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2. DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E DEMOCRAZIA DIRETTA

Negli ultimi anni la richiesta di maggiore democrazia si è espressa come richiesta di

una democrazia diretta in luogo di quella rappresentativa. Richiesta già fatta da Jean-

Jacques Rousseau, il quale riteneva che il popolo inglese è libero solo in occasione

dell’elezione dei membri del parlamento ed una volta che questi sono stati eletti, essi

ritornano ad essere schiavi. Tuttavia Rousseau riteneva impossibile una vera

democrazia, poiché questa richiedeva delle difficili condizioni da mettere insieme: un

popolo esiguo, così rendere facile la riunione ed in cui tutti i cittadini si conoscessero;

una semplicità dei costumi che impedisse la complessità delle questioni da risolvere;

una uguaglianza di condizioni e fortune. Oggi naturalmente le società sono molto

complesse, così come i problemi da affrontare, quindi una società democratica come

la intendeva Rousseau è certamente impossibile da creare, di conseguenza se per

democrazia diretta si intende una partecipazione dei cittadini a tutte le decisioni che li

riguardano, è insensato parlarne. L’ideale del cittadino rousseauiano corrisponde al

“cittadino di Dahrendorf, corrispettivo dello stato totale: entrambi hanno alla

totale”

base la riduzione di tutti gli interessi umani agli interessi della polis che porta

all’eliminazione della sfera privata nella sfera pubblica.

Democrazia rappresentativa non è sinonimo di stato parlamentare, perché la prima

indica che le deliberazioni collettive non vengono prese direttamente da coloro che ne

fanno parte ma da persone elette a questo scopo, mentre lo stato parlamentare è

un’applicazione particolare del principio della rappresentanza, cioè è quello stato in

cui l’organo centrale a cui arrivano le istanze e da cui partono le decisioni collettive

fondamentali è rappresentativo, tale organo è il Parlamento. Tuttavia anche una

repubblica presidenziale è una stato rappresentativo.

Oggi gli stati rappresentativi sono quelli in cui il principio della rappresentanza è

esteso anche a tante altre sedi in cui vengono prese decisioni collettive (regioni,

province, comuni), ciò significa che è rappresentativo uno stato in cui le principali

decisioni politiche vengono prese da rappresentanti eletti.

Le democrazie rappresentative sono democrazie in cui per s’intende

rappresentante

una persona che a) in quanto gode della fiducia del corpo elettorale, una volta eletto

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non è revocabile perché non è più responsabile di fronte ai propri elettori; b) non è

responsabile direttamente davanti ai suoi elettori perché egli è chiamato a difendere

gli interessi generali della società civile e non gli interessi particolari di una categoria.

La polemica contro la democrazia rappresentativa si declina come critica al divieto

del mandato imperativo (rappresentanza come rapporto di fiducia in nome di un

e alla rappresentanza generale

vincolo più stretto fra rappresentante e rappresentato)

in luogo di quella di interessi o organica. Entrambi i temi appartengono al pensiero

socialista ed in particolare all’ideologia borghese della democrazia: il primo è

proprio del pensiero politico marxistico, infatti Marx sottolineava il fatto che nella

Comune parigina i consiglieri erano eletti a suffragio universale ed erano revocabili

in qualsiasi momento (il principio è diventato poi parte delle varie costituzioni

sovietiche ed esiste ancora oggi, è l’art. 105 della costituzione); il secondo fa capo

invece al pensiero socialista inglese di fine secolo, in particolare alla proposta di

Hobson e Cole consistente nel chiedere la disarticolazione corporativa dello stato

oltre quella territoriale, e l’instaurazione di una rappresentanza funzionale, cioè degli

interessi costituiti e riconosciuto, accanto a quella territoriale propria dello stato

parlamentare classico.

Secondo l’autore nessuna delle due proposte trasforma la democrazia rappresentativa

in diretta; in primo luogo perché la rappresentanza di categoria (l’unico tentativo di

sostituire la rappresentanza partitica con una organica in Italia è costituito dalle

camere dei fasci e delle corporazioni dell’epoca fascista) non riguarda visioni globali

e non permette decisioni generali; in secondo luogo in quanto affinché si parli di

democrazia diretta (ogni cittadino partecipa alla deliberazione che lo riguarda)

occorre che tra gli individui deliberanti non vi sia alcun intermediario e ovviamente il

delegato, anche se revocabile, è un intermediario sia perché pur essendo vincolato

alle istruzioni che riceve dalla base ha comunque una certa libertà di movimento (se

lui, come gli altri non l’avessero, non si potrebbe arrivare ad una deliberazione

collettiva), sia perché non può essere revocato in qualsiasi momento poiché questo

comporterebbe una paralisi della trattativa.

