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I RAPPORTI DI LAVORO A PROGETTO
( CO.CO.PRO. )
Con gli anni il legislatore si rese conto di un eccessivo ricorso ai rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, spesso in funzione elusiva della disciplina
posta a tutela del rapporto di lavoro subordinato.
Era necessario correre ai ripari, ed in tal senso si colloca l’intervento del legislatore del
2003 che introduce un nuovo tipo legale, il lavoro a progetto, cui ricondurre
forzosamente tutti i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Inizialmente si stabilisce solo che tutti i rapporti di collaborazione dovessero tendere
verso un progetto o programma.
1. LA RIFORMA FORNERO
Nel 2012 la Riforma Fornero precisa che
- ogni progetto, o programma, doveva convergere verso un risultato finale;
- ogni progetto non poteva coincidere con compiti ripetitivi, facilmente
individuabili dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali,
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
- ogni progetto non poteva coincidere con l’interesse finale dell’impresa.
La disciplina sul lavoro a progetto impone la stesura per iscritto, con contestuale
indicazione della durata di ogni collaborazione e dunque progetto.
Viene esclusa, invece, l’applicabilità della sua disciplina per alcuni rapporti di lavoro
come quello di agenzia e di rappresentanza di commercio. La disciplina del lavoro a
progetto non si applica neppure nel settore della pubblica amministrazione.
Quanto all’obbligo di stipulare il contratto in forma scritta, questo escludeva
tutti i rapporti di collaborazione
l’applicazione della sanzione secondo cui
coordinata e continuativa che non risultassero riconducibili ad un specifico progetto
o programma, dovevano automaticamente essere convertiti in rapporti di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione del rapporto di
lavoro.
2. IL D. LGS. 81/2015
Resta il fatto che neppure l’intervento del legislatore del 2012 era stato sufficiente
a frenare l’abuso dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
In questo contesto si colloca, quindi, l’intervento del legislatore del 2015 che, con il
tutti i rapporti di collaborazione che si concretizzano
D. Lgs. 81/2015, stabilisce che
in prestazioni d’opera a carattere esclusivamente personali, continuative ed
organizzate dal committente, quanto alle modalità di esecuzione del rapporto di
lavoro, erano assoggettati alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato .
Per questa ragione, si escludeva la disciplina del lavoro a progetto per tutti i
rapporti di collaborazione stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo,
quindi dopo il 7 marzo 2015.
Si badi bene, però, che i rapporti a cui si riferiva il legislatore del 2015 erano solo
quelli a carattere ESCLUSIVAMENTE PERSONALE, CONTINUATIVE, ed
ORGANIZZATE dal committente, e dunque non più coordinate.
In pratica, l’intento perseguito dal legislatore del 2015 era identico a quello che
aveva animato il legislatore del 2003, cioè contrastare l’uso improprio dei rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa, in funzione elusiva della disciplina del
rapporto di lavoro subordinato. Mutavano, invece, le tecniche normative impiegate.
Il legislatore del 2003 aveva introdotto un nuovo tipo legale cui ricondurre
forzosamente tutti i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Il
legislatore del 2015, invece, aveva affiancato alla fattispecie dei rapporti etero-
diretti quella dei rapporti organizzati dal committente, cui applicava la disciplina
del rapporto di lavoro subordinato.
Anche in questo caso erano 3 i caratteri distintivi dei rapporti organizzati dal
committente:
-il carattere esclusivamente personale, che escludeva la presenza di
eventuali altri collaboratori, oltre quello principale. La presenza di secondi o
terzi collaboratori escludeva l’applicabilità della disciplina del rapporto di lavoro
subordinato;
-il carattere della continuità, che ammette di collocare questi rapporti
nell’ambito dei rapporti di durata;
-il carattere dell’organizzazione, secondo cui le modalità spazio-temporali per
l’esecuzione del rapporto di lavoro dovevano essere stabilite solo dal
committente.
Qui sta la differenza con i rapporti coordinati. Infatti, mentre in questi le modalità
spazio-temporali di esecuzione del rapporto di lavoro sono stabilite di comune accordo
tra datore e collaboratore, nei rapporti organizzati, invece, è il committente a stabilire
come e dove eseguire la prestazione di lavoro.
3.ECCEZIONI ALLA RIFORMA
L’art. 2, comma 2, del D. Lgs 81/2015 ammette la certificazione dell’assenza dei
requisiti e, quindi, riconosce la possibilità di non applicare la disciplina del
rapporto di lavoro subordinato a
1. quei rapporti di collaborazione per i quali gli accordi collettivi abbiano già
previsto un trattamento economico e normativo più favorevole;
2. quei rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni d’opera
intellettuale;
3. i rapporti di agenzia.
4. CONCLUSIONI
Il D. Lgs 81/2015 al fine di garantire un corretto utilizzo del contratto di lavoro
autonomo e di garantirer la stabilizzazione dell’occupazione dei soggetti impiegati in
contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché soggetti autonomi titolari
di partita Iva, ha previsto un condono dei rapporti di parasubordinazione ed autonomi.
