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DIONE, noto filosofo della scuola accademica, dovevano sbarcare a Pozzuoli e trovare
sistemazione nella fiorente colonia greca di napoli, ma tolomeo rovinò i loro piani uccidendone
alcuni, questo episodio causò l’indignazione del senato, che convoco direttamente Dione, ma
tolomeo era ancora tanto potente che dione per non morire dovette nascondersi
- 57: il senato approva la restaurazione di Tolomeo Aulete e ne affido la restaurazione a Lentulo, il
re protestò perché voleva pompeo. una personalità che gli era ostile approfitto del fatto che
fulmine aveva colpito la statua di giove per trarre dai libri sibillini un oracolo che proibiva le armi
per la restaurazione del re. a causa di ciò la precedente decisione del senato fu revocata, le
contese non si fermarono poiché né pompeo né letulo intendevano rinunciare all’incarico, ne le
banche volevano rinunciare ai loro soldi. tolomeo lasciò a roma il suo agente ammonio e si ritirò
ad efeso.
- la partenza del re lasciò libero il senato di agire contro gli uccisori dell’ambasceria, cosa che non
poté più procrastinare poiché era stato ucciso anche Dione.
- nel 56 parecchi alessandrini della cerchia del re furono portati sotto processo, ed alcuni anche
condannati
- solo due dei cittadini romani coinvolti nelle manovre furono portati al processo PUBLIO ASCIO e
Marco Celio Rufo
- l’affare era quindi scottante e ricco di risvolti scabrosi e moltissima corruzione politica e morale.
L’ACCUSA
Sempronio Atratino aveva presentato formalmente l’accusa verso Marco Celio Rufo, egli,infatti, era
figlio di Lucio Calpurnio Bestia, che celio aveva condannato a seguito dei brogli elettorali per
l’edilità nel 57, questo era stato difeso da cicerone, ma celio era tornato all’accusa per i brogli alla
pretura del 56.
Atratino portando celio davanti alla quaestio de vi raggiungeva due importanti risultati:
1- data la gravità dell’imputazione, di far celebrare per primo il processo di celio
2-nel caso di condanna, oltre a vendicarsi sconfiggeva un acerrimo nemico del padre.
nel sistema romano però si diffidava da un’accusa mossa da una sola persona, si affiancavano a
lui Lucio Erennio Balbo, amico del padre e Publio Clodio ( non l’edile in quell’anno).
in difesa oltre a celio parlarono anche Cassio, il noto triumviro e cicerone.
delle 6 orazioni l’unica pervenuta è quella ciceroniana.
aprì le ostilità Atratino con un’orazione misurata nel tono ma con un certo grado di acredine nei
confronti di celio, si sforzò di dare coerenza e credibilità al ritratto, presentandolo come un
individuo intimamente portato alla violenza -crimen solidaciorum: aveva malmenato un senatore
durante l’elezioni pontificali
-inopia: accusato di aver partecipato alla congiura di catilina
quindi con l’attitudine a macchiarsi di quei crimini che stavano alla base del de vi
per secondo parlò Publio Clodio, la cui arringa è liquidata da cicerone nel paragrafo 27 con rapido
accenno.
l’avvocato, come scopo non ha quello di portale alla luce la verità, bensì di difendere il suo cliente,
perciò l’accusa di clodio probabilmente non era così inefficace, ma cicerone cercò di screditarla
agli occhi dei giudici, poiché con tutta probabilità la riteneva pericolosa per l’imputato, infatti,
cicerone non accenna minimamente ai contenuti di clodio.
secondo Gotoff e poi Wiseman fu proprio clodio a trattare in maniera più dettagliata i capi di
accusa, poiché non aveva nulla da perdere a livello di ripercussioni politiche.
l’ultima accusa fu quella di LUCIO ERENNIO BALBO. con tono pacato, dopo aver sottolineato
- l’impietas di celio nei confronti del comune amico Bestia
condusse una vera e propria inquisitoria contro la vita dissoluta e immorale dell’imputato.
egli tratto l’omicidio di dione, rifacendosi al tentato omicidio a casa di Lucio Lucceio, consumatosi
effettivamente a casa di Coponio.
- erennio chiese la testimonianza di Clodia, che sostenne che egli le chiese una somma di denaro
per l’allestimento dei giochi pubblici, glieli diede senza alcun sospetto, ma poi venne a sapere
che quei denari erano stati utilizzati per il tentato omicidio di clodio a casa di lucceio.
clodia decise di denunciare la faccenda, a quel punto clodio corruppe i suoi schiavi per eliminare
anche la trstimone, ma questi la avvertirono, il piano fu sventato ma il complice di clodio, licinio si
allontanò con il veleno che sarebbe servito ad ucciderla.
cicerone elogiò l’accusa di erennio. ne attestò l’enorme silenzio al paragrafo 29 e l’attenzione al
paragrafo 25 con cui i giudici la seguirono.
le lodi probabilmente non furono del tutto disinteressate. sospetti alimentati dagli elogi di cicerone,
anche se di Erennio non abbiamo nessuna attività forense attestata.aveva visto nella sua accusa
una valida argomentazione per controbattere
LA DIFESA
come l’accusa anche i difensori si erano spartiti i compiti.
marco celio RUFO: primo a parlare in sua difesa, trattò tutti i suoi capi di accusa, ma la sua difesa
si trasformò in un’invettiva contro gli accusatori.
