Riassunto esame Storia della pedagogia e delle istituzioni educative, prof.ssa Seveso, libro consigliato Ti ho dato ali per volare, Gabriella Seveso
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Per quanto riguarda le feste,queste si succedevano in modo irregolare ma con notevole frequenza nel
calendario della città. Erano rivolte,inoltre,sia a tutti/e sia a particolari categorie (donne,uomini,ragazze,…) e
rafforzavano l’ideologia vigente,o ne comunicavano una nuova.
Era un dispositivo pedagogico tanto più efficace quanto coinvolgeva tutti e permetteva di fruire dei messaggi
contenuti nelle manifestazioni di arte figurativa (scultura,pittura,architettura).
Per quanto riguarda le opere artistiche,ad Atene ,a a partire dal VI secolo e nel V si verificò una grandiosa
opera di costruzione e ricostruzione di edifici pubblici, in particolare sacri , i quali costituivano un medium
potentissimo per veicolare messaggi circa l’ideologia della città.
Ad esempio, il Partenone era decorato con sculture su fregi,metope,basamenti,timpani ed esibiva centinaia di
metri di narrazione ,centrata sulla celebrazione delle lotte dei Greci contro le Amazzoni , Centauri e Lapiti.
Dunque l’opera artistica fungeva da strumento di propaganda ideologica ,distaccandosi così dal semplice
perseguimento di un ideale di bellezza e di gusto estetico.
Inoltre era inserita in un progetto architettonico molto più complesso che prevedeva una serie di edifici atti a
fornire un preciso messaggio formativo. L’uso formativo dell’opera d’arte dell’antichità classica e di tutte le città
greche non fu del tutto comprensibile a causa del fatto che gli edifici furono danneggiati da agenti atmosferici.
TEATRO :
Gli spettacoli teatrali furono una delle massime espressioni culturali, alla cui base vi era un forte scopo
formativo per i cittadini e le cittadine.
Erano esperienze totalizzanti per la tempistica ( 3 giorni),la collocazione simbolica (nelle feste), il forte legame
con la religiosità e il sacro,la scenografia e i costumi.
Il teatro faceva riferimento a narrazioni mitologiche,le quali erano un mezzo per tramandare una memoria
storica,e per trasmettere valori e credenze.
La procedura per mettere in scena uno spettacolo era complessa , in quanto prevedeva un’opera di censura
da parte di magistrature competenti,le quali valutavano la coerenza di questo con il rispetto dei valori
tradizionali e con l’aderenza agli ideali della città.
Nel caso della commedia,questa non attingeva le proprie trame e personaggi dal patrimonio mitologico;
tuttavia,tanto le tragedie quanto le commedie perseguivano uno scopo etico e morale, dunque formativo,
servendosi del mito quale fonte di ispirazione e proponendo riflessioni sui ruoli sociali,sulle regole e sui valori.
Mario Vegetti definì il teatro “specchio della città” e delle sue esigenze morali,delle sue crisi e delle sue
contraddizioni. Dunque,attraverso il teatro il pubblico tanto aveva la possibilità di ricevere messaggi educativi
controllati e consoni all’ideologia quanto poteva esprimere la propria approvazione o disapprovazione.
(RIFERIMENTO A PAG. 44)
Un esempio di testimonianza circa la funzione formativa del teatro è presente in alcuni passi delle commedie
di Aristofane , dedicati alla tematica della funzione dell’opera d’arte , tematica presente ne “Le rane”,opera al
cui centro si trova il confronto tra Eschilo ed Euripide riguardante la prospettiva circa i valori della tradizione. In
altre opere di Aristofane viene messa in luce la finalità formativa della commedia,nonostante la trama buffa.
Il commediografo,dunque,si assume una vera e propria funzione educativa nei confronti del pubblico.
Il teatro divenne dunque , nel V secolo , spazio di riflessione attorno a temi pedagogici , quali , ad esempio , la
finalità dell’educazione, il ruolo del maestro, la funzione della scuola ,presenti nelle rappresentazioni teatrali di
Sofocle , Euripide e Aristofane.
CAPITOLO 2 : IL MITO FONDATORE E L’EDUCAZIONE IN ETA’
ARCAICA
Il mito di Chirone
Il centauro Chirone è la figura mitologica che rappresenta il maestro. Questo nacque dall’unione adulterina di
Crono e Filira . Rea , moglie legittima di Crono , scopre i due amanti e fa sì che Crono diventi un cavallo e
Filira generi un bambino per metà uomo e per metà cavallo : Chirone.