Anche se la rappresentanza per mandato non è propriamente la democrazia diretta, è

una strada intermedia fra la democrazia rappresentativa e la democrazia diretta; in

questo senso quindi un sistema di democrazia integrale può contenere sia la

democrazia rappresentativa che la democrazia diretta. Di fatto democrazia

rappresentativa e diretta sono due sistemi che possono integrarsi a vicenda, quindi in

un sistema di democrazia diretta entrambe le due forme sono necessarie ma, di per sé

considerate, non sufficienti. Gli istituti di democrazia diretta sono due: l’assemblea

dei cittadini deliberanti senza intermediari e il referendum. Il primo è tipico di

piccole società (come l’Atene del IV - V secolo a.C.), il secondo è l’unico strumento

di democrazia diretta effettivamente applicabile nella maggior parte degli stati di

democrazia avanzata ed è uno strumento applicabile in casi straordinari. 7

Ciò cui assistiamo oggi non è la trasformazione della democrazia da rappresentativa a

diretta, bensì l’allargamento della democrazia politica in senso stretto alla democrazia

sociale, cioè nell’estensione del potere ascendente (potere esercitato a tutti i livelli per

conto del cittadino) al campo della società civile nelle sue varie articolazioni (scuola,

fabbrica ecc…). Ci si è accorti dunque che la democratizzazione dello stato deve

essere affiancata alla e dei suoi spazi di potere e di

democratizzazione della società

organizzazione.

Dal momento che oggi per verificare l’indice di sviluppo democratico non si può più

fare riferimento a chi ha il diritto di voto (data la presenza del suffragio universale

che esclude solo i cittadini minorenni), ma alle sedi in cui si vota, pertanto è

opportuno chiedersi quanti sono gli spazi in cui il cittadino può esercitare il suo

diritto-dovere di elettore. Ad oggi, comunque, i due grandi blocchi di potere

discendente e gerarchico, la grande impresa e l’amministrazione pubblica, non sono

ancora stati intaccati dal processo di democratizzazione; e fino a quando questi due

blocchi resistono all’aggressione delle forze prementi dal basso, la trasformazione

democratica della società non può dirsi avvenuta.

Lo spostamento dello sguardo sulla società mostra come vi siano molti centri di

potere: la democrazia è posta dunque di fronte al problema del pluralismo.

Democrazia e pluralismo sono due regimi che convergono contro l’abuso del potere,

l’una contro il potere autocratico, l’altro contro il potere monocratico. La democrazia

moderna nasce da questa doppia tensione, come potere democratico e policratico

insieme. Il difetto della democrazia rappresentativa è corretto dalla presenza di una

Il pluralismo inoltre rende evidente

pluralità di oligarchie concorrenti, quali i partiti.

un carattere centrale della democrazia moderna: la libertà del considerato

dissenso,

fecondo e non distruttivo del regime democratico. Soltanto dove il dissenso è libero

di manifestarsi, il consenso è reale e il regime è effettivamente democratico. Un

allargamento della democrazia politica a quella sociale passa dunque per un

pluralismo che renda possibile il dissenso e una maggiore distribuzione del potere.

3. I VINCOLI DELLA DEMOCRAZIA

Un sistema democratico è un insieme di regole procedurali delle quali quella della

maggioranza è la principale ma non la sola. Chi voglia parlare di “nuova politica”

deve fare i conti con tali regole. Un sistema democratico è certamente un sistema nel

quale le regole possono essere riviste, va stabilito però quali e come. C’è uno

strettissimo legame tra le regole del gioco ed i giocatori, che nel gioco politico

democratico sono i partiti, mentre il modo principale di fare politica sono le elezioni.

Tra le regole del gioco democratico si distinguono quelle costitutive da quelle

regolanti: queste ultime si limitano a regolare i comportamenti messi in atto dagli

uomini anche se non vi sono regole che li precedono (nutrirsi, accoppiarsi,

passeggiare per strada), le prime invece costituiscono esse stesse comportamenti

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previsti. Molte delle regole del gioco politico sono costitutive (es. il comportamento

elettorale non esiste al di fuori delle leggi che istituiscono e regolano le elezioni).

Regole del gioco, attori e mosse sono solidali tra loro perché senza le une non

possono esistere gli altri. Questo ci fa comprendere perché il ’68 ha rappresentato una

vera rottura: ha fatto sorgere nuovi attori (gruppi e “movimenti” in luogo dei partiti

tradizionali), nuovi modi di fare politica (assemblee, manifestazioni di piazza,

occupazioni di sedi pubbliche, interruzioni di lezioni e riunioni accademiche ecc..);

tuttavia ha rifiutato alcune delle regole fondamentali del sistema democratico: le

elezioni, la rappresentanza senza mandato imperativo (a cui sostituì il principio della

democrazia diretta e della revoca del mandato). Uno dei motivi per cui questa rottura

non ha prodotto però una vera trasformazione del sistema è stato la debolezza delle

proposte alternative proprio in relazione alle regole del gioco o addirittura la

mancanza di un’alternativa che non fosse quella del mutamento dei rapporti di forza

sul presupposto che l’unica alternativa alla lotta regolata è la vittoria del più forte.

Il sistema democratico, nonostante le difficoltà, ha continuato a resistere dal

momento che i partiti tradizionali (suoi principali attori) hanno continuato a

raccogliere attorno a sé la maggioranza dei consensi, nonostante il dilagante

astensionismo. Tuttavia l’astensionismo dal voto non è da vedersi come un dato

preoccupante (sebbe

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gdilorenzo1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del mondo contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Lupo Salvatore.