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Suono e arte - Capitolo 1
martedì 16 aprile 2019 - 18:53
IL TEMPO
Il tema del tempo è centrale in musica poiché la musica stessa è solo una questione di tempo.
La musica, insieme a letteratura e poesia viene classificata nella arti temporali, a differenza delle altre arti (pittura, scultura e architettura) che vengono classificate in quelle spaziali.
Questo avviene perché le prime necessitano del tempo e di tempo per manifestarsi attraverso azioni esecutive e non hanno una completa rappresentazione poiché non sono fruibili in ogni momento nella loro interezza.
Questa distinzione non si basa sulla considerazione dei sensi coinvolti nella percezione del tipo di arte. La musica, infatti, come la poesia, il romanzo e il cinema coinvolge sia l’udito che la vista (dello strumento che la riproduce e del suo esecutore).
LO SPAZIO LEGATO AL CONCETTO DI TEMPO
La musica necessita anche di uno spazio in cui diffondersi. Creando così una fluida reciprocità tra spazio e tempo. Il tempo governa l’intera realtà ponendo qualsiasi cosa nella posizione dinamica e trasformativa in cui il suono può essere visto come una testimonianza percepibile.
Lo spazio si riempie e si svuota di volta in volta del suono. Il tempo musicale si pone come veicolo di rappresentazione e organizzazione dello spazio.
Il tempo in musica può essere anche considerato come la localizzazione di una fase, di un periodo di tempo, come accade per le Stagioni di Vivaldi.
La manifestazione della musica si snoda e si definisce istante dopo istante. Il suono nasce, si sviluppa e muore come la vita stessa (concetto di impermanenza).
Si può dire che la musica rende percepibile il tempo, insieme alla consistenza del presente costituito dall’assenza che lo precede e che lo segue (mostrando quindi che il futuro non esiste se non nel presente in quanto attesa e che il passato non è se non nel presente in quanto ricordo).
La musica, però, presuppone un tempo altro (determinato dalla presenza e assenza di suoni in un determinato arco di tempo che seguono determinate strategie linguistiche ed espressive). La lunghezza di durata viene percepita in base al numero di eventi (e dalla loro complessità) che vengono terminati in quel lasso di tempo. Per questo il tempo musicale visto come processo di un insieme di suoni e silenzi viene definito tempo altro e tempo virtuale poiché in grado di quantificare e trasfigurare il tempo stesso insieme all’esperienza che se ne ha di esso.
In base alla densità degli avvenimenti musicali, la densità del tempo musicale si crea la drammaticità. Nell’800 romantico il tempo risente dei presupposti poetici, psicologici e drammatici dando all’ascoltatore un tempo instabile, come impreciso, la cui rappresentazione viene basata su una base metrica precisa. Nella musica moderna, invece, troviamo un tempo complesso. Il tempo musicale è soggetto a sperimentazione.
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Tempo lineare direzionato: continuum temporale in cui eventi si direzionano verso un finale prevedibile. Tipico dello stile tonale.
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Tempo lineare non direzionato: continuum temporale in cui eventi si direzionano verso un finale non prevedibile. Tipico dello stile tonale. Utilizzato in molte opere del primo e secondo '900.
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Tempo lineare multi direzionato: continuum temporale di una composizione costituita dalla successione di tanti istanti separati (o presenti istantanei). In alcuni passi di musica tonale ma soprattutto del primo '900 (Debussy).
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Tempo istantaneo o moment time: continuum temporale in cui eventi si direzionano verso un finale non prevedibile. La composizione parte e cessa semplicemente.
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Tempo verticale o vertical time: continuum temporale in cui non ci sono eventi separati e in cui tutto sembra far parte di un presente eterno.
IL SILENZIO
Il silenzio musicale, compreso tra l'inizio e la fine di un brano, è un vuoto dialetticamente efficace e utile al pieno. Del vuoto del silenzio funzionale si possono fare vari usi, come dimostrato dalle varie epoche, culture, stili e autori.
- Il silenzio fisiologico: lo stacco anche gestuale tra una nota e l'altra. È come un respiro.
- Il silenzio sintattico: è la pausa, la sospensione di un suono che demarca il disegno grammaticale e formale, come ad esempio la fine di un periodo. Simile ai segni di punteggiatura di un discorso scritto.
- Il silenzio espressivo: è una sospensione che sottolinea, preannuncia e prepara. Sfegua e precede un climax o un effetto.
- Il silenzio eloquente e simbolico: è un insieme di suoni non voluti. Un frammento di tempo generale completamente vuoto che si trasfigura in tempo musicale per il suo effetto di durata.
Bisogna, quindi, concentrarsi anche sulle assenze quando si ascolta un brano.
- Il silenzio extra musicale è la condizione temporale di ogni possibilità del suono e del suo contrario.
