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CAPITOLO 2: “TRA BABELE E LA PENTECOSTE: IL DESTINO
LINGUISTICO DELLA NOSTRA CIVILTA'”
De Mauro ed Eco hanno sottolineato i due poli entro i quali si svolge la storia linguistica
della nostra civiltà: Babele e la Pentecoste. Entrambi sono episodi sacralizzati, scritti nei
testi sacri della civiltà giudaico – cristiana.
2.1 BABELE, O DEL CONFLITTO E DEL PECCATO (LINGUISTICO)
Babele è la sfida alla divinità, la voglia di superare i confini della nostra natura e di
raggiungere il Cielo, quindi l'infinito ed è quella presunzione ed orgoglio che Dio punisce,
e questa è la prima punizione all'uomo. La seconda forma di punizione data da Dio è la
pluralità delle lingue, che quindi rende impossibile agli umani comunicare
reciprocamente. Questa condizione di plurilinguismo tra gli essere umani si va ad
opporre alla condizione di innocenza monolinguistica prebabelica. Il plurilinguismo
postbabelico è la constatazione della fatica della intercomprensione e dello sforzo di
delineare il senso e condividerlo con gli altri. Babele è l'analogo linguistico del peccato
originario, si passa da una comunicazione diretta, immediata e senza il dubbio di non
capirsi a una condizione di timore di non capirsi e non farsi capire. Babele rappresenta le
conseguenze del plurilinguismo come costante rischio di incomprensione tra uomini e il
rischio che ne può derivare. Si tratta del conflitto fra i singoli, nella quotidianità dei
piccoli eventi o nelle grandi crisi nei rapporti umani. Babele, quindi, non rappresente il
conflitto che può esplodere per mancanza di dialogo, ma per mancanza di
comprensione nel dialogo: parlare la stessa lingua e non capire, parlare usando lingue
diverse e quindi non capirsi. Inoltre Babele ci dice che nulla può essere dato per
scontato nella comunicazione, e che nessuna garanzia ci è data se non lo sforzo per
superare l'oscurità di ciò che vogliamo esprimere per portarlo alla comprensione degli
altri nelle varie forme dateci dalle lingue, lo sforzo però può essere anche vano dato il
costante incombere nel non capirci. Con Babele, lo straniero portatore di un'altra lingua,
è il potenziale portatore del conflitto, perchè appunto non ci si capisc, non si hanno gli
stessi mezzi di costruzione della realtà; lo staniero è estraneo alle nostre forme di
identià e perciò lo riteniamo generatore di un conflitto che mette a rischio la nostra
identità.
2.2 LA PENTECOSTE, O DEL DONO (E DELLA GRAZIA) DELLE TANTE LINGUE
All'altro capo della nostra civiltà c'è la Pentecoste, episodio sacralizzato nel Nuovo
testamento e anch'esso metafora di un tratto della condizione linguistica della nostra
civiltà. Nella Pentecoste gli Apostoli, riuniti, ricevono doni dal Cielo: uno di questo è la
diversità delle lingue. La Pentecoste assume il valore della possibilità di esprimersi e di
comunicare con successo grazie allo sforzo che facciamo e agli strumenti che ci sono
dati:le lingue. Con la Pentecoste ci viene data l'ooportunità del successo grazie alla
pluralità delle lingue ed il successo sta nell'evitare il conflitto usando il dialogo che può
usare tutte le lingue a disposizione degli esseri umani. La Pentecoste, quindi,
rappresenta il segno dell'attenzione alle ragioni degli altri e alle lingue degli altri,
ugualmente validi come la nostra.
CAPITOLO 3: “LA CONDIZIONE ITALIANA TRA BABELE E LA
PENTECOSTE”
La condizione italiana si sta svolgendo tra i poli di Babele e della Pentecoste, quindi tra la
dannazione della pluralità idiomatica che ci caratterizza da secoli e il monolinguismo che
molti hanno aspirato per l'idea che: 1 Stato = 1 lingua. La spinta all'italianizzazione, cioè
alla diffusione di moduli espressivi comuni di lingua italiana è sempre controbilanciata
dal plurilinguismo, sia nelle sue forme tradizionali sia in quelle nuove rappresentate dal
neoplurilinguismo. La prima “rivoluzione linguistica italiana” che a partire dal 1950 ha
portato alla nascita dell'italiano parlato comune e condiviso, non ha avuto come
conseguenza la fine dei dialetti, infatti questi persistono in aeree e gruppi che non sono
inferiori al 40-45% della popolazione (cioè 25 milioni di cittadini). L'effetto
dell'italianizzazione è stato quello di ristrutturare lo spazio linguistico italiano, non
annullando la sua composizione pluralista, ma ridistribuendola e dotando la società di
nuovi mezzi espressivi condivisi. La persistenza dei dialetti, in un certo qual modo segna
il fallimento dell'ipotesi di un destino linguistico unitario, ma questi diventano pure il
mezzo espressivo usato da scrittori ed è forse per ciò che la mescolanza di idiomi hanno
raggiunto picchi di successo. La prima rivoluzione linguistica italiana porta alla nascita
dell'italiano parlato, a disposizione per più del 90% della popolazione, cosa che non era
mai avvenuta nella penisola dalla fine della latinità imperiale.
