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CASI REALI CON ATTRITO

P: passo assiale

r : raggio d’elica media del filetto

m

γ : angolo tra l’elica e il piano normale: indica di quanto è inclinato il filetto

m

Caso a) reale con attrito e P= , dove M è il momento necessario per svitare la vite, il piano inclinato è la

madrevite. Dopo aver scritto l’eq dell’equilibrio ricavo M=Qtan (γ +Φ)

m

0

=

ŋ= , Φ=angolo di attrito

( +)

Se voglio:

b): Φ< basta che diminuisco M e fa tutto da solo (flusso retrogrado);

c): Φ>⁡ devo fornire io un momento in verso contrario per avvitare.

⁡( − ).

Nel caso b) M= Qr m

⁡tan⁡(− ).

Nel caso c) M= Qr m

Classificazione viti e profili filetto: →

- Viti di collegamento: devono assicurare un serraggio senza svitarsi→ ŋ decresce decresce e θ

aumenta; ⁡cresce

- Viti di manovra:⁡ e θ decresce, consentono lo spostamento orizzontale di un piattello su di

un albero rotante comandato da un motore;

- Viti senza fine o worm gear: sono dei riduttori ad alte velocità molto compatti e con rapporto di

trasmissione grande;

- Viti di Archimede: esempio coclea.

Il filetto è un risalto a sezione costante avvolto ad elica su di un cilindro, esternamente, altrimenti avremmo

una madrevite.

Se abbiamo una vite con + filetti, abbiamo una vite a più principi e si distingue il passo apparente del profilo

dal passo della filettatura effettivo.

V=zp

2

z= n° di principi

v=velocità

Tipi di profili:

- Profilo triangolare: è il più usato ed ha un angolo θ=30°;

- Profilo trapezoidale: miglior compromesso con angolo di 15°, è più resistente e preciso di quello

rettangolare e quadrato; →

- Profilo a dente di sega: per un verso funziona come una vite di forza profilo triangolare, per un

verso funzione come una vite di manovra→ profilo trapezoidale.

STATICA

Se un vincolo impedisce la traslazione in una certa direzione, allora sul membro vincolato agisce una forza

in quella stessa direzione; analogamente, se viene impedita una rotazione, nasce una coppia di reazione.

“TENERE SEMPRE A MENTE LE EQUAZIONI CARDINALI DELLA STATICA ED IL METODO GRAFICO.”

In presenza di attrito bisogna aggiungere delle equazioni a seconda se siamo in condizioni di moto

incipiente o non, strisciamento o ribaltamento. Ci sono 4 casi:

- Verifica equilibrio moto non incipiente: una volta note tutte le forze (comprese quelle di attrito)

impongo la verifica T≤f N o T≤f N (se ho strisciamento sono in condizioni dinamiche e uso attrito

s d

dinamico “fd”);

- MOTO INCIPIENTE in tutti i punti di contatto: qui ho un’altra equazione da considerare: T=f N o

s

T=f N;

d

- MOTO INCIPIENTE in alcuni punti di contatto e vi sono due ipotesi di risoluzione: si fa un’ipotesi di

scorrimento poi si risolve e si verifica T≤f N e se si verifica T≤ f N ok, mentre se ho T≥f N cambio

s s

s

punto di adesione;

- STRISCIAMENTO O RIBALTAMENTO: simile al precedente e si verifica il ribaltamento.

N.B.: il punto di applicazione delle forze di attrito va spostate di una quantità pari a f o f

s d.

Alcune definizioni:

- Angolo di trasmissione µ: max 90°, angolo acuto tra cedente e biella. Di solito = 40°;

- Angolo di pressione α: angolo tra direzione spinta movente sul cedente e direzione di velocità di

quest’ultimo nel punto di contatto. Max 90° poiché se a crescesse avremmo sovra-tensioni.

Generalmente µ+α=90° senza attrito.

- Guadagno meccanico: rapporto tra la coppia (o forza) sviluppata dal cedente e quella necessaria al

movente: 4 2

= =

2 4

M4= coppia cedente

M2= coppia movente FRENI

Sono meccanismi che permettono di rallentare e/o frenare parti mobili di macchine. I più comuni

funzionano per attrito radente (strisciamento tra parti solide).

Gli inserti di attrito sono normalmente carbo-ceramici, grafiti e carbone, resine e anche in ossido di

alluminio.

I parametri di valutazioni principali dei freni sono:

- Indice di efficacia (shoe factor): rapporto tra la forza di attrito sviluppata e la forza di comando:

- Indice di regolarità (sensitivity): rapporto tra la variazione della coppia frenante e la variazione del

coeff. Di attrito;

“Si valuta di più l’efficacia”

I freni si distinguono per accoppiamento rigido (1 gdl) o libero (2 o + gdl). Esistono 4 tipi di freni:

- FRENI A PATTINO (biciletta): possono essere ad accoppiamento rigido o libero (meno frequenti o

per emergenza). Sono costituiti da un pattino, solidale alla macchina da arrestare con velocità v,

che viene premuto da una coppia M contro un binario. Ci si riconduce all’ipotesi del REYE per

determinare M, valutando l’andamento dell’usura che avrà una distribuzione triangolare come la

pressione: .

+1 ⁡

Dal Reye: p(x)= kh(x)=k x oppure considero la forza N= , con b=larghezza pattino, h(x) e dx

1 1

elemento usurato.

