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Estetica del montaggio

ESTETICA DEL MONTAGGIO

1. IL MONTAGGIO NARRATIVO

Quando il cinema inizia a diventare popolare alla fine del XIX secolo la curiosità per le immagini in movimento era tale da non c’era motivo di trovare una logica di presentazione! ogni film era molto breve e le scene si succedevano come quadri relativamente autonomi.

Gaudreault distingue tre periodi essenziali nella formazione del modo di rappresentazione filmico:

  1. Periodo del film in una sola inquadratura: solo riprese

  2. Periodo del film a più inquadrature non continue: riprese e montaggio, ma senza che le prime siano effettuate in maniera organica in funzione del secondo

  3. Periodo del film a più inquadrature continue: riprese in funzione del montaggio. MONTAGGIO ARTICOLATO: montaggio realmente costitutivo del cinema.

La maggiore parte dei film consiste in una sola inquadratura fino al 1902 e il 1903 segna l’inizio di una corsa alla moltiplicazione delle inquadrature e fino 1910 i cineasti non hanno realmente girato in funzione di un montaggio. Possiamo affermare che i cineasti all’inizio seguivano un’estetica dell’attrazione: non c’era motivo perché delle immagini disposte le une in rapporto alle altre formassero un racconto, il fumetto esisteva appena e la pittura classica non aveva una vera tradizione narrativa. Lo spettatore degli inizi del secolo non è abituato culturalmente a includere un’immagine in un flusso narrativo, al contrario le cornici fissano, rinchiudono, stabilizzano. Si arriva solo più avanti all’estetica della narrazione: la funzione del montaggio consisterà nel permettere alle immagini di “raccontare storie”. I film narrativi diventano attraenti non soltanto perché i soggetti sono esotici o le azioni spettacolari, ma anche perché la storia tiene lo spettatore col fiato sospeso dall’inizio alla fine. Si impone una “scrittura filmica” che lega immagini.

Griffith: una pragmatica del découpage

Questa capacità delle immagini di raccontare una storia ha dovuto imporsi pian piano ad un pubblico che non era abituato: Griffith si è cimentato in quest’opera più sistematicamente degli altri. Egli sente il bisogno di far sentire agli spettatori che da una scena all’altra, da un’inquadratura all’altra c’è continuità spaziale e temporale che l’azione si svolge in un’unità diegetica individuabile. Perciò attraverso effetti di montaggio e scelte precise di disposizione scenografica produce effetti di continuità e discontinuità. Il montaggio narrativo impone un’unità logica attraverso elementi frammentari, per poter creare evoluzione – indispensabile alla storia – bisogna iscrivere l’azione o i personaggi in un’unità che diventi il quadro di riferimento di questa evoluzione! Il montaggio permetterà al tempo stesso di assicurare la permanenza e di esprimere l’evoluzione.

Griffith può essere considerato una “pragmatica del découpage”! un modo di concepire la successione delle inquadrature in funzione della percezione dello spettatore. Un modo di far sentire la mobilità parallela parallelamente all’unità dello spazio percettivo, al di là della variazione grazie alla permanenza.

All’interno di uno stesso quadro lo spettatore può comprendere l’evoluzione di una storia grazie ai movimenti scenografici perché esiste un’unità di tempo e di luogo fornita dalla costanza del quadro. Ma perché la narrazione acquisti tutta la sua ampiezza bisogna poter modificare questa temporalità dello sguardo che è anche temporalità di rappresentazione: lo stacco è utilizzato nell’ottica di una costruzione temporale che oltrepassa lo svolgimento dell’azione sulla scena. Si possono cogliere queste variazioni temporali soltanto confrontandole con il permanere di altre azioni e dello stesso personaggio all’interno continuo! È così che il découpage assicura al tempo stesso continuità e discontinuità all’interno continuity.

Molti effetti di découpage segneranno la nascita di convenzioni filmiche legate al racconto! le stesse a cui si decide di campo in Lily of the Tenements Griffith le modifica continuamente per creare effetti di continuità spaziali. ad esempio se un attore esce dall’inquadratura da destra rientrerà nella stessa inquadratura da sinistra comporta una continuità di movimento, contraria a quella che sarebbe prevista. La discontinuità di movimento che si può considerare inversamente una certa discontinuità spaziale.

