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L’EKKLESIA
Metà IV sec. a.C. concentrazione potere in mano al démos, che si attua attraverso l’ekklesìa.
Strapotere di ekkle-sìa, popolo padrone assoluto. Democrazia “estrema”: tutto il potere all’assemblea;
agli altri organi viene lasciato so-lo il giudizio preliminare. Il popolo controlla tutte le attività della pòlis.
Compiti dell’ekklesìa: stipulare alleanze, rice-vere ambasciatori, stabilire tributi da richiedere agli alleati,
decidere finanziamenti per spedizioni militari e per opere pubbliche, deliberare sull’organizzazione delle
feste religiose, eleggere gli strateghi. In più: funzioni giudiziarie ostracismo ed esito processi di alto
tradimento.
PRITANI: 50 BULEUTI appartenenti ad una stessa tribù che, A TURNO MENSILE, governavano i lavori
della boulé e dell’ekklesìa. I pritani convocavano l’ekklesìa e fissavano l’ordine del giorno. Non
c’erano date fisse, ma andavano evitati i giorni nefasti e quelli festivi. Vi erano solo due sedute precise: fine
luglio e fine marzo. L’anno buleutico era diviso in 10 pritanie (tante quante le tribù). I pritani si
occupavano anche dell’elezione dell’EPISTATE: sorteggiato ogni giorno fra i pritani stessi, presiedeva le
riunioni dell’ekklesìa. L’assemblea discuteva e votava esclusivamente su questioni messe all’ordine del
giorno dai pritani.
PROBOÙLEUMA: decreto preliminare votato dalla boulé il démos poteva esprimersi solo su questioni
preceden-temente esaminate dalla boulé.
Situazioni particolari di dibattito: EISANGELÌAI – denunce di tradimento
PROBOLAÌ – inizio di procedura giudiziaria in assemblea
IKETERÌAI – suppliche
Per queste situazioni particolari forse non era richiesto un proboùleuma, non c’era cioè bisogno della
mediazione della boulé. Il proboùleuma poteva essere una proposta precisa e dettagliata (da approvare o
respingere) oppure un argomento “aperto”, su cui l’ekklesìa sarebbe stata libera di esprimersi e di decidere.
3 FORMULE CON CUI SANCIRE LE DISPOSIZIONI:
• PIACQUE ALLA BOULÉ E AL DÉMOS proboùleuma approvato dall’ekklesìa;
• PIACQUE ALLA BOULÉ decreti di esclusiva pertinenza della boulé;
• PIACQUE AL DÉMOS proboùleuma non approvato dall’ekklesìa, che l’aveva sostituito con sua
deliberazione.
Si riconferma quindi il ruolo centrale della boulé nella preparazione dei lavori dell’ekklesìa, ma si scopre
anche la va-rietà di situazioni complesse che si potevano determinare.
2 TIPI DI RIUNIONI: KIRÌA (assemblea principale) – una volta per pritania
ASSEMBLEE ORDINARIE – tre per pritania = 40 all’anno
In situazioni gravi: EKKLESÌA SYNKLETOS (assemblea straordinaria).
KYRÌA – compiti impegnativi prevista ricompensa maggiore per i partecipanti. Rinnovava la fiducia ai
magistrati, deliberava sulla difesa della pòlis e sull’approvvigionamento del grano. L’assemblea veniva
informata sulla situazione patrimoniale dei cittadini; si leggeva l’elenco di beni confiscati ai debitori; si
esaminavano richieste di eredi per l’attri-buzione dei beni di una successione o della mano di una figlia
epiclera (figlia unica che ereditava i beni alla morte del padre). interventi rilevanti della comunità negli
affari dell’oìkos (famiglia).
Nella kyrìa inoltre si deliberava per la concessione della cittadinanza agli stranieri e di benefici e onori.
Aveva anche il controllo sui leader politici OSTRACISMO (strumento caratterizzante la democrazia
ateniese, per eliminare politi-camente chi era ritenuto pericoloso per la stabilità della pòlis) – durante la
sesta pritania si decideva se procedere; durante l’ottava pritania poi il démos si riuniva nell’agorà, e la
riunione era presieduta dai nove arconti.
Nella kyrìa venivano presentate anche le accuse di EISANGELÌA (strumento a disposizione del démos per
tenere sot-to controllo l’operato dei magistrati e dei privati cittadini) era una denuncia utilizzata
principalmente per scopi po-litici: per reati di tradimento, cospirazione, corruzione, minaccia generica per
la democrazia. Una denuncia veniva portata davanti all’ekklesìa, contro i cittadini accusati di crimini politici;
un’altra era portata davanti alla boulé, con-tro i magistrati accusati di cattiva amministrazione. Ogni
cittadino poteva presentare una denuncia in assemblea. Le accuse (vere o false) erano sempre di
tradimento o corruzione, mirate ad eliminare o mettere in difficoltà personag-gi politici. Spesso il sistema
degenerava in continue denunce contro gli stessi strateghi.
LE TRE ASSEMBLEE ORDINARIE – programma più limitato e definito. Una era dedicata alle suppliche,
questioni da sottoporre al popolo per discuterne. Le altre due, dedicate agli affari correnti (questioni
religiose, di interesse pubbli-co, di interesse comune).