In particolare, per i datori di lavoro che a partire dal 1 gennaio 2016 avessero
proceduto all’assunzione – con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato -
di lavoratori impiegati in questi rapporti su menzionati, ha previsto l’estinzione degli
illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’erronea qualificazione del
rapporto di lavoro.
Questo a condizione che:
1. le parti avessero sottoscritto atti di conciliazione, in una delle sedi protette
indicate dall’art. 2113 c.c.;
2. che i datori di lavoro si fossero impegnati a non recedere dal rapporto di lavoro
entro i 12 mesi successivi dalla sua costituzione, se non per motivi disciplinari.
In conclusione, con il D. Lgs 81/2015 era stato possibile superare i rapporti di lavoro a
progetto, ma di fatto neppure questo intervento era stato sufficiente per estinguere i
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Ancora oggi l’autonomia individuale che voglia stipulare contratti di collaborazione
coordinata e continuativa può farlo ricorrendo sia a schemi contrattuali tipici, sia a
schemi contrattuali atipici.
Mentre la disciplina del lavoro a progetto resta in vita per i rapporti di lavoro già in
essere, fino alla data della loro scadenza, per i nuovi rapporti di collaborazione si
richiede:
1. il rispetto della disciplina sulle rinunce e transazioni, ai sensi dell’art. 2113 c.c.
2. la stipulazione di un’assicurazione pensionistica obbligatoria;
3. la stipulazione di un’assicurazione all’Inail per i lavoratori che svolgono attività
considerate particolarmente rischiose.
IL LAVORO ACCESSORIO
Si definiscono lavoro accessorio tutte quelle prestazioni di lavoro che danno
vita ad un compenso di 7.000 euro, per anno civile ( dal 1 gennaio al 31
dicembre ), con riferimento alla totalità dei committenti.
Se il committente è un imprenditore, allora, il compenso per anno civile non può
essere superiore ai 2.000 euro per singolo committente.
Il lavoro accessorio può essere impiegato sia nel settore privato, sia nel pubblico
impiego, anche da soggetti che percepiscono trattamenti integrativi del salario. In
questo caso, il compenso annuo non può essere superiore ai 3.000 euro.
Vincoli di natura soggettiva, invece, sorgono solo nel settore agricolo dove le attività
occasionali sono ammesse in riferimento a prestazioni stagionali svolte da pensionati o
giovani con meno di 25 anni, spesso in favore di piccoli produttori agricoli.
Il committente non versa un compenso ai prestatori di lavoro ma, al contrario,
acquista un carnet di buoni orario, numerati e datati progressivamente, il cui valore
nominale viene di volta in volta stabilito con decreto del Ministro del Lavoro. In attesa
del decreto ministeriale, il valore del carnet di buoni orario è fissato in 10 euro lordi.
Il committente consegna il carnet al collaboratore, il quale ne percepisce l’importo
tramite il concessionario, ma solo dopo l’accredito da parte del beneficiario della
prestazione lavorativa.
L’importo riscosso è esente da qualsiasi imposizione fiscale, non incide sullo stato di
disoccupato e, alla luce della recente riforma, viene considerato per calcolare il reddito
necessario per il rilascio del permesso di soggiorno.
I RAPPORTI DI LAVORO A CARATTERE
ASSOCIATIVO
Esistono alcuni rapporti di lavoro che, pur non essendo di natura subordinata,
risultano riconducibili ai rapporti di lavoro subordinato, delineati dall’art. 2094 c.c,
quanto alla situazione di sottoprotezione economico- sociale del lavoratore.
Si tratta di tutti quei rapporti di lavoro a carattere associativo in cui, pur essendo
privi di un obbligo retributivo tra le parti, pur non potendosi parlare di una
estraneità del lavoratore rispetto al risultato produttivo, si sostanzia una
sottoposizione del lavoratore alle decisioni altrui.
In questo contesto rientrano il CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
ed il CONTRATTO DI COOPERATIVA. il contratto in
Il primo, cioè il contratto di associazione in partecipazione, è
forza del quale un associante consente all’associato una partecipazione
all’utile dell’impresa, in cambio di un apporto .
Anche i contratti di associazione in partecipazione sono stati per anni impiegati in
funzione elusiva della disciplina posta a tutela del rapporto di lavoro subordinato.
Per questa ragione, nel 2012, il legislatore ha stabilito che tutti i contratti di
associazione in partecipazione che non si traducessero in un’ effettiva
partecipazione agli utili dell’impresa dovevano essere considerati rapporti di lavoro
subordinato a tempo indeterminato.
Successivamente, nel 2015, il legislatore è intervenuto stabilendo che, se
l’associato era una persona fisica, l’apporto non poteva consistere in una mera
prestazione d’opera. Tuttavia, vanno fatti salvi tutti i rapporti di lavoro già in
essere.
Per quanto riguarda il lavoro in cooperativa, il legislatore ha voluto riconoscerli
alcuni istituti protettivi tipici del rapporto di lavoro subordinato.
Oggi grava sulla cooperativa l’obbligo di definire il regolamento da applicare al
rapporto di lavoro, che può anche essere soggetto a certificazione.
Quanto al lavoratore socio subordinato, a questo spetta una particolare tutela:
- lo Statuto dei lavoratori, ad ecce