Rispetto al punto di applicazione di N, cioè x , calcolato il momento

0 3 3

+1 +1 2⁡(+1) −

2 →

()⁡

N*x = = k b x =

∫ ∫

o 1 0 2 2

3⁡(+1) −

➔ →

M= N*x -T*h T=

0 0 −ℎ

0

T= forza di attrito=forza frenante

Se T ha verso tale da spingere il pattino contro il telaio, allora avremo un freno “auto frenante”,

mentre se la risultante R, per ragione geometriche e di attrito, è al di sotto della cerniera avremo

un impuntamento del freno pattino spinto contro il telaio dalla stessa forza di attrito; senza M

→ “autobloccante” (solo per emergenza), nel caso di accostamento libero. Tendenzialmente è più

difficile determinare l’accostamento, poiché ci sono 2 gdl essendoci una rotoidale tra pattino e

corpo collegati da una bielletta:

⁡ →

T= R sinΦ= , se α→Φ T=∞→impuntamento

⁡sin⁡(−)

Questi freni vengono utilizzati per trami e sollevamento carichi.

- FRENI A NASTRO:

In questi, un flessibile di acciaio temprato è avvolto su di un tamburo rotante solidale all’asse da

frenare. Sul cavo è fissata la guarnizione di attrito. Mettendo in tensione il nastro, collegato alla leva, si

generano pressioni sul tamburo e quindi delle forze tangenziale di attrito, che frenano il tamburo.

La tensione T varia esponenzialmente lungo tutto l’arco di avvolgimento, che è dove c’è attrito con

2

( − )

̅̅̅̅

−1 2

=

legge: 2

( − )

1

Se il verso di rotazione del tamburo va dalla cerniera fissa a quella dove agisce la forza di comando

(senso antiorario in figura) moto diretto, freno positivo

=

2

( − ) = ( − )

{ 0 0

2

= 0

1 2

→= − 1)

M (T -T ) r= ( 0

f 1 2

0

( −1)

Se il freno è negativo M =

f

0

Esistono poi “freni ad azione differenziale”, dove per un certo valora di b e c, possiamo ottenere più

momento frenante o anche un autobloccante:

0

( −1)

M =

f

0

Vengono utilizzati per autobus e macchine agricole.

- FRENI A TAMBURO:

sono costituiti da un cilindro rotante, chiamato tamburo, solidale con il sistema da frenare e da uno o

più “ceppi”, che supportano le guarnizioni di attrito. Se i ceppi sono “interni”, il freno si dice ad

“espansione”, usato nelle auto e le guarnizioni vanno a strisciare sul tamburo (coppa al cui interno ho i

ceppi); altrimenti si definiscono “ganasce” e frenano il tamburo internamento (lo stringono) e vengono

usati nei carri. Anche qui esistono accoppiamenti rigidi o liberi

Inserisci disegno Condizione di auto bloccaggio:

F c≥F b f ≥

t n d

Nel caso di ceppi interni, quello a compressione è auto frenante, quello teso no. Inoltre, non si avranno

mai situazioni simmetriche, cioè avremo entrambi i ceppi tesi o compressi, a causa dell’usura e delle

forze di frenatura.

Esistono 3 tipologie di freni a ceppi interni:

- Un ceppo compresso ed uno teso: nessun problema con l’inversione del moto, unico organo di

comando (cilindro al centro e rotoidale centrale sotto);

- Due ceppi compressi: i migliori, ma con l’inversione diventano entrambi tesi con un peggioramento

dell’efficacia fino al 40% e poi necessitano di due organi di comando;

- Due ceppi tesi: i più sfavoriti, modesta efficacia, sono ad azionamento idraulico con grossi pistoni.

I freni a ceppi interni hanno poi il vantaggio di essere riparati da fango ed acqua ed il fatto di avere le

guarnizioni esterne li rende più efficaci dei freni a disco di ugual diametro; lo svantaggio è che scaldano

affievolendo la forza frenante.

- FRENI A DISCO:

dal nome stesso sono costituiti da un disco in ghisa o acciaio, premuto tra pistoni. Il disco è solidale

all’albero da frenare. Esistono due tipi di pinze:

- Flottanti: un solo pistone che spinge il disco, avvicinando l’altra parte di pinza;

- Fisse: 2 o 4 pistoni, anche 6.

Sulle pinze ci sono le “guarnizioni” (pasticche) che frenano il disco. Sono meno efficienti di quelli a tamburo,

ma sono più ventilati e più regolari. L’usura si calcola con l’ipotesi del Reye ed il momento frenante è pari a

quello di una coppia rotoidale di spinta: 1+2

M = f p =f pr

p d d m

2

Si usano di più questi nelle auto, mentre quelli a tamburo, usati posteriormente e soprattutto per lo

stazionamento. FUNI E PARANCHI

Le funi sono adatte a trasmettere grandi forze a velocità non elevate e con interassi notevoli, sono flessibili

in due direzioni anche se inferiori alle cinghie (richiedono pulegge maggiori); per scopi industriali sono di

tipo circolare e metallo.

Il materiale di cui sono cui sono costituite è per lo più acciaio al carbonio, dove i singoli fili vengono avvolti

ad elica in una in uno o p

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
23 pagine
SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/13 Meccanica applicata alle macchine

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ajejeros di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Meccanica applicata alle macchine e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof Callegari Massimo.