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La peculiarità della proposta agiografica dei Dialogi emerge con maggiore chiarezza dalla rappresentazione dei santi,
dalla prevalenza di quei signa proposti nel prologo come vero oggetto della narrazione e nsieme dal loro rapporto
con la virtus intima. L’interesse per l’autore non è mai la connotazione biografica ma la esposizione di singole virtù,
azioni, o miracoli. Anche la santità di vita è più enunciata che descritta: se i dati biografici diventano narrazione di
miracoli, le virtù interne sono continuamente risolte nel miracolo. Viene ricondotto il miracolo narrato a una santità
interiore non descritta, ma solo enunciata. Es. marcellino che doma le fiamme seduto, pregando o la veste di Eutizio
che fa piovere dimostra quanti meriti fossero nascosti nell’intimo del santo. Gregorio è molto preoccupato dal fatto
che il miracolo possa offuscare la concezione di santità che deve avere invece la sua essenza nelle virtù dell’animo.
La sanità interiore è superiore al miracolo, anzi ne è la premessa e la giustificazione. Il miracolo costituisce per
Gregorio un problema non solo nel suo rapporto con la santità di vita, ma anche in sé. Due preoccupazioni emergono
continuamente: la verità del miracolo narrato e la sua credibilità religiosa. L’una viene confermata con l’insistenza
nella citazione di testimoni, l’altra con la spiegazione del suo significato –manifestazione di dio – e della sua funzione
per l’individuo e per la comunità di fedeli. I testimoni utilizzati non sono testimoni generici, ma scelti e attendibili,
continuamente riconfermata, anche se le loro testimonianze sono orali. Il miracolo narrato, poi, non deve solo
essere creduto vero, ma deve essere reso credibile religiosamente e significativo moralmente: è dunque sempre
spiegato, giustificato o almeno interpretato e commentato. Come pochissimi sono gli episodi di cui non si citano i
testimoni, così pochissimi sono quelli che non hanno una spiegazione o un commento. Il fatto miracoloso presente
nella realtà del suo tempo è accettato e narrato solo spiegandolo, rendendolo credibile a livello religioso ufficiale,
attribuendogli una precisa funzione pedagogica e inserendolo organicamente nella sfera della riflessione teologica e
morale. Non vi è una definizione concettuale di miracolo, è l’autorità del pontefice con la sua scelta e la sua
spiegazione che ne sancisce l’origine divina. Gregorio, al contrario di Agostino, rinuncia ad un’analisi razionale, invita
a accettare i mirabilia.
3- santi e martiri
La proposta agiografica di Gregorio si precisa attraverso le riflessioni relative al rapporto tra santità e martirio,
ovvero tra gli esempi di santità caratteristici della nuova era di pace della Chiesa e il tipo antecedente, caratteristico
dell’età delle persecuzioni. Questo raffronto serve ad assicurare la più assoluta parità di valore ai nuovi santi rispetto
ai modelli della profezione cristiana consacrati dalla tradizione, quindi profeti, apostoli e martiri. Un santo come
Benedetto permette facilmente il paragone con grandi santi dell’antico testamento come Mosè che sono chiamati in
causa per sottolineare l’importanza dei miracoli compiuti prima dell’insediamento a Montecassino; gli apostoli
tornano in causa per la resurrezione del figlio chiesta dal contadino che benedetto prima rifiuta dicendo che questi
miracoli spettavano solo agli apostoli. Gli apostoli e i martiri non hanno nei Dialogi solo finzione di pietra di paragone
spirituale, ma rivelano anche una loro corposa presenza nella vita quotidiana: numerose testimonianze porta
gregorio sul loro culto e ancora al loro esempio si rifà quando esemplifica la potenza dei suoi santi dopo la morte. Si
passa così dalla funzione del santo come esempio di vita spirituale, a quella del santo dopo morto: dalla santità da
vivo alla potenza delle reliquie. Se i corpi morti di quei santi apostoli e martiri vivono nei miracoli, tanto più devono
vivere le loro anime e anche per i nuovi santi vale lo stesso concetto. Es. sul sepolcro di Equizio un contadino posa
una cassa di frumento non sapendo chi vi sia seppellito. All’improvviso un turbine solleva la cassa dal sepolcro e la
getta lontano perché a tutti fosse manifesto chi vi era seppellito. Gregorio, tuttavia, insiste anche sulla perdita di
terreno delle reliquie dei mariti, afferma una certa superiorità dei suoi santi. Bisogna ricordare quindi quanto legata
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fosse ancora la produzione letteraria del tempo ai martiri e al loro culto, come il Gesta martyrum romanorum. Le
passioni romane del 5 e 6 secolo sono importanti sotto il profilo religioso e modello di innumerevoli composzioni che
hanno continuato a celebrare i martiri lungo tutto l’Alto Medioevo. Ma i Dialogi di Gregorio non sono
complementari ai Gesta, piuttosto sono una loro alternativa agiografica.
Capitolo 3 – narratio e expositio
- La struttura dialogica
I Dialogi non sono una semplice raccolta di miracoli, ma una costante alternanza tra narrazioni e riflessioni morali e
dottrinali. La struttura dialogica è importante: la scelta del dialogo rappresenta lo strumento più ideoneo per
rispondere alla preoccupazione costante dell’autore di evidenziare il significato morale e dottrinale dei racconti. Ogni
tema trattato, santità, reliquie, miracolo, eucarestia, morte, tengono conto di questa struttura. L’alternanza fra
racconto e riflessione è funzionale alle finalità pastorali di insegnamento e di edificazione e contribuisce a rendere
organica e unitaria la struttura del Dialogi.
