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DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA

Decide la disposizione delle luci e con il regista sceglie gli obiettivi e il taglio dell’inquadratura,

definisce il tono fotografico del film, coordinandosi anche con lo scenografo e il costumista per

decidere insieme i colori più adeguati al risultato che si intende ottenere. Ha sotto di sé :

OPERATORE

Aziona la macchina da presa ASSISTENTE OPERATORE

Responsabile dei fuochi AIUTO OPERATORE

Cambia gli obiettivi e sostituisce i caricatori della pellicola

SQUADRA DI ELETTRICISTI

Capo elettricista: gaffer. Sistemano le luci

SQUADRA DI MACCHINISTI

Capo macchinista: key grip. Responsabili di tutto ciò che riguarda i movimenti della macchina.

Il video assist è un congegno composto da una videocamera sincronizzata con la macchina da

presa, che registrava le immagini su videocassetta, permettendo di verificare all’istante il lavoro

fatto.

Di solito, l’inquadratura viene comunque girata una seconda volta, per sicurezza, perché una volta

terminate le riprese non ci sarà più modo di migliorare il materiale. Normalmente si lavora con una

sola macchina da presa, ma nel caso di scene di azione molto elaborate si preferisce girare con

più macchine da presa. FONICO

Responsabile del suono il quale registra dialoghi e rumori. È aiutato da un microfonista che regge

la lunga asta del microfono. Durante le riprese il suono viene inciso su un registratore, per essere

unito alle immagini solo in fase di montaggio.

SEGRETARIA DI EDIZIONE

Tiene una specie di diario delle riprese. Ella si segna una quantità di dati relativi a ogni ripresa che

servono ad evitare errori di continuità mentre si gira. 4

ORGANIZZATORE GENERALE

Si occupa degli aspetti logistici-finanziari: ottiene le autorizzazioni per girare in esterno, assicura i

trasporti da e per il set, sovraintende i pasti e i pernottamenti in albergo, cura l’approvvigionamento

della pellicola. Rappresenta la casa di produzione che finanzia il film, da lui dipendono il direttore di

produzione, ispettori, segretari e runner, i quali corrono a prendere tutto ciò che serve.

IL CIAKISTA

In Italia è il più giovane dei macchinisti, mette davanti all’obiettivo il ciak, ossia una lavagna su cui

sono scritti alcuni dati essenziali del film (titolo, nome del regista e del direttore della fotografia) e

della pellicola con cui si sta lavorando in quel momento. Seguono il numero della scena,

dell’inquadratura e della ripresa. Quando sul set si è pronti per girare l’aiuto regista grida:

“Motore!”. L’operatore di macchina e il fonico cominciano a riprendere. Il fonico urla: “Partito!”.

Dopo il ciakista recita ad alta voce i numeri in modo che vengano registrati dal fonico e poi fa

sbattere l’assicella in basso in modo da produrre un rumore secco. Il ciak permette di tenere ordine

nella massa delle inquadrature girate e servirà in postproduzione per unire colonna video e

colonna audio. Infine il regista dice: “Azione!”

Tra gli anni 30 e 50 un film narrativo di 90’ conteneva in media 450/600 inquadrature. Ora le

inquadrature possono essere 600/700/1000, mentre il numero minimo dei ciak realizzati durante la

lavorazione di un lungometraggio sarà quasi certamente oltre le 1000 unità.

Inizia poi la fase della POSTPRODUZIONE che vede il montaggio della colonna visiva e delle

colonne d’audio, uniti tramite il missaggio. Il MONTAGGIO è quella complessa operazione il cui

fine è dare corpo al film a partire dalla massa dei ciak disponibili. Il regista siede accanto al

montatore a al tecnico specializzato nel montaggio. Nel cinema americano classico quasi nessun

regista godeva del diritto del final cut, ovvero la definizione ultima del montaggio del film. Due ruoli

importanti sono l’autore delle musiche e il responsabile dei titoli di testa. Si parla di credits

(titoli). Ci sono quindi i front credits (titoli di testa) che riportano i ruoli principali e compaiono

all’inizio, e gli end credits (titoli di coda) che riportano i ruoli secondari e scorrono alla fine. Si parla

di cartello quando ci si riferisce a un’inquadratura che contiene una scritta (titoli di testa e di coda,

indicazione spaziale o temporale, didascalie del cinema muto, ecc..)

