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Con materialismo ci si è pure riferiti a un'impostazione epistemologica giudicata eccessiva e
incapace di cogliere la natura delle cose e dei fenomeni se non nel loro aspetto bruto e meccanico.
Di questo materialismo ha fatto le spese anche la religione ricondotta a quella dinamica terrena.
Nel primo decennio del nuovo millennio, però, non è il materialismo consumista o ideologico a
dominare le tendenze culturali, né lo spiritualismo new age, ma una corrente di gusto diffusa che
potrebbe definirsi anti-materialista. Che cosa si intende per anti-materialità?
Dal punto di vista storico e sociologico, l'inclinazione per l'anti-materialità è legata allo sviluppo di
nuove tecnologie di comunicazione, le quali ne sono contemporaneamente la causa e l'effetto in un
circuito che si autoalimenta. Il desiderio di annullare le distanze spaziali e temporali, di
rimpicciolire il mondo sino a renderlo manipolabile, ha fatto da contesto all'evoluzione
esponenziale di una sempre più efficiente ideologia del segnale: ciò che conta non è la carta da
lettera, né l'inchiostro che la imbeve tracciandovi dei caratteri, ma il contenuto di questi caratteri, il
quale deve essere appunto estratto alla sua materia espressiva, tradotto in numero, trasformato in
segnale, e dunque trasmesso.
In termini semiotici, il telefono analogico funzionava ancora come un'impronta; il segnale che
comunicava la voce era un indice, ovvero un artefatto comunicativo in cui il significante e il
significato, il segno e il suo oggetto, erano legati da un vincolo di contiguità fisica e causalità (c'è
fumo, dunque c'è fuoco, perché il primo produce il secondo e il secondo si sprigiona dal primo).
Dai telefoni digitali invece non si ricevono più indici ma simboli, ovvero impulsi sonori che
corrispondono fedelmente alla fonte che li ha generati, e questa fedeltà non è più dettata da una
necessità causale ma dall'arbitrarietà di una traduzione.
Le immagini analogiche sono progressivamente scomparse nelle culture occidentali,
inesorabilmente sostituite da immagini che ricostruiscono per via numerica le apparenze della realtà
(se oggi un ricercatore può consultare sul proprio schermo l'immagine digitale di un manoscritto
lontano nel tempo e nello spazio lo deve a questa rivoluzione).
2.
Come la genesi del monoteismo sarebbe stata impensabile senza l'invenzione della scrittura, e come
la nascita del Protestantesimo sarebbe stata impossibile senza lo sviluppo della stampa a caratteri
mobili, così la progressiva digitalizzazione del significante condurrà a nuovi stili di vita religiosi,
forse addirittura a nuove religioni.
Sia le religioni che le tecnologie della comunicazione traducono la lenta e inesorabile evoluzione
del modo in cui la specie umana si rapporta al mondo e a sé stessa attraverso l'interfaccia che la
contraddistingue, ovvero il linguaggio. La progressiva digitalizzazione dei significanti ha condotto
a una graduale ma inesorabile svalutazione della materialità, in moltissimi ambiti dell'esistenza
umana.
Una delle ragioni del successo di marchi come Apple è stato quello di sposare la spasmodica ricerca
di un senso smaterializzato, in cui la tecnologia non ha più alcun rapporto indicale con la necessità
dell'uso ma è puro design, frutto di immaginazione arbitraria. Non solo i dispositivi della
comunicazione però ma anche tutti i supporti tradizionali della cultura sono stati digitalizzati: il
libro di carta diviene sempre più reliquia, e così pure il vinile per la riproduzione sonora, per non
parlare dell'immagine cinematografica. Un discorso pubblicitario diffuso ma niente affatto slegato
da questa logica ha fatto credere a molti che si potesse vivere una vita più leggera, all'insegna della
miniaturizzazione e dunque della trasportabilità. L'ideologia del segnale e la conseguente
smaterializzazione del significante ha portato a una crescente digitalizzazione delle relazioni, di cui
i social networks sono il prodotto più eclatante.
L'amicizia ad esempio è infatti divenuta segnale elettrico e quindi legame simulacrale tra avatar.
Vivere senza corpo, vivere senza spazio, vivere come flusso numerico che scorre costantemente
intorno al mondo, affiorandovi ora qui, ora lì con il volto di un'immagine, di un suono, di una
persona amica: è questa l'utopia dei nostri tempi.
I rapporti di forza tra tendenza macro e controtendenze sub-culturali sono poi smaccatamente
sottolineati dal fatto che oggi esiste e cresce un mercato di simulazione della materialità: copertine
digitali che imitano con straordinaria perizia le imperfezioni di quelle cartacee; CD che simulano
vinili; immagini digitali che mettono in scena una perfetta imperfezione al fine di soddisfare il gusto
di nicchia per il materiale, o meglio per il materico. Il numero trionfa sulla materia simulando la
propria scomparsa a vantaggio di una materia ricostituita artificialmente.
La perdita dell'aura profetizzata da Benjamin a seguito dell'introduzione della riproducibilità tecnica
della cultura ha lasciato il posto a una sorta di aura numerica: non si desidera l'unicità di un dipinto
ma ci si bea della precisione con cui il Cenacolo di Leonardo rivive in una proiezione digitale. È poi
nell'immaginario della fantascienza che si esplora l'orizzonte di questa spinta alla digitalizzazione
(es. film: Matrix, Her, Transcendence).
