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Rimane tutt’ora molto valida l’impostazione proposta alcuni anni fa da John Hartley

che ha suggerito di riferirsi allo spettatore televisivo come a un constructed viewer:

“gli spettatori della televisione certamente esistono. In ogni caso essi sono anche una

fantasia frutto di svariate immaginazioni. Ci sono degli spettatori e ci sono degli

spettatori costruiti,questi ultimi sono una fantasia dell’influente immaginazione di

diverse istituzioni impersonali.” Bisogna capire quali sono queste istituzioni

impersonali citate da Hartley che costituiscono e fanno circolare le immagini del

pubblico televisivo,con quali finalità e con quali risultati esse operano. Bisognerebbe

poi interrogarsi su questa storicità e sulle trasformazioni di queste immagini

dell’audience. Per quanto riguarda il primo punto sono tre le istituzioni interessate a

elaborare un’immagine del pubblico:

1. Istituzioni mediali che operano intendendo il pubblico come un mercato da

raggiungere,fidelizzare e conquistare. Ciò che conta in questa prima idea del

pubblico sono i numeri,la quantità e i “dati ascolto”.

Istituzioni pubbliche responsabili di presiedere alle politiche di regolamentazione

2. del mezzo televisivo. Questa regolamentazione avviene anche sulla base di

un’immagine del pubblico diversa da quella costruita dalle istituzioni mediali

commerciali. Nei paesi democratici è il pubblico è inteso come l’insieme dei

cittadini nel nome dei quali ci si preoccupa di stabilire norme che definiscano cosa

non sia lecito trasmettere in televisione. Le finalità degli orfani di governo del

settore radiotelevisivo sono perciò legate a una nozione di bene pubblico.

Istituzioni di ricerca tesa a comprendere attraverso diverse metodologie le

3. dinamiche del pubblico,gli effetti su di esso del medium e dei media in generale,il

loro legame con i significati diffusi nella società e nella cultura.

Si è sottolineata la dimensione di massa per mettere in luce

l’anonimato,l’impersonalità,la dispersione spaziale e la scarsa differenziazione. Si è poi

coniata la nozione del pubblico come insieme di gruppi sociali,non più massificato di

individui a una dimensione,ma variegata intersezione di persone differenti per

caratteristiche psicologiche e variabili sociologiche.

A partire dagli anni 80, si è costruito un settore di studi interdisciplinare variamente

definito come Audience Studies o Audience Research o Reception Analysis. Questo

terzo insieme ha tentato di definire un’immagine di quello che Hartley chiama

spettatore empirico o spettatore implicito.

Mercato,cittadini,spettatori: tre quadri concettuali differenti che hanno caratterizzato

altrettanti approcci al problema dell’audience. Ma ciò che a noi interessa è cercare di

capire in che modo queste immagini vengono a trasformarsi in relazione alla

transizione delle tecnologie mediali. Nell’ultimo decennio sono state,in particolare, le

istituzioni mediali e quelle di ricerca a provare a riadattare le proprie immagini del

pubblico,rispondendo così alle sfide poste alla generale transizione del sistema dei

media. Sono così emerse nuove problematiche e nuovi sguardi destinati a tracciare

tendenze dell’audience contemporanea. Da un lato,sul versante delle istituzioni

mediali e della ricerca amministrativa troviamo l’audience misurata che però ha

dovuto fare i conti con i fenomeni di trasformazione e moltiplicazione delle piattaforme

d’accesso e dell’abbondanza dei contenuti. Dall’altro latro troviamo,sul versante della

ricerca accademica,l’audience indagata.

L’audience misurata —> nel corso di un decennio il quadro complessivo appare

estremante mutato: l’offerta complessiva di canali passa da un ristretto novero di reti

generaliste nazionali a oltre 170 reti nazionali,distribuite su diverse piattaforme. Se

nel 2001 i canali generalisti nazionali rappresentano oltre il 93% dei consumi

televisivi,dieci anni più tardi questa quota scende al 78,6%. Nello stesso periodo la

quota d’ascolto delle altre reti dale dal 6,6% al 21,4%. Il fenomeno della

frammentazione dell’ascolto è strettamente correlato con il processo di diffusione e

domesticalizzazione delle piattaforme digitali e con lo strutturarsi di un’offerta

abbondante e articolata. Il 2010 rappresenta un decisivo anno di passaggio con la

conclusione dello switch off nelle regioni più consistenti del Paese. La dinamica della

frammentazione quindi deve essere letta come un processo che conduce la televisione

a una sorta di doppia articolazione: permanenza della televisione generalista come

consensus medium,ovvero come terreno di consumo largamente maggioritario;

affiancamento alla televisione generalista di un ambiente multichannel variamente

articolato in grado di rappresentare poco meno di un terzo dei consumi televisivi

complessivi.

Il consumo satellitare in secondo luogo sembra risentire poco del processo di

digitalizzazione e switch off e pare aver raggiunto una propria stabilità anche in

termini di ascolti. A crescere in maniera sensibile sono invece i consumi di reti

multipiattaforma e di reti multichannel ovvero tutti quei canali free che costituiscono il

plus più consistente dell’offerta del digitale terrestre. Va ricordato che la

frammentazione dei consumi non coincide con un radicale ampliamento del novero

degli editori: la quota più consistente di ascolto multichannel perso dalla televisione

generalista viene riassorbito poi dai grandi broadcaster Rai,Mediaset,Sky e Telecom

Italia Media.

