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TERENZIO
Nato a Cartagine nel 185/184 a.C., fu portato a Roma come schiavo da Terenzio Lucano, che, in
seguito, gli concesse la libertà e il nome gentilizio. Secondo un’antica tradizione, fece leggere la sua
prima commedia (l’Andria) a Cecilio Stazio. A 25 anni si recò in Grecia per studiare meglio la
Commedia Nuova, ma non tornò più a Roma. Morì nel 159 a.C. Due delle sue commedie furono
rappresentate, nel 160 a.C., durante i ludi funebri in onore di Lucio Emilio Paolo.
Il teatro di Terenzio
Terenzio vive nel periodo in cui la cultura greca entra a far parte del mondo romano in maniera
sempre più prepotente. Il suo teatro, per l’appunto, riflette questi cambiamenti. Scrive per un
pubblico d’élite, raffinato ed elegante, che non è più parte attiva della rappresentazione, ma mero
spettatore. Fu forse questo a portare il suo teatro all’insuccesso. Le novità principali del suo teatro
sono: a) culto del verosimile; b) rispetto degli ideali di misura, equilibrio e raffinatezza propri del
Circolo degli Scipioni; c) tema dell’Humanitas, in base alla quale si devono rispettare i propri simili
non solo per le loro virtù ma anche per i loro vizi.
I personaggi presentano tutti una forte introspezione psicologica e sono caratterizzati da una
spiccata umanità.
Per quel che riguarda il prologo, non ha più un carattere espositivo, come in Plauto, ma diventa lo
strumento attraverso cui Terenzio cerca di difendersi dai suoi critici.
Lo stile è misurato, privo di volgarismi, molto vicino allo stile menandreo.
LUCILIO
Di origine equestre, nacque tra 180-168 a.C. al confine tra il Lazio e la Campania. Ricevette
un’educazione raffinata ed è probabile si sia recato, per motivi di studio, in Grecia. Giovanissimo,
entrò a far parte del Circolo degli Scipioni e, sotto Scipione Emiliano, militò nell’esercito romano
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durante l’assedio di Numanzia. Nonostante ne avesse la possibilità, non intrapresa mai la carriera
politica e si dedicò sempre agli studi e all’attività letteraria.
Satire
L’opera si componeva di 130 libri, di cui, però, ci sono pervenuti solamente 1400 frammenti. Lo
scopo della sua opera era quello di smascherare la falsa onestà e i misfatti compiuti da amici e
nemici. Fu accusato di creare scandali ai danni della classe senatoria, si difese sostenendo di agire,
non per cattiveria, ma per desiderio di verità.
La poesia di Lucilio, rispetto all’epica e al dramma, e un lusus, ma questo non significa che non possa
essere colta e portavoce di una dottrina. La polemica politica di Lucilio si basa su tre elementi: a) la
difesa degli amici influenti; b) attacchi nei confronti di personaggi politici presentati come dei
depravati morali; c) considerazioni sulla decadenza dei suoi tempi.
Quadro storico: l’età di Cesare
L’età di Cesare va’ dal 78 a.C. (anno della morte di Silla) al 44 a.C. anno della morte di Giulio Cesare.
Dopo la morte di Silla, si registra una crisi delle istituzioni repubblicane. Si creano due partiti:
POPULARES (democratici) e OPTIMATES (conservatoti). In un tale contesto di tensione, Catilina
tenta una congiura ai danni dello Stato, sventata da Cicerone, il quale, all’epoca dei fatti era console.
Nel 60 a.C., Cesare, Pompeo e Crasso, si uniscono in un triumvirato (patto privato), che portò
all’esautorazione del Senato. A causa della morte di Crasso, nel 53 a.C., durante la guerra contro i
Parti, venne sciolto il triumvirato. Per via delle rivalità tra Cesare e Pompeo scoppia una sanguinosa
guerra civile, la quale si concluse nel 48 a.C., con la vittoria di Cesare a Farsalo. In seguito, Pompeo
fugge in Egitto, qui viene ucciso per volere del faraone Tolomeo. Cesare venne nominato dittatore
a vita ma, per via di una congiura venne assassinato, nel 44 a.C.