È importante pensare anche a dare attenzione ai diversi possibili modi di iniziare e terminare un brano attraverso strategie sonore e compositive. Da questo (quindi da come il suono entra nel ed esce dal tempo) si possono cogliere alcuni indizi riguardanti la caratterizzazione poetica e stilistica di alcuni autori.
Alcune eccezioni sono:
In 4'33" di John Cage l'inizio e la fine della composizione vengono dettati dall'apertura e la chiusura del coperchio della tastiera e che non rispetta un tempo musicalmente convenzionale.
In Organo Marino di Nikola Basic non ci sono silenzi e le note sono sempre diverse in quanto formate dal moto delle onde. Creando quindi una musica senza fine.
Suono e arte - Capitolo 5
martedì 23 aprile 2019 10:31
CONTRAPPOSIZIONE BINOMIALE TRA BELLO E BRUTTO
Con l'uscita nel 1853 dell' "Estetica del Brutto" di Karl Rosenkranz si chiude il periodo di riflessione estetica sul fenomeno artistico che vede la contrapposizione del Bello e del Brutto. A partire da Platone fino all'800 romantico e idealista di Hegel è presente questa contrapposizione, che varierà in base ai secoli e ai periodi fino a portare i due termini quasi a sovrapporsi e a coincidere.
Solo nel '700 si riesce a individuare, però, consapevolmente la natura e esplicitamente di questo binomio Bello-Brutto. Portando la seconda categoria ad essere fondamentale e uno strumento efficace alla rappresentazione. Creando un enorme divario rispetto a quelle che erano le posizioni di Platone nell'antichità riguardo all'argomento; per lui il Brutto era l'associarsi al caotico a ciò che è informe, come una negazione dell'opera d'arte.
Il trattato che raccoglierà questi pensieri antichi a quelli del XVIII secolo e che porterà alla formulazione del Brutto ottocentesco è il trattato Del Sublime risalente al I secolo. L'autore è ignoto ma viene attribuito allo Pseudo Longino. In essa il sublime si identifica con il bello (originato dall'ispirazione e dalla passione).
ESITE IL BRUTTO IN MUSICA?
La musica non ha, su questo tema, una regolamentazione basata su quei parametri destrutturanti, poiché "un fragore eccessivo è da solo sufficiente a sopraffare l'anima, a interrompere la sua azione e a riempirla di terrore". Mentre se spogliamo alcuni quadri degli elementi di raffigurazione dipendenti dal contesto, perdono il loro significato e la percezione che creano nell'osservatore.
A partire dal 1795, anno di stesura del saggio "Sullo studio della poesia greca" di Schlegel, si crea il concetto di Brutto vero e proprio. Questo concetto si svilupperà e trasformerà da questo momento in poi cambiando notevolmente tramite il neoclassicismo. Nel settecento era visto univoco era un cambio di prospettiva che aveva fabbricato un'innovazione (Bello) portando a una consapevolezza storica del valore del Brutto (mentre prima veniva visto come il contrario semplicemente del Bello).
Iniziarono vari studi a riguardo, soprattutto tedeschi ma anche italiani e in generale europei. Da qui si identificano due piani: livello teorico estetico e la realizzazione pratica dell'opera (modificata la prassi creativa e del contesto del soggetto creato, basandosi spesso sul comico e il caricaturale). La storia dell'arte e la scienza ad essa collegata iniziano, quindi, a prendere in esame dei nuovi soggetti che prima erano volontariamente stati esclusi (letterature d'appendice, romanzi neri, gotici, fantastici, realistici e raccapriccianti).
IL CONCETTO SI TRASFORMA (HECTOR BERLIOZ)
Con il '900 questi studi porteranno a sviluppare la teoria di una differenziazione tra la musica ben composta ma insignificante e quella avanzata esteticamente, d'avanguardia ma non canonica nel rispettare le convenzioni stilistiche formali dell'epoca; portando quindi a una revisione e trasformazione del concetto di buona e cattiva musica e di ben e mal composto.
Sul tema del brutto in musica Carl Dahlhaus ha scritto il saggio "L'estetica del caratteristico e del brutto" nel volume Realistico musicale. Nel trattato si rivela fondamentale Hector Berlioz e la sua Sinfonia fantastica (1830), che porta alla luce la consapevolezza del problema già in quel periodo. La particolarità di questo caso serve da parametro di riferimento per l'analisi, come se fosse un punto di partenza. Infatti la musica di inizi '800 inizia un progressivo avvicinamento al reale. "Berlioz non vuole risultare garbato o elegante, afferma con furia ciò che odia e, al contrario ciò che ama lo soffocherebbe in tenerezza."
In questo panorama di rifiuto degli artisti (basato sulla trasgressione, negazione e contraddizione consapevole dei diversi parametri compositivi) avrà un ruolo fondamentale e di influenza Beethoven . La connessione la possiamo ricondurre anche la Traviata e La signora delle camelie, oltre alla già citata Sinfonia Fantastica (in particolare il quarto e quinto movimento, Marcia al supplizio e Sogno di una notte di Sabba).