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IMPERO E PAPATO NEL XIII SECOLO
Il periodo tra la fine del XII secolo e gli inizi del successivo fu segnato da eventi politici che incisero
su una lunga fase del medioevo italiano ed europeo. Snodo importante di queste vicende fu la
successione sveva al trno normanno avvenuta alla morte di Guglielmo II. Costanza d’Altavilla si sposò
con Enrico VI che ebbe una fiera resistenza alla sua ascesa al trono del defunto Guglielmo, Tancredi
che fu incoronato re a Palermo nel 1190 con l’aiuto di Riccardo Cuor di Leone e i papi Clemente III e
Celestino III che si sentivano minacciati dalla prospettiva dell’unificazione della corona di Sicilia ma
morto Tancredi lo svevo poté impadronirsi del regno. Enrico VI si trovò a fronteggiare in Germania la
rivolta del duca di Sassonia Enrico il Leone e il figlio Ottone di Brunswick sostenuti da Riccardo
d’Inghilterra. Il territorio su cui estese l’autorità lo espose a diversi contraccolpi. Egli ottenne il
vassallaggio dei re d’Inghilterra e di Polonia e coltivò l’ambizione di costruire una monarchia
universale. Morì nel 1197 e un anno dopo la moglie che affidò la tutela del figlio Federico al pontefice
Innocenzo III. La morte di Enrico Vi aprì i giochi per la successione e il sostegno andò a Ottone di
Brunswick della casata di Welf. Dal uscì vittorioso Ottone che fu incoronato imperatore nel 1209. Poi
questo venne scomunicato e un nuovo candidato fu il re di Sicilia Federico. Fu un evento militare
importante quello che vide Federico come vincitore nel 1214 a Bouvines, nelle Fiandre dove si
affrontarono l’esercito di Ottone di Brunswick, supportato da Giovanni Senza Terra e Federico,
supportato dalle truppe di Filippo Augusto re di Francia che vinse e fu incoronato re già nel 1212 della
Germania. Nel 1198 ascese al trono papale Innocenzo III che tentò di affermare il primato morale e
politico del pontefice e della Chiesa. Un’attenzione costante egli la rivolse al consolidamento e
all’ampliamento dei territori della Chiesa, in ciò favorito dalla situazione di debolezza dell’impero. Lo
Stato della Chiesa venne organizzato per province affidate alla vigilanza di un rettore e così tra il
regno di Sicilia e le terre padane si interpose un’entità statuale di valenza strategica evidente.
Innocenzo III represse gli eretici e si impegnò per la liberazione dei luoghi santi dagli islamici.
Federico II cercò di consolidare i suoi rapporti con i principi tedeschi e di assicurarsene la fedeltà. Ciò
gli costò significative concessioni come la rinuncia ai diritti in materia di elezione dei vescovi e degli
abati. Anche la corona imperiale ricevuta da Onorio III gli richiese l’assunzione di diversi impegni.
L’imperatore poteva dedicarsi a sistemare la situazione del regno di Sicilia accaparrarsi beni demaniali
ma il suo comportamento, a differenza di quello in Germania fu molto intransigente che fu teorizzato
nel Liber augustalis meglio noto come Costituzione di Melfi (1231) elaborato con l’appoggio di
insigni giuristi come Pier delle Vigne. Nuovo problema fu quello dei saraceni che vennero sconfitti e
deportati a Lucera, ebbe anche molte iniziative per vivacizzare l’economia del regno. Per disporre
amministratori all’altezza della situazione fondò a Napoli nel 1224 la prima università statale europea.
L’ampiezza e la varietà degli interessi scientifici, filosofici e letterari di Federico II hanno solide
testimonianze e Palermo divenne una delle città europee di più alto profilo culturale come Teodoro di
Antiochia, Michele Scoto e Pietro Ispano. Nutrì un grande amore per la cultura araba e le scienze a
carattere magico-astrologico. Morto Onorio III gli successe il cardinale Ugolino di Ostia con il nome
di Gregorio IX che aveva un temperamento più intransigente. Fu scomunicato e poi nel 1228 di mise
sulla rotta d’Oriente dove riuscì a ottenere la corona di Gerusalemme consentendo agli islamici la
frequentazione dei luoghi sacri ma l’andamento del tutto non piacque dalla parte guelfa e al pontefice
che indisse una crociata contro di lui che tuttavia ebbe la meglio sulle trippe del papa costringendolo a
sottoscrivere la pace di San Germano (1230). Poi dovette andare in Germania perché il figlio Enrico
fu fatto prigioniero e in quell’occasione promulgò a Magonza la cosiddetta Costituzione di pace
imperiale (1235) articolata in 29 capitoli in cui riordinava il diritto penale del regno. Poi dovette
affrontare i comuni padani riuniti nella Lega lombarda e lo scontro si ebbe a Cortenuova, presso
Bergamo nel 1237 e poi fu riscomunicato nel 1245 dal concilio di Lione con Innocenzo IV e la Chiesa
lo incarnò come Anticristo. Vi fu una nuova aggressione da parte dei comuni padani e fu fatto
prigioniero anche il figlio prediletto, Enzo. Egli fu sepolto nel Duomo di Palermo insieme ai genitori e
al nonno Ruggero II. Al trono salì il figlio Corrado IV e poi Rodolfo I d’Asburgo. Per il regno di
Sicilia la continuità della dominazione fu garantita dal figlio naturale Manfredi in nome del nipote
Corradino. La politica di Manfredi aiutò i ghibellini nello scontro campale con i guelfi fiorentini nella
piana di Monteaperti nel 1260. Vi fu la preoccupazione per la Chiesa per i rischi che la presenza sveva
comportava per la loro dominazione temporale e nel 1263 fu investito del regno Carlo conte d’Angiò e
di Provenza. La vittoria a Benevento del 1266 aprì ai francesi la porta per il sud. Nel 1268 Corradino
di Svevia si affacciò e aiutò i ghibellini e il destino di questa ribellione era legato a quello della
spedizione di Corradino la cui discesa aveva rinnovato le speranze di tutti i ghibellini. Carlo I invece
stava dalla parte dei guelfi. Lo spostamento della capitale da Palermo a Napoli, il malcontento del ceto
aristocratico e il censo da versare alla Chiesa scatenarono il lunedì di Pasqua del 1282 a Palermo la
“rivolta del Vespro” che alcuni storici sostengono sia stata l’approdo di trame tessute dal
fuoriuscitismo svevo con Ruggero di Lauria e Giovanni da Procida. Gli insorti sollecitarono
l’intervento di Pietro III d’Aragona ma per loro non fu facile avere la meglio sugli angioini. Salì al
trono pontificio Bonifacio VIII con cui fu possibile pervenire al trattato di Anagni del 1295 con cui
Giacomo II d’Aragona si piegò al ricongiungimento della Sicilia con il regno continentale angioino.