NESSUNA QUESTIONE DI NESSUN TIPO POTEVA SFUGGIRE AL POPOLO. Ogni cittadino possedeva
l’ISEGORÌA (u-guale diritto di parola): in assemblea poteva proporre modifiche al proboùleuma, ma
sempre nel rispetto dell’inte-resse comune e delle leggi della pòlis, altrimenti si esponeva alla GRAPHÉ
PARANÒMON (accusa di illegalità, azione giudiziaria pubblica). Ogni cittadino poteva opporsi ad una
proposta e presentare una graphé paranòmon contro il proponente, in difesa della politeìa. Dalla fine del V
sec., la graphé paranòmon divenne frequente mezzo di lotta con-tro gli avversari politici, ed inoltre
permetteva di riaprire nei tribunali dei discorsi chiusi in assemblea. Chi perdeva per tre volte nella causa
per graphé paranòmon perdeva il diritto di parola in assemblea equivalente all’espulsione dalla comunità
politica.
QUINDI, STRUMENTI CONTRO AVVERSARI POLITICI: OSTRACISMO – EISANGELÌA – GRAPHÉ
PARANÒMON
Per essere ammessi all’assemblea bisognava registrarsi nel PÌNAX EKKLESIASTIKÒS ed essere in
possesso di pieni di-ritti politici. Non poteva prendere parte all’assemblea chi era diventato ÀTIMOS
(cittadino privato di diritti politici in seguito ad una condanna o per disposizione di legge) ATIMÌA: vera e
propria degradazione civica. Chi partecipava alle riunioni senza averne diritto veniva arrestato, giudicato, e
rischiava la morte.
All’assemblea non partecipava mai l’intero démos (contadini ed artigiani restii ad abbandonare il proprio
lavoro classi rurali: sottorappresentate). La partecipazione era quindi limitata numericamente, e infatti
per le votazioni più importanti era richiesto un quorum minimo di presenti (forse 6000). Luogo per
assemblee: cima della collina del-la Pnice, struttura a gradoni a semicerchio “Salire alla Pnice” significava
quindi recarsi in assemblea.
Abituali partecipanti all’assemblea (a parte poche eccezioni): soprattutto artigiani che abitavano in quartieri
urbani della pòlis, o comunque residenti nelle immediate vicinanze, in modo da essere presenti all’alba.
Socrate (nei Memo-rabilia di Senofonte) li definisce dilettanti, mai stati educati alla politica, ma
numericamente forti. Comunque, di no-tevole rilevanza era il diritto di libertà di parola, strumento politico
per eccellenza, che prevaleva su tutti gli altri. La forza di persuasione del linguaggio era talmente
importante da diventare una divinità (Peithò) e da far coniare voca-boli “tecnici”: ISEGORÌA (teoria) –
uguaglianza del diritto di parola;
PARRHESÌA (pratica) – possibilità di parlare liberamente in assemblea; segna il limite
invalicabile tra cittadini liberi e meteci e schiavi.
ISEGORÌA + PARRHESÌA = TRATTI DISTINTIVI DEL REGIME DEMOCRATICO
400 a.C. introdotta RETRIBUZIONE per partecipanti all’assemblea (misthòs ekklesiastikòs), perché
negli anni se-guenti la guerra del Peloponneso divenne difficile raggiungere il quorum di 6000 votanti.
L’incentivo ebbe talmente tanto successo che fu necessario tenere fuori la folla quando la platea era ormai
già piena (la percentuale dei parteci-panti salì dal 10% al 20%).
Ogni Ateniese aveva diritto di iniziativa, poteva cioè proporre una mozione, dopodiché tutto veniva
rinviato alla bou-lé, per poi tornare in assemblea. Ogni cittadino poteva inoltre intervenire nelle discussioni
per proporre emenda-mento al proboùleuma. Se accettate, le proposte prendevano il nome del
proponente.
I cittadini colpevoli di certi reati perdevano il diritto di parola in assemblea. Esisteva una DOKIMASÌA
(esame) degli oratori. Motivi di esclusione:
• 3 in riferimento a comportamenti negativi in ambito familiare o sociale (percosse a genitori,
alimenti o casa ne-gati; prostituzione; patrimonio o eredità scialacquati);
• 1 per una colpa civile o politica (sot-trarsi al dovere di difendere la pòlis e tutelarne la libertà).
Tutto ciò perché gli Ateniesi erano convinti che chi era indegno nella vita privata, non sapeva amministrare
patrimoni o si sottraeva a doveri civici, non poteva essere utile nel governo della pòlis. Anche ai corrotti era
impedito di pren-dere la parola, perché non avrebbero fatto gli interessi della pòlis, ma solo del corruttore.
Le leggi non agivano auto-maticamente, bisognava aspettare la denuncia di un cittadino, che doveva anche
fornire le prove del presunto reato. Altra causa di esclusione: debitori, che recuperavano diritto di parola
solo dopo aver saldato il debito. Quasi sempre, comunque, non era il comune cittadino ad essere colpito da
dokimasìa, ma il politico di professione; la maggioranza dei cittadini si limitava ad ascoltare, manifestando
il proprio consenso o dissenso con applausi o schiamazzi.
La dote dell’eloquenza, le tecniche retoriche si apprendevano e affinavano nelle scuole dei SOFISTI, molto
costose e quindi riservate ai più benestanti. ASSEMBLEA = LUOGO DI ABILITÀ RETORICA E DI GARE
DI INTELLIGENZA. Ad un certo punto, addirittura, gli Ateniesi vennero accusati da Tucidide di andare in
assemblea solo per godersi lo spetta-colo e non per occuparsi della pòlis.
I cittadini a pieno titolo avevano, ovviamente, diritto di voto, che determinava la vittoria di un LÒGOS su
un altro. Il voto veniva esercitato per alzata di mano o mediante voto segreto. Per risolvere il problema
del conteggio mani in caso di alzata di mano, probabilmente i cittadini venivano divisi in gruppi secondo le
10 tribù, e ogni gruppo veniva controllato singolarmente. Forse il conteggio esa