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Il diritto della restaurazione
Parlando della Rivoluzione francese, la legge divenne la fonte primaria. La legge era concepita come espressione della sovranità; sovranità che nell'ancien régime spettava al re, e che adesso si esprimeva nella legge. Nulla vi era, nel diritto, al di sopra della legge.
Con il Congresso di Vienna del 1815 i sovrani d'Europa strinsero un patto solenne di restaurazione, caratterizzato da due aspetti: il ritorno del potere sovrano ai sovrani sui rispettivi Stati governati e il rifiuto della separazione dei poteri.
L'ordine restaurato al Congresso di Vienna suscitò presto reazioni forti e diffuse in tutta Europa, che spesso si coagularono nella forma di società segrete, tra le quali ebbe un ruolo importante la Carboneria. La Carboneria fu una società segreta italiana, fondata a Napoli, in cui chi si iscriveva non ne doveva e non poteva conoscere tutte le sue finalità né le sue attività.
momento della adesione easpirava sopra u o alla libertà politica e ad un governo costituzionale. L'organizzazione, di po gerarchico era molto rigida, le sedi avevano dei nomi in codice e poco altro si conosceva con certezza, tanto che il fatto che gli storici non conoscano nel dettaglio tali organizzazioni dipende certamente dalla necessità per gli iscritti di mantenere il più stretto riserbo, di non far trapelare da documenti alcuna traccia delle loro attività perché, se scoperta dalla polizia, poteva portare in carcere o al patibolo. Tra i carbonari più accaniti, nonché famoso personaggio dell'Italia risorgimentale, ricordiamo Giuseppe Mazzini da giovane, il quale quando la Carboneria venne definitivamente sconfitta, se ne distaccò e fondò una nuova società segreta chiamata Giovine Italia col proposito dell'Unità nazionale per rendere l'Italia "una, indipendente, libera, repubblicana". Egli sosteneva chele organizzazioni carbonare avessero fallito principalmente per la contraddizione dei loro programmi e per la diversità delle classi, ma anche per il carattere della segretezza che le contraddistingueva, tanto che sosteneva che per la liberazione italiana necessitava una grande mobilitazione popolare e che la Giovane Italia perdesse il più possibile il carattere di segretezza, conservando quanto necessario a difendersi dalle polizie, ed acquistasse quello di società di propaganda. Il suo programma doveva dunque segnare il nuovo superamento dei metodi della Carboneria, ovvero: - ad un'organizzazione interna e ristretta doveva contrapporsi un'organizzazione a livello nazionale; - alla segretezza degli obiettivi doveva contrapporsi la propaganda; - alle insurrezioni locali doveva contrapporsi l'idea di una rivoluzione nazionale e dell'Unità Italiana; - la legge comune degli aderenti doveva poi essere quella del progresso e del dovere; sopporre laGiovine Italia a grandi principi come la libertà, l'uguaglianza, l'umanità, l'indipendenza e l'unità. Mentre la bandiera della Giovine Italia decise doveva essere il tricolore: bianco, rosso, verde.
Un diverso indirizzo fu invece espresso da Vincenzo Giober. Anche Vincenzo Giober, torinese, aveva conosciuto la Giovine Italia, ne aveva fatto parte e aveva meditato a lungo sull'esperienza mazziniana convincendosi che lo sbaglio più grande di Mazzini fosse stato quello di volere a tutti costi incitare un'insurrezione popolare per unificare il paese, combattendo contro preti e contro il papa, scendendo nelle piazze, decapitando i principi, ecc. Ma anche volendo far ciò, dove trovare le forze per un così radicale cambiamento? Secondo il Giober invece
bastava che i Principi dei vari Stati italiani costituissero una Confederazione presieduta dal Pontefice, in modo da rimuovere i pericoli delle rivoluzioni o sommosse popolari preminentemente mazziniane, concedere ai popoli uno statuto civile, eliminare gli ostacoli allo sviluppo dei commerci e delle industrie, ecc. Era insomma un'unione che conservava le dinastie regnanti/Principi e che salvaguardava il sistema vigente senza alcuna forma di rivoluzione. Il disegno del Governo, confrontato con quello del Mazzini, appariva dunque più lucido e realistico e la via dell'indipendenza italiana più facile, tanto che con Papa Pio IX al pontificato, in un primo momento sembrò che il disegno di Governo potesse davvero realizzarsi. Ma l'unico punto debole era proprio rappresentato dalla Chiesa stessa in quanto non tutti concordavano nel ritenerla all'altezza di un progetto importante come quello dell'unificazione italiana, ed infatti gravi vicissitudini successive portarono lostesso Giober a ricredersi e a riconoscere nel Piemonte il solo potere in grado di portare avanti l'unificazione italiana. A differenza di quanto avvenne in altri Stati italiani, il ritorno dei Borboni a Napoli non fu inizialmente connesso alla volontà di una radicale restaurazione. Il Regno delle Due Sicilie fu però il primo a dotarsi di cinque codici propri, il cui contenuto di tale codificazione napoletana fu esemplato sul modello napoleonico; nonostante ciò non mancarono regole di erenza rispetto alla matrice francese, come ad esempio ne o fu il distacco nel diritto di famiglia, dove il matrimonio civile venne cancellato, ritornando al matrimonio canonico, così come abolito fu il divorzio; il regime patrimoniale tra coniugi fu quello della separazione anziché quello della comunione e in tema di successioni la posizione delle glie femmine si equiparò a quella dei gli maschi; i diritti reali e le obbligazioni furono invece modellate quasi integralmente sul modello francese.