vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L’EDUCAZIONE COME ESPERIENZA VISSUTA
Introduzione
- nelle due parole ed c’è qualcosa di decisivo esistenzialmente:
pedagogia educazione
la famiglia, la scuola, e il sist. sociale sono luoghi privilegiati della critica pedagogica
e fanno emergere una intenzionalità culturale che fa dell’EDUCAZIONE una
esistenza (=in divenire) e che consentono di parlare dell’esperienza vissuta
in fieri
dell’uomo in quanto cultura e della PEDAGOGIA come di una teoria della cultura;
L’educazione in quanto esistenza (Antonio Erbetta)
Un’ambiguità originaria
- il discorso pedagogico è ambiguo, fatto di significati tra loro lontani (=ossimoro) > è
nello stesso momento principio di 1. libera progettualità dell’esistenza e 2. rigido
controllo sociale; quindi è una coscienza normativa della comunità umana
- la dualità principale è tra ciò che rappresenta e
la nostra interiorità l’assimilazione
passiva > dualità già presente nel mondo della Grecia del V secolo
di regole condivise
che ha come rappresentanti Socrate e i Sofisti. Socrate è il liberatore della ricerca
interiore di verità (dialogo maieutico), i sofisti invece sono preoccupati dell’aspetto
retorico e della persuasione argomentativa (prevalevano i contenuti).
- il conflitto (essere noi stessi oppure diventare ciò che il mondo vuole fare di noi?) si
è poi mantenuto fino ai giorni nostri, forse rinnovato tramite rovesciamenti di
prospettiva, ma lo stesso: nel Quattro- Cinquecento questo porta ad affermare (Pico
della Mirandola - De hominis dignitate) che l’uomo è artefice della propria sorte (ciò
per cui egli si fa) e quindi Dio non decide più il suo destino ma lo lascia libero di fare.
- poi Nietzsche vede in Socrate il campione della razionalizzazione del sapere e della
vita, contrapposto allo spirito dionisiaco (Nascita 1876) e altri vedono
della tragedia,
i sofisti come elemento decisivo della democrazia culturale.
- insomma, l’educazione come termine è ambiguo fin dalle origini
- dobbiamo riconoscere questo contrasto nella vita di tutti i giorni. Infatti siamo noi, in
carne e ossa, che vivendo ogni momento della routine della nostra vita possiamo
andare al di sotto della banale superficialità e decostruire intenzionalmente i “crepacci
nascosti” che parlano in verità di noi, dicendo d’altro > quindi presa di coscienza in
ogni momento della nostra banale esistenza.
Il banale in agguato
- l’abitudine è quella sulla quale si basa il nostro quotidiano > la ripetizione
meccanica di certe funzioni ci esonera dalla fatica di pensare (anche se noi abbiamo
una intelligenza instancabile, iperattiva)
- allora viviamo come se vivessimo due vite: una fatta delle abitudini quotidiane,
l’altra quando dobbiamo esprimere un giudizio (guidati dalla pura libertà)
- le nostre scelte libere si possono riassumere a quali vestiti comprare/quale film
vedere/commentare l’operato di un governo > in questo noi riconosciamo una libertà
assoluta (la dignità della nostra vita); ma la ricorrenza delle nostre scontate abitudini
mostra la superficialità di tale convinzione
- è attraverso la sincerità e l’esperienza interiore e l’autointerrogarsi che riusciamo a
capire che recitiamo una tragicommedia.
A ciascuno la sua dose di stupidità
- Antonio Erbetta (autore del capitolo) si trova in vacanza nelle Dolomiti con un
amico speciale a cui è molto legato; si sono conosciuti a Santa Margherita Ligure, ma
hanno consolidato la loro amicizia nelle budella di Genova; trovandosi Erbetta nella
contemplazione del paesaggio dal terazzo afferma tirando una pacca sulle spalle
all’amico “Che incanto! Come mi fa star subito bene lo splendore di quiesti luoghi!”
- l’amico gli risponde, Ma sei sicuro? Allora Erbetta capisce quanto è stupido perché,
coscienza intenzionale
ahimé, ha confuso la con l’immagine; certo, la è
percezione
quella che interpreta la realtà circostante e ne decifra il senso > Erbetta lo capisce
quando riceve una telefonata da suo padre a cui era appena stato diagnosticato il
cancro;
- si era conformato ai luoghi comuni dell’uomo-massa
L’ideologia del senso comune
l’uomo-massa di cui parlava negli anni 50 Zolla; Zolla, intelletuale che rappresenta
-
adeguatamente la condizione psicologica sociale e culturale che investe ciascuno di
noi quando ci lasciamo andare ai nostri giudizi instintivi;
- ora, applicato all’educazione, quando ciascuno di noi pensa a questo termine, il suo
pensare è carico di convenzionalità; è questa la nostra IDEOLOGIA, quella della
da evitare almeno tanto quanto sprezzava Socrate la > allora
communis opinio, doxa
l’educazione è, diremmo noi, ciò che tutti sanno che sia; e non pensiamoci più, non la
interpretiamo più perché time is money
quindi interrogarsi sull’educazione vuol dire in primo luogo fare i conti con
-
l’ideologia che sta alla base dei nostri pregiudizi;
Interludio antropologico
- allora l’educazione, in base all’esperienza più immediata è per noi 1. incremento dei
nostri saperi (che servono ad acquisire una competenza professionale - questo tipo di
educazione è in verità istruzione) e 2. corredo di stili di vita a cui uniformare la nostra
condotta (morale); 1.si ottiene a scuola e 2.in famiglia;
- questo nostro errore di concepimento dell’educazione deriva da tempi antichi (da
quando l’hommo è diventato è una rappresentazione arcaica
sapiens homo educabilis),
dell’esperienza di vita; se la continuiamo a pensare così, però, siamo chiaramente
fuori dal tempo moderno che esige da noi tutt’altro;
- perché se nel passato l’educazione si inquadrava perfettam. nel modello arcaico di
società vincolato dalla costituzione di modelli, la società attuale è un tumultuoso
movimento di tipi, ruoli, funzioni e ciascuno di noi è un viaggiatore avventuroso;
d’altra parte, l’uomo è gettato nel mondo della tecnica che sostiene perfettam. questo
tipo di viaggio;
- quindi l’uomo-massa di oggi deve darsi una svegliata perché se no vive un destino di
strabismo esistenziale tra 1.intelligenza artificiale (delle tecnologie) e 2.sguardo
antico sul mondo (l’errore di cui sopra) > per uscire da questa condizione l’uomo ha
bisogno di una valutazione diversa dell’educazione (e del mondo) che si raggiunge
metodo fenomenologico prospettiva esistenziale.
