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In America, invece, regnava sovrano il white cube.
➢ Il museo deve garantire che l’opera posso inscriversi nella cultura contemporanea ed essere
compresa a fondo dal pubblico. L’architetto deve rendere possibile tutto ciò.
➢ Il white cube aveva come sua caratteristica principale quella di concentrarsi sulla pura
percezione ottica ed esteriore dell’opera d’arte.
➢ Si verifica una rivoluzione in campo museale: i nuovi musei devono imporsi prima di tutto
per la loro forma esteriore e devono essere palesemente riconoscibili tra tutti gli altri edifici
di una città.
INTRODUZIONE. Il gioco sapiente, rigoroso e magnifico delle forme assemblate nella luce
(mediterranea)
• Si hanno poche testimonianze scritte del lavoro museografico di Scarpa. Le uniche sono:
registrazioni di conferenze e colloqui, gli ultimi corsi universitari all’istituto d’architettura di
Venezia e una trasmissione tv.
• Carlo Scarpa nacque nel 1906 a Venezia. Suo padre era un maestro elementare e sua madre
una sarta. Ella lo aveva sempre sostenuto e stimolato nel sviluppare e migliorare le sue
abilità di disegno.
• Scarpa frequentò i corsi della Regia Accademia di Belle Arti di Venezia
• Scarpa insegnò architettura presso l’istituto universitario di architettura di Venezia, ma
eccelleva anche nell’arte vetraria a Murano a partire dal 1925.
• Nel 1926 iniziò a far pratica presso studi locali di architettura presso Padova dove ebbe
l’opportunità di sperimentare nuovi materiali come il ferro ed il calcestruzzo.
• Nel 1931 aderì al movimento razionalista, come Le Corbusier
• Carlo Scarpa preferiva rispondere alle domande dei critici ed esprimere sé stesso attraverso
le proprie opere (architetture e allestimenti). Lasciava ad altri il compito di parlare del suo
lavoro.
• La PRIMA OPERA IMPORTANTE DI SCARPA A VENEZIA: Restauro dell’Istituto superiore di
economia e commercia, ovvero la facoltà Ca Foscari, inaugurata nel 1937. Come sempre
Scarpa ha dovuto adattare la struttura di un palazzo storico alle esigenze di un’università.
• Nel realizzare le proprie opere Scarpa adotta come linea guida una famosa citazione di Le
Corbusier:” L’architettura, il gioco sapiente, rigoso e magnifico delle forme assemblate nella
luce”.
• Dal 1942 al 1976 Scarpa si dedica al suo progetto di MUSEO A CRESCITA ILLIMITATA dove ha
potuto confrontarsi direttamente con le opere d’arte da esporre e quindi di esprimere le sue
qualità di museografo.
• Una delle più grandi qualità di Scarpa consiste nella costante collaborazione con i suoi
collaboratori e nella condivisione delle loro competenze per la creazione del museo ideale.
• Per i razionalisti il grande artista è colui che oltre ad usare i nuovi materiali di costruzione sa
introdurre nelle architetture un elemento spirituale.
OPERE (soltanto 2 come esempi)
• La Galleria del Cavallino, Venezia, 1942-1947
• La mostra “Concetto spaziale. Attese” di Lucio Fontana, XXXIII Biennale di Venezia 1966
La Galleria del Cavallino, Venezia, 1942-1947
Nel 1942 il collezionista ed editore Carlo Cardazzo ha aperto la sua prima galleria d’arte in Riva degli
Schiavoni a Venezia e subito la critica la accolse molto positivamente. Cardazzo si affidò a Carlo
Scarpa per la progettazione della “galleria – laboratorio” la quale aveva come scopo quello di
mostrare il meglio dell’arte italiana contemporanea ai passanti veneziani. L’ attività del gallerista
mise in mostra a Venezia le punte dell'avanguardia artistica italiana del Novecento, e subito dopo
la seconda guerra mondiale portò in Italia le principali poetiche europee censurate dal fascismo.
Prima di procedere con gli schizzi per l’allestimento degli spazi della galleria Scarpa procede con
uno schizzo dello spazio, secondo il suo usuale modo di procedere, precedentemente occupato
dall’antico Café Orientale. Scarpa decide di creare una promenade architecturale, cioè una
successione di spazi conforme alla nuova destinazione di quello spazio: una galleria d’arte moderna.
Dall’ingresso si passa attraverso un corridoio con libri e disegni, poi nella sala bianca e per finire si
visita la sala grande. L’architetto decide di mantenere i materiali originari preesistenti perché ben si
adattavano alla nuova destinazione del luogo.
Il pavimento del corridoio di ingresso, della sala bianca e del corridoio che conduce alla sala grande
(vedi piantina a pag. 88) è in cotto, le pareti e il soffitto sono rivestiti da piccole lastre lignee. Sul
muro di destra del corridoio di ingresso si estende una vetrinetta con una semplice cornice lignea
per disegni, schizzi ed incisioni. Alla fine del corridoio si trova una nicchia di colore scuro contenente
i libri e i cataloghi del Cavallino esibiti in una vetrina. Anche qui si ritrova uno degli elementi
fondamentali presenti nei progetti di Scarpa: l’illuminazione naturale della sala che penetra da una
grande lucernaio rettangolare e si riflette sulle pareti bianche della sala. L’allestimento della sala
grande si discosta da quella precedente perché il pavimento non è più in cotto ma è costituito da
listelli di legno disposti a lisca di pesce, le pareti sono rivestite da pannelli tappezzati con un tessuto
più scuro rispetto al bianco della sala precedente. Essi permettono di fruire le opere ad altezza
d’occhio. Scarpa disegna e progetta anche il mobilio per la galleria, in primis le panche, che
accentuano il carattere teatrale dell’intera sala.
