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Con l’avvento dell’innovazione tecnologica, però, le possibilità di produzione e di
amplificazione dei propri business si sono presentati e l’imprenditore-innovatore colse
questa opportunità per poter passere dal modello della piccola impresa a il modello della
grande. Nei vari casi nazionali le dinamiche si diversificarono, con un grande liberalismo
negli USA, una attenta innovazione ma moderatamente confinata in Inghilterra, una tardo
arrivo dell’industrializzazione in Italia e in Francia, un forte aiuto statale per l’innovazione e
lo sviluppo dell’imprenditorialità in Giappone e una tarda ma potente industrializzazione nel
settore industriale pesante in Germania.
La grande impresa si caratterizza per avere bisogno di grandi capitali per lo svolgimento
della propria attività e nel seguire l’innovazione, dovendo quindi aver bisogno del supporto
del tipo societario delle società per azioni, che raccolgono capitale di rischio anonimo dai
risparmiatori. Un modello societario che ha trovato grandi attriti in Italia e Francia, mentre è
riuscito ad inserirsi bene nell’economia inglese e soprattuto americana dove, la mancanza di
regole “storiche” o comunque di paradigmi mentali che provenissero dal passato, ha favorito
l’attaccamento di questo modello innovativo. Senza di esso, non grandi imprese non
avrebbero potuto esistere crescere, dalle compagnie mercantili inizialmente al settore tessile,
siderurgico fino ad arrivare alla grande impresa ferroviaria americana.
18) Quali canali hanno utilizzato gli imprenditori inglesi e quali invece gli imprenditori sul
continente Europeo per finanziare le loro imprese? Con quali motivazioni e quali
conseguenze?
Con la nascita delle prime grandi impresi inglesi, si è sviluppato anche il sistema creditizio che
supportava tale sviluppo. Le banche, oltre a fare il loro solito lavoro di cambio valuta e 13
deposito dei crediti, crebbero nella loro importanza, con anche il passaggio dei mercanti che
si improvvisarono come partner industriali. Il numero delle banche in Inghilterra crebbe da
poche decine nel 1750 a circa 600 nel 1810, quindi non esisteva un sistema creditizio
centralizzato ma tante banche sparse e diversificate sul territorio.
Differentemente, in Germania, le industrie dipendevano molto di più da poche banche
onnipresenti sul territorio, le quali iniziavano a giocare un ruolo manageriale nelle imprese
che finanziavano. La Deutche Bank, infatti successivamente, ha giocato un ruolo importante
nelle varie imprese che finanziava perché si proponeva come banca d’investimento più che
nel cercare di capitalizzare se stessa in modo sicuro. Ma le banche tedesche non avevano le
stesse fonti di capitali che invece poteva vantare la Gran Bretagna, anche se divise nelle
varie banche e non centralizzate. Conservare i profitti, e non pagare subito gli investitori per
il loro investimento per poi andarsene, divenne un importante strumento di finanziamento
delle grandi imprese e per il progresso industriale, così da mantenere una stabilità nei
finanziamenti dati e nella liquidità.
In Italia e in Francia, invece, se venivano fatti investimenti erano prevalentemente a medio
lungo termine sui titoli di stato, mentre il sistema bancario (nonostante l’Italia fosse stata
pionieristica a suo tempo in questo campo) era indietro rispetto al resto d’Europa e USA. In
Italia soprattutto, c’era un grande riguardo nel fare investimenti sulla grande industria,
specie perché essa era ostacolata in molti modi dalla cultura popolare prevalentemente
contadina e da un governo confusionario e stagnante. Solo dopo una riformulazione del
sistema bancario e con la nascita della Banca d’Italia e il primo grande finanziamento alla
grande Acciaieria di Terni si ebbe un grosso salto nel finanziamento d’impresa, ma prima di
allora la cosa era piuttosto stagnante nonostante le battaglie di Alessandro Rossi dal suo
Lanificio di Schio.
19) La burocrazia manageriale in USA: quando appare, in quali settori e con quali
strutture.
Nelle grandi imprese in cui regna la grandezza dimensionale e la complessità, il management dà il
via alla burocrazia manageriale. Le imprese divennero troppo grandi e troppo complesse per
essere gestite da un solo uomo in tutta la sua produzione. Con gli impianti che si
espandevano in tutto il territorio, molte compagnie industriali divennero diversificate e per
questo un cambiamento di rotta nel modo di fare management era necessario.
L’esecutivo stabilisce un una forte struttura corporativa centralizzata per ogni compagnia,
dove il top management era supportato dallo staff e faceva le grandi decisioni aziendali,
mentre i responsabili di linea avevano in gestione la ruotine operativa locale del proprio
stabilimento o zona. Questi uffici centrali, presto, divennero dipartimentalizzati e quindi
sparsi nei vari stabilimenti, in quanto dovevano rispondere a differenti approcci dei
dell’esecutivo alle diverse funzioni della produzione che dovevano gestire in loco. Così la
gerarchia, da centralizzata, si spande e si diversifica per essere più flessibile ed efficace in
ogni zona dove essa è presente, ovviamente il tutto supervisionato e diretto dagli uffici
centrali dove risiede il top management.