E' proprio questa intrinseca pluralità idiomatica ed identitaria che si nutre di tutte le sue
diverse radici, ma che si sintetizza in una sola lingua – cultura. Un altro evento che
scuote gli assetti idiomatici nazionali è dato dalle conseguenze linguistiche
dell'immigrazione straniera in Italia, fenomeno che è iniziato più di 30 anni fa (è del
1979 il primo saggio sulla materia), infatti in seguito ai flussi di immigrati stranieri, sia
come singoli che come comunità, penetrano e in molti casi si radicano nello spazio
linguistico italiano anche nuovi idiomi.
CAPITOLO 4: “IL NEOPLURILINGUISMO DELLE LINGUE
IMMIGRATE”
Il fenomeno del neoplurilinguismo indotto dalle lingue immigrate è stato studiato per la
prima volta presso l'Università per Stranieri di Siena, dal centro della ricerca
“Osservatorio linguistico permanente dell'italiano diffuso fra stranieri e delle lingue
lingue immigrate in Italia”, istituito nel 2001 dal Ministero per l'Istruzione, Università e
Ricerca. Si tratta del primo intervento finalizzato a dare conto del cambiamento del
volto linguistico nazionale in seguito all'entrata degli immigrati stranieri. La realizzazione
della mappatura delle condizioni evolutive dello spazio linguistico italiano si fa
realizzando delle vere e proprie carte geolinguistiche. Il quadro teorico adottato nei
lavori dall'osservatorio si fonda su alcuni modelli concettuali di riferimento che in alcuni
casi si introducono in Italia per la prima volta. Innanzitutto si fa la distinzione tra “lingua
immigrata” e “lingua dei migranti, poi si concentra l'analisi sui “panorami linguistici e
semiotici urbani”, intesi come i contesti più sensibili a mostrare i segni dell'ingresso delle
lingue immigrate negli usi collettivi e alla fine si ha la tesi che con il neoplurilinguismo
delle lingue immigrate sia iniziata la seconda grande rivoluzione linguistica italiana del
XX – XXI secolo. Il nodo principale dello sviluppo dell'identità culturale della nostra
società sta nel grado della sua apertura agli altri e alle altre lingue, in modo tale che,
accedendo alle identità altrui, si gestisca la nostra; quindi, le lingue degli altri
promuovono un'alfabetizzazione linguistico – comunitaria della società italiana del
nuovo millennio.
CAPITOLO 5: “LINGUE DEI MIGRANTI, LINGUE IMMIGRATE”
Le lingue dei migranti sono semplicemente gli idiomi dei migranti. Spesso, molti di
questi sono privi di un chiaro progetto migratorio oppure caratterizzati da un'alta
mobilità entro il territorio italiano che tali lingue sono ugualmente caratterizzate da un
alto tasso di mobilità, in funzione alla fluttuazione dei gruppi dei loro locutori. Le lingue
immigrate sono gli idiomi dei gruppi di immigrati con bassa fluttuazione e solido
radicamento sociale. A queste due condizioni sociali se ne aggiungono due più
strettamente linguistiche: le lingue immigrate sono sistematicamente usate in una rete
di contesti sociali in cui è inserito il singolo migrante nei suoi rapporti con i connazionali.
La lingua immigrata ha la capacità di farsi vedere e sentire nel territorio in cui si è
inserita, per cui è caratterizzata da vitalità e visibilità linguistica.
Il modello adottato nei lavori dell'Osservatorio senese per trattare la questione, non
solo ha permesso di sviluppare la conoscenza su un fenomeno nuovo, ma ha anche
consentito di generare innovazioni nelle metodologie di rilevazione dei dati
sociolinguisti. Tra i vari modelli metodologici, il primo scelto è stato uno tradizionale,
semplice da gestire e capace di produrre una notevole quantità di informazione anche
se condizionata da limiti di non purezza dei dati ottenuti; è un modello che porta dai
dati statistici quantitativi a un'analisi capace di delineare il ventaglio delle linfue parlate
in un certo contesto. Il primo lavoro realizzato con questo modello è intitolato “Toscane
favelle. Lingue immigrate nella provincia di Siena” e risale al 2004. Fin dal titolo è
provocatorio, perchè nella Siena dalla purissima lingua italiana (con picchi di vanteria
antifiorentina dei senesi più attaccati alle loro origini) l'Osservatorio mette in luce la
forza di un cambiamento che fa entrare almeno 13 nuove lingue: dal wolof all'albanese
al rumeno all'arabo. A questo risultato ci si arriva collegando i dati statisctici sulle
nazionalità presenti nel territorio con quelli sulle lingue più usate da tali gruppi, l'unico
limite sta nell'indeterminatezza del rapporto fra la lingua e la nazionalità degli immigrati
presenti nel territorio. Le mappe geolinguistiche contenute in “Toscana favelle” sono il
primissimo tentativo italiano di cartografia del neopluralismo di immigrazione e
rappresentano uno strumento utile per programmare quegli interventi di politica
linguistica locale che dovrebbero avere l'obiettivo di gestire concretamente la
promozione dei livelli linguistici della società locale. Il modello di riferimento per questa
mappatura è rappresentato dal “Multilingual Capital” del 2000 che ha come obiettivo la
mappatura delle lingue immigrate nella città di Londra. “Il multilinguismo della capitale”
inglese, ma anche “il multilinguismo come capitale” (capitale intesa come valore) si
tratta di un valore culturale, dove la pluralità delle lingue arricchisce il tesoro degli
strumenti espressivi a disposizione degli individui e della società. L'autore di ciò è un
esperto di banche e fa un ragionamento che sottolinea la fortuna di Londra,