La mostra “Concetto spaziale. Attese” di Lucio Fontana, XXXIII Biennale di Venezia 1966
Per la mostra “Concetto spaziale. Attese” di Lucio Fontana Scarpa dovette affrontare un primo
problema: la gestione degli spazi della sala 26 del padiglione centrale della Biennale al quale si
accede con aperture ellissoidali.
All’interno della sala a sua disposizione Scarpa ha ricavato un ampio spazio ovale ed un percorso
labirintico che si snoda fra le sei opere esposte. L’ovale o ellissi progettato è sia un contenitore delle
opere sia un modo per presentarle al pubblico.
Lucio Fontana nel 1946 fondò il movimento artistico dello Spazialismo con il Manifesto Blanco. Egli
voleva annullare la monotonia della bidimensionalità e la falsità della tridimensionalità resa con il
disegno chiaroscurale. I tagli delle tele di Fontana sono una realtà fisica.
Come scrisse il critico Gillo Dorfles la 26° sala del padiglione centrale della Biennale di Venezia del
1966 si caratterizzava per: semplicità, sobrietà e pulizia.
È importante sottolineare la critica rivolta dal critico francese Pierre Restany alla sala dedicata a
Fontana: i progetti originari dell’artista non corrispondono alla realizzazione finale della mostra. Le
dimensioni effettive della sala assegnata a Scarpa si sono rivelate ridotte per realizzare il progetto
originale perciò si sono dovute effettuare alcune modifiche:
- le tele esposte da sei sono passate a cinque per mancanza di spazio
- le dimensioni delle opere sono differenti le une dalle altre, situazione che non si sarebbe dovuta
verificare: avrebbero dovuto avere le stesse dimensioni
- le opere sono collocate all’interno di nicchie (strutture) cieche chiamate repositori collocati in
modo simmetrico sui due lati dell’asse di ingresso della mostra in modo che la visione di un’opera
impedisca di osservare le altre. La visione è frammentata poiché ogni tela necessita di un proprio
spazio e di un personale momento di visione che mette in stretto rapporto il visitatore con l’opera
d’arte
- Fontana avrebbe voluto realizzare soltanto l’ambiente con forma ovoidale e lasciarlo vuoto, privo
di opere d’arte al suo interno, ma invece non fu così perché furono collocati sei tagli (Concetto
spaziale) al suo interno.
Scarpa ebbe il compito di eseguire i disegni costruttivi per la realizzazione della sala ovale.
Come nella Galleria del Cavallino, anche per la mostra di Lucio Fontana l’illuminazione è naturale,
proveniente da un lucernaio e filtrata da un velario. Le pareti sono della stessa tonalità di bianco
delle tele di Fontana e questo favorisce.
CARATTERISTICHE DEL LAVORO DI CARLO SCARPA
Ama la pittura e la scultura.
Situa le opere nello spazio o le dispone sulle pareti in base al loro messaggio etico e umano.
Luce naturale e zenitale proveniente da lucernai e filtrata da velari.
Ampio uso del colore bianco in differenti varianti di tonalità, es. Gipsoteca canoviana di
Possagno.
Prima di realizzare gli schizzi dei suoi allestimenti o arredamenti di interni Scarpa studia a
fondo le opere da esporre, sia per il messaggio che contengono ed esprimono sia per le loro
caratteristiche morfologiche (di forma).
Usa il colore per far risaltare la struttura, il profilo e la forma delle sculture o quadri esposti.
I progetti di Scarpa sono sempre in dialogo ed in armonia con l’ambiente preesistente.
Il suo operato si compone di due vie: da un lato vuole mettere in risalto l’antico (gli elementi
preesistenti degli edifici in cui egli è chiamato ad operare) e dall’altro inserisce elementi
nuovi che contrastano dialetticamente con i primi (dialogo contrastante, due epoche a
confronto).
Sperimenta nuove tecnologie come il cemento, ferro, calcestruzzo, e soluzioni allestitive
nuove ed insolite, come ad esempio nel museo di Castelvecchio una trave che sorregge il
pavimento ribassato del piano superiore.
Ama e considera nobile qualsiasi tipo di materia, anche la più grezza.
Scarpa considera il disegno, lo schizzo, un momento di riflessione e ricerca, un momento di
avvio e partenza per la realizzazione del progetto finale.
L’acqua è uno degli elementi dominanti nell’architettura di Scarpa, il quale, facendo onore
alle sue origini veneziane, includeva questo elemento naturale in tutti i suoi progetti.
L’acqua è fonte di sostentamento, purificazione e rinascita e si ricollega alla cultura
orientale. Scarpa concepisce l’acqua come un elemento che collega interno ed esterno di un
edificio e lo considera svincolato dall’architettura, un elemento a sé stante.
Scarpa privilegiava la novità e la qualità nei suoi progetti.
Per Scarpa: “Collocare correttamente un’opera d’arte implica che se ne comprenda la
natura, il carattere e l’essenza più specifica”.
Il valore di un’opera è direttamente proporzionale al modo in cui è espresso: meglio è
espresso e più esso sarà alto.
Ha come scopo quello di migliorare la fruizione delle opere.
Vuole consentire ai visitatori di osservare le opere in modo separato le une dalle altre, far si
che