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CAPPELLA BRANCACCI

Le meditazioni di Masaccio sulla ritrovata dignità dell’uomo, ebbero la loro più piena espressione entro i

riquadri delle Storie di S.Pietro, affrescate a Firenze in una cappella del Carmine su commissione di

Felice Brancacci, uomo politico e mercante fiorentino.

E’ tutt’ora dibattuta la sequenza interna degli affreschi del ciclo, databili comunque tra 1425­1427.

Gli affreschi che ornano la Cappella raffigurano storie bibliche e di S.Pietro.

Si alternano scene di formato orizzontale con riquadri più piccoli, di taglio verticale.

Il filo conduttore dell’intera decorazione è la storia della salvezza dell’umanità a partire dalla tragedia del

Peccato originale, ottenuta grazie a Cristo e all’azione della chiesa, simboleggiata dal suo fondatore, S.

Pietro.

I lavori durarono circa 4 anni e rimasero incompiuti, forse per la partenza nel 1428 di entrambi i pittori per

Roma, dove Masaccio poi morì.

Per 50 anni nessuno fu chiamato a completarli poi tra 1481 e 1483 fu incaricato Filippo Lippi.

Le parti eseguite dai Masaccio e quelle di Masolino sono ben distinguibili:

● Masolino rimane elegantemente tardo­gotico

● Masaccio esprime come nessun pittore aveva mai fatto prima, un profondo e commosso realismo,

un accostamento senza precedenti all’essenza + vera dell’uomo, con le sue grandezze e le sue

miserie, le sue passioni e le sue tragedie.

LA CACCIATA DEI PROGENITORI DAL PARADISO TERRESTRE (1424­1425)

L'affresco della si trova a sinistra in un riquadro alto e stretto sullo spessore

cacciata

dell'arcone che delimita la cappella, in posizione speculare rispetto a un soggetto simile

dipinto da Masolino, Il Peccato originale.

​ ​

​ ​

Le due scene della aprivano il ciclo pittorico delle e

Genesi Storia di san Pietro

simboleggiavano la dannazione dell'umanità tramite l'errore dei progenitori.

Adamo ed Eva sono raffigurati nudi, con uno straordinario realismo. In questo caso si

intuisce come anche i difetti, per altro minori (come la caviglia di Adamo un po' tozza), non

siano dovuti a imperizia, ma a una ricerca di maggiore espressività. I due protagonisti sono rappresentati

in espressioni di toccante dolore e condividono la loro colpa senza accusarsi a vicenda.

Il gesto imperioso dell’angelo avvia la coppia verso un mondo crudele e inospitale;

Adamo piangente porta le mani agli occhi, Eva, altrettanto disperata, cerca di coprire le nudità divenute

impudiche.

Prende corpo una compiuta celebrazione della grandezza umana: celebrazione che non era disgiunta, anzi

traeva forza, dall’eroica consapevolezza della fragilità umana.

PECCATO ORIGINALE ­ MASOLINO (1424­1426)

L'affresco mostra Adamo accanto ad Eva in piedi, che si guardano con

misurati gesti mentre lei sta per addentare il frutto proibito, che il

serpente le ha appena offerto dall'albero dove essa appoggia il braccio. Il

serpente​

è avvolto sull'albero e si sporge in alto per sincerarsi che la

donna addenti il frutto. Esso ha una testina dotata di una folta

capigliatura bionda, molto idealizzata.

RISURREZIONE DI TABITA E RISANAMENTO DELLO STORPIO ­ COLLABORAZIONE

(1424­1425) ​

La guarigione di un paralitico​

e la resurrezione della

cristiana Tabita​

sono due miracoli di san Pietro che,

secondo gli Atti degli apostoli​

, avvennero

​ ​

rispettivamente a Lidda​

e a Giaffa​

. Nell'affresco però

le due scene vengono unificate nel medesimo spazio.

A sinistra si vedono san Pietro e san Giovanni che

miracolano uno storpio davanti a una loggia in

prospettiva. A destra invece, sul limitare di una casa,

è raffigurato san Pietro che fa un miracolo di

resurrezione.

Il centro della scena è occupato da una visione della Firenze dell'epoca con una piazza in prospettiva

(​

piazza della Signoria​

?), dove si affacciano case merlate con le pertiche appese tra le finestre e, in primo

piano, passano due borghesi riccamente abbigliati, che passeggiano incuranti di quanto avviene intorno.

Qui, Masolino, cercò di impostare una scena prospettica secondo i dettami di Masaccio.

Ma non bastava far convergere linee di fuga verso punti unificati per costruire un quadro rinascimentale,

in quanto, privo di unità strutturale, l’affresco di Masolino si scindeva in episodi distaccati, resi per di più

quasi surreali dall’intrusione di due fiorentini contemporanei che passano in diagonale discutendo degli

affari loro.

A ben vedere l’immagine sta in piedi soltanto perche Masaccio la completò, nel fondo, con il mirabile

ritratto di una piazza cittadina investita dal sole e percorsa dai fiorentini a passeggio.

IL TRIBUTO (1427) La scena si apre, grandiosa e unitaria, come se

fosse vista attraverso un portico, come è

indicato dalle due colonne alle estremità del

dipinto. Ma si compone di tre episodi tratti dal

Vangelo di Matteo: ­ al centro il gabelliere

chiede il tributo agli apostoli e Cristo ordina a

Pietro di andare a prendere la moneta nella

bocca di un pesce;

­ a destra il momento in cui Pietro, pescato il pesce nel lago, ne estrae la moneta;

­ a sinistra Pietro paga il tributo al gabelliere.