Filira , presa dal disprezzo per la mostruosità del proprio bambino ottiene di essere trasformata in un tiglio.
Chirone viene istruito da Apollo e Artemide nella caccia,nella medicina,nella musica e nella ginnastica,nell’arte
della profezia e in altre arti; diviene dunque il saggio re dei Centauri e maestro di quasi tutti gli eroi protagonisti
dei racconti mitici e greci , per essere eruditi ed educati( es. Giasone, Aristeo , Medeo ). Inoltre diviene
maestro di Asclepio e Achille.Il primo viene istruito nell’arte della medicina , il secondo nell’uso delle armi e
delle arti.
Solo in seguito, Achille sarà cresciuto da Fenice, amico del padre, a cui Chirone darà il compito di perfezionare
la sua opera educativa.
Nella figura di Chirone si può individuare la presenza di categorie opposte: umana e divina,umana e
animale,immortale e mortale( questo decide infine di divenire tale),re caratterizzato da irrazionalità e,al tempo
stesso,massimamente saggio; inoltre , vive una vita selvatica,ma insegna agli eroi i valori fondanti la comunità
umana.
Dunque,quella che emerge è la figura di un maestro che sa conoscere anche la natura.
Un aspetto significativo significativo della relazione maestroallievo è l’eliminazione del femminile,escluso così
dalle forme di trasmissione del sapere della comunità e dal percorso di formazione.
A questa si aggiunge la delega da parte del maschile,in quanto il padre affida il figlio a Chirone , e ciò indica
che l’opera educativa avviene al di fuori della famiglia, su esplicita delega.
L’opera del maestro,nel caso di Chirone , avviene nella sua dimora ,in una grotta in mezzo alle montagne.
Chirone educa alle regole del vivere civile e ai precetti della comunità umana ,ma al di fuori di essa,incarnando
così l’archetipo del maestro che si allontana dal resto della comunità. Inoltre, è una figura attenta tanto alla
cura quanto all’educazione,quindi alla cultura. Non vi è dunque una scissione tra l’istruzione e
l’educazione,entrambe sono presenti nell’opera educativa di Chirone .
Per quanto riguarda la cura , questa prevede tanto quella educativa quanto quella medicofisica ,in quanto
esperto nella cura dei corpi e delle malattie.
LA RELAZIONE EDUCATIVA IN ETA’ ARCAICA
Per quanto riguarda la forma di trasmissione culturale da una generazione all’altra nella Grecia arcaica, si può
affermare che, probabilmente, secondo quanto ricorda Werner Jaeger , fosse trasmissione di precetti e
prescrizioni relative alle relazioni umane e sociali, alla religiosità e alle norme comportamentali, contenuti
espressi tanto nelle tragedie quanto nelle commedie.
Tra i valori trasmessi vi sono, ad esempio, il rispetto per i genitori e i legami familiari , l’accoglienza dell’ospite e
la venerazione degli dèi.
In questo periodo storico,quale il V secolo a,C. l’obiettivo educativo è la trasmissione dell’areté , intesa come
virtù eroica,eroismo guerriero.
La relazione educativa era esclusivamente al maschile; la trasmissione di saperi al femminile avveniva
all’interno delle mura domestiche.
Per quanto riguarda le testimonianze letterarie e quindi fantastiche ,ma contenenti elementi della realtà del
tempo, vi è quella presente nel IX libro dell’Iliade ,dove viene descritto l’incontro tra Achille e il suo tutore
Fenice,cui era stato affidato dal padre Peleo e dallo stesso Chirone.
Fenice si definisce come colui che insegna tanto l’abilità del discorso quanto la capacità di ben operare.
Il dialogo prosegue con la narrazione della storia della giovinezza di Fenice stesso e delle cause che l’hanno
portato a divenire maestro di Achille.
La relazione insegnanteallievo avveniva tramite delega da parte del padre a un amico di famiglia fidato e lo
scopo educativo era legato alla formazione di un giovane che possedesse l’arte del discorso,quindi la
capacità di esercitare il suo potere nello spazio politico e anche la capacità di operare.
La relazione si attuava in un rapporto tanto di trasmissione dei contenuti e/o abilità quanto di affetto,dedizione
e sintesi di educazione e istruzione.
Fenice rappresenta un esempio di educatore / insegnante inascoltato conseguenza : fallimento della
relazione educativa.
