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9.4.2 NARRAZIONI: IL BOSCO E LA RAPPRESENTAZIONE DEL TERRITORIO
A partire dal XX secolo si è iniziata a sviluppare una visione dei boschi legata soprattutto all'abbandono, nata con i primi Parchi nazionali in Nord America e in Australia e con l'affermazione di una retorica della wilderness. Si tende quindi a presentare come condizione ideale la completa estromissione dell'uomo dagli ecosistemi naturali, quando in realtà questi sono sistemi ibridi strettamente dipendenti dall'azione umana.
La Riserva integrale di Sasso Fratino è uno dei boschi italiani meglio conservati ed è riconosciuto dall'UNESCO come Patrimonio dell'Umanità. Si può considerare come una foresta vetusta infatti rispetto le aree circostanti lo sfruttamento dell'uomo è stato nettamente minore. Le elevate pendenze e la difficile accessibilità hanno preservato questo sito che oggi si presenta con un aspetto molto simile a quello di
una foresta vergine, fino al riconoscimento nel 1959 di prima riserva integrale d'Italia. In questo caso, l'idea della Riserva integrale, non è volta a nascondere un passato di sfruttamento, ma permette di prendere atto dei valori ecologici che possiedono determinate zone in virtù di uno sfruttamento antropico più debole, ed è quindi importante la protezione normativa per preservarne i valori a scopo scientifico. L'istituzione di una riserva integrale è un progetto territoriale in cui l'uomo si impegna volontariamente a non intervenire e permette di raccogliere informazioni utili per sviluppare strategie di gestione in altri ambienti più deboli dal punto di vista ecosistemico. La presenza nell'area di una consistente popolazione di lupi non è frutto di una visione romantica della wilderness, ma dipende proprio dai confini esclusivi della Riserva. Questo è un esempio di come sfruttare efficacemente
l’azione umana nella natura nell’Antropocene, sviluppando progetti territoriali che, grazie all’aumento delle conoscenze scientifiche, favoriscono gli interessi sia delle comunità antropiche che della natura. La Riserva della Biosfera Transfrontaliera UNESCO Gerês/Xurès che comprende il Parco nazionale Peneda-Gerês (Nord de Portogallo) e il Parco naturale Baixa Limia-Serra do Xurès (Sud della Galizia) è un esempio di come i valori naturalistici di boschi e foreste possano essere usati per promuovere progetti politici e territoriali e di come sia importante ricordare la forma ibrida dei fenomeni terrestri legati all’Antropocene. Il Parco nazionale Peneda-Gerês, avviato nel XX secolo, ha portato alla costruzione di un paesaggio tipicamente alpino, identificato in seguito come la montagna portoghese per eccellenza, diventato elemento simbolico identitario. Attraverso un imponente lavoro culturale durante la dittatura di Salazar siè portato avanti un processo di identificazione nazionale. Il Parconaturale Baixa Limia-Serra do Xurés, in continuità con il Parco nazionale, ma separato dal confine nazionale, è natonegli anni Novanta per volontà del governo autonomo gallego, che aspirava ad affermare la propria autorità,simbolica e istituzionale con un’area protetta che replicasse quella portoghese. La Riserva della BiosferaTransfrontaliera UNESCO Gerês/Xures è stata istituita nel 2009 e dovrebbe in teoria sfruttare i valori naturalisticiper promuovere un principio di unità tra i popoli al di là dei confini statali. In realtà il confine è rimasto una lineadi demarcazione molto forte, infatti l’assenza di fondi dedicati alla gestione transfrontaliera rendono inattuabili iprogetti per una concreta coesione territoriale.
9.5 ConclusioniDallo studio dell’Antropocene capiamo che l’atteggiamento predatorio
La questione dell'uomo e la sua capacità di generare squilibri negli ecosistemi forestali ha raggiunto una dimensione globale, da qui la necessità di una nuova dimensione etica che consenta alternative al sistema economico e sociale attuale. Non possiamo più pensare di continuare a sfruttare le risorse del pianeta senza ritegno perché altrimenti si rischia di non averle più a disposizione nel futuro. È fondamentale capire che nell'Antropocene non possiamo più considerare la separazione tra uomo e natura come un confine netto, ma è necessaria la consapevolezza della natura ibrida degli ecosistemi da cui non possiamo più pensare di autoescluderci.
