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Le serie televisive sono principalmente di origine americana. Alla sovrabbondanza di prodotti, si
accompagna una distinzione tra il premium e il basic, che si gioca sulla variabile del tempo di emissione.
Quando una serie ha buoni ascolti sulla generalista, è difficile che questa abbandoni l'esclusiva a i canali
pay. Diverso è invece il discorso per le serie di minore impatto, che prevedono un primo passaggio pay cui
segue una rapida ripresa in uno dei molteplici canali free. Anche in questo caso si genera confusione, in
assenza di un chiaro principio che distingua le serie di successo da quelle che non l'hanno avuto ed identità
di canale sufficientemente forti. A fronte di alcune scelte obbligate a causa dei diritti posseduti e dei
passaggi di licenza, è essenziale rafforzare l'immagine delle reti con scelte editoriali forti e non
contraddittorie.
Anche nel caso dei cartoni animati si attivano le dinamiche valide per film e serie televisive. La prima
visione è sempre più premium e solo in un secondo momento le serie diventano free. Il genere del cartone
animato si presta a una forte ripetizione.
Lo sport, con il cinema, è il genere pay per eccellenza. Diversamente dall'operatore satellitare, il digitale
terrestre ha trovato un equilibrio tra le proposte gratuite e quella pagamento. Il calcio è lo sport premium
per definizione: l'intera offerta sportiva di Mediaset Premium è dedicata al calcio, il resto dello sport è
materia da televisione free. L'informazione è invece vista come genere esclusivamente free.
Lo spazio per l'intrattenimento è decisamente ridotto. Le reti non hanno le risorse per produrre molti
programmi, mentre il genere non si presta particolarmente alla ripetizione. Un primo caso è il catch-up, la
possibilità di rivedere a breve distanza dalla messa in onda un programma perso sulla televisione
generalista. Una seconda possibilità è il riuso dell'archivio, sia nel caso di programmi storici, sia in quello di
quelle trasmissioni che possono reggere su un periodo più lungo.
-Un primo dato evidente e una certa mancanza di coraggio, che porta le nuove reti a scelte del tutto simili a
quelle della tv generalista, senza sfruttare le potenzialità fornite da identità ancora tutte da costruire,
strutture produttive più snelle e pubblici targettizzati. Di fronte a questa staticità nel cambiamento,
risultano evidenti alcune possibili direzioni di sviluppo: 1) una prima direzione è quella di riuscire a
valorizzare l'abbondanza dei contenuti come una risorsa, contenendone gli elementi critici e di difficoltà.
Quest'abbondanza può andare incontro alle necessità dello spettatore e diventa così importante
comunicarle in maniera chiara; una seconda direzione consiste nello sviluppo di marchi che siano in grado
di dare valore e omogeneità alla varietà dei contenuti trasmessi dalle diverse reti. Questo può valere per i
singoli prodotti che possono assumere il ruolo di marcatore di canale e per le diverse emittenti che devono
rafforzare la loro immagine.
La crossmedialità può costituire un ottimo driver per il digitale terrestre in direzione di una forte
connessione tra le varie parti della filiera televisiva e mediale e di una maggiore finalizzazione a prodotti e
reti.
3) I mille volti dell'audience
-Essere pubblico significa: simultaneità con quanto accade in un luogo lontano e contemporaneità di
un'esperienza condivisa. Secondo Bird i confini dell’audience si fanno sempre più sfumati: attraversano
contesti e spazi differenti, costituiscono temporalità sovrapposte e fra loro intersecate, rispecchiano la
natura sempre più ambientale e quotidiana dei mezzi di comunicazione. Il broadcaster hanno bisogno di
conoscere e controllare l’audience, deve farsi concreta, cioè tradursi in numeri. Sono tre le istituzioni non
solo interessate a elaborare un'immagine del pubblico, ma sufficientemente potenti da imporre queste
immagini ai discorsi condivisi.
1. Le istituzioni mediali sono istituzioni o imprese televisive che operano direttamente nel settore
producendo e distribuendo programmi televisivi, ma anche le aziende investitrici in pubblicità, le
agenzie pubblicitarie, le case di produzione e i centri media, gli istituti di ricerca. Ciò che li
accomuna è la finalità della loro costruzione del pubblico televisivo. Devono farsi un'idea delle
tipologie di persone cui si intende rivolgersi nel costruire un programma. L'obiettivo comune è
conoscere il pubblico per poterlo controllare e incanalare. Il pubblico è perciò inteso come un
mercato e ciò che conta è la quantità, i dati di ascolto, che danno un quadro esaustivo del
comportamento del pubblico.
2. Le istituzioni pubbliche sono responsabili di presiedere alle politiche di regolamentazione del mezzo
televisivo. Ci si preoccupa di stabilire norme che definiscano cosa non sia lecito trasmettere in
televisione, come garantire una corretta informazione politica o in che misura limitare la
concentrazione della proprietà televisiva per mantenere il mercato concorrenziale e un sistema
pluralistico. Le finalità degli organi di governo del settore radiotelevisivo sono perciò legate a una
nozione di bene pubblico.