CICERONE
Nacque ad Arpino nel 106 a.C. da una famiglia appartenente al ceto equestre. Ricevette una
raffinata educazione ed esordì come avvocato, con la “Pro Quinctio”. Tra il 79 e il 77 a.C., si recò in
Grecia per perfezionare gli studi e, dopo la morte di Silla, tornò a Roma per cominciare il cursus
honorum. Nel 66 a.C., ottenne la pretura e nel 63 a.C. venne eletto console. Catilina tentò una
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congiura ai danni dello Stato, che venne sventata dallo stesso Cicerone (contro cui scrisse le
Catilinarie). Nel 62 a.C., Catilina venne sconfitto a Pistoia e Cicerone decise di mandare a morte tutti
congiurati senza processo e senza da porovocatio ad populum. Tale gesto gli causò poi l’esilio nel 58
a.C. Riuscì a ritornare a Roma grazie all’aiuto di Pomepo. Nel 53 a.C., scoppiò una sanguinosa guerra
civile, che vide schierati i pompeiani, tra le cui fila si annovera anche Cicerone, e i cesariani. In
seguito alla vittoria di Farsalo, Cesare si comportò con grande benevolenza nei confronti dei vinti e,
in particolare, con Cicerone, il quale, a causa di problemi economici, fu costretto a divorziare da sua
moglie e a sposarne una più ricca, che ripudiò nel 45 a.C., anno della morte della figlia Tullia. In
seguito all’assassinio di Cesare, Cicerone di schierò a favore dei cesaricidi, nonostante non avesse
partecipato attivamente alla congiura. Il partito dei cesariani scelse, come erede di Cesare,
Marcantonio, il quale riuscì ad ottenere un compromesso con il Senato, in base al quale ai congiurati
sarebbe stata concessa l’amnistia se fossero stati mantenuti validi tutti gli atti fatti da Cesare. Nel
frattempo, Cicerone si trasferì nell’Italia meridionale, dove aveva alcune proprietà ma, ben presto,
fu richiamato a Roma a causa dello scontro tra Marcantonio e il Senato. È a questo preciso evento
che risale la stesura delle “Filippiche”, per mezzo delle quali Cicerone cercò di ingraziarsi Ottaviano.
Nella lotta contro Marcantonio, infatti, il Senato si era servito di Ottaviano e delle sue truppe, ma
poiché non venne ricompensato adeguatamente, quest’ultimo si alleò con Antonio e, insieme a
Lepido, fondarono il II triumvirato. I triumviri decisero di servirsi delle liste di proscrizione per
sbarazzarsi degli avversari politici. Questo permise ad Antonio di vendicarsi di Cicerone, che, infatti,
fu assassinato nel 43 a.C. nei pressi di Formia.
Le orazioni più famose
1. VERRINE (73-71 a.C.) Cicerone fu chiamato a difendere i Siciliani in causa contro Verre,
accusato di averli derubati e tassati duramente, durante il suo governatorato. Si divide in tre
parti: a) Divinatio in Quinto Caecilium (istruttoria preliminare in cui si sarebbe deciso a chi
toccasse il ruolo dell’accusa. Verre fece di tutto affinché la causa venisse data a Q. Caecilio,
che avrebbe favorito la sua assoluzione. Cicerone scoprì l’inganno e scrisse quest’orazione,
grazia a cui ottenne la difesa dei siciliani); b) Actio Prima (esposizione dei capi d’accusa
contro Verre, in seguito alla lettura dei quali fuggì a Roma); c) Actio Secunda (mai pronuncita,
ma fu pubblicata).