Quindi San Pietro appare addirittura 3 volte e il gabelliere 2, ma al centro della composizione, dove

Masolino aveva posto i due giovanotti fiorentini, Masaccio dispone invece il perno gravitazionale della

figura di Cristo, coronato da un gruppo di figure in cerchio.

I gesti, gravi e retorici, si riecheggiano vicendevolmente: Pietro amplifica il comando di Cristo alzando il

braccio verso sinistra, il gabelliere indica dalla parte opposta stabilendo una seconda diagonale, ripresa nel

braccio teso di Pietro che, a destra, paga la moneta.

L’aperto paesaggio montano, legandosi al ritmo delle figure, serra il gruppo alle spalle, mentre le

ortogonali scorciate dell’edificio sulla destra si prolungano e si riunificano nella testa di Cristo, centro

semantico e prospettico della scena.

DONATELLO (1386­1466)

Umili origini e di non grande cultura letteraria, ma animato da vivace curiosità e dotato di un eccezionale

talento, e di una grande abilità tecnica sia in scultura in marmo sia nella bronzistica.

E’ senza dubbio il più grande scultore del 400.

Giovanissimo, accompagna a Roma Brunelleschi (1402­04), ricevendo una serie di concreti insegnamenti

riguardanti per esempio la prospettiva.

Rimane inoltre affascinato dalla grande scultura romana: con Donatello, infatti, finisce la stagione della

cultura gotica e comincia quella umanistica.

Svolse il suo apprendistato come scultore nell’ambito delle maestranze attive, a Firenze, alle dipendenze

dell’Opera del Duomo; fu a fianco di Ghiberti (1404­07) dal quale apprese i segreti della fusione del

bronzo e la passione per la scultura a rilievo.

Eccezionale realismo nelle fisionomie dei volti, capace di un’intensa espressività, a volte drammatica,

teatrale o solenne. Grande studio dell’anatomia umana.

DAVID (1408)

Il David fu eseguito per Santa Maria del Fiore, ma già nel 1416 fu trasportato a

Palazzo Vecchio come emblema della “virtus” civica fiorentina.

Il David è a grandezza naturale e raffigurato come vittorioso, subito dopo la sconfitta del gigante Golia la

cui testa, con la pietra ancora conficcata al centro della fronte, si trova ai suoi piedi, e con la fionda

appoggiata sulla chioma.

Ma è ancora legato a sistemi gotici:

­ il volto gentile ma inespressivo dell’eroe biblico, incorniciato da boccoli stilizzati e stretti da una

corona di amaranto

­ proporzioni allungate sono fissate in una posa elegante

Ciò sta a indicare che Donatello seguiva ancora un canone di bellezza cortese.

A ogni modo non mancano i segni di una volontà nuova: la posa di contrapposto, con l’appoggio su una

sola gamba a cui corrisponde un’opposta torsione del busto, implica una particolare attenzione al gioco dei

pesi e ai movimenti fisici del corpo umani e le mani, realisticamente atteggiate, indicano un attento studio

dal vivo.

Un particolare iconografico importante è la corona d’amaranto, ed è la spia di idee già di stampo

umanistico, visto che essa compare nelle opere classiche come un emblema profano della fama degli eroi.

SAN GIOVANNI EVANGELISTA (1409­1411)

Se il David colpisce per la nobile gentilezza, il San Giovanni Evangelista

incute una sensazione di forza trattenuta.

Il santo è rappresentato seduto, con il tipico attributo del libro tenuto in piedi

su una gamba dalla mano sinistra.

Il volto è basato ancora su un principio gotico di idealizzazione e le spalle e il

busto si conformano come l’astratto volume geometrico di una calotta

semicircolare.

Ma nella parte inferiore la stilizzazione scompare e i panneggi si avvolgono

attorno alle gambe con un andamento molto fluido, naturale, che non

nasconde bensì esalta le membra sottostanti.

Il panneggio crea forti effetti di chiaroscuro​

, con ampie pieghe, soprattutto

nella parte inferiore.

La testa, barbuta e con una folta capigliatura ricciuta, scatta verso destra con

uno sguardo fisso e intenso, creando un senso di energia trattenuta tipico delle

migliori opere di Donatello.

Le folte sopracciglia sono lievemente aggrottate e l'espressione contratta e concentrata è sottolineata anche

dalla profonda ruga orizzontale sulla fronte e dalla bocca serrata, in uno schema forse ispirato da una testa

di Giove Capitolino​

.

SAN GIORGIO (1417­1420)

Nelle opere di Donatello circola una linfa nuova, che non riesce ancora a trovare espressione

coerente.

Con San Giorgio, destinato a una nicchia esterna di Orsanmichele la tradizione gotica, seppur

non ancora del tutto abbandonata, cede il passo a principi informatori diversi.

San giorgio era un santo­guerriero, scelto come patrono dell'Arte dei Corazzai e Spadai, cioè dai

fabbricanti di armi.

La scelta iconografica dipese quindi dal desiderio dei committenti, gli armaioli fiorentini, di

ammirare, nel tabernacolo da essi finanziato, la figura di un santo­guerriere, in modo che le sue

armi e le sua corazza fossero in bella vista.

La figura è apparentemente fissata in una posa statica, ma la torsione del busto rispetto alle gambe e lo

sguardo intento del suo volto sono il segno di una profonda tensione psicologica.

C’è accordo tra movimenti e sentimento.

Inoltre la torsione del busto, se da una parte dà vita alla figura, dall’altra serve anche a dare visivamente il

senso della profondità della nicchia, ad accordare la statua allo spazio reale e autonomo che la contiene.

Essa non è più un accessorio murario, non fa c

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Publisher
A.A. 2014-2015
43 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alicegiani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di storia dell'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Ambrosini Alberto.