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CAPITOLO 7: ANTIGIURIDICITÀ E SINGOLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
1.Premessa
L’antigiuridicità è il secondo elemento strutturale del reato. L’antigiuridicità è un giudizio di
valore che si fa alla stregua dell’intero ordinamento, in quanto nel nostro ordinamento vige il
principio di non contraddizione. Distinguiamo:
- Antigiuridicità materiale: indica la lesività della condotta rispetto al bene giuridico. Tale
concezione non viene accolta perché questa è una valutazione che già si fa nel giudizio di
tipicità.
- Antigiuridicità speciale: il fatto storico è sussunto in una norma che già contiene un
requisito che capire l’antigiuridicità (abusivamente, illegittimamente).
A differenza della teoria tripartita, che vede l’antigiuridicità come elemento autonomo, la
teoria bipartita vede l’antigiuridicità contenuta già nella tipicità. Quest’ultima teoria viene
vista alla luce della dottrina degli elementi negativi del fatto, la quale stabilisce che il giudice
deve in ogni caso passare attraverso tre elementi di giudizio (tipicità, antigiuridicità e
colpevolezza), solo in questo modo il suo giudizio ha una funzione garantista per il soggetto: il
giudice, in questo caso, deve valutare solo se ci sono o meno cause di giustificazione. Tale
teoria, però, non viene accolta perché, in presenza di una causa di giustificazione, viene meno
solo l’antigiuridicità, ma il fatto tipico resta (es. legittima difesa).
2.Fondamento sostanziale e sistematica delle cause di giustificazione
Prima di parlare delle cause di giustificazione, è opportuno fare una distinzione tra:
- Esimenti (o cause di giustificazione): viene esclusa l’antigiuridicità del fatto, quindi non
è possibile in sede civile chiedere un risarcimento del danno.
- Scusanti: sono cause di esclusione della colpevolezza; in questo caso l’antigiuridicità
resta, quindi è possibile chiedere il risarcimento del danno in sede civile.
- Cause di esclusione della pena: il legislatore ha previsto un limite istituzionale alla
punibilità e, attraverso un bilanciamento di interessi, non si puniscono determinati
comportamenti (es. il figlio che ruba al padre).
Le cause di giustificazione sono contenute nelle norme e facoltizzano un soggetto a tenere un
comportamento in presenza di determinati presupposti. Le norme in cui sono contenute le cause
di giustificazione, però, sono norme non penali, perciò si deroga a due principi:
- Riserva di legge: infatti la causa di giustificazione può essere prevista anche da una
consuetudine o da una legge regionale.
- Divieto di analogia: non essendo materia penale, dove è vietata l’analogia, nel caso
delle cause di giustificazione ci può essere un’analogia in bonam partem (favor rei).
Le cause di giustificazione prevedono due fondamenti, anche se solo il primo viene accettato:
- Le cause di giustificazione vanno ricondotte ad un unico principio, ossia la prevalenza
del vantaggio sul danno.
- Le cause di giustificazione, in virtù delle loro peculiarità, vanno ricondotte a due
principi, ossia l’interesse prevalente e l’interesse mancante.
3.Disciplina delle cause di giustificazione
L’art 59 c.p. disciplina le cause di giustificazione:
- 1° comma: criterio di imputazione oggettiva della causa di giustificazione: le cause di
giustificazione vengono viste sul piano meramente oggettivo, cioè vengono valutate a
favore dell’agente solo in virtù della loro esistenza, a prescindere dalla consapevolezza
che ne abbia quest'ultimo.
- 4° comma: riguarda la scriminante putativa e l’errore sulla scriminante putativa: la
causa di giustificazione facoltizza la condotta dell’agente, anche quando egli agisce
confidando erroneamente nella loro esistenza. Però, se si tratta di un errore determinato
da colpa dell’agente, allora l’imputabilità rimane, quando il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo.
A proposito dell’errore, bisogna fare una distinzione tra:
- Errore sul fatto (art 47): esclude il dolo, cioè l’elemento soggettivo del reato.
- Errore sulla scriminante (art 59): il soggetto è consapevole che sta commettendo un
fatto, ma è convinto che tale fatto sia coperto da causa di giustificazione.
Ancora, la scriminante putativa (art 59) è diversa dal reato putativo (art 49), ossia quando il
soggetto p convinto di stare commettendo un reato che, in realtà, non esiste.
L’art 55 disciplina l’eccesso colposo, che si verifica quando l’agente supera il limite della causa
di giustificazione; esso viene trattato come un vero e proprio delitto colposo a livello
sanzionatorio. La dottrina distingue due tipi di eccesso colposo:
- Il soggetto cagiona volontariamente un risultato, ma perché erra su una situazione di
fatto.
- La situazione di fatto è valutata correttamente, ma per un errore esecutivo il soggetto
produce un evento maggiore di quello che sarebbe stato necessario.
4.Consenso dell'avente diritto
L'art 50 stabilisce che non vi é ragione che lo stato offri tutela penale ad un determinato
interesse, quando é il titolare stesso che, attraverso il suo consenso, vi rinuncia, consentendone
quindi la lesione.