Telemaco , al contrario, ascolta la figure educative e si trasforma in un coraggioso e determinato viaggiatore
presso le corti dei Greci, mutamento questo che indica la consapevolezza dell’importanza dell’opera educativa
e dello scopo trasformativo che essa persegue.
Platone , nella “Repubblica” ricorda Omero quale maestro di vita,poiché riconosce il potere educativo dei suoi
poemi.
Gli eroi omerici sono il perno delle modalità educative tipiche dell’epoca arcaica, le quali vedevano un anziano
prendersi cura di un giovane,trasmettendo i valori incarnati dagli eroi stessi.
L’esemplarità degli eroi non era rivolta a tutti ma solo a coloro che appartenevano ad uno status sociale
aristocratico e il tipo di relazione educativa era fondata sulla dimostrazione e basata sulla condivisione della
segretezza dei saperi tra l’allievo e un anziano. Dunque non era una relazione fondata sulla trasmissione di
saperi pratici ,ad esempio connessi all’esercizio di un mestiere o di una professione.
A fondamento dei valori trasmessi dall’esempi eroico c’era l’importanza dell’intreccio tra cura del corpo e cura
della mente,in quanto l’eroe omerico era sintesi di virtù e forza,caratteristiche che coincidono con il suo
compito sociale,quale difendere la comunità.
Secondo Mario Vegetti il carattere agonale della virtù rendeva impossibile la convivenza sociale ; a questa
aporia ,nel VI E V secolo a. C,fu proposta una soluzione : rendere possibile la convivenza associata attraverso
la forma della polis ( la quale fa tramontare la relazione educativa fondata sull’esclusività dell’appartenente
sociale ).
CAPITOLO 3 : LA RIVOLUZIONE PEDAGOGICA DEI SOFISTI E
DI SOCRATE
A partire dal VI e soprattutto durante il V secolo vi furono mutamenti politici e sociali che comportarono
mutamenti della relazione educativa.
Le “scienze” che si occupano dell’uomo evolvono verso un atteggiamento di indagine : ad esempio,la
storiografia di Tucidide si distanzia da quella precedente proposta una storiografia come scienza
rigorosa,indagine sui fatti accaduti,ricostruzione il più possibile fedele di fatti e discorsi pronunciati.
L’affermazione di questa avviene in maniera non priva di travagli ed interrogativi.
Per quanto riguarda la medicina, questa sviluppa una tradizione ionica dell’osservazione naturale , diversa
dalla tradizione idealista,e il Corpus Ippocratico ne è l’emblema.
Secondo quest’ultimo,la medicina è scienza fondata sulla raccolta e il confronto di dati particolari che vanno a
costruire idee generali,dunque basata sull’osservazione di fatti e sull’esercizio pratico che consente lo studio
dei corpi e degli ambienti.
Tale evoluzione della medicina fu possibile grazie a un cammino di compromesso tra differenti tradizioni di
saperi e di poteri.
L’essere umano è visto come parte integrante dell’ambiente e della natura,da studiare nel suo habitat.
Considerando il trattato “Delle arie ,delle acque e dei luoghi”, questo studia i vari tipi umani e le loro
predisposizioni tenendo conto dell’influenza del clima sulla costituzione fisica e dell’intreccio tra clima,fisico e
condizioni politicosociali.
L’introduzione di questo testo tratta indicazioni precise sulla metodologia fondata sull’attenta osservazione
metodologia
concezione della che porta ad una concezione dell’apprendimento quale basato sull’equilibrio tra
esperienza empirica e vaglio intellettuale. Cambiando la metodologia cambia anche il linguaggio,che diviene
contrassegnato da termini che rimandano alla gamma semantica della chiarezza,certezza e precisione.
Per quanto riguarda le norme,il dibattito prese piede in quasi tutte le espressioni culturali del V secolo. Un
celebre momento di riflessione su questo tema è il confronto tra Antigone e Creonte nell’ ”Antigone” nella cui
opera Sofoclea è l’eroina che sancisce la separazione tra universo di Zeus e di Dike e quello giuridicopolitico
di nomos.
La scrittura della legge è dunque separazione tra dimensione politica e sacra cos ì entra in crisi
l’elaborazione partita da Esiodo. La legge è dunque elaborazione delle comunità umane,quindi non esiste un
criterio che la ritenga gusta in assoluto tema del relativismo ,sottolineato di sofisti,in particolare quello delle
consuetudini e quindi l’arbitrarietà del considerare un popolo migliore o superiore ad altri poiché,se le leggi
sono stabilite dagli uomini,gli esseri umani sono tutti uguali. Non esiste una legge migliore di un’altra ,poiché la
legge è sovente il diritto stabilito dal più forte ,dunque la legge della polis è messa in discussione come norma
giusta.