10. L'uomo sta mangiando la terra? Sistemi del cibo nell'Antropocene. Giacomo Pettenati
L'evoluzione storica dei sistemi di cibo è strettamente connessa all'impatto dell'uomo sugli equilibri planetari e quindi alla nascita dell'Antropocene. Ne sono
esempio l'enorme crescita delle terre coltivate, l'incremento dellapopolazione di animali da allevamento, la riduzione di stock ittici a causa della pesca e l'impatto dei fertilizzanti abase di azoto che alterano gli equilibri dei cicli biogeochimici.
10.1 La produzione di cibo verso e nell'Antropocene
Il giornalista Michel Pollan nel saggio Il dilemma dell'onnivoro analizza le trasformazioni delle grandi pianuredell'Iowa in seguito all'insediamento dei coloni provenienti da Est nel XIX secolo, concentrandosi sulla diffusionedell'agroindustria cerealicola negli anni Cinquanta del secolo scorso. Gli impatti ambientali della monocolturaincidono su tutte le componenti dell'ambiente e su luoghi anche molto lontani dalla produzione. La produzioneintensiva in quell'area ha prodotto una trasformazione radicale delle tre componenti della Terra: litosfera, con ladegradazione dei suoli; idrosfera, con l'aumento dei nitrati che
Conseguenze ambientali dell'agroindustria e dell'allevamento intensivo
L'agroindustria e l'allevamento intensivo hanno avuto un impatto significativo sull'ambiente, con conseguenze che si sono manifestate a livello locale e globale.
Uno degli esempi più evidenti è stato il disastro ambientale nel Golfo del Messico, che si trova a 2.000 km di distanza. La sostituzione delle specie originarie con la monocoltura di mais ha avuto effetti negativi sia sulle piante che sugli animali.
L'atmosfera ha subito conseguenze globali a causa dell'agroindustria cerealicola e dell'allevamento intensivo, che fanno uso di combustibili fossili. Questi rappresentano una delle principali fonti di gas serra.
I maggiori impatti ambientali derivanti dalla produzione di cibo agroindustriale e globalizzato includono:
- La trasformazione dello strato di sedimenti che ricopre le terre coltivabili, ridotto in estensione e spessore a causa dell'erosione e fortemente degradato e inquinato a causa dell'uso di sostanze chimiche.
- Effetti sulla qualità e quantità delle risorse idriche.
- Impatti sull'atmosfera attraverso la diffusione di agenti inquinanti ed emissione di gas serra.
- La trasformazione di molti ecosistemi naturali, con conseguente riduzione delle specie animali e vegetali.
eriduzione della biodiversità agraria. L'impatto del sistema alimentare globale sulla biosfera si manifesta anche in modifiche del DNA di specie animali e vegetali, sebbene l'utilizzo degli OGM sia ancora fortemente limitato le filiere agroindustriali globali e i mercati nordamericani sono ampiamente occupati da prodotti geneticamente modificati.
10.2 Cibo, capitalismo e Antropocene: una lettura critica
Vi sono diverse teorie sull'inizio dell'Antropocene. È stato studiato come diversi ambiti dell'azione umana (popolazione totale urbana, numero veicoli a motore, utilizzo di acqua, consumo di fertilizzanti, consumo di carta...) siano aumentati a ritmi velocissimi a partire dagli anni Cinquanta. Nel 2015 queste variabili socioeconomiche sono state messe in relazione con variabili ambientali (concentrazione atmosferica di biossido di carbonio e metano, temperatura della superficie terrestre, acidificazione degli oceani, concentrazione di nitrnelle aree costiere…) e si è mostrata una correlazione tra diffusione del sistema produttivo industriale e trasformazione antropogenica degli equilibri ambientali. A partire dal secondo dopoguerra la produzione e distribuzione di cibo hanno subito diverse trasformazioni, fino a quella che Philiph McMichael ha definito l'inizio di un nuovo "regime del cibo" in cui si ha la globalizzazione commerciale e produttiva, il rafforzamento del ruolo del capitale transizionale nell'industria e nelle filiere del settore agroalimentare e il ruolo crescente delle biotecnologie. Nella teoria dei "regimi" si sviluppa il sistema di cibo globalizzato e deterritorializzato. Viene messo in luce il ruolo dell'economia capitalistica in questo sistema cibo, che è caratterizzato da geografie diseguali: vi sono regioni caratterizzate da queste dinamiche di produzione intensiva, altre invece che hanno sistemi produttivi di piccola scala, in alcuni casi.sulla stessa territorio possono coesistere entrambe le pratiche. Non tutti i sistemi sociali e i modelli economici impattano sull'ambiente nello stesso modo, ma è il capitalismo ad avere un ruolo centrale (da qui la definizione di Jason Moore di Capitalocene). Le logiche delle economie capitalistiche sono caratterizzate dalla concentrazione del potere nelle mani di pochi attori economici, da catene del valore lunghe, da una netta separazione tra produttori e consumatori e da un approccio predatorio nei confronti delle risorse ambientali. L'economia di piantagione si pone su queste basi (Donna Haraway Plantationocene). Le ricadute ambientali dell'attività umana sono globali, ma le pressioni e i benefici di questi sistemi non sono distribuiti in modo omogeneo sulla Terra. 10.3 Conclusione. Come si mangia nell'Antropocene? Si stima che la popolazione globale raggiungerà i 10 miliardi nel 2050, senza un cambiamento radicale dei sistemi cibo su scala.
