vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Prestinace si aggiunsero a quelle circa l’empio sonetto su Cristo e i giudici del Sant’Uffizio si
convinsero della personale pericolosità di Campanella, tanto da porlo sotto sorveglianza in Calabria,
proibendo tutti i suoi scritti.
2.2. La redazione della Monarchia di Spagna
Sentenza del 17 dicembre 1597: la vicenda giudiziaria romana si concluse con la proibizione degli
scritti dell’imputato.
Il primo processo di inquisizione fu un processo grave durante il quale Campanella subì la tortura,
fu investito da accuse di eresia e di ateismo e fu, infine, condannato ad abiurare.
Nel 1598 scrisse “Monarchia di Spagna”. Campanella si trovava in una situazione di pericolo, in
quanto proscritto e sorvegliato. Lasciata Roma per la Calabria, il filosofo cercò di usare l’influenza
di Mario Del Tufo per farsi assumere come teologo a Bari da Galatino; quest’ultimo, però, prima di
decidere si consultò col Sant’Uffizio e decise di negargli l’assunzione.
Campanella indicò sempre come anno di composizione dell’opera il 1598, ovvero prima della
rivolta antispagnola, per sottolineare la sua fedeltà alla corona di Spagna e potersi scagionare
durante il processo (una datazione successiva avrebbe dato all’opera un carattere opportunistico).
Questa datazione sembra, tuttavia, difficile da capire su un piano psicologico visto che sembrerebbe
che Campanella abbia prima difeso il re di Spagna per poi capeggiare la rivolta contro di lui; per
questo, Firpo opta per una datazione posteriore alla rivolta, ovvero nel 1600. Nonostante questo,
però, va considerato che il testo appare scritto proprio nel corso del 1598, visto che fa riferimento a
Filippo II come re e alla conquista di Ferrara come evento contemporaneo, inoltre indica come data
di travolgimento politico il 1600 [Filippo II morì nel settembre del 1598, quindi Campanella non
modificò lo scritto in corso d’opera].
3. Una cultura machiavelliana
Campanella lesse certamente “Il Principe” e “I Discorsi” di Machiavelli; egli stesso afferma, nella
sua risposta alla censura dell’Ateismo Trionfato, come ebbe modo di leggerli a Firenze nel 1592 in
forma manoscritta. Sicuramente, il filosofo trasse dallo scrittore il linguaggio e la grammatica per
scrivere e parlare di politica, giacchè non aveva avuto esperienze dirette nel settore (aveva, inoltre,
studiato filosofia, teologia, diritto e astrologia). Probabilmente, però, Campanella lesse il pensiero
machiavellico col filtro intellettuale di Cardano, medico-astrologo, il quale affrontava la questione
della maggior incidenza nelle vicende umane della fortuna o della virtù e concludeva con la
prevalenza della fortuna per cause esterne sull’iniziativa umana. Tale conclusione rispondeva
all’esigenza campanelliana ad inserire i precetti dell’arte politica nella predicazione astrologica. La
pratica astrologica non contrastava con la fiducia nel libero arbitrio umano e nella sua capacità di
opporsi alla causalità astrale manifestata da Campanella nella Città del Sole. Campanella, infatti,
credendo dell’astrologia, contrapponeva fato e volontà umana.
In materia di astrologia, i cardinali dell’Indice si mostravano moderati: la bolla papale Coeli et
Terrae accostava l’astrologia alla magia e alle arti demoniache, tuttavia essa vantava tra
appassionati e studiosi anche molti ecclesiastici di rilievo. La Congregazione dell’Indice, quindi,
approntò una interpretazione della bolla che riduceva al minimo la proibizione dell’astrologia. Le
opere astrologiche di Cardano, pertanto, furono concesse dopo la correzione. L’Indice tollerava una
scienza astrologica compatibile col libero arbitrio. Il sapere più importante ed utile, per Cardano,
era quello del futuro: egli sosteneva la necessità del sapere religioso per il governo e parlava del
rapporto tra vera e falsa religione: infatti, a volte era sufficiente l’apparenza della saggezza, ed ecco
perché nonostante la religione sia una sola, ogni gente la usa in favore di una particolare forma
civile. Bisogna, quindi, considerare per Cardano sia la vera che la falsa religione. Cardano così
integrava il sapere politico con la scienza astrologica delle cose future e ponendo in rapporto vera e
falsa religione, vera fede ed effetti utili filtro con cui Campanella leggeva Machiavelli.
3.1. conservazione e sovvertimento della monarchia spagnola
Secondo Frajese, non è possibile vedere la Monarchia di Spagna come progetto di riforma del
governo spagnolo preso in considerazione prima da Campanella e poi sostituito con la tentazione
della ribellione. Vanno considerati piani distinti. Il linguaggio usato nella Monarchia di Spagna
rimanda subito a Machiavelli; il nome del fiorentino viene inoltre citato tre volte. Il dualismo
machiavellico virtù/fortuna viene ripreso nel testo ma sostituito dai termini di prudenza e fortuna.