La ribellione dei siciliani però riprese e finì con il figlio di Federico Giacomo nel 1302 con la pace di
Caltabellotta e l’isola sarebbe tornata agli angioini dopo la sua morte ma ciò non accadde e la Sicilia
fu separata dal Mezzogiorno continentale.
IL CONSOLIDAMENTO DELLE MONARCHIE NAZIONALI
Nel Duecento si rafforzarono gli ordinamenti monarchici sviluppatisi nell’XI e XII secolo in
Inghilterra, Francia e la penisola iberica. Al re, nelle cui mani tendeva a concentrarsi il potere, si
affiancavano le forze locali, aristocrazia ed élite urbane, nel corso del secolo si ebbe un’espansione
territoriale dei regni. Lo scontro militare di Bouvines fece arretrare la presenza plantageneta nel
continente e costituì una tappa fondamentale verso la definizione degli assetti politico-territoriali delle
monarchie inglese e francese e ciò risultò determinante per i capetingi cui l’espansione resa possibile
dalla sconfitta inglese rese conferì la piena sovranità su uno Stato che stava diventando sempre più
omogeneo. I discendenti di Filippo II Augusto riuscirono ad ampliarne i confini: Luigi VIII e poi Luigi
IX. Servendosi degli strumenti di natura feudale il re faceva valere la sovranità su tutto il territorio e si
ebbe un consolidamento degli apparati di governo per cui l’intero quadro istituzionale risultava
subordinato al sovrano che acquisì i tratti della sacralità e Filippo il Bello promosse una generale
riorganizzazione fiscale con cui sottopose a tassazione anche gli ecclesiastici. Anche la monarchia
inglese conobbe un progressivo sviluppo dell’assemblea rappresentativa con la Magna charta che
riconosceva il diritto di far collaborare i vassalli con il re e con Enrico III Plantageneto la Magna curia
divenne assemblea regolare. Furono emanate Provisions of Oxford con cui si attribuiva al re il dovere
di convocare l’assemblea regolarmente e ai magnati il diritto di prender parte alla scelta dei consiglieri
regi e ciò si manifestò soprattutto dal 1268. Poi so ebbe anche un rafforzamento dell’autorità regia
grazie a Enrico III ed Edoardo I in cui fu sconfitto il capo dei magnati Simone di Montfort che aveva
guidato l’opposizione alla corona e nel 1283 venne annesso il Galles e nel 1296 fu conquistata la
Scozia. Con la vittoria a Las Navas de Tolosa (1212) si avviò nei quattro regni cattolici – Portogallo,
Castiglia, Navarra, Aragona – un processo di rafforzamento istituzionale e di espansione territoriale
della monarchia. L’assetto delle proprietà vedeva l’esistenza di grandi patrimoni terrieri di esponenti
del ceto militare protagonista del ceto bellico contro i musulmani. Le comunità aragonesi e castigliane
giunsero a organizzarsi in leghe. Si svilupparono le cortes: assemblee rappresentative dell’aristocrazia,
clero e comunità cittadine, riuscendo a condizionare il governo regio. La crescita degli apparati
monarchici andò di pari passo con l’espansione dei regni. L’acquisizione della Sicilia da parte degli
aragonesi avvenne dopo l’infeudazione che i sovrani d’Aragona avevano ricevuto da papa Bonifacio
VIII volendo appropriarsi delle principali isole tirreniche. La Sardegna fu conquistata nel 1323, prima
l’Aragona si scontrò con Pisa che se la contendeva con Genova che poi fu costretta ad abbandonare
Alghero. Il territorio sardo è diviso in quattro giudicati o regni: Cagliari, Arborea ebbe vita lunga con
capitale Oristano, Torres e Gallura che cessò con la scomparsa del giudice Nino Visconti. La conquista
della Sardegna rappresentò un passo fondamentale nella formazione di quella monarchia pluristatuale
aragonese che si completò con l’acquisizione del trono napoletano. Vi fu malessere nella cristianità per
la compromissione della Chiesa negli affari politici e speravano che Celestino V, Pietro da Morrone,
riportasse i valori della povertà e della carità che tuttavia non riuscì a sostenere le pressioni su di lui
esercitate a parte degli angioini. A lui successe Bonifacio VIII che lo recluse nel castello di Fumone. Il
suo progetto si scontrò con quello delle monarchie nazionali che non accettavano il primato del papa
che non fosse religioso. Filippo il Bello si scagliò contro la Chiesa privandoli dell’impunità e tutto si
risolse tassando il clero in presenza di particolari urgen