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DNA.

REPLISOMA DI E.COLI: molti fattori hanno contribuito a rendere difficile l'identificazione e caratterizzazione

biochimica delle diverse proteine richieste per la replicazione del DNA. La sua replicazione infatti non è portata avanti

dall'azione di proteine che agiscono indipendentemente l'una dall'altra. Al contrario, le proteine replicative funzionano

come pezzi di un'unica "macchina" proteica (chiamata replisoma) che richiede il perfetto assemblaggio e le corrette

interazioni chimiche fra tutti i componenti. Tuttavia la stabilità di queste macchine può essere molto diversa: per

esempio, il ribosoma, macchina proteica per la traduzione, è così stabile da poter essere isolato essenzialmente nella sua

integrità. Al contrario il replisoma è molto instabile e quando si rompono le cellule di E.coli o di un altro organismo, i

vari componenti del replisoma si dissociano uno dall'altro e per assemblare di nuovo la macchina bisogna recuperare i

vari pezzi e rimetterli insieme. Ciò è reso complicato dal fatto che la concentrazione delle proteine che costituiscono il

replisoma è molto bassa all'interno della cellula, per cui è difficile identificarne i componenti e purificarli dall'insieme di

tutte le altre proteine cellulari.

SCOPERTA DELLA DNA POLIMERASI E LE SUE PROPRIETA' BIOCHIMICHE: il modello della replicazione

semiconservativa suggerisce immediatamente l'esistenza di enzimi in grado di catalizzare la polimerizzazione di

nucleotidi. Se infatti ciascuno dei due filamenti parentali serve da stampo per la neosintesi di un filamento

complementare, c'è da aspettarsi che nella cellula ci siano attività che debbano catalizzare la formazione del legame

fosfodiesterico tra nucleotidi in modo DNA stampo-dipendente. Questa ipotesi portò all'identificazione della prima

DNA polimerasi in cellule di E.coli da parte di Kornberg. La sintesi del DNA, sia in vivo che in vitro, ha delle richieste

biochimiche precise. I substrati della reazione sono i deossiribonucleotidi trifosfati (chiamati in generale dNTP), ma un

secondo substrato richiesto da tutte le DNA polimerasi sino a oggi conosciute è anche un complesso innesco stampo,

costituito da uno stampo rappresentato da un filamento di DNA e da un innesco che può essere un tratto più o meno

lungo di DNA che porti una estremità 3' OH che la DNA polimerasi è in grado di allungare. Infatti tutte le DNA

polimerasi non sono in grado di iniziare la sintesi di una catena nucleotidica, ma necessitano di una estremità 3' OH da

allungare. La DNA polimerasi aggiunge, a ogni evento di condensazione, un nuovo nucleotide, catalizzando la

formazione del legame fosfodiesterico nel rispetto della regola della complementarietà tra le basi con il filamento di

DNA stampo. Nella formazione di ciascun legame fosfodiesterico, il fosfato in posizione alfa del dNTP viene legato al

3'OH dell'innesco portando alla liberazione del pirofosfato. L'energia libera di questa reazione è modesta (deltaG= -3.5

kcal/mole) e l'energia addizionale che spinge la reazione verso la polimerizzazione è fornita dall'idrolisi del pirofosfato

da parte di un enzima chiamato pirofosfatasi.

In E.coli, non tutte le DNA polimerasi sono coinvolte nella replicazione del DNA. In E.coli ci sono 5 DNA polimerasi ,

chiamate I, II, III, IV e V. La DNA polimerasi I è stata la prima DNA polimerasi a essere purificata nel laboratorio di

Kornberg, e si pensò per molto che l'enzima fosse coinvolto nella replicazione del DNA del batterio. In realtà più tardi

si scoprì che la DNA polimerasi è soprattutto coinvolta nella riparazione del DNA e nella replicazione svolge un ruolo

nella maturazione dei frammenti di Okazaki. La DNA polimerasi II è anch'essa coinvolta in meccanismi di riparazione

del DNA. La DNA polimerasi III è il vero enzima replicativo in E.coli. L'oloenzima è composto da 10 subunità e si

assembla in tappe successive formando un dimero in grado di sintetizzare entrambi i nuovi filamenti di DNA. La DNA

polierasi IV e la DNA polimerasi V sono due polierai di translesione in grado di aggirare danni al DNA che bloccano,

almeno temporaneamente, la macchina replicativa.

Da queste descrizioni risulta importante una caratteristica della sintesi del DNA: la sua polarità procede in direzione 5'-

3' e tutte le DNA polimerasi funzionano seguendo questa polarità. Una spiegazione molecolare di come la DNA

polimerasi catalizza la polimerizzazione del DNA è venuta dalla definizione della struttura tridimensionale di complessi

innesco-stampo-enzima. La struttura delle DNA polimerasi replicative è stata paragonata a una mano destra

parzialmente chiusa in cui si riconoscono 3 domini proteici definiti, per analogia, pollice, dita e palmo. Il complesso

innesco-stampo è associato con il palmo, mentre il sito catalitico della DNA polimerasi si trova tra le dita e il pollice.