Questo tema viene affrontato nelle “Storie “ di Tucidide,nel “Gorgia”,nella “Repubblica”.
Il dibattito sulla giustizia o meno delle leggi viene affrontato in alcune opere di Euripide,prima fra tutte “Le
supplici”,dove vi è una condanna alle atrocità della guerra e l’affermazione della legge quale unica possibilità
di accordo all’interno delle comunità umane.
In altre opere Euripide nutre angosciosi interrogativi sulla validità delle leggi,in quanto ogni popolo ritiene che
le proprie siano migliori di quelle altrui,ad esempio Giasone ,che tradisce la fedeltà di Medea e si proclama
appartenente alla terra di Grecia ,quale patria di leggi e di giustizia,in contrapposizione con la terra selvaggia
da cui proviene Medea.
Il dibattito sulla giustizia emerge anche dagli scritti medici ,all’interno dei quali viene risolto in una concezione
che vede l’ambiente naturale e le strutture sociali come fattori entro i quali prende forma l’assetto individuale e
dei popoli.
E’ un dibattito che compare in molteplici testi filosofici,politici,teatrali e storici scardinando il legame tra
religione e politica e ponendo l’accento sulla relatività di norme e costumi.
ALCUNI TRATTI COMUNI
Platone è il primo filosofo di cui si hanno scritti.
Per quanto riguarda Socrate e i sofisti le loro parole sono tramandate attraverso il filtro deformante della
tragedia e commedia antica e quello dei dialoghi platonici.
Socrate,difatti,non scrisse nulla,mentre le opere di alcuni sofisti,primo tra tutti Protagora , furono soggette a
tragiche vicende.
Per quanto riguarda le caratteristiche di Socrate e sofisti :
la loro apparizione sulla scena culturale avvenne all’interno di un clima culturale caratterizzato dalla riflessione
sull’essere umano e sulle relazioni umane.
proposero un’analisi sistematica e una messa in discussione delle differenti dimensioni dell’educare : i
contenuti trasmissibili , il ruolo del docente , il profilo professionale dell’insegnante e altre questioni.
Werner Jaeger parlò di tecnicizzazione dell’educazione,a proposito del movimento sofistico,poiché gli
esponenti utilizzano il termine techne al fine di designare l’arte di trasmettere le conoscenze.
L’uso del termine , da parte dei sofisti , rimanda a molteplici significati e identifica l’opera del maestro come
arte,artificio,capacità di forgiare,ma anche come mestiere che segue proprie regole.
La riflessione sofistica e socratica è basata su tali regole e sulle dimensioni dell’educare.
Vi sono elementi in comune tra il movimento sofistico e la predicazione socratica ,motivo per il quale sono stati
sovente sovrapposti e/o confusi gli uni con gli altri.
Nella commedia “Le nuvole” di Aristofane viene descritto in modo significativo come Socrate e i sofisti fossero
percepiti da uomini e donne del tempo.
Socrate era percepito come fondatore di una scuola iniziatica( con tratti simili alle confraternite misteriche).Al
tempo stesso viene descritto come intento ad esaminare alcuni interrogativi naturalistici.
Durante la notte studia i percorsi della luna e i suoi discepoli si dedicano ad esaminare questioni di geometria
e astronomia. Attraverso la commedia viene in luce come Socrate fosse percepito continuatore di molteplici
filoni di riflessione presenti in ambito greco : naturalisti della scuola ionica,tradizione orficopitagorica e
sciamanismo di Anassagora.
Un tratto che compare nella commedia e accomuna Socrate e i sofisti è la loro fede in divinità non
tradizionali,quali le Nuvole,per l’appunto,a cui il filosofo rivolge una solenne preghiera.
Nella commedia Socrate e i sofisti sono rappresentati come coloro che incarnano una torsione della riflessione
filosofica che assume una forte tensione pedagogica.
La meta fondamentale della riflessione è la ricerca di una consapevolezza critica , la quale è connessa con
l’affermazione di una cultura scritta.
La torsione pedagogica della riflessione filosofica costituisce una risposta significativa e immediata ad
interrogativi della cultura del tempo.
