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Il documento “non vogliamo più abortire” è molto importante per questo punto di vista: questo slogan fu lasciato
totalmente in ombra dai mass media che preferirono mettere alla luce l’altro slogan più scandalistico “aborto
libero”. L’aborto non era la soluzione perché anche se praticato in centri gestiti da femministe era pur sempre una
violenza pratica sui loro stessi corpi. Era giusto che questo fosse assicurato dai centri istituzionalizzati, tuttavia
doveva essere fatto non considerando il corpo della donna come strutturalmente deviante. Bisognava per queste
donne del Collettivo femminista santacroce restituire ad ogni manifestazione del corpo della donna la sua qualità di
comportamento, di espressione. L’aborto quindi doveva essere sostituito da alternative. Il problema stava nel fatto
che la maternità non era più vista positivamente. Anche per Anabasi, il piccolo gruppo milanese, l’aborto, per quanto
gratuito non era mai un gesto libero. Intanto a Roma nel 75 nasce il CRAC che fa suo lo slogan “aborto liberto,
gratuito, sicuro, subito” che divenne più famoso dell’altro slogan “depenalizzazione dell’aborto”. la sua posizione era
chiara: per loro era una questione politica, la soluzione per loro andava cercata nell’affermazione del corpo
femminile come sessualità distinta dal concepimento. Senza questa analisi era ridicolo per loro parlare di libera
disposizione del corpo, e richiedere l’aborto con gli uomini era farsene complici anche a livello politico. questi infatti
marciavano per un aborto libero, ma non rimettevano in discussione il loro comportamento sessuale. altro
documento importante arriva da Bologna dove alcune femministe anonime prendono in considerazione ciò che il
capitale vuole dalle donne. Usa un linguaggio calato nel conflitto politico e partitico che tenta di far rinascere “un
desiderio di maternità” sui cui pesano forti manipolazioni. 5
9) Donne e ginecologi a confronto: che l’Italia fosse solo in superficie un paese moderno, con diritti democratici sia
per donne che per uomini solo sulla carta non è una novità. Soprattutto vi era ancora una forte presenza clericale,
che alimentava il controllo sociale. negli ospedali e negli ambulatori il trattamento riservato alle donne mostrava
evidenti resistenze ad ogni nuova richiesta, come un contraccettivo, un’assistenza decente nel parto. La condanna
biblica al partorirai con dolore era ancora attuale, ed era principio primo della classe medica che sceglieva di
“prendersi cura” dei corpi delle donne. I ginecologi usavano il tu in modo cameratesco, commentavano con
disappunto quelle donne che ormai non stavano più al loro posto e che avevano la pretesa di chiedere contraccettivi.
Specializzarsi in ginecologia significava per molti studenti semplicemente una rapida scalata al successo, anche
economico, non la volontà di aiutare le proprie pazienti. Liliana Paggio nel suo Avanti un’altra, donne e ginecologi a
confronto, conduce una ricerca sui ginecologi della città meneghina che conferma sin da subito l’effettivo squallore
dell’universo medico di quel periodo, la veridicità dei racconti di tante donne. Dai racconti di queste donne risulta
che le esperienze più drammatiche sono quelle fatte durante le visite mutualistiche, durante le degenze in ospedale,
sia nel parto che per altri motivi. Alcune donne sono rimaste traumatizzate anche dal fatto che il ginecologo abbia
cercato di avere rapporti sessuali con loro. Le interviste sono rivolte anche ai ginecologi, molti dei quali confessano
l’incapacità di molti loro colleghi nell’operare e nell’assistere le loro pazienti. Molti medici urlano, sgridano, insultano
e le donne devono subire in silenzio. Il silenzio è la regola primaria per una degenza perfetta. Ostetrici e infermieri in
sala parto non si preoccupano delle esigenze della donna, ridono e scherzano tra di loro. Molti ginecologi intervistati
sono palesemente frustrati dalla situazione in cui vivono, con visite continue che li obbligano ad avere davanti a loro
non persone, ma pezzi di queste, un organo, o meglio ancora un disturbo. Chiedono alle donne di affidarsi
completamente a loro, di avere pieno potere decisionale sui loro corpi, avendo dalla loro la sicurezza della scienza.