Non poté accusare direttamente Atratino poiché troppo giovane, ma accusò per primo Lucio Plozio
GALLO, responsabile di aver preparato l’orazione al giovane: lo testimonia Svetonio.
replicò all’allusione mitologica dell’accusa: se lui era un PULCHELLUS IASON non poteva
mancare tra gli avversari un Pelia Cincinnatus ( ingiuria riportata da Quintilliano) è riferito a Erennio
Bamboli petritistis partuus ringalluzzito dalle arti di Clodia ( Medea).
celio, anticipando l’attacco di Crasso che citava la Medea exul, concerta la sua invettiva contro
Clodia, presentata come una Clitemnestra che si prostituisce per la miseria di un quadrante, in
cubiculo nola.
celio probabilmente sta accennando ai suoi trascorsi amorosi con clodia, limitandosi a definirla
come una donna di facili costumi, iniziando la demolizione morale proseguita da crasso e
terminata da Cicerone.
Marco LiciNIO Crasso concentrò la sua difesa su i crimina de vi, mentre celio attaccò direttamente
Clodio crasso non se lo poteva permettere perché aveva intrecciato rapporti con l’antico tribuno,
quindi decise di colpire la politica egiziana di pompeo, così da spaccare tra i giudici il fronte
favorevole a clodio.
dei giudizi di cicerone verso gli avversari o i colleghi di difesa non ci si deve fidare.
LA TATTICA DI CICERONE
dal paragrafo 1 al paragrafo 22 cicerone si occupa di smembrare le accuse di Atratino, le
smembra una per una, minimizzandole, mentre agli occhi dell’accusa risultavano rincalzarsi una
con l’altra formando un sistema unitario.
La serie di repliche ciceroniane inizia al paragrafo 3, dove fa un riferimento oscuro al padre di
celio:
- per suscitare lo sdegno della parte equestre della giuria mostra di fraintendere le dichiarazioni
dell’accusa—> mostra che gli era stato imputato di essere figlio di un cavaliere.
- Heinze suggeriva che gli avessero imputato di vivere al di sopra delle sue possibilità
economiche e alla sua posizione sociale; in altre parole di aver usurpato le prerogative che
erano dei PUER NOBILEs iniziando la carriera forense accusando un console.
- (per le osservazioni di Velleio Patercolo) ulteriore ipotesi:legame tra le poche possibilità
economiche di celio e la sua vita al di sopra delle sue possibilità economiche, che esemplificano
uno stile di vita rivoluzionario, che si può collegare alla sua familiaritas con Catilina.
. Cicerone risolve altre 2 imputazioni: 1- paragrafo 4: impietas nei confronti del padre; 2- paragrafo
5: di non godere dell’approvazione dei propri municipes. ( appaiono convenzionali poiché
rientrano tra i temi consueti dell’invettiva
. passa a contestare l’accusa di Impudicitia: cioè omosessualità le confuta:
- prima in termini generici ( paragrafo 6-9)
-poi riferendosi alla familiaritas con Catilina ( paragrafo 10-14)
- infine paragrafo frettoloso in cui parla della partecipazione di celio alla congiura, la tratta
come un’indebita deduzione della parte avversa dalla familiaritas con Catilina ( paragrafo
15)
l’accusa di impudicia probabilmente rientrava nella topica dell’invettiva, ma non era strettamente
collegata ad un crimen de vi, gettava semplicemente ombra sulla figura di CELIO.
molto più correlata alla pericolosità è la sua relazione con Catilina, infatti: i personaggi implicati
nella congiura erano stati condannati secondo la LEX PLAUTIA DE VI.
Le insinuazioni di impudicitia tra catilina e i frequentatori della sua casa erano state mosse da
cesare stesso in occasione della congiura ( nelle 2 prime catilinarie)
cicerone è posto di fronte ad un’accusa in se unitaria, procede rovesciandone i termini, come se
non si trattasse di un’accusa reale, ma semplicemente di un corollario alle accuse di impudicitia
. Passaggio brusco al paragrafo 16 inizia a parlare di un’altra categoria di reati: l’accusa di broglio,
direttamente connessa alle attività di sodalis e di sequester( agente e affiliato di circoli nei quali si
depositavano fondi per la corruzione elettorale)
. paragrafo 19: dove menziona le operazioni di corruzione durante le elezioni pontificali del 57:
sostenevano che si sarebbe presentato un senatore pronto a testimoniare di essere stato
malmenato da celio durante i comizi per i pontefici.
questo è un ulteriore tentativo di cicerone di smembrare l’accusa di violenza
. dal paragrafo 17 al 19: tratta come autonome le imputazioni di tre fatti: 1- essere l’imputato pieno
di debiti; 2- aver abbandonato la casa del padre; 3- aver malmenato un senatore durante i comizi
( connessi con le accuse liquidate in precedenza: paragrafo 3, 4, 16)
il caso del malmenato gli offre lo spunto per un attacco contro i testimoni, presentati di volta in
volta come subornati degli avversari, in particolare da clodia, prezzolanti e corrotti.
. accusa contro tutte le argomentazioni che non dipendono dall’ars degli avvocati: paragrafo 20,
viene introdotto l’argomento delle matrone palpeggiate, del quale più che all’argomentazione di
Atratino sembra convenire a quella di Erennio, con la sua requisitoria verso la dolce vita di Celio,
requisitoria che sarà contrastata nel paragrafo 25
. dal paragrafo 19 al 22 sbriga il locuus de testibus
. paragrafo 23: cicerone può presentare le accuse mosse a Celio come semplici maledicta,
appunto perché basate su voci testimoniali:( accuse che cadevano sotto la quaestio de vi)
- accusa di aver preso parte ad una seditio a Napoli
- di aver violato a Pozzuoli l’immunità degli ambasciatori ales