2. CATILINARIAE (63 a.C.) furono scritte contro Catilina, accusato, insieme ad altri appartenenti
alla nobilitas romana, di aver ordito una congiura ai danni dello Stato. Di divide in quattro
orazioni: 1) annuncia la scoperta della congiura e invita Catilina a lasciare Roma; 2) denuncia
la presenza dei congiurati rimasti a Roma, dopo la fuga di Catilina; 3) svela i nomi dei
congiurati; 4) l’oratore si pronuncia a favore della pena di morte.
3. FILIPPICHE (44-43 a.C.) si tratta di 14 orazioni, scritte contro Marcantonio, erede del partito
politico di Cesare. Il nome fu ripreso dalle orazioni che Demostene compose contro Filippo
di Macedonia.
Le opere retoriche 8
1. DE INVENTIONE (85 a.C. circa). Si tratta di un opera incompiuta, che termina con il II libro.
Cicerone divide l’ars retorica in cinque componenti: a) inventio, fase in cui l’oratore raccoglie
tutta la materia di cui ha bisogno per scrivere il proprio discorso; b) dispositio, fase che
prevede la giusta organizzazione del materiale raccolto durante l’inventio; c) elocuizio, fase
di strutturazione sintattica, linguistica e stilistica del discorso; d) memoria, in questa fase
l’oratore deve imparare a memoria il suo discorso; e) actio, vera e propria fase recitativa.
2. DE ORATORE (55 a.C.). Si tratta di un dialogo, diviso in tre libri, i cui protagonisti, Lucio Licinio
Crasso e Marcantonio, discutono sull’eloquenza. La scelta della forma dialogica, ovviamente,
è di matrice platonica. In quest’opera si delinea la figura dell’oratore ideale, che deve avere
una cultura enciclopedica e deve essere dotato di probitas e prudentia.
3. PARTITIONES ORATORIAE (54 a.C.) è dedicata al figlio e si presenta come un dialogo, tra
l’autore e suo figlio, sui più importanti precetti di retorica.
4. BRUTUS (46 a.C.) è dedicata al cesaricida Bruto. Anche quest’opera ha una forma dialogica
e i protagonisti sono Cicerone, Bruto ed Attico. Viene tracciata una storia dell’eloquenza
dalle origini fino all’età più recente. L’autore sostiene che l’eloquenza sia arrivata al suo
massimo grado di perfezione grazie a sé stesso e ad Ortensio. All’interno del dialogo, poi, si
apre un’ulteriore discussione circa lo stile da utilizzare per comporre una perfetta orazione.
Cicerone dà una propria opinione sugli stili maggiormente utilizzati, che facevano capo a due
scuole differenti: a) ASIANESIMO (stile barocco e ampolloso); b) ATTICISMO (stile scarno e
privo di pathos). Cicerone, infine, esprime la propria speranza di un ritorno all’eloquenza
libera, di cui riconosce come massimo esponente Demostene.
5. ORATOR (46 a.C.). In quest’opera Cicerone traccia, a chiare lettere, la figura dell’oratore
ideale. Dopo aver parlato dei tre gradi di eloquenza (grande, medium e tenue), l’autore si
sofferma sui fini a cui deve tendere un perfetto oratore: a) probare (presentare il proprio
punto di vista, adducendo valide argomentazioni); b) delectare (deve saper conferire alle
proprie parole un tono, che sia gradito all’uditorio); c) flectere (deve conquistare l’uditorio).
Ai tre scopi dell’oratore, corrispondono poi tre registri stilistici differenti: al probare
corrisponde lo stile umile, al delectare lo stile medio e al flectere quello elevato.
6. DE OPTIMO GENERE ORATORIUM. Si tratta della traduzione in Latino delle orazioni: “sulla
corona,” di Demostene, e “contro Ctesifonte,” di Esichine. Le traduce al fine di far
comprendere quale fosse lo stile perfetto, che deve essere usato per comporre un’orazione.
7. TOPICA (44 a.C.). Compone quest’opera, dedicata all’amico Gaio Trebazio, durante un
viaggio in Grecia. Si tratta di un’esegesi sui Tropica di Aristotele.
Le opere politiche
1. DE RE PUBLICA (54-51