globale la Terra andrà oltre i limiti della sostenibilità in modo irreversibile e pericoloso. La EAT (LancetCommision on Food, Planet, Health) ha pubblicato nel 2019 il rapporto Food in the Anthropocene: The EAT-LancetCommision on Healthy Diets from Sustainable Food system in cui propone nuove strategie per garantire diete salutari e sistemi del cibo sostenibili a tutti gli abitanti della Terra nel 2050, fondate sul cambiamento delle diete individuali e sulla transizione dei sistemi produttivi verso una maggiore sostenibilità ambientale basata su criteri scientifici. Il tema dell'accesso al cibo da parte di tutti è parte delle politiche internazionali e del dibattito scientifico, con lo sviluppo di concetti come sicurezza alimentare e diritto al cibo attraverso politiche che hanno solo riprodotto il sistema produttivo insostenibile che è alla base delle diseguaglianze globali. Sono molte le proposte per praticare sistemi produttivi alternativi.
fondati sulla sovranità alimentare, sulla de-mercificazione del cibo, sul cibo come bene comune e su economie del cibo sviluppate al di fuori del dominante capitalismo neoliberale. 11. PERCHÉ UN MUSEO DELLE TECNOLOGIE DELL'ANTROPOCENE? Frank Raes 11.1 Perché un museo? Il Museo dell'Antropocene è un luogo dedicato alla conservazione, alla ricerca e alla divulgazione delle tecnologie e delle conoscenze sviluppate dall'umanità durante l'era dell'Antropocene. Un museo è un luogo in cui le persone possono esplorare, imparare e riflettere sulle realizzazioni umane passate e presenti. Inoltre, un museo può fungere da catalizzatore per la discussione e l'azione sulle sfide e le opportunità che l'umanità affronta nell'Antropocene. 11.2 Perché le tecnologie dell'Antropocene? Le tecnologie dell'Antropocene sono quelle che sono state sviluppate dall'umanità per adattarsi e influenzare l'ambiente naturale in cui viviamo. Queste tecnologie includono, ad esempio, l'agricoltura industriale, l'energia fossile, la produzione di plastica e molto altro. Le tecnologie dell'Antropocene hanno avuto un impatto significativo sull'ambiente e sulla società, e il Museo dell'Antropocene mira a esplorare e comprendere questo impatto. 11.3 Perché le tecnologie dell'Antropocene sono importanti? Le tecnologie dell'Antropocene sono importanti perché hanno contribuito a plasmare il nostro mondo e hanno avuto un impatto significativo sull'ambiente e sulla società. Comprendere queste tecnologie e il loro impatto ci aiuta a riflettere sulle scelte che abbiamo fatto come specie e a considerare come possiamo affrontare le sfide future. Inoltre, le tecnologie dell'Antropocene possono offrire spunti e soluzioni per affrontare le sfide ambientali e sociali che stiamo affrontando oggi. 11.4 Perché un museo delle tecnologie dell'Antropocene? Un museo delle tecnologie dell'Antropocene è un luogo in cui le persone possono esplorare, imparare e riflettere sulle tecnologie che hanno plasmato il nostro mondo. Questo museo offre un'opportunità per comprendere meglio le scelte che abbiamo fatto come specie e per immaginare nuove possibilità per il futuro. Inoltre, un museo delle tecnologie dell'Antropocene può fungere da piattaforma per la discussione e l'azione sulle sfide e le opportunità che l'umanità affronta nell'era dell'Antropocene.