attraverso il e una
Un impegno all’orizzonte
ma se si parla di fenomenologia non si può non parlare del suo fondamento:
- sospensione del giudizio
l’epoché = la (Husserl).
- quando sospendiamo il giudizio (riguardante l’esistenza) diamo voce al nostro
scetticismo, al nostro (si parla di maestri del sospetto: Marx, Nietzsche,
sospetto
Freud) nel momento in cui si applica avviene un distanziamento critico della nostra
coscienza intenzionale dall’ovvietà delle cose a portata di mano;
- l’educazione è esperienza vissuta in quanto cultura (=siamo interessati alla cultura,
l’educazione = esistenza
viviamo, ergo ci educhiamo): meglio e in breve,
- la vita dunque educa ma l’educazione non è solo educazione, perché se fosse solo
quello, allora noi saremmo quello che gli altri vogliono che noi siamo; ma siccome
questo succede nella nostra società, allora ecco che dobbiamo trasformare
l’educazione in ed è questo il compito della pedagogia (a sua
critica dell’educazione
volta - solo facendo della critica si può vivere
critica della pedagogia)
- allora per il parallellismo che vuole vita=educazione, la vera vita è critica della
è questa la vera libertà, autentica, e la nostra responsabilità esistenziale
vita >
Tra Promoteo e Sisifo: la responsabilità di una scelta
- Sisifo e Prometeo sono due archetipi (è così che li possiamo considerare) diversi:
PROMETEO: è l’eroe di un mondo in cerca di consenso ed il prototipo de una
pedagogia strumentale
SISIFO: il campione di un viaggio senza sosta e di un orizzonte senza chiusure,
quindi di un’educazione in quanto esistenza
Tra umanesimo critico e decostruzionismo formativo (Silvano Calvetto)
Problematicità, fenomenologia, esistenzialismo
Oltre il concetto di essenza
nel 1780 Pestalozzi (pedagogo sembra) pubblica in Europa
- La veglia di un solitario,
la pedagogia si basava sull’idea che l’uomo fosse portatore di un’essenza, da
assecondare per mezzo dell’educazione > Pestalozzi afferma che la riflessione
pedagogica doveva occuparsi dell’essenza/natura dell’uomo, che è indeterminata
- questa idea sarà ancora presente nell’Otto- e Novecento: l’uomo ha un’essenza che
deve essere assecondata;
- fino ai tempi nostri, rimane questa idea ben radicata: l’uomo deve realizzare sé
stesso, la propria essenza, dentro il sistema sociale normativo vigente; quindi l’idea
che l’uomo abbia un’essenza c’è ancora, e che l’educazione non è altro che
promozione di questa sua essenza;
- ma questo succede oggi mentre i paradigmi culturali moderni vanno in crisi;
paradossalmente è entrata in crisi l’idea che l’uomo abbia un’essenza; tutto
l’umanesimo moderno, con i suoi fondamenti a lungo intoccabili, sta crollando
- sono stati Marx, Freud, Nietzsche che sono i maestri del sospetto i primi che hanno
interpretato la crisi. Marx: l’uomo è il prodotto dei rapporti economici nel sist.
capitalistico, Freud spalanca le porte della personalità umana, Nietzsche proclama la
morte di Dio quindi la rottura con la tradizione etica occidentale;
- allora nel Novecento, il vero problema filosofico è la crisi dei fondamenti;
- la cultura attuale si sta allontanando dalla metafisica; la formazione dell’uomo ha a
che fare ora con altri orientamenti critici che vanno oltre il concetto di essenza: il
fondamentale è la
problematicismo, la fenomenologia, l’esistenzialismo:
considerazione che prima di giudicare l’essenza dell’uomo si deve partire dal fatto che
l’uomo ex-siste, l’uomo c’è ed è vincolato alla contingenza;
La ragione come criticità
- Kant (illuminista) e Hegel (idealista) sono gli ultimi che considerano la ragione nella
sua supremazia assoluta > dopo di loro, la ragione viene analizzata oltre i suoi limiti,
cioè spostando l’intere