10) il dibattito sulla scienza: a livello di pubblicazioni il dibattito si accese nel decennio successivo. Gli anni 80 furono
caratterizzati dalla riflessione, in molteplici ambiti disciplinari, che dall’agire, tipico invece del decennio appena
concluso. Due libri inaugurarono questo periodo Alice attraverso il microscopio. Il potere della scienza sulla vita delle
donne e Donne, tecnologia e scienza. Un percorso femminile attraverso mito, storia, antropologia. A fare da apripista
fu la Fox Keller, fisica del MIT, che fu la prima a parlare di una ridefinizione dell’oggettività per permettere di entrare
alla critica femminista nel discorso scientifico, dominato da sempre dagli uomini. il libro di Alice attraverso il
microscopio sviluppa tre tematiche principali: donne, scienza e società, scienza e corpo femminile, il controllo
tecnologico ed era firmato dal Brighton Women and Scienze Group, formatosi nel 76 che si focalizzava su che riflessi
le moderne tecnologie potevano avere sulla vita delle donne. Affrontavano infatti la tematica della riproduzione
assistita, la fecondazione in vitro, clonazione, partogenesi, placenta artificiale ecc, alimentata dalla speculative
fiction, ovvero la fantascienza scritta da donne. Donne, Tecnologie e scienza si concentrava invece più sulla ricerca
storica sul mondo del lavoro per approdare poi all’epistemologia della scienza. Solo l’ingresso delle donne nella
ricerca poteva indurre ad una rivoluzione copernicana, come afferma Donini nella prefazione italiana. Seguivano poi
due saggi di Merchant, Scavare nel grembo della terra e l’altro di Fox Keller, Donne, scienza e miti correnti. Il metodo
di Merchant è diacronico, ripercorre il cambiamento della mentalità che si produsse tra 500 e 600 che portò al
progetto di dominio sul mondo da parte degli uomini; quelli di Keller è sincronico e mostra come la mascolinità e
scientificità siano diventati coincidenti nella psiche dell’uomo occidentale e nell’immaginario comune, rinforzandosi
a vicenda. Altro testo importante è la biografia di Barbara Mcclintock, genetista, che come la Fox Keller, afferma che
le donne che si interrogano sulla scienza e sui propri corpi, non solo trovavano un modello invecente, ma una
proposta concentra di un’alternativa possibile e praticabile. Non si trattava di una nuova scoperta, piuttosto del
riaffiorare di una modalità conoscitiva messa in un angolo, ridicolizzata e svilita negli ultimi secoli. Il primo libro
italiano riguardo queste tematiche è la ricerca delle donne. Studi femministi in Italia di Marcuzzo e Rossi-Doria. La
nascita dei women’s studies ha allargato l’autocoscienza femminile, che toccava ora vari ambiti del sapere. Il libro
raccoglieva infatti la filosofia, la sociologia, la psicanalisi, la scienza. Di questa parlava Elena Galassio, mentre
Elisabetta Donini commentava il suo intervento. Entrambe sottolineavano l’importanza dell’”evento Cernobyl”
nell’aver fatto emergere realtà pre-esistenti ma silenti e ignorate, ovvero la riscoperta consapevolezza politica del
rapporto con il mondo della scienza, che parte dal quotidiano, dopo aver sperimentato la paura del nucleare. La
prima indagine su questo settore fu pubblicata nel 1988 col titolo Donne di scienza: esperienze e riflessioni, dove si
indagavano i rapporti delle donne con la comunità scientifica e il confronto tra la soggettività femminile e gli
strumenti concettuali di un sapere per definizione universale e neutro. La ricerca rivela ruoli subordinati, mancanza
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di potere decisionale e il doppio carico di lavoro per le donne nella scienza. Gli altri saggi del libro sono di Fubini e
Donini, attive nell’esperienza di donne e scienza attivo a Torino tra il 1978 e il 1987, promotore di una prima auto
inchiesta sulla presenza delle donne nel mondo della scienza. Sempre della Donini è il testo La nube e il limite.
Donne, scienza, percorsi nel tempo. La coscienza del limite è il punto forte del testo: balzata agli occhi di tutti dopo
l’evento di Cernobyl, l’idea di limite sembra appartenere pienamente all’esperienza e alla visione del mondo delle
donne, che per storia e natura, sono maestre della relazione anziché del dominio e della manipolazione, come
modalità di approccio con tutto ciò che è altro da sé. Dopo il 1991 altri tre testi divennero importanti nel dibattito:
Conversazioni con Evelyn Fox Keller, una scienziata anomala, di Donini; Immagini di cristallo. Desideri femminili e
immaginario scientifico di Erlicher e Mapelli; Donne senza Rinascimento di Chiaramonte, Frezza e Tozzi. Il primo era
un tentativo di avvicinare mondo che sembravano ancora impermeabili, la vita di una donna, la nuova coscienza
femminista, il mondo della scienza. Fu una lunga intervista tra Donini e Keller dove vennero toccati i temi
dell’identità, del vivere nelle crepe accademiche per le donne, i nessi tra il loro su genere e scienza e la prospettiva
psicoanalitica. Il secondo testo prendeva invece in esame due generazioni di donne, le ragazze che frequentavano la
scuola superiore e alcune donne di scienza intervistate sul loro percorso professionale. La ragazze tendono a
rimanere lontane dalla scienza, nonostante gli ottimi risultati che ottengono negli studi. Il terzo libro era invece una
ricerca originale di stampo storico/antropologico e filosofico sulla medicina medievale e sul 500, che ha cambiato
radicalmente la visione e la posizione delle donne nella società, nell’immaginario e nella cura. Questo libro rimane
un unicum nel caso italiano dopo gli studi di Merchant. Sono state indagate anche la molteplicità di interpretazioni
della metodologia storica da adottare per questa ricerca.
- Parte seconda
Discussioni a più voci: ieri e oggi
Vengono formulate una serie di domande a varie donne.
1)cosa ti ha spinto ad occuparti del problema della salute e della medicina delle donne all’inizio degli anni 70?
Laura Cima ha praticato autocoscienza e self help e nel contesto torinese la questione era molto attiva, in particolare
gli scontri con il comune per la gestione pubblica dei consultori. Voleva un cambiamento complessivo della medicina,
contro la dipendenza del medico e dall’istituzione ospedaliera, voleva che il corpo delle donne fosse valorizzato e
rispettato.
Vicky Franzinetti era studentessa di medicina, ma poi ha lasciato. Organizzava molti viaggi verso Londra come il CISA.
Praticava aborti. Ha subito un aborto e voleva che le donne non provassero il dolore disumano che ha provato lei.
Silvia Tozzi nel contesto Romano. Anche lei ha subito un aborto. era vicina a Simonetta Tosi. Era