La problematica del rapporto tra insegnamento e ricerca e tra ricerca,studio e politica fu molto sentita nel V e
nel IV secolo e rintracciabile,ad esempio,nell’ ”Epitaffio” pronunciato da Pericle in onore dei caduti ateniesi
del primo anno di guerra “Ci dedichiamo al sapere,ma senza debolezza” la frase descrive la cultura ateniese
quale basata sull’insegnamento e lo studio al fine di operare nella realtà politica e quindi una delle tematiche
più sentite dalla cultura dirigente del tempo, la quale riemerge anche nel Gorgia platonico dove Callicle
afferma che la ricerca sia un’attività a cui dedicarsi ai fini del completamento della propria educazione.
Socrate considera la ricerca come elemento decisivo nel portare ciascuno ad interrogarsi su se stesso e su ciò
che lo circonda.
Secondo i sofisti vi è un legame tra ricerca e insegnamento. Il compito del maestro e della politica è quello di
formare un futuro cittadino che sappia affrontare l’agone politico.
Secondo Socrate la ricerca deve essere sostenuta dalla consapevolezza dell’esistenza di una verità.
Secondo i sofisti la ricerca conduce all’impegno politico,mentre secondo Platone la ricerca è indirizzata alla
verità e conduce all’impegno.
Accanto alla tematica della ricerca vi è la problematica del pensiero socratico e sofistico,quale la formazione
del cittadino. Socrate si propone di far diventare i cittadini più auto consapevoli,chiedendosi cosa sia la virtù
(l’areté) e se sia insegnabile,interrogativo rintracciabile anche nella predicazione di tutti i sofisti ; quindi
l’esistenza della città è basata sulla compartecipazione dei cittadini, che devono essere consapevoli e
“virtuosi”.
Socrate e i sofisti diedero risposte molto differenti riguardo il problema dell’ insegnabilità della virtù stessa. I
sofisti formano all’insegna del relativismo ,in quanto intendono formare persone che saranno partecipi di una
forma sociale e politica e anche consce della discutibilità della forma politica.
Socrate esplicita una forte esigenza di interiorizzare le regole,trasformando la sophrosyne politica in norma
comportamentale individuale,giungendo ad una saggezza pratica che equilibri piaceri e dolori.
Il ruolo dell’insegnamento viene messo in discussione : il maestro è colui che produce un sapere e porta
innovazione e criticità ( e non che riproduce il sapere tramandato dalla tradizione).
Socrate e i sofisti propongono una nuova concezione della formazione quale riflessione critica ,tematica che si
intreccia con un’altra,quella della differenza tra innato e acquisito.
Vi è un rovesciamento dell’idea di formazione quale percorso che suscita virtù innate; inoltre vi è una messa in
discussione di valori trasmessi mnemonicamente dall’educazione arcaica. Secondo l’educazione arcaica,l’idea
di crescita era strettamente connessa con la possibilità di coltivare una virtù che fosse già presente
nell’uomo,in quanto appartenente ad una classe sociale.
La crescita , secondo Socrate e i sofisti , avviene grazie all’interazione tra l’individuo e l’ambiente circostante.
Secondo Socrate,la crescita si ha grazie al raggiungimento di un’autoconsapevolezza attraverso il dialogo tra
maestro e allievo.
Secondo i sofisti , questa si ha grazie al raggiungimento della capacità critica e argomentativa,attraverso la
pratica dell’insegnamento e della riflessione su valori e significati.
Il carattere eversivo di queste riflessioni porterà all’accusa di eresia e alla condanna a morte o all’esilio,che
accomuna Socrate e i sofisti.
CAPITOLO 4: SOCRATE E I SOFISTI : UN CONFRONTO
LA NECESSITA’ DI UN’EDUCAZIONE EXTRAFAMLIARE
La tematica della relazione maestroallievo era molto sentita nella cultura ateniese del V e del IV secolo.
Nel teatro comico di Aristofane è centrale l’interrogativo sul profilo professionale del maestro,o sulla relazione
maestroallievo ne” Le nuvole” e “I banchettanti”;
Ne “Le Nuvole” vi è l’immagine di un padre che spinge il figlio a frequentare la scuola di Socrate , nella
speranza che possa essere utile ; la commedia ,dunque, testimonia quanto un’educazione extrafamiliare sia
ritenuta dal commediografo estremamente significativa.
Ne “Le rane” Aristofane sottolinea tanto l’importanza tanto della scuola quanto dell’insegnante per i più piccoli
e/ o giovani quanto la centralità della formazione diffusa e permanente negli adulti.