Ciò che vale per l’unità spaziale, vale anche per l’unità temporale: bisogna far sentire allo spettatore la simultaneità, gli scarti temporali, le relazioni cronologiche. Nel cinema l’immagine deve farsi carico dello scorrere nel tempo. Pian piano quindi i cineasti impongono un’analogia tra successione delle inquadrature e successione del mondo in azione: gli strumenti privilegiati sono i raccordi, i gesti che continuano da un’inquadratura all’altra. Quindi avanzare da un’inquadratura all’altra diventa equivalente per lo spettatore ad avanzare nello svolgimento cronologico. Ma alcuni passaggi temporali sono più complicati, quindi ad esempio la simultaneità necessitò di molti tentativi prima di riuscire ad esprimerla! Griffith si serve di un’alternanza rapida di inquadrature che mostrano la simultaneità delle azioni, ovvero il MONTAGGIO ALTERNATO. In Europa ci vorranno alcuni anni perché questa convenzione divenga sistematica. Per attuare altri tipi di temporalità bisognerà aspettare che lo spettatore sia più consapevole: i bisogna comprendere la natura duale di quest’operazione del découpage che lega e rompe, crea continuità per poter esprimere tutte le variazioni.

I raccordi

Sono situati nel “punto di montaggio” e sono un mezzo per giocare sulla continuità delle inquadrature. “Raccordare” = far in modo che lo stacco non sia sentito come rottura definitiva e radicale, ma come occasione di cucitura che assembla pezzi diversi con discrezione. In questo gioco continuità/discontinuità, i raccordi sono lo strumento principale della continuità. È normale quindi ritrovarli nel periodo di maturità del cinema classico e vederli scomparire o trasformarsi nel cinema moderno. I raccordi si basano su una doppia continuità:

  • Continuità dell’azione: suggerita da un’insieme di corrispondenze che da un’inquadratura all’altra assicura l’unità della diegesi.
  • Continuità dello sguardo: assicura la continuità del racconto piuttosto che dell’azione contribuyendo alla comprensione di quest’ultima.

TIPI DI RACCORDO:

  • Entrate e uscite di campo: non si fondano su una logica spaziale della rappresentazione ma su una logica di movimento sullo schermo: possiamo chiamarla “logica grafica”.
  • Raccordi sul movimento: si cambia l’angolazione di ripresa per riprendere un’azione che viene interrotta e poi ripresa nell’altra inquadratura con angolazione differente. Le suture operate dai raccordi impongono con tale forza il sentimento di continuità che la linearità temporale diventa l’ossatura della drammaturgia. Il tempo qui non potrà articolarsi in altro modo che attraverso una continuità lineare. I raccordi impongono un ordine.
  • Campi-controcampi: anch’essi finalizzati a una logica narrativa, espongono un nesso, una relazione tra i diversi elementi della diegesi. Creano l’evento, lo annotano. Non è più nella durata che il raccordo costruisce la storia ma nell’annotazione degli istanti. Il raccordo racconta forse più di qualunque altro segno visivo. Benché non mostri nulla, stabilisce dei nessi che appartengono alla sfera della narrazione.

Racconto “trasparente” e necessità della continuità ricondotta alla diegesi sono qualità del découpage/montaggio. Nel creare l’idea di continuità, i raccordi visivi trovano nella colonna sonora un alleato altrettanto efficace.

I raccordi sonori

Il suono si è ben presto imposto come principio di sutura. Quando il suono si è ben presto imposto come principio di sutura. Qui film non erano ancora sonori, era un oratore che assicurava il legame tra le azioni mostrato. Sarà poi il montaggio a sostituirlo, permettendo ai suoni e alle immagini di associare gli effetti di continuità e discontinuità. La funzione degli accordi sonori è di assicurare una continuità musicale/dialogata laddove le inquadrature si succedono per stacco. Quando uno stacco visivo coincide con uno stacco sonoro è un effetto voluto di rottura. Colonna sonora e colonna video sono strutture che scivolano l’una sull’altra organizzate ciascuna di per sé e reciprocamente: l’unità del film non dipende solo dalla loro complementarietà nell’inquadratura, ma anche dall’unità di tutti questi insiemi, visivo e sonoro.

Su cui poggia la leggibilità del racconto e la sua coerenza drammatica.

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
16 pagine
1 download
SSD Scienze matematiche e informatiche INF/01 Informatica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher oblivious di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Laboratorio di montaggio digitale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Cassani Diego.