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DALL’ANTICLASSICISMO AL MANIERISMO
Pontormo : Visitazione all’Annunziata e Pala Pucci in San Michele Visdomini = insofferenza per
i misurati equilibri messi a punto dai maestri, porta alle estreme conseguenze gli spunti
dinamici ed espressivi. I personaggi della Pala Pucci hanno dei moti impetuosi; la
composizione si carica di tensioni diagonali e verticali, impulsi contrastanti, i volti si
caricano di una tensione espressiva, come se ciascun personaggio fosse impegnato a
comunicare il proprio stato d’animo con tutto se stesso.
Pontormo e Andrea del Sarto : da una comune e particolare vivacità cromatica e narrativa,
scelgono due strade che non potrebbero essere più diverse tra loro.
Andrea del Sarto: non rovescia il metodo compositivo concatenato, pausato,
consequenziale, usa una griglia logico-geometrica per lo spazio prospettico.
Pontormo: stravolge ogni norma prospettica, non dispone secondo una logica i fatti, gli
antefatti e gli episodi principali, punta sull’accumulo piuttosto che sulla sintesi. Es: nel
dipinto di Palazzo Sacchetti gioca sull’ambiguità (presenza dei due bambini).
Con il Giuseppe in Egitto dà libero sfogo alla sua mania di sperimentare e, più tardi, con la
Deposizione della cappella Capponi in Santa Felicita, crea una delle sue opere più
affascinanti, verso cui Vasari si mostra freddo e perplesso: il Pontormo, in realtà, voleva
offrire una versione trascendentale dell’episodio, sublimata dal pathos.
Un’atmosfera simile la si trova nella Visitazione
, in cui è ben visibile la tessitura ritmica di
assonanze e richiami, lo sdoppiamento delle immagini: come per l’effetto di uno specchio,
ogni personaggio sembra essersi duplicato.
Dopo aver raggiunto questi vertici, si verifica qualche caduta di tensione, ma già i disegni
che si riferiscono alle perdute decorazioni nelle ville medicee di Careggi e Castello
mostrano un rinnovato impegno dell’artista a forzare le frontiere espressive.
Dal coro di San Lorenzo, Pontormo ha un solo punto di riferimento: il parallelo tormento
creativo di Michelangelo.
Nessuno meglio di Pontormo può simboleggiare l’inquieta stagione anticlassica
➢ (ostinata resistenza ad adattarsi al clima conformistico)
Anni Venti : Roma diventa il terreno di incubazione della Maniera. Emergono le personalità
di Giulio Romano, Polidoro da Caravaggio, Perin del Vaga, Giovanni da Udine; dalla Toscana
Rosso e Benvenuto Cellini; da Parma il Parmigianino..
Si stemperano le inquietudini anticlassiche. Quel germe del Manierismo che era stato
sparso nella seconda decade del Cinquecento, trova a Roma, tra il ‘21 e il ‘27, un fertile
terreno di coltura e nascita.
Dopo la morte di Leone X nel ‘21, il pontificato di Adriano VI, ostile alle arti, spinge gli
artisti a spostarsi da Roma; dopo la sua morte, nel ‘23, sostituito da Giulio de Medici
(Clemente VII), gli artisti fecero ritorno a Roma: l’atmosfera elettrizzante del nuovo
pontificato attira un gran numero di nuovi talenti provenienti da ogni parte d’Italia.
Immagine di una Roma spensierata, edonistica, godereccia: questo il clima che si respirava
prima del Sacco di Roma. Questo ebbe sulla fioritura clementina un effetto paralizzante: fu
un trauma passeggero, che presto venne riassorbito dalla cultura romana, che riacquistò la
vivacità di un tempo, ma nulla fu più uguale a prima: il trauma del Sacco fece fuggire gli
artisti, favorendo la rapida disseminazione di quei germogli della Maniera che a Roma
avevano messo le prime radici.
Dopo il Sacco, il flusso migratorio fu grande. Negli anni Trenta, la Maniera entra nella sua
fase matura istituzionalizzandosi: nascono degli apparati effimeri in occasioni delle solenni
entrate di autorità politiche, religioni, di feste.. Nell’ apparato festivo trionfava la sintesi
delle arti e una messa in scena spettacolare: grazie a questi apparati, che mobilitarono un
gran numero di artisti, la Maniera si diffonde in tutta Europa .
PARTE 2: LA GRANDE MANIERA
LA MANIERA IN VASARI
Il termine “ maniera ” compare per la prima volta nel Libro dell’arte di Cennino Cennini, ed
ha il significato di “stile”, in due sensi:
- stile come personale cifra espressiva di ogni singolo artista
- stile come insieme delle caratteristiche formali di un’intera epoca o di una
determinata area geografica
Il termine compare in fonti successive,come nella lettera, attribuita a Raffaello e indirizzata
a Leone X, sulla conservazione degli edifici di Roma antica: gli edifici medievali sono
definiti “privi di ogni grazia, senza maniera alcuna”. L’assenza di maniera, quindi, equivale
all’automatica esclusione di tali edifici dall’ordine dei manufatti con un valore estetico;
inoltre, la mancanza di una particolare qualità (o maniera) viene spesso accoppiata al
concetto di “grazia”.
Il termine “maniera” compare molto spesso in Vasari, sia nella sua accezione generale, sia
in quella particolare.