3.
Il linguista danese Hjelmslev ha precisato il modello saussuriano di segno; nel segno non si
incontrano più significante e significato, ma espressione e contenuto. Questi a loro volta possono
essere teoricamente articolati in tre strata: materia, forma e sostanza.
In ogni segno si incontrano due articolazioni: quella espressiva che organizza una certa materia
dell'espressione trasformandola in sostanza, e quella semantica che organizza una certa cultura.
Ad esempio la forma fonetica dell'italiano consente ai parlanti di questa lingua di selezionare
alcuni suoni fra quelli producibili dall'apparato fonatorio umano per trasformarli in veicolo di
contenuti. Allo stesso modo, la forma semantica di una cultura ne organizza i contenuti attraverso
un complesso sistema di relazioni le quali consentono ai membri di quella cultura di condividere un
certo immaginario, esprimendolo. Il variare dei sistemi di parentela e delle loro denominazioni è un
classico esempio di differenza fra forme semantiche adottate da culture diverse.
Il sogno dell'universo digitale è quello di una forma dell'espressione che incontri una forma del
contenuto senza passare per il filtro e l'ostacolo della materialità, ma assoggettando completamente
la materia ovvero addirittura sostituendola con un suo simulacro già assortito nella forma stessa.
La smaterializzazione del significante potrebbe sembrare una realizzazione dell'utopia iconoclasta
inseguita da tutte le religioni o perlomeno da alcuni correnti religiose.
L'Ebraismo fissa quale proprio asintoto spirituale la protezione del centro vuoto del
discorso sulla trascendenza, un centro che tale discorso deve costantemente evocare,
circondare, ricamare, ma senza mai sconfinarvi pena la sua contaminazione con i discorsi
dell'immanenza. É anche vero che nell'Ebraismo la materialità non è affatto espulsa, ma è
invece assolutamente necessaria per delineare il centro innominabile della comunità
spirituale; la corporeità prestata alla Torah è solo un esempio di questo primato della
materialità, il quale traspare in ogni aspetto del rituale.
Il Cristianesimo è soprattutto divinità incarnata, per cui il sacramento che fonda questa
religione, l'Eucarestia, rinnova a ogni celebrazione la sublimazione della materia in numen.
D'altra parte è solo nel mistero che questo equilibrio fra necessità della materia e
incombenza del suo trascendimento può realizzarsi; la comunicazione sarebbe impossibile
senza questo spezzare un pane comune, senza questo condividere lo stesso vino, salvo poi
che sia l'una che l'altra materia si transustanzino in materia spirituale.
E vi potrebbe mai essere rituale immateriale?
Condivisione di uno spazio-tempo sacralizzato senza gli oggetti che ne scandiscono i ritmi esterni?
Certo, il Protestantesimo sembra assottigliare la materia del discorso religioso fino a
espellerla totalmente, fino a piombare il fedele in un'atmosfera della rarefazione abissale,
senza appigli, inventando un Dio che parla non alla collettività ma ai singoli. È infatti il
Protestantesimo la vera religione della modernità, quella che nasce e si alimenta
dall'invenzione della singolarità umana all'uscita dal Medioevo.
Alcune correnti del Protestantesimo sono allora quanto di più vicino vi sia a una spiritualità senza
materialità. Dio diviene un'entità infinitamente trasportabile, la quale abita i tempi e i luoghi senza
necessità alcuna di radicarsi nella forma finita di un oggetto, di un tempio, di un calendario
liturgico.
4.
Il percorso di antropologia storica delle culture religiose disegna un procedere da semiosfere
religiose che incentrano il sentimento della comunicazione e dell'identità nella materialità del rito
verso semiosfere religiose che espellono progressivamente il rituale, e soprattutto le sue materialità,
per abbracciare l'ideologia semiotica di un sacro totalmente disincarnato, senza tempo né spazio,
evocato da una parola ove ciò che conta non è né la lingua né il vocabolo ma l'intenzione.
É l'intenzione che convoca Dio, quella che procede dal foro interiore e invisibile del singolo, non
l'espressione, quella che si sprigiona dal rituale e delle materialità condivise da una comunità.
Sbarazzarsi del rituale e della sua inevitabile materialità consente in primo luogo di tendere verso la
creazione di una comunità universale. Ogni rituale inevitabilmente si fonda sulla sacralizzazione di
una lingua, di un codice, di un linguaggio, e questa inesorabilmente conduce a una dialettica
dell'inclusione e dell'esclusione. Una spiritualità senza materialità è infatti non solo tendenzialmente
universale ma anche illimitatamente portatile.
Se non ho bisogno di un tempio né di un calendario liturgico, e né tanto-meno di una lingua, allora
la sola mia intenzione di invocare Dio costruirà intorno a me un tempio invisibile, in cui potrò
invitare altri fedeli se ne avrò il desiderio e se questi accetteranno il solipsismo della mia illusione,
entrandovi. Interessanti a questo proposito gli studi sui rituali improvvisati dei matrimoni
statunitensi non-c