Il controllo della crescita dell’impero industriale si sviluppò presto dal semplice uso della
partita doppia tenuta dai mercanti in età preindustriale. Svilupparono un nuovo sistema di 14
contabilità che poteva aiutare a sviluppare piani per il futuro della compagnia come meglio
dimostrano e mostrano le operazioni attuali. Quindi, dalla prese dei conti attuali, si poteva
prevedere e capire come meglio dirigere i piani di produzione di tutta la compagnia o magari
di un singolo dipartimento. I grandi business leader iniziarono a sviluppare questo tipo di
contabilità finanziaria, iniziando ad utilizzare rapporti operazionali, che aiutavano a
giudicare il rendimento e l’operatività dell’impresa. Con questi metodi contabili si inizia
anche a considerare le previsione di svalutazione, che potevano aiutare a prevedere i conti
futuri, e si può iniziare a fare benchmark interni per capire la produttività di una operazione
o dell’impresa in genere.
Questo ha permesso anche una separazione tra controllo e proprietà dell’impresa, in modo
da passare dal controllo familiare al manager stipendiato. Un numero sempre crescente di
uffici d’impresa divennero popolati da uomini stipendiati per l’andamento dell’impresa e
così la sostituzione del personale per la burocrazia manageriale prende il proprio posto
prima nella grande ferrovia americana, che era la prima ad arrivare a grandi dimensioni con
la necessità di avere dipartimenti demoralizzati già nel 1850, per arrivare alle grandi aziende
nella fine dell’800. Questo non ha lasciato spazio alle family firms che lasciarono sempre
più il posto al personale stipendiato.
20) Non solo big business: in quale contesti è possibile riscontrare l’emergere/l’esistenza/la
persistenza della piccola impresa negli USA e quali caratteristiche presenta?
Con lo sviluppo dei grandi business come l’American Tobacco, Carnegie Steel e la Standard Oil, le
piccole imprese si sono trovate in una posizione ambigua. La proporzione dell’output
industriale americano cala drasticamente dalla piccola impresa e esplode verso la grande
impresa, ma, nonostante questo, persistono le opportunità per la piccola impresa di
espandersi e mantenere la loro posizione, crescendo addirittura il loro numero. La piccola
impresa quindi passa dalla produzione di prodotti (non più concorrenziale con la grande
impresa che ha tempi e costi decisamente minori) alla vendita di prodotti e l’erogazione di
servizi. Le aziende che invece sono resistite nel campo manifatturiero, hanno dimostrato la
loro flessibilità nel fatto che riescono a rendersi ancora competitive rispetto alla grande
impresa e lo fanno producendo prodotti riservati al mercato di nicchia, o comunque prodotti
speciali rivolti a specifici mercati regionali.
Lo sfruttamento delle economie di scala/scopo diviene secondario nelle piccole imprese
perché, puntando alla particolarità, al dettaglio personalizzato e alla flessibilità delle
produzione, possono ambire ad un segmento diverso da quello della grande impresa, così da
non trovarsi a competere con essa. Così la piccola impresa ha piccole produzioni veloci, in
modo da ottenere flessibilità sui cambi di mercato stagionali o di tendenza, essere sempre un
passo avanti alla grande impresa standardizzata che in questi cambi ci mette molto tempo.
Parte di questa produzione compete anche a personale intelligente, formato e innovativo, che
fa sì che i piccoli business, rimanendo fuori dal tiro e dalla voragine della grande impresa sia
per mercato di riferimento sia per velocità di cambiamento, possano resistere al
cambiamento in corso e coesistere con essa. 15
21) La teoria dell’imprenditore di Schumpeter: passaggio e problematica dall’innovatore/
innovatore eroico alla grande impresa manageriale.
Secondo Shumpeter, l’imprenditore non innovatore è un imprenditore che è interessato solamente al
mantenimento dello stato di equilibrio, che sia della produzione o del mercato, in una società
stazionaria dove il lavoro di routine, sia da parte dei lavoratori che dell’imprenditore, si
adegua a descrivere l’intero processo economico come in una formula lineare statica.
Shumpeter, invece, sostiene che l’imprenditore-innovatore è non è solo l’anima del
capitalismo ma è anche il primo motore dello sviluppo economico. La storia del capitalismo
è costellata da esplosioni e catastrofi violente che ci devono indurre a smettere di pensare al
sistema economico come un ambiente armonioso e senza scosse. Questi squilibri (i cicli
economici) sono indotti da una azione dinamica degli imprenditori-innovatori, che metto in
atto nuove combinazioni economiche e che trasformano le invenzioni in innovazioni,
rendendo cioè le invenzioni sfruttabili economicamente. Il rischio cui vanno incontro è
ripagato dai profitti assicurati dalla posizione di rendita monopolistica che temporaneamente
l’innovazione assicura loro: temporaneamente perché ben presto l’innovazione tenderà ad
essere imitata e affinata dalle concorrenze e questo non solo stimolerà altri progressi, ma
aumenterà l’intensità delle attività innovative di quello e altri settori squilibrando ancor di
più il sistema.
Quando Shumpeter si trasferisce negli USA, vede poi un altro mondo e formula nuovi
pensieri riguardo il modo di fare impresa. Infatti esso è caratterizzato dall’affermazione del
big business, in cui la vera protagonista è