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RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE : Il cervello funziona anche grazie all’ossigeno che
viene trasportato dall’emoglobina (nel sangue). Esistono due tipi di emoglobina:
desossiemoglobina e ossiemoglobina. L’fMRI vuole rilevare la differenza tra le due. In assenza di
attività neurale (Resting State) c’è più ossiemoglobina, carica di Ossigeno, poiché il consumo di
esso è minimo; in caso di attività, al contrario, si ha più desossiemoglobina (poco ossigeno). La
fMRI utilizza non i pixel ma i voxel che sono più grandi dei pixel, quindi non abbiamo una perfetta
localizzazione ma un’approssimazione dei risultati. In caso di Resting State, il consumo di
ossigeno sarebbe casuale. Il metodo utilizzato è il metodo sottrattivo:
STATO DI ATTIVITA’ –
STATO DI RIPOSO
= SOLUZIONE
In caso di attività, l’ossiemoglobina rimane in quantità minori per pochissimo tempo dato che il
cervello attiva dei circuiti di emergenza e attiva la vasodilatazione, favorendo il flusso sanguigno e
quindi l’arrivo di ossigeno. Il picco si raggiunge circa 5 secondi dopo aver effettuato l’attività
richiesta. Dopo circa 20 secondi tutto il processo è finito. (FENOMENO BOLD)
Durante la risonanza il soggetto è coricato all’interno dello strumento con delle cuffie o oggetti per
proteggere gli occhi. Fuori dalla risonanza, si monitora il processo attraverso un computer (ad
esempio il movimento di un braccio). Ogni paradigma di attivazione (= insieme di stimoli che si
danno al soggetto) viene evidenziato attraverso un diverso colore per individuare la corrispondente
area cerebrale. I paradigmi cognitivi sono più difficili da evidenziare rispetto a task (= paradigma)
motori. Il cervello a riposo ha un andamento casuale (= rumore). Tale idea venne fortemente
criticata: Biswal aveva osservato un’area del cervello, l’area motoria primaria di sinistra,
affermando che se il segnale di quell’area a riposo è casuale, essa dovrà essere sempre uguale a
sé stessa e non simile ad altre aree; se non è casuale e quindi ha un pattern, ci saranno zone
simile. E scopre che in tutte le aree motorie il rumore è simile. Questo andava contro l’idea
dell’andamento casuale e successivamente questa teoria è stata confermata: in realtà il segnale a
riposo non è rumore ma ha una distribuzione spaziale che dice molto del nostro cervello e della
persona. Effettuando, però, la misurazione sulla stessa persona più e più volte, ogni volta sarà
diversa, dato che il cervello a riposo cambia sempre. Cambia per motivi anche banali, come il caffè
che modifica sia il pattern a riposo che durante un task. Scomponendo l’attività del cervello a
riposo nelle sue componenti fondamentali, ovvero le zone che hanno lo stesso andamento
temporale (stesso consumo di ossigeno), otterremmo circa 18 gruppi: le aree visive si
scomporranno insieme, quelle motorie insieme e così via. Otterremmo poi dei networks, ovvero
aree che lavorano insieme sia a riposo, sia durante un task. Ciò vuol dire che il cervello a risposo è
lo specchio del cervello in attività: studiandolo a riposo posso studiare il cervello per quanto
riguarda le sue strutture e, quindi, in seguito, posso studiare il cervello in attività. Alcuni network