- La tipologia dei miracoli
Con miracolo Gregorio intende un episodio esemplare della virtus di un santo o delle sue reliquie. Criteri della
selezione e tipologia dei miracoli rinviano alla “funzione” che questi dovevano avere. Una prima distinzione è tra
miracoli pratici e miracoli esonerativi. Nella prima categoria rientrano gli episodi in cui la virtus incide su un evento
con funzione protettiva, quindi modificandone il corso o mitigandone le conseguenze; oppure con funzione punitiva,
quando morte, malattia o altro colpiscono i colpevoli. Tra i miracoli esonerativi vanno inseriti episodi come
terremoti, luci, profumi ecc anche se hanno solo funzione di suscitare ammirazione o meraviglia o timore. In questa
seconda categoria si disntiguono tre sottogruppi: miracoli dimostrativi di virtù interiori (morali); miracoli dimostrativi
della virtus (al momento della morte o dopo il seppellimento); visioni e profezie. Nel primo libro dei Dialogi si
raccontano 34 episodi del primo tipo; 7 invece appartengono al secondo tipo e 4 al terzo. Nel libro secondo 28
episodi del primo; del secondo 1 e del terzo 17. Nel terzo libro 39 miracoli protettivi di cui due punitivi; del secondo
tipo due episodi e tredici del terzo. Nel quarto libro 4 protettivi, 6 punitivi, del secondo tipo 13 e del terzo 36. Molto
miracoli protettivi scarseggiano di guarigioni, quindi di malattie, in rapporto ad altri mali o pericoli che minacciano
l’uomo. Quello che preme sono alcune considerazioni sulla varietà tipologica presente nei quattro libri. Nel primo
prevalgono miracoli pratici o materiali e anche di protezione; nel secondo quelli pratici, di protezione si affiancano a
quelli esonerativi e visioni; nel terzo prevalgono quelli protettivi ma anche quelli esonerativi; nel quarto assenza di
miracoli protettivi ma molti esonerativi. La tipologia di miracoli scelta da Gregorio è in funzione del suo intento
pastorale.
- Insegnamento e edificazione
Anche per la parte espositivo-dottrinale ci sono tre gruppi: morali, ecclesiastici e dottrinali. Ma la classificazione è
dificle in quano lo scopo di Gregorio essendo non solo di variare i piani del suo discorso, narrativo ed espositivo, ma
soprattutto, all’interno di quest’ultimo, di alternare spiegazione teologica con ammonimento morale, la lode di una
virtù con la precisazione di una norma ecclesiastica, passando dunque dall’esempio alla riflessione, dalla riflessione
all’ammonimento, alla precisazione di una verità di fede. Il discorso morale si coglie nelle virtù esemplificae dei santi,
in genere citate alla presentazione del personaggio, ma talvolta sottolineate nel racconto. Nel libro primo umiltà,
pietas, pazienza, generosità, invito alla castità, disprezzo di sé, mansuetudine, e ancora condanna al furto,
ammonizione contro le tentazioni, punizione dell’avarizia. Numerosi sono i temi dottrinali, tutti riguardanti i poteri
del santo e delle reliquie o la santità in generale, come l’impossibilità di tenere nascosto un miracolo per un santo
come avvenne per Cristo. Molti episodi sono poi uilizzati per chiarire norme ecclesiastiche o monastiche, come la
necessità di superare le tentazioni per essere un virtutum magister o la possibilità per il santo di assolvere persino i
morti dalla scomunica. Non mancano anche i ridimensionamenti ai poteri del santo. La riflessione sulle reliquie, già
presente nel primo libro, è presente anche nel secondo, dove riporta la santità ad una dimensione più concreta, alla
capacità di fare miracoli, di incidere sulla natura. Nel terzo libro non manca l’esemplificazione di morte virtù morali:
carità, castità, povertà, astinenza, disprezzo delle cose transeunti, intensità della preghiera, condanna dell’eccessiva
letizia, dell’iracondia, lode della munditia e della simplex natura, elogio complessivo della vita monastica,
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contrapposta alla vita mondana, fino a un articolato discorso sui genera compunctionis. Non sono presenti in questo
libro precisazioni normative, ma sono presenti alcuni importanti temi dottrinali: una organica elaborazione del
rapporto santi-martiri; l’importanza dell’offerta eucaristica, tema già presente nel secondo e che tornerà nel quarto;
l’imminenza della fine del mondo, introdotta dalla spiegazione sulla scarsità dei santi lamentata da Pietro, necessaria
affinché Gerusalemme cresca secondo il progetto prestabilito: questa è la premessa al discorso sull’immortalità
dell’anima che aprirà il quarto libro. Il passo escatologico riguarda il martire Eutichio che appare al santo Redento a
cui in momento tra veglia e sonno gli annuncia tre volte la fine del mondo. Alla visione e alla preghiera del santo fa
seguito la drammatica descrizione delle rovine provocate dai Longobardi, ma un improvviso ridimensionamento
geografico limita la sua portata escatologica e l’ammonimento finale stempera il tono dell’urgenza. Il tema della fine
del mondo non è trattato con l’ansia (tranne che alla fine del terzo libro), ma serve per tranquillizzare i cristiani che
ovviamente si chiedevano se e quando sarebbe successo. Apre il quarto libro il lungo discorso sull’immortalità
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