Il consenso deve essere libero e spontaneo, cioè immune da violenza, errore o dolo, e può
essere manifestato in qualsiasi modo. Il consenso può essere:
- Putativo: quando il soggetto agisce nell’erronea supposizione della sua esistenza;
- Presunto: quando si può ritenere con certezza che il titolare del bene lo avrebbe
concesso se fosse stato a conoscenza della situazione di fatto.
La legittimazione a fornire il consenso spetta al titolare o ai titolari del bene (inoltre può
spettare anche al rappresentante legale o volontario), i quali devono possedere la capacità di
agire anche se, per la natura non negoziale del consenso, tale capacità si trasforma in una mera
capacità di intendere e di volere (capacità naturale).
Il consenso é limitato dai diritti disponibili (diritti patrimoniali, attributi della personalità,
ecc.): si può rinunciare alla tutela del bene solo quando questo é di esclusivo interesse del
privato e non ha, quindi, rilevanza per l’intera comunità.
Un discorso a parte deve essere fatto per il bene dell'integrità fisica, per il quale si deve fare
riferimento all'art 5 c.c., secondo il quale gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati
quando:
- Provocano una diminuzione permanente dell'integrità fisica
- Sono contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume
Una lesione permanente dell'integrità fisica é ammissibile solo quando é finalizzata ad un
miglioramento della salute psicofisica del soggetto (in questo senso si giustifica anche il c.d.
“consenso informato”).
I diritti indisponibili sono, invece, tutti quei diritti che fanno capo allo stato, agli enti pubblici
e alla famiglia, per i quali il consenso non ha efficacia scriminante.
5.Esercizio di un diritto
L'art 51 stabilisce che l'esercizio di un diritto esclude la punibilità. La ragione di questo sta
nella prevalenza dell'interesse di chi agisce rispetto agli atri confliggenti.
Alla luce dell'art 51, il concetto di diritto va inteso come potere giuridico di agire, quindi un
potere attribuito dall’ordinamento giuridico stesso.
I criteri per stabilire se la norma che permette di esercitare un diritto possa limitare, o al
contrario venga limitata dalla norma penale sono: criterio gerarchico (la legge superiore deroga
quella inferiore); criterio cronologico (la legge emanata successivamente deroga quella
precedente); criterio di specialità (la legge speciale deroga quella generale).
Affinché l'esercizio di un diritto possa avere funzione scriminante, é necessario che il diritto
venga esercitato per le facoltà inerenti al diritto stesso, in caso contrario si sfocia in un abuso.
Tra i diritti previsti dall'art 51 troviamo:
- Diritto di cronaca giornalistica
- Diritto di sciopero
- Jus corrigendi: cioè il diritto dei genitori che esercitano la potestà di educare i figli
- Offendicula: cioè l'impiego dei mezzi di tutela della proprietà
6.Adempimento di un dovere
L'art 51 stabilisce che l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un
ordine e della pubblica Autorità esclude la punibilità.
La fonte può essere o una norma giuridica o un ordine legittimo della pubblica autorità;
bisogna però fare una distinzione:
- Dovere imposto da una norma giuridica: come l'arresto del poliziotto o il pignoramento
svolto dall'ufficiale giudiziario. Il dovere imposto da una norma giuridica va inteso come
qualsiasi precetto giuridico, a prescindere dal fatto che sia emanato dal potere
legislativo o dal potere esecutivo.
- Dovere imposto da un ordine della pubblica Autorità: consiste in una manifestazione di
volontà che il superiore rivolge ad un subordinato, per il compimento di una determinata
condotta. Affinché l'ordine acquisti efficacia scriminante, é necessario che tra il
superiore e il subordinato vi sia un rapporto di diritto pubblico; non ha efficacia
scriminante, invece, l'ordine che si inquadra in un rapporto di subordinazione regolato
dal diritto privato.
Affinché l'ordine abbia efficacia scriminante é necessario anche che sia legittimo. Per essere
legittimo deve presentare dei presupposti formali e dei presupposti sostanziali:
- I presupposti formali si riferiscono 1)alla competenza del superiore di emanare l'ordine
e 2)alla competenza dell'inferiore nell’eseguirlo
- I presupposti sostanziali si riferiscono all'esistenza dei presupposti stabiliti dalla legge
per l’emanazione dell'ordine.
L'ultimo comma dell'art 51 stabilisce che la punibilità dell'esecutore di un ordine legittimo é
esclusa quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine stesso.
Questa norma risponde all'esigenza di rispettare le regole democratiche del nostro Paese, che
da una parte sottopone al controllo di legalità l'azione dei pubblici poteri, dall'altra esalta
l’autoresponsabilità di ogni individuo. La dottrina, infatti, ritiene che al subordinato spetti non
solo il diritto-dovere di controllare i presupposti formali dell'ordine, ma anche i presupposti
sostanziali della sua legittimità.
Al potere di sindacato da parte del subordinato, però, sono posti dei limiti, che guardano alla
natura dell'ordi