La presenza di ioni bivalenti (Mg++ e Zn++) è importante per favorire la polimerizzazione dei dNTP e il palmo

influenza fortemente l'accuratezza della sintesi del DNA. Infatti, appaiamenti tra stampo e innesco che non rispettano la

complementarietà delle basi abbassano la velocità della reazione e il complesso innesco-stampo è più facilmente

rilasciato dal sito attivo della polimerizzazione entrando in contatto con il sito esonucleasico dell'enzima che controlla la

fedeltà del processo replicativo. Il pollice dell'enzima non è direttamente coinvolto nella catalisi enzimatica, ma

interagisce con lo stampo stabilizzando il complesso ternario innesco-stampo-enzima e favorendo un'azione processiva

dell'enzima stesso che si dissocia dallo stampo solo dopo aver catalizzato il legame di numerosi nucleotidi.

Fedeltà di replicazione del DNA: la fedeltà del processo replicativo è impressionante; un errore ogni 10^9-10^10

nucleotidi polimerizzati. Tuttavia un sistema che è basato solo sulla stereochimica di coppie di basi che rispettino la

regola della complementarietà non sarebbe in grado di raggiungere l'accuratezza sopra indicata. La selettività delle

polimerasi è limitata (un errore ogni circa 10^5) per la presenza di forme tautomeriche delle basi azotate che

determinano inevitabilmente errori che devono essere eliminati. Tali errori sono rimossi da un'attività esonucleasica 3'-5'

che ha una polarità invera alla direzione di sintesi del DNA. Questa attività è associata alle polimerasi e ha la funzione

di agire come correttore di bozze (attività proofreading). Quando la DNA polimerasi trova un appaiamento non corretto

tra coppie di basi, il complesso stampo-innesco si allontana dal sito catalitico di polimerizzazione della DNA polimerasi

e si avvicina al sito esonucleasico con funzione proofreading. Questa attività elimina il nucleotide errate e permette alla

polimerasi di riprendere la sintesi senza che il complesso ternario innesco-stampo-enzima si sia dissociato.

La frequenza di errori viene diminuita ulteriormente da uno specifico sistema di riparazione del DNA che riduce il

numero di appaiamenti non corretti durante il processo replicativo. L'accoppiamento tra attività della DNA polimerasi e

azione della esonucleasi 5'-3' è alla base di una reazione chiamata nick-translation, tecnica di laboratorio che permette di

sintetizzare filamenti di DNA marcati con precursori radioattivi da usare come sonde per vari esperimenti.

La DNA polimerasi agisce quindi, da quanto detto sopra, utilizzando in vitro un substrato fatto da un complesso

stampo-innesco. E' chiaro che in vivo lo stampo è fornito dai due filamenti della molecola di DNA parentale, ma chi

fornisce l'innesco e come viene coordinata la sintesi dei due filamenti di nuova formazione? Nella cellula entrambi i

filamenti di neosintesi vengono sintetizzati contemporaneamente ed è necessaria quindi la separazione dei due filamenti

della molecola di DNA parentale. La regione che si trova tra i due filamenti separati sui quali avviene la neosintesi del

DNA e la doppia elica non ha ancora subito il processo di apertura viene chiamata forcella di replicazione.

Forcella di replicazione: sintesi del filamento continuo e discontinuo

E' importante avere una visione della forcella replicativa nel contesto dell'accensione di un'origine di replicazione che

procede bidirezionalmente. Tenendo presente che tutte le DNA polimerasi polimerizzano il DNA solo in direzione 5'-3',

ciò crea un problema nella progressione della forcella replicativa. Infatti solo uno dei due filamenti può essere

sintetizzato in modo continuo seguendo la direzione della forcella replicativa: questo filamento di neosintesi viene

chiamato filamento continuo o leading strand. Per rispettare la polarità di sintesi del DNA (5'-3') l'altro filamento è

sintetizzato in modo discontinuo e genera il filamento ritardato o lagging strand. Tale filamento è ritardato perchè la sua

sintesi inizia solo dopo che il progredire della forcella di replicazione ha generato sufficiente DNA a singolo filamento

da far partire la sintesi del filamento lagging. Quindi la sintesi del filamento ritardato si realizza tramite generazione di

frammenti discontinui di DNA che sono chiamati frammenti di Okazaki. Il coordinamento tra la sintesi continua e

quella discontinua , così come il processamento e saldatura dei frammenti di Okazaki tra loro, sono tra i problemi più

complessi che la macchina replicativa deve riuscire a risolvere.

Innesco della sintesi di DNA: L'innesco della sintesi di ogni frammento di Okazaki, così come l'innesco del filamento

leading a un'origine di replicazione, devono prevedere la sintesi di un iniziatore (primer) per offrire alla DNA

polimerasi il complesso stampo-iniziatore. L'innesco della sintesi di DNA polimerasi sia sulla leading che lagging

strand è fornito da corte (4-12 nucleotidi) molecole di RNA sintetizzate da un enzima, la DNA primasi. L'utilizzo di

molecole di RNA "primer" come inneschi della sintesi del DNA implica che la macchina replicativa riesca poi a

eliminare questi tratti di RNA e sia in grado di riempire buchi che vengono così generati. Un'altra importante funzione

la possiede la DNA ligasi, enzima in grado di saldare il 3' OH di un frammento di Okazaki con il 5' Fosfato del

frammento di Okazaki sintetizzato precedentemente. Come sono state identificate le altre proteine che costituiscono il

replisoma di E.coli? Per i procarioti sono stati utilizzati sistemi in vitro in cui si ricercavano tutte le proteine richieste

per la replicazione di molecole semplici di DNA a struttura nota. Uno studio importante è stato quello della replicazione

in vitro del DNA circolare a singolo filamento di alcuni batteriofagi, quali G4, M13 e phiX174. Essi iniettano il loro

DNA circolare a singo

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
10 pagine
1 download
SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiarabt di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Dente Luciana.