Nella commedia “Lisistrata” vi è una descrizione della formazione delle ragazzine attraverso i rituali della
comunità.
Nel “Pluto” viene rappresentato Cremilo , un padre talmente preoccupato per la formazione del figlio da
chiedere ad un oracolo.
Lo spettacolo teatrale divenne così un’occasione di riflessione sulla formazione extrafamiliare e sulla relazione
maestroallievo.
Socrate e i sofisti sostenevano la necessità di un’educazione non limitata all’ambito familiare e di una delega
da parte della famiglia,la quale doveva affidare i giovani ad insegnanti che trasmettessero la virtù politica.
IL MAESTRO E L’ALLIEVO : RELAZIONE SIMMETRICA O ASIMMETRICA?
Socrate e i sofisti proposero due modelli molto differenti nella concezione del processo formativo,distaccandosi
dal modello eleatico di formazione che vedeva il maestro come colui che possedeva la verità assoluta.
relativismo
Dunque,alla base del loro modello pedagogico aveva forte rilevanza la presenza del : nessun
uomo,anche se saggio,secondo loro,poteva superare il limite del proprio punto di vista. Il modello del
relativismo portò a concepire il rapporto insegnanteallievo come occasione per divenire cittadini responsabili,
non per conoscere la verità assoluta.
La relazione maestroallievo ,secondo entrambi,era molto differente ;secondo i sofisti,era basata su un’idea
asimmetrica; secondo Socrate su una simmetrica,quindi sul dialogo e sulla ricerca della verità. Per idea
asimmetrica della relazione si intende che questa sia connessa con una concezione della trasmissione della
conoscenza più unilaterale. Al contrario,per idea simmetrica si intende che questa sia connessa con l’idea che
il maestro debba sollecitare ciò che è già posseduto dall’allievo.
Il modello relazionale di Socrate fu ben esemplificato dal dialogo Alcibiade I ; quello proposto dai sofisti fu
descritto da Platone in forme differenti.
Nell’Alcibiade I , la relazione è fondata più sulla reciproca conoscenza che su variabili cognitive , su un
percorso dialogico che parte dalla consapevolezza di una mancanza da parte dell’allievo; dunque , solo
quando l’alunno è inquieto e insoddisfatto si può promuovere un itinerario di ricerca che coinvolge entrambi i
poli della relazione.
Il ruolo del maestro diviene quello di sostenere l’allievo e guidarlo nel dialogo,non quello di trasmettere
conoscenze.
Una descrizione diversa della relazione maestroallievo si trova nelle descrizioni di Platone riguardo i sofisti.
Questo , nelle pagine introduttive del “Protagora” , presenta le principali figure di sofisti , narrate per mezzo
dello sguardo di Ippocrate che si sta recando in casa del ricco mecenate ateniese Callia con Socrate. Il primo
personaggio ritratto è Protagora,giunto ad Atene dopo molti anni. La relazione è improntata ad una rigida
gerarchia : l’insegnante spiega e gli allievi sono suddivisi per competenze e più o meno vicini al maestro.
La trasmissione delle conoscenze è di tipo unilaterale e la relazione e la lezione sono descritte come una
rappresentazione teatrale,poiché maestro e allievi si muovono su un ipotetico palcoscenico costituito dal cortile
della casa,con una coreografia che accompagna la trasmissione delle conoscenze.
Ippia è descritto come maestro cattedratico e quasi autoritario. Demarca in maniera netta il ruolo di
trasmissione di conoscenze specifiche relative ad alcune discipline.
Nel modello di relazione educativo di Ippia l’allievo è coinvolto solo se propone domande.
La lezione di Prodico è più una discussione tra i diversi partecipanti che una spiegazione da parte del maestro.
L’insegnante rimane comunque al centro del processo formativo ,dispensando conoscenze comprensibili.
DUNQUE , riassumendo, la differenza tra la concezione della relazione educativa di Socrate è diversa da
quella dei sofisti: il primo è fautore di una relazione dialogica e simmetrica. I secondi sono fautori di un modello
più autoritario.
Questa differenza fa sì che per Socrate la relazione non termini alla fine del processo di apprendimento,anzi
sia interminabile.
Dunque,gli aspetti positivi della proposta socratica sono l’attenzione alla conoscenza dell’altro e il
coinvolgimento emotivo.
Per quanto riguarda la proposta sofistica,l’aspetto positivo è il riconoscimento esplicito di una differenza di
sapere e di potere di una relazione formativa.