Designa con “maniera” le diverse aree stilistiche, e se ne serve per scandire le tre fasi, o età,
in cui ripartisce le Vite:
- prima età: maniera vecchia di Giotto, fino alle soglie del Quattrocento
- seconda età: maniera moderna, da Brunelleschi e Masaccio
- terza età: maniera da Leonardo da Vinci a Michelangelo
L’accezione tradizionale, invece, prevede l’utilizzo di “maniera” come stile individuale: egli
aggiunge una vasta gamma di aggettivi qualificativi per descrivere il modus operandi di
ciascun artista. Ciascuno possiede la propria maniera (grande, minuta, cruda, dolce, facile…)
Ambiguità e polivalenze semantiche del termine : accezioni di segno opposto
- maniera positiva (bella o buona maniera)
- maniera negativa : il significato dispregiativo compare per la prima volta
L’ambiguità vasariana, in realtà, è più apparente che reale: egli riconosce un senso preciso.
Nelle Vite , il significato di “maniera” si definisce per opposizione: la maniera si oppone
sempre alla fedele imitazione della realtà .
La maniera è quel qualcosa individuale che ciascun artista imprime nelle sue opere, da cui,
quindi, deriva un principio di opposizione tra la soggettività della maniera e l’oggettività
dell’imitazione naturale : l’accezione positiva o negativa della maniera, si riferisce al
rapporto che di volta in volta instaura con il suo principio di opposizione (la fedeltà alla
natura).
Per Vasari, la maniera è un requisito indispensabile all’arte , una conquista: la sua
presenza è l’impronta soggettiva di ciascun artista. Essa ha una valenza positiva, poiché è
una spinta al superamento della natura che contraddice il necessario fondamento dell’arte
nell’imitazione naturale.
La convergenza tra maniera e natura si realizza nella dottrina dell’electio:
➢ imitazione selettiva di quanto più bello vi sia in natura
Esiste però un rovescio della medaglia: se in un’opera o in un artista la bilancia dello stile
pende dalla parte del vero, allora Vasari si lamenterà per l’assenza del bello ideale, della
carenza di abilità disegnativa causata da un’insufficiente maniera; se, invece, la bilancia
pende dalla parte del superamento, allora si lamenterà per l’eccesso della maniera, per
“l’operare di maniera”, che significa ripetere a memoria immagini stereotipate che non
hanno nessun nesso con la realtà a cui devono ispirarsi.
L’ideale, quindi, consiste nello studiare la maniera e le cose naturali insieme
➢
La maniera non è una virtù o un difetto, ma una conseguenza imprescindibile: va
perseguita,perché esprime il superamento da parte del singolo artista della mera
imitazione passiva della natura; diventa un vizio quando l’equilibrio tra soggetto e oggetto,
artista e natura, si spezza: eccesso di maniera e difetto di imitazione naturale.
Vasari non condanna la maniera, ma il suo eccesso (pratica ripetitiva o esagerato
➔ discostarsi dalla verosimiglianza)
Come si spiega l’indulgenza di Vasari nei confronti dei propri manierismi? La maniera non
è un concetto assoluto, ma relativo al proprio principio d’opposizione, anche il suo eccesso
è un concetto relativo. Gli eccessi di maniera venivano giudicati da Vasari in base al proprio
sistema di riferimento, che è diverso da quello di chiunque altro.
1. Il Proemio alla Terza Età : è una dichiarazione di poetica,l’interpretazione, da
un’ottica manieristica, delle vicende italiane dal Quattrocento a Michelangelo.
I progressi quattrocenteschi si dividono in 5 categorie:
- regola : modo di misurare, osservando le piante degli edifici antichi nelle opere
moderne
- ordine : riguarda la grammatica e la sintassi degli ordini architettonici, assenza di
contaminazione tra elementi appartenenti a sistemi diversi
- misura : concerne tutte e tre le arti, consiste nel “fare i corpi delle figure retti,
diritti, e con le membra organizzati parimente”
- disegno : imitare il più bello della natura
- maniera : bella maniera, frequente ritrarre le cose belle, fare una figura di tutte le
bellezze che si poteva
L’Età moderna doveva portar questi cinque all’intero della perfezione: tutto, quindi, venne
fatto in vista della bellezza e del ritrarre la bellezza.
La natura, quindi, fornisce i canoni e i parametri, su di essa si basano ordini, regole e
misure; l’artista, invece, pur senza prescindere dall’oggettiva verità di queste norme, si
riserva un ampio margine di manovra: sceglie quanto di più bello c’è in natura,
conformandolo all’idea del bello che si è formato nella mente.
Il rapporto tra oggetto e soggetto, natura e artista, non è simmetrico: rischio di squilibrio.
Vasari non propone delle regole rigide, ma fa appello al retto giudizio , a un delicato sistema
di contrappesi.
2. Maniera e buone maniere : la maniera, in Vasari, ha sicuramente anche altri
connotati, ad esempio, nell’accezione “cortigiana” del termine, essa è un modo di
essere e di atteggiarsi di una persona, belle e buone maniere come codice di
comportamento della vita sociale.
La grazia, infatti, è l’ideale estetico che Vasari si ripropone, ed è anche la suprema virtù del
perfetto cortigiano: la grazia esige eleganza, ma anche controllo di sé, implica artificiosità
di modi dissimulata sotto una patina di spontaneità e n