è quello di unificare e modernizzare il sistema giuridico del Regno di Sardegna. Tra le codificazioni più importanti si possono citare il Codice Civile del 1865 e il Codice Penale del 1889. Questi codici si ispirano al modello francese, ma presentano alcune differenze significative. Ad esempio, nel Codice Civile si introduce il principio della responsabilità civile, mentre nel Codice Penale si prevedono pene più severe per alcuni reati. Inoltre, entrambi i codici prevedono l'obbligo di pubblicità e oralità per alcune disposizioni probatorie.fu quello di vietare a giudici ed avvocati di sfoggiare nei processi citazioni di Rinaldi. Nonostante, però, le importanti innovazioni che esse apportarono nel regno sabaudo-piemontese, non si ebbe mai un vero e proprio codice, dovendosi per questo attendere il codice civile Albertino del 1837; nella stessa epoca si ebbe comunque il nucleo principale del diritto piemontese. La prima codificazione piemontese autonoma venne dunque promossa con l'ascesa al trono di Carlo Alberto nel 1831, il cui primo e più importante frutto del suo operato fu il Codice Albertino. Da un lato il modello principale a cui fu ispirato fu il codice napoleonico, dall'altro rilevanti sono gli scostamenti e le innovazioni rispetto ad esso: - la religione cattolica venne designata come la religione del regno; - il matrimonio fu quello di diritto canonico e il divorzio venne negato; - la patria potestà tornò ad essere vitalizia; - le figlie, nelle successioni, erano equiparate ai figli. Nel caso di lacune ilcodice rinviava poi all'analogia e in mancanza ai principi generali del diritto, una formulazione nuova rispetto agli altri codici coevi/correnti, che sarà poi ripresa nel codice del 1865. Il codice 83ff tti fi ti fiff tt tti fi ti ffitt ttttifitt tt fi ti tt ffti fi tt ti fi fi ti ttifi ti fi tt tt fi ti fi tt tttt ti titi ti ttti t ti ti tt ti tt fi ti ttiti titt tt ti tti fi ti ti tti ti ti titi tt tt tt tirestò in vigore sino all'unità italiana. Ad esso seguirono il codice penale, il codice di commercio, il codice di procedura criminale, il codice di procedura civile. Nel secolo del diritto civile la Toscana mantenne la tradizione del diritto comune sino all'unità. Nel secolo del diritto penale, venne invece emanato il Codice penale del 1853, che fu considerato il migliore tra quei penali di quel tempo. Alcune importanti caratteristiche, che contribuirono a renderlo uno dei migliori, furono: - il principio di legalità, secondo cui gli organidello Stato agiscano in base alla legge; - il principio di tassità e picità dei reati; - il dolo come la regola e la colpa come l'eccezione; - l'equiparazione della pena in caso di tentativo e concorso; ecc. Il ritorno degli austriaci determinò in Lombardia e nel Veneto un netto distacco rispetto al periodo napoleonico, infatti nel nuovo regno solo il codice di commercio francese venne mantenuto, mentre i codici civile e penale estesi furono quelli austriaci. Nel restaurato Stato pontificio il papa Pio VII programmò una codificazione che venne solo in parte realizzata; fu poi papa Gregorio XVI a condurre a buon fine la codificazione processuale. Nel 1838 vide la luce in Olanda un nuovo Codice civile (Burgerlijk Wetboek) che, se pure creato in larga misura sul modello del codice francese, se ne distaccava notevolmente su diversi punti. In merito alla dottrina giuridica in Italia, tra i giuristi italiani del primo '800 a spiccare fu Romagnosi, autore di un importanteSaggio sul La genesi del diritto penale, nella quale sviluppò la tesi secondo cui lo scopo primario del diritto penale doveva essere la difesa della società dal pericolo indotto da chi commettesse un reato; dunque la funzione vera della sanzione non era tanto quella della punibilità ma della prevenzione, al fine di distogliere il delinquente dall'intenzione di compiere atti illeciti (con questo suo pensiero si ricollega a quello di Cesare Beccaria). Romagnosi, negli anni napoleonici, svolse un ruolo determinante anche nell'elaborazione di progetti di codice penale e di procedura penale. Par colaresigni cato ebbe poi lo scritto Della costituzione nazionale rappresentativa in cui espose l'idea che ovunque in Europa si dovesse conseguire l'identità tra Stato e nazione: l'aspirazione all'unità nazionale era ben evidente. La costituzione del 1814 attribuiva al re oltre al potere esecutivo anche l'iniziativa legislativa. Alla Camera dei pari,
composta da membri scelti dal re, si chiamava la Camera dei rappresentanti.