3. Le istituzioni di ricerca non sono finalizzate primariamente alla misurazione e all'analisi del pubblico
per scopi commerciali, ma sono tese a comprendere le dinamiche del pubblico, gli effetti su di esso
del medium e dei media, gli usi che l’audience fa e i significati che trae dalla televisione, e il loro
legame coi significati diffusi nella società e nella cultura.
Hartley chiama spettatore empirico quello ricavato attraverso studi qualitativi o quantitativi sull’audience;
e spettatore implicito quello ipotizzato dal testo e dai meccanismi testuali.
Nell'ultimo decennio sono state le istituzioni mediali e quelle di ricerca a provare a riadattare le proprie
immagini del pubblico. Sono così emerse nuove problematiche: da un lato non è venuta meno l'attenzione
nei confronti della quantificazione del pubblico , ovvero l’audience misurata; dall'altro si sono sviluppati
nuovi quadri concettuali per rappresentare l’audience indagata.
- Audience misurata - L'offerta multicanale e mutipiattaforma conduce con sé la progressiva
frammentazione dei consumi. Nel primo decennio del 2000, in Italia si saldano diversi processi: diffusione
massiva di forme di televisione a pagamento, digitalizzazione delle piattaforme distributive, estensione
della banda larga e di forme di consumo audiovisivo on-line e mobile, frammentazione dei consumi. Nel
corso di un decennio il quadro complessivo appare estremamente mutato: l'offerta complessiva di canali
passa da un ristretto numero di reti generaliste nazionali a oltre 170 reti seguite su diverse piattaforme. Se
nel 2001 i sette canali generalisti nazionali rappresentano oltre il 93% dei consumi televisivi, dieci anni più
tardi questa quota scende al 78%. Il fenomeno della frammentazione dell'ascolto è correlato con il processo
di diffusione delle piattaforme digitali e con lo strutturarsi di un'offerta abbondante. Nelle aree all digital
(regioni in cui è avvenuto lo switch off) la televisione generalista vede erodere il proprio consumo in
maniera consistente. La frammentazione deve essere letta come un processo che conduce la televisione ha
una doppia articolazione: permanenza della televisione generalista e affiancamento a questa di un
ambiente multicanale articolato.
Il consumo satellitare nel nostro paese sembra risentire poco del processo di digitalizzazione. A crescere
sono invece i consumi di reti multipiattaforma e reti multicanale. Ma la frammentazione dei consumi non
coincide con il radicale ampliamento del numero degli editori: la quota più consistente di ascolto
multicanale perso dalla televisione generalista viene riassorbito dai grandi broadcaster, quali Rai, Mediaset,
Sky e Telecom Italia Media.
Il processo della convergenza conduce a una trasformazione dell'esperienza spettatoriale nei suoi assi
costitutivi: il tempo e lo spazio. Sul versante del tempo, si evidenzia una progressiva penetrazione della
multi-timingTv, sono molte le tecnologie che hanno reso non-lineare un medium finora lineare come la
televisione. Da un lato abbiamo l'idea del flusso congelato e spostato, ovvero una serie di tecnologie
promettono di rendere disponibile la televisione come la conosciamo; dall'altro vi è il video on demand. Sul
versante dello spazio, la televisione promette di uscire dalle mura domestiche per farsi esperienza sempre
disponibile. Una tv multi-luogo, disponibile in ogni luogo svincolata dalle rigidità orarie e che si offre
sempre connessa al flusso del broadcasting.
Questa mutazione dell'esperienza televisiva ha messo in dubbio la possibilità di tracciare in maniera
affidabile i consumi; e ciò ha condotto le istituzioni mediali a un ripensamento delle tecniche di
quantificazione degli ascolti: con la progressiva estensione delle rilevazioni alle nuove piattaforme e con
l'inclusione nelle rivelazioni delle principali forme di consumo personalizzato.
La quantificazione del consumo televisivo diventa dinamica: non più una fotografia statica di quanto viene
consumato nel momento in cui viene emesso, ma un quadro che tiene traccia della fruizione di un
contenuto nei sette giorni successivi all'emissione.
Il consumo time-shifted è un fenomeno destinato a crescere, rappresenta un’ulteriore articolazione del
consumo televisivo e riflette nuove modalità di pensare l’audience misurata. Se l'ascolto rilevato coincideva
con quello simultaneo all'emissione, ora esso viene diviso in quattro nuove categorie: 1) Live, è il
tradizionale ascolto in diretta, quello che fa coincidere il tempo dell'emissione con tempo della fruizione; 2)
VOSDAL, è il consumo quasi in diretta, ossia la visione di programmi in differita rispetto all'emissione, ma
che avviene nello stesso giorno; 3) TSV, è il consumo posticipato, limitato ai sette giorni successivi
all'emissione; 4) VOD, è il consumo generato da forme di offerta on demand, prodotti televisivi sganciati dal
flusso palinsestuale e resi disponibili per un consumo personalizzato. Queste nuove modalità di analizzare il
consumo trasformano il concetto di audience misurata: se esso si riferiva esclusivamente alla pratica di
visione isocronica (simultanea all'emissione e contemporanea al resto del pubblico), ora comprende tutte
le forme di flessibilizzazione del flusso televisivo. L'adattamento della misurazione del consumo alle forme
dell'esperienza televisiva convergente consente di rappresentare più accuratamente la complessa
articolazione della tv contemporanea. È così possibile traccia