IL MAESTRO : PROFESSIONE O MISSIONE?
I sofisti proposero una concezione dell’insegnamento quale professione ,quindi deve essere retribuita in
contrasto con una tradizione che aveva guardato alla relazione educativa come fondata sulla gratuità perché
investita di un alone etico e sacrale. Per quanto riguarda le testimonianze,è possibile scorgere la presenza di
Platone ,che fa presente nel Menone e nell’Ippia Maggiore la sua critica nei confronti dell’insegnamento
retribuito.
Nell’Ippia Maggiore la professione del sofista viene paragonata a professioni manuali ,le quali,nella cultura
greca, erano contrapposte all’attività intellettuale.
Nel “Protagora” Socrate discute con Ippocrate ,che l’ha invitato presso la dimora del ricco mecenate ateniese
Callia per ascoltare Protagora ; Socrate chiede al ragazzo cosa si aspetti dalla predicazione del sofista
proponendo un paragone co il medico o lo scultore,ricordandogli che,rivolgendosi a questi,lo farebbe per
divenire buon medico o scultore.
Poi paragona il mestiere di sofista a quello manuale,quindi lontano dall’essere intellettuale(quale potrebbe
essere quello del maestro).
Socrate,poi,rivolgendosi ad Ippocrate rivela quanto l’opera dei sofisti possa essere dannosa.
Ippocrate risponde che il sofista è esperto nel rendere abili a parlare; Socrate allora associa i sofisti a
commercianti all’ingrosso o al minuto,che, di città in città, lodano merci illudendo i compratori.
Le conoscenze vengono paragonate a cibo e bevande che si possono mettere in recipienti,ma che possono
essere guaste o dannose.
Socrate definisce il sofista richiamando alla dimensione dell’illusione,dell’inganno e della pubblicità verso i
compratori,delle merci che possono essere tanto buone quanto dannose. Mette in guardia Ippocrate
contrapponendo a queste merci l’anima o ciò di cui si nutre quest’ultima.
Secondo Socrate la retribuzione dei sofisti è ancor più scandalosa in quanto vi sono differenti compensi a
seconda delle differenti prestazioni ,quasi come se l’insegnamento potesse essere quantificato e mercificato
come gli altri prodotti,come appare nella battuta ironica di Socrate ad Ermogene nel “Cratilo”, che riporta il
sentimento di disapprovazione tanto di Platone quanto dei contemporanei.
Platone lancia dunque una condanna a tutti i sofisti,la cui causa è il fatto che i contenuti della conoscenza
divengano un prodotto quantificabile scambiato con denaro. La condanna si fa molto pesante nell’”Apologia di
Socrate” : i sofisti,in quanto convinti di essere professionisti da retribuire,si dedicano ad una “pubblicizzazione”
della loro arte si recano di citt à in città cercando di affascinare il pubblico per convincere i giovani a seguire
le loro lezioni.
RIFERIMENTO A PAG. 89
All’interno,ad esempio,del “Gorgia”, è possibile cogliere descrizioni fortemente satiriche di sofisti intenti a
pubblicizzare la loro arte.
Callicle si rammarica con Socrate per non essere riuscito a vedere l’esibizione di Gorgia stesso.
Dunque ,Socrate e i sofisti proposero opposte concezioni di insegnamento,con opposte conseguenze sociali.
Secondo Socrate,l’insegnamento deve essere una professione caratterizzata dalla gratuità,in quanto
missione,e deve essere accessibile a tutti i cittadini. Il maestro è visto come “maestro di vita” .
Secondo i sofisti l’insegnamento deve essere una professione da retribuire ,creando così una selezione
sociale: solo coloro che possono pagare possono accedere a forme di apprendimento e di insegnamento di
buon livello.
Nel contesto storico e culturale di appartenenza di Socrate e dei sofisti le pratiche educative non furono
influenzate da questo dibattito.
Com era visto il maestro? Per i primi gradi di istruzione era dedito a un’opera di istruzione e privo di funzioni
educative figura dequalificata.
L’insegnamento rivolto ai giovani nelle scuole di alta cultura,retorica e filosofia : rimase una pratica elitaria
fondata su una relazione maestroallievo alla cui base c’era la gratuità e una forte tensione etica,perché
riservata a classi sociali elevate.
I CONTENUTI DELL’INSEGNAMENTO : EDUCARE O ISTRUIRE?