La frammentazione rappresenta però solo un primo aspetto della trasformazione

dell’audience misurata. Un insieme di mutazioni più profonde,relative all’esperienza

del consumo televisivo,hanno finito col porre in questione le tecniche stesse di

quantificazione e hanno costretto le istituzioni mediali a sviluppare delle adeguate

contromisure. Il processo della convergenza conduce a una trasformazione

dell’esperienza spettatoriale nei suoi assi costitutivi, il tempo e lo spazio. Sul primo

versante,quello del tempo,s’evidenzia una progressiva penetrazione di quella che è

stata definita multi-timing Tv —> l’idea di fondo è che la multi-tv si spinga verso

una costante disponibilità,mirando ad adattarsi ai tempi e all’ecologia di vita del suo

fruitore. La felessibilizzazione del tempo televisivo inoltre non passa solamente

attraverso l’introduzione di tecnologie ma anche attraverso una nuova organizzazione

dell’offerta: lo scenario multi-piattaforma rende disponibili differenti modalità di catch-

up nelle forme di reti interamente dedicate al recupero,alla replica,alla rivisione. Non

bisogna poi scordare come la rete rappresenti un’ulteriore modalità di flessibilizzazione

dei tempi di fruizione di contenuti televisivi,sia attraverso modalità e spazi ufficiali

(Rai.tv,Mediaset.tv,La7.tv) sia attraverso forme non ufficiali (Youtube,i social

network),sia grazie a specifici “aggregatori di contenuti”.

Sul secondo versante la televisione convergente non è solamente flessibile nel tempo

ma anche nello spazio. La tv multiplacing o multi-luogo mira ad assolvere alle stesse

esigenze di flessibilizzazione temporale già illustrate: un flusso mobile che affranca lo

spettatore dalla necessità di essere in casa,davanti all’apparecchio televisivo per

essere fruito. Questa generale mutazione dell’esperienza televisiva ha costruito una

sfida estremamente importante per le istituzioni mediali,perchè ha messo in dubbio la

possibilità di tracciare in maniera affidabile i consumi. La ricerca dell’audience si è

fatta ancora più disperata. E’ questa la ragione che ha condotto le istituzioni mediali a

un generale ripensamento delle tecniche di quantificazione degli ascolti. Le direzioni

intraprese sono state molteplici: da un lato la progressiva estensione delle rilevazioni

alle nuove piattaforme; dall’altro l’inclusione nelle rilevazioni delle principali forme di

consumo personalizzato.

Sul consumo time shifted (ascolto differito) possiamo avanzare una serie di

considerazioni. In primo luogo esso è un fenomeno destinato a crescere; la

disponibilità di strumenti di addomesticamento temporale del flusso televisivo si lega

all’esigenza di alcuni broadcaster (principalmente Sky) di differenziare la propria

offerta anche sul piano delle tecnologie. In secondo luogo il rapporto tra fruizione live

e fruizione time shifted rappresenta un’ulteriore articolazione di consumo televisivo: al

tradizionale flusso palinsestuale,si affianca la possibilità di renderlo personalizzato e

flessibile. In terzo luogo se l’ascolto rilevato coincideva con quello simultaneo

all’emissione e al palinsesto,ora esso viene spacchettato in nuove quattro categorie:

Live —> è il tradizionale ascolto in diretta,quello che fa coincidere tempo

1. dell’emissione con tempo di fruizione. Esso viene elaborato sul campione

probabilistico Auditel.

VOSDAL —> è il consumo quasi in diretta,ossia la visione di programmi in differita

2. rispetto all’emissione, di pochi minuti.

TSV —> si tratta del vero e proprio consumo posticipato. La possibilità di tracciare

3. il consumo time shifted è stata convenzionalmente limitata ai sette giorni

successivi all’emissione.

4. VOD —> è il consumo generato da forme di offerta push on demand: prodotti

televisivi sganciati dal flusso palinsestuale e resi disponibili per un consumo

pienamente personalizzato.

Queste nuove modalità di analizzare il consumo,trasforma il concetto di audience

misurata: se esso i riferiva esclusivamente alla pratica di visione “isocronica” ora

finisce per ricomprendere tutte le forme di flessibilizzazione del flusso televisivo.

In conclusione, l’adattamento della misurazione del consumo alle forme

dell’esperienza televisiva convergente consente di rappresentare più accuratamente la

complessa articolazioni della tv contemporanea e la relazione tra offerata/contenuti e

forme del consumo. E’ cosi possibile tracciare meglio le caratteristiche e i confini dei

diversi “territori televisivi”. Il primo territorio è costituito dalla tradizionale televisione

generalista —> essa resta la parte più consistete del medium anche dopo il periodo

di transizione e assestamento. La sua logica di fondo resta quella commerciale della

massimizzazione dell’ascolto che consente di catalizzare le risorse pubblicitarie più

consistenti. In questa prospettiva i suoi generi di riferimento sono tre:

l’intrattenimento,l’informazione e la fiction nazionale. Le pratiche di consumo tendono

ad essere rituali e co

Dettagli
A.A. 2016-2017
27 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martina.vigliotti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e tecniche del linguaggio televisivo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Cardini Daniela.