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Dottrina delle categorie del significato in Duns Scoto.

Heidegger inizierà quindi a studiare fino al 1956, con poche pause, all'università e proprio le sue lezioni sono una

chiave di lettura indispensabile per capire la genesi di Essere e Tempo. Tre temi, tra tutti, sono i più importanti:

confronto con il neokantismo e con la fenomenologia di Husserl, proprio per la trasformazione della

1. fenomenologia stessa.

Un'attenzione verso alcuni aspetti della dottrina cristiana in vista dell'elaborazione di una “filosofia

2. ermeneutica”.

Una ritrattazione e una riproposizione della questione sull'essere in una prospettiva che mira a cogliere

3. l'essere nella sua più intrinseca temporalità, partendo dall'ente privilegiato: noi.

1 Modo di pensare

2 Vie- non opere.

Parte 1

Heidegger non si occupò sin da giovane del tema dell'essere, quindi dell'ontologia, ma prima si dedicò ad un

approfondimento del neokantismo con la sua ripresa della filosofia trascendentale di Kant, che gli servirà per

fondare le scienze umane e quello delle spirito. In parallelo a questa rivisitazione, anche la fenomenologia di

Hurrsel viene rivista, andando a formare degli originali sviluppi sia per la logica formale che per la fenomenologia

stessa.

Uno degli elementi in comune di queste rivisitazioni è dato dalla netta opposizione al così detto “psicologismo” che

sosteneva che le leggi logiche erano tali perchè sovrapponibile al modo di pensare della psiche umana. 3

Contrapponendosi a tale idea, Rickert elabora una logica come una filosofia dei valori, base di tutte le filosofie

positive; Husserl, andando contro al psicologismo, fonda una dottrina dell'intenzionalità, in grado di cogliere

quelle evidenze primarie e quelle leggi pure, del tutto irriducibili alle modalità psicologiche del loro atteggiamento,

che sono alla base di ogni pensare.

Parte 2

Un giovane Heidegger parte dalla logica pura di Husserl per fondare il suo opposto, la logica impura che partendo

dalla vita intende cogliere nella vita stessa, la vita. Scegliendo come tema della ricerca qualcosa che è, per essa, ne

proprio orizzonte pre­teoretico, viene meno quella distinzione soggetto/oggetto che era poi alla base della

tradizione neokantiana.

Per cui, da questa premessa, pare chiaro come la vita, in quanto orizzonte pre­teoretico, non richiede uno sviluppo

di una scienza originaria, ma di una scienza dell'origine.

Per Heidegger la fenomenologia non è scienza concepita per cogliere che cos'è qualcosa né la soggettività

trascendentale dell'io pure. La fenomenologia è invece chiamata a rispondere a come si articola la vita in e per se

stessa nel suo essere fatto. A sintetizzare la fenomenologia studia il come qualcosa è, ossia un metodo che andrà a

dividersi poi in pars construens e pars destruens che distruggeranno le vecchie tradizioni e costruirà la nuova

logica.

Parte 3

Essendo l'interpretazione delle dottrine rilevate un mito, una chimera, il compito di elaborare una logica

ermeneutica s'impone alla fenomenologia di Heidegger. Ed è proprio la sua vita, segnata da studi di testi filosofici e

teologici che lo porta a rifiutare i dogmi del cristianesimo, cogliendo nella filosofia che non accoglie nulla

preliminarmente, ma che si pone come atea.

Da un lato la dottrina cristiana è utile per rintracciare nell'auto­comprensione alcuni aspetti che aiutano a

caratterizzare l'esserci dell'uomo.

Il confronto con il cristianesimo è fondamentale per due motivi: da un lato si rintracciano nell'auto­comprensione

in atto della vita cristiana alcuni caratteri e atteggiamenti che aiutano a cogliere l'esserci dell'uomo; dall'altro si

notano ulteriori modalità per attingere il significato autentico della vita vita cristiana e da qui impostare su basi

diverse una ricerca fenomenologica sulla religione.

Sul problema dell'essere

Heidegger si pone il problema dell'essere non tanto seguendo il solco della metafisica e ontologia classica, ma

cogliendolo in quella manifestazione di quell'essere “che è sempre mio”, poiché io sono quell'essere che può ben dire

3 Es: metodo di non contraddizione: non è possibile pensare nello stesso momento a qualcosa che è e non è.

“sono”. Tale concezione non deve far pensare che il filosofo rigetti ogni tesi classica: attingerà all'idea aristoteliche

laddove esse potessero aiutare ad approfondire temi dell'essere uomo nella sua vita umana e nell'esserci.

La domanda chi sono io equivale alla riproposizione del senso dell'essere all'interno dell'esser­ci, quindi se si vuole

riproporre il problema del senso dell'esser­ci bisogna partire innanzitutto da quel luogo, quel “ci”, da cui questo

problema ha origine. Il quale, dal momento che è, si pone il problema del senso, del proprio essere.

Si può partire dal proprio essere in particolare per poi arrivare a spiegare il senso dell'essere in generale.

