oltre 2/3 viene dalle pensioni. I redditi patrimoniali rappresentano il 5% dei redditi complessivi, ma
essendo notoriamente mal riportati dalle famiglia nelle inchieste sui redditi, risulta un dato poco affidabile
(si stima siano vicini al 10%).
Tuttavia l'importanza dei diversi tipi di reddito non è la stessa a seconda che si sia ricchi o pove