Nel discorso machiavellico, la coppia di termini genera il concetto di occasione che viene adoperato
da Campanella allo stesso modo di Machiavelli. Per Campanella ciò che la fortuna offre ai virtuosi
è il sapersi servire del tempo. Altro aspetto da considerare è la lingua: quella campanelliana risente
dell’influsso napoletano, quindi i fiorentinismi sono prestiti machiavellici. Consideriamo che il
rapporto di Campanella con il modello machiavellico nei testi pubblici è duplice: egli si oppone ad
ogni citazione esplicita ma talvolta aderisce e ne dipende. Il punto di convergenza tra Campanella e
Machiavelli è l’interpretazione politica della religione e l’unificazione di politica e religione. La
differenza sta nel fatto che il pensiero fiorentino contrasta con la cornice olistica (=unitaria) della
filosofia di Campanella. Vero punto di divergenza tra i due: opposizione machiavellica di
virtù/fortuna contrasta con la concezione del filosofo di concepire Dio-Natura e la conseguente idea
di causalità celeste. La prudenza campanelliana non si oppone alla fortuna ma ne costituisce una
realizzazione: è una fortuna conosciuta e perseguita consapevolmente. Il “fato” per Campanella
nella Monarchia Spagnola è accordo di virtù e fortuna.
Le tesi espresse nell’opera non contraddicono quelle della predicazione calabrese. Nel libro esistono
molte concessioni di circostanza alla fortuna di Spagna ma sono disposte in modo da implicare la
rivolta. Il libro non parla di ciò che la Spagna dovrebbe fare per realizzare il fato dell’umanità, bensì
ciò che dovrebbe fare per realizzare il proprio fato (cioè il proprio destino astrale). Alla Spagna è
assegnato il compito di unire l’unico ovile sotto l’unico pastore, ma nell’opera sono presenti critiche
al governo spagnolo circa giustizia e fisco: Campanella chiede giudizi basati su leggi positive e
denuncia gli abusi da parte degli “ufficiali bassi”. Nella Monarchia di Spagna Campanella ribadisce
l’identificazione tra Dio e Natura. Tommaso non sconsiglia di creare una nuova religione ma
afferma che ciò non sia conveniente per la Spagna, la cui ragion politica si basa sulla cattolicità. La
difesa del papato avviene in relazione al fato spagnolo e alla ratio politica che lo governa; un
diverso fato, quindi, potrebbe vedere diversamente la faccenda. Nel caso spagnolo, poiché la
solidità del governo si basa sull’alleanza col papato, una sua sovversione sarebbe la rovina per il
governo. Il re di Spagna è nella posizione di principe prudente che deve conservare la religione
antica (cattolica) per mantenere saldo il suo potere; egli non è messia (creando un nuovo ordine
politico religioso) ma può predicare un’unità religioso-politica portatrice di mutamenti e
trasformazioni. Campanella rivendica il ruolo di messia e nuovo legislatore. Durante la predicazione
calabrese, egli profetizzava imminenti rivoluzioni interpretando segni astrologici. Le testimonianze
dei suoi compagni di avventura indicano che Campanella si attribuisse il ruolo messianico di
istaurare una nuova legge. La considerazione del valore politico della legge religiosa derivava da
una valutazione della religio come fondamento della legge di una comunità. Per Campanella i
sacramenti erano segni dell’unione umana. Durante l’agitazione calabrese, inoltre, egli dava una sua
interpretazione dei Discorsi machiavellici: qui lo scrittore fiorentino lodava la religione romana
come integrata nella politica e adeguata alla vita civile e l’autorità della legge doveva essere
confermata da segni portentosi per istaurare una nuova legge occorrevano conferme nei miracoli
per persuadere il popolo e per Campanella ciò si poteva scorgere nei segni astrologici.
3.2. Dopo la congiura
Nella predicazione calabrese del 1599, Campanella attribuiva al ruolo messianico lo scopo di fare
una nuova legge e di istaurare una repubblica ordinata da legge naturale. Il ruolo messianico
campanelliano corrispondeva a quello del principe ordinatore di leggi straordinarie machiavellico.
Nelle scritture di prigionia questo ruolo viene assegnato al potere pontificio.
Per Campanella la comunità umana è assicurata dalla religione, quindi si governa “facilmente” una
popolazione unita dalla stessa religione e da ciò egli concludeva che il potere esercitato dal papa sui
cristiani fosse imperfetto perché sprovvisto della necessaria forza temporale per congiungere la
società. Come Machiavelli, Campanella affermava che instaurano governi duratori coloro che
uniscono la predicazione alle armi (es. Mosè). Inoltre egli metteva a confronto il regno di Saturno
(sacerdotale, senza potere temporale) con quello di Giove (sacerdoti armati, più forti).
4. a Sant’Elmo nell’estate 1606
Nel 1604 Campanella fu spostato nelle prigioni di Castel S.Elmo per volere dell’autorità spagnola.
La situazione esterna però si fece a lui propizia, giacchè cambiò tutto il vertice della chiesa
napoletana che aveva operato durante il processo e quindi i nuovi insediati potevano essere più
disponibili verso il recluso. Campanella promosse una campagna in proprio favore, inviando per
prima cosa un memoriale ai vertici ecclesiastici per favorire un incontro. Potremmo dire che, tra
potere spagnolo ed ecclesiastico, quest’ultimo fu più benevolo verso Campanella visto che fu la
corona spagnola a volere il carcere duro a S.Elmo. Campanella descriveva, negli scritti, la sua
condizione come fatale, agonizzante, alludendo a voler rilasciare una confessione per scarico di
coscienza. Il filosofo, così, riuscì ad ottenere un incontro col vescovo-inquisitore Gentile ma, al
posto della confessione, egli presentò un discorso apologetico che costituisce, fondamentalmente, la
trama del suo Ateismo trionfato. Campanella, infatti, co