L'analitica formale di Heidegger non si limita ad indagare la comprensione degli enti e della condizione di

possibilità che la guida (apertura che si riflette nella stessa struttura dell'opera), quindi l'essere in tre forme:

come condizione del rapporto con ciò che è portata di mano

– come condizione della pensabilità di ciò che si presenta come un oggetto semplicemente dato, di ciò che è

sotto mano

come vita degli essere viventi

– come esistenza peculiare dell'esserci

ma anche quella struttura triangolare che vede l'essere manifestarsi in uno dei suoi tre modi. Per cui tale modello è

chiaro che si articolerà, complicandosi, ad ogni passaggio.

Il tempo è da pensarsi nella sua istantaneità, e aiuta il filosofo nella sua comprensione dell'esserci. Infatti, l'essere è

propriamente temporale, il che vuol dire che esso risulta caratterizzato da un'intrinseca dinamicità.

Il divenire dell'essere

Interpretando l' “essere mondo” come formato da un verbo e un sostantivo e ricordando quanto detto da Heidegger

nel paragrafo VII “Hoher als die Wirklichkeit steht die Moglichkeit” , è chiaro come si debba intendere in divenire

4

in funzione con il tempo l'esserci, rovesciando così la tesi aristotelica che voleva l'essere in stasi e quindi immobile.

Questo divenire, quindi, è alla base delle possibilità di essere dell'esserci, lasciando aperta, di nuovo, ogni via.

L'ontologia di Essere e tempo

Da tenere subito a mente è che il chiesto è l'essere, ed è l'esserci l'essere da cui partire perchè esso ha un primato

ontico rispetto agli altri esseri.

La comprensione dell'essere è un dato di fatto e per quanto evanescente è un'interazione positiva.

Dio non può fare filosofia perché sta lì, l'unico ente che può è l'uomo perché si interroga su se stesso e sul senso

della propria esistenza: questo atteggiamento riflessivo caratterizza l'uomo sempre, non solo è proprio di chi fa

filosofia, ma è anche dell'uomo comune, poiché è uomo in quanto tale. Ogni uomo ha una comprensione media e

vaga dell'essere. Ma interrogarsi sull'essere partendo da tale vaghezza non corrisponde ad un circolo vizioso perchè

la deduzione non avviene in maniera sicura, ma che deve essere chiarito in maniera ermeneutica, quindi con

un'attenta analisi.

Tale comprensione non potrà mai essere esplicita ed esaustiva, qualora lo fosse infatti si chiuderebbe il bisogno di

domandare. Fin tanto che l'uomo è, si chiederà sempre qual è il senso del proprio essere.

L'essere è da interrogarsi nella possibilità che ogni giorno ci è sotto gli occhi, ossia l'essere in relazione con il mondo:

e quindi nella sua condizione di “innanzi tutto e per lo più”, quindi nella sua quotidianità media, prendendo però

le dovute distanze da esso, in modo che le strutture ontologiche ci appaiano chiare.

4 Più in alto della realtà sta la possibilità

Per questo motivo l'indagine sull'esserci ci dà un ritratto a pezzi e nella sua specifica temporalità, così come veniva

dichiarato in Essere e Tempo.

Ci sono due tipi di temporalità: la prima, Temporalitat, esprime il carattere dinamico dell'essere assolutamente

inteso e che dunque ne consente la comprensione; il secondo, Zeitlichkeit, indica il modo in cui il modo in cui

l'esistenza dell'esserci si struttura e può essere interpretata.

La Storia è da intendersi come il modo concreto dell'essere, perchè per Heidegger l'esserci propriamente non è,

accade.

La fenomenologia

Il metodo migliore per studiare l'esserci è la fenomenologia: deriva dal greco fenomeno e logos ( μ femì e

ί

5 φη

). Tutto ciò che appare è qualcosa che è, l'oggetto della fenomenologia è l'essere. Tra tutti i fenomeni c'è un

λογος

modo di presentarsi dell'essere che ha un primato, una sua maggiore importanza, e questo fenomeno in cui l'essere

appare al meglio, è l'uomo.

Quando io vedo qualcosa (l'albero), ma insieme a me altra gente lo vede: ognuno dà il suo significato; l'albero in

quanto tale non ha senso: risposta che è un presupposto della coscienza del mondo, senza i significati l'albero o

l'oggetto non ha un senso. La filosofia è alla base di tutto, l'esperienza della coscienza.

Per indagarlo a fondo ci vuole un'impostazione ermeneutica perché l'indagine sull'essere dell'esserci avviene

dall'interno, quindi da un altro esserci seguendo questo ente nel suo sviluppo, lungo la sua vita, ma cosa fa l'essere

nella sua vita? È determinata dal proprio essere. ( diventa ciò che sei).

L'analisi dell'esistenza dell'esserci

L'interpretazione dell'esserci ha delle priorità gerarchiche:

individuare in maniera preliminare le linee portanti dell'analitica esistenziale e delimitarla rispetto ad

– altre, possibili indagini sull'esserci.

Evidenziare l'essere nel mondo

– articolare l'esserci nel mondo in momenti costitutivi, ossia, interpretare il mondo nella sua mondanità:

– analizzare l'essere del mondo in quanto essere con e in quanto essere con se stesso

1. approfondire la struttura dell'essere come tale

2. indicare, dopo il punto due, in termini provvisori in cosa consista l'esser

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/01 Filosofia teoretica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gbanak di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ermeneutica filosofica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Camera Francesco.