Socrate e i sofisti furono condannati all’esilio o alla morte per avvelenamento,in quanto ritenuti colpevoli di
corruzione dei giovani. I contenuti e i metodi di insegnamento furono considerati eversivi e perniciosi per la
collettività e le nuove generazioni.
Protagora nell’omonimo dialogo platonico, definendo la propria attività,parlò di “educare gli esseri umani”.
Nel dialogo vi è una discussione tra Socrate e Protagora , impegnati entrambi a rispondere all’interrogativo del
V secolo : la possibilità o meno di insegnare la virtù. Per entrambi questa coincide con la preparazione morale
e politica dei futuri cittadini .Il tema della virtù si riallaccia a profondi interrogativi pedagogici,a quali Socrate e
Protagora forniscono risposte differenti; secondo Protagora la capacità politica si può insegnare,è quindi
raggiungibile con l’impegno. Secondo Socrate la virtù non può essere insegnata.
Nel dialogo poi,c’è un’accesa discussione sulla definizione del concetto di virtù,su quante e quali siano le virtù;
la discussione si conclude con la messa in luce di un’aporia : secondo Protagora la virtù è insegnabile ma non
è conoscenza; secondo Socrate la virtù coincide con la conoscenza e non è insegnabile.
Il Menone è un dialogo interamente dedicato alla problematicità dell’insegnabilità della virtù e del metodo
risolta l’aporia : la virtù viene identificata con la conoscenza.
Nonostante l’aporia,il dialogo risulta interessante in quanto fa riflettere sulla differenza dei contenuti e delle
finalità educative proposte da Socrate e dai sofisti. Il tema della virtù e le aporie che esso comportava erano
problematiche molto sentite nella cultura del tempo,tanto che comparirono in numerosi testi teatrali;
ad esempio,i testi di Euripide,quali “Medea “ e “Ippolito” ; in quest’ultimo viene messo in luce come sia
insufficiente conoscere il bene per saperlo attuare.
Socrate e i sofisti diedero risposte molto divergenti riguardo il problema della virtù , strettamente connesso con
quello dei contenuti di insegnamento.
Socrate propone un richiamo alla tradizione dell’anima; i sofisti un richiamo ad una concezione di
insegnamento più connessa con l’apprendimento di competenze e conoscenze,svincolate da un orizzonte
metafisico e morale.
Il tema dell’anima rende divergente il percorso educativo e le finalità di Socrate e dei sofisti e viene messa in
luce una diversa immagine del maestro:
x Socrate : colui che guida verso la virtù
x i sofisti : colui che dispensa ai discepoli alcuni insegnamenti per padroneggiare il discorso.
Non tutti i sofisti si pongono come finalità educativa il conseguimento della virtù quale saggezza politica e ciò è
evidente nel “Protagora” dove Platone fa affermare all’omonimo protagonista che la materia del suo studio è un
discernimento tanto delle cose domestiche quanto di quelle politiche.
Il tema viene affrontato anche nel “Menone” ,dialogo all’interno del quale emergono differenze tra i sofisti.
Emerge,per mezzo di Menone , il pensiero di Gorgia quale è formare buoni parlatori.
Per alcuni sofisti il fine dell’insegnamento è quello di governare meglio la città o di trarne un proprio
utile,oppure di trasmettere contenuti e non valori, importanza che emerge dall’ideale della politmathia , ovvero
la conoscenza di ogni scienza o arte,ideale proposto dai sofisti. Il perfetto sofista deve avere un’adeguata
conoscenza di qualsiasi argomento,secondo Gorgia e Ippia.
Socrate,in un passo del Gorgia e in un altro dell’Ippia minore, descrive i sofisti enumerando una grande
quantità di conoscenze e competenze e utilizzando termini della sfera semantica del
“mostrare,apparire,esibire”.
Cosa emerge?
L’idea di Platone,riguardo i sofisti,i quali possiedono sì tante conoscenze in diversi ambiti del sapere,ma la loro
conoscenza è più fondata sull’esibizione che sulla ricerca di valori.
Le tematiche socratiche e dei sofisti e le soluzioni proposte anticipano problematiche della storia della
pedagogia occidentale. Le soluzioni proposte richiamano la problematicità della finalità dell’opera del maestro
e della scuola,finalità lacerata tra due polarità: dell’istruzione e dell’educazione (L’ISTRUZIONE VISTA COME
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher i.caracciolo6 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della pedagogia e delle istituzioni educative e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Milano Bicocca - Unimib o del prof Seveso Gabriella.
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