La velocità del montaggio dipende da molti fattori, tra cui il genere cinematografico. I generi

raccolgono film basati su determinati schemi narrativi, che devono possedere un preciso set di

situazioni, personaggi, cliché, che permettono allo spettatore di identificare quel titolo come

appartenente a un determinato genere. I generi si articolano in vari filoni e sotto-generi, e spesso si

ibridano tra loro (vedi “Avatar”). Nel cinema classico si “finge” di non essere frutto di un artificio,

vuole presentarsi come realtà, in modo da permettere l’identificazione dello spettatore e di

catturarlo nella storia. Nel caso dell’animazione la macchina da presa riprende un soggetto

immobile, che tra un scatto e l’altro viene leggermente modificato, in modo tale che in proiezione

avrà l’illusione del movimento. Il cinema d’azione è stato dominato dal disegno animato:

• la stop motion è l’animazione di figure e oggetti tridimensionali con cui si possono

realizzare film di animazione (“Nightmare Before Christmas” Tim Burton)

• la computer animation dove mostri e astronavi dei film di fantascienza sono realizzati con

modellini animati 5

• la pittura su pellicola

• la pixillation ovvero l’animazione della figura umana.

Una volta ultimato il film questo deve essere distribuito nelle sale. L’industri del cinema si struttura

in 3 GRANDI SETTORI: PRODUZIONE (la realizzazione del film), DISTRIBUZIONE (la

circolazione in patria e sul mercato internazionale) ed ESERCIZIO (le sale cinematografiche).

Nella Hollywood classica le cinque major sono: MGM, WARNER BROTHERS, TWENTIETH

CENTURY-FOX, PARAMOUNT, RKO. Esse erano tali perchè controllavano tutti e tre I passaggi, la

cosiddetta INTEGRAZIONE VERTICALE. Gli studio è il luogo dove sorgono gli uffici della casa di

produzione.

In Italia c’erano le sale di prima visione dove uscivano le novità; poi venivano le sale di seconda

visione e quelle di quartiere, in cui passavano i successi che già avevano spopolato nella prima

visione, e dove arrivavano i film di serie B; infine c’erano le sale d’essai e quelle parrocchiali.

Capitolo 2

Messa in scena

L’inquadratura

L’unità di base del linguaggio cinematografico è l’INQUADRATURA ovvero una porzione di

pellicola impressionata in continuità, dalla durata molto variabile. Ma è anche quella porzione di

spazio che viene ritagliata dal mascherino che sta davanti all’obiettivo, anche in questo caso può

andare dal molto piccolo al molto grande. L’inquadratura insiste sull’idea di cornice, mentre il piano

è tutto ciò che sta all’ interno della cornice, oltre che la distanza tra l’obiettivo ed il soggetto.

La filmologia ha distinto una componente PROFILMICA, ovvero il materiale allestito per stare

davanti alla cinepresa, nella dimensione della MESSA IN SCENA, ed una componente FILMICA,

ovvero le scelte relative all’uso della macchina da presa, nella dimensione della MESSA IN

QUADRO.

Perché ci sia racconto deve esserci un mondo in cui si svolga la storia, uno spazio e tempo in cui

collocare gli eventi, una DIEGESI ovvero uno sfondo degli avvenimenti, un mondo dotato di

coerenza e regole. I caratteri di un universo diegetico costituiscono anche un vincolo

all’accettabilità delle cose (es: “Harry Potter” il fatto che le scope volino ha coerenza poiché si parla

di un mondo magico). EXTRADIEGETICO sono quegli elementi del film che non appartengono a

quello spazio, come le voci narranti fuori campo (es: “Il favoloso mondo di Amelie”).

Il FUORI CAMPO è quella porzione di spazio che lo spettatore non vede in un dato momento, ma

è consapevole della sua presenza; un esempio lo troviamo spesso nei dialoghi dove viene usata la

tecnica del campo/controcampo, dove una serie di inquadrature mostrano alternativamente due

soggetti contrapposti e tra loro interrelati. C’è anche il piano d’ascolto dove si inquadra chi ascolta

e non chi parla, nel formato panoramico invece entrambi i personaggi possono stare in campo, uno

sulla dx e l’altro sulla sx, si può anche inquadrare un personaggio al centro dello schermo e l’altro

6

di “quinta”, cioè sotto macchina, di spalle. Nella “nouvelle vague” (tra gli anni 50 e 60, dove si

indica tutte le esperienze di nuovo cinema) si muoveva la macchina da un viso all’altro per creare

continuità.

Il fuori campo può provenire da una fonte che non vediamo, un rumore, oppure l’uscita di un

personaggio da un lato dell’inquadratura. Esso può servire a creare sorpresa (il volto

dell’assassino che sbuca all’improvviso alle spalle della vittima) o avere una funzione simbolica.

La SOGGETTIVA è un’inquadratura filmata dal punto di vista del personaggio, dove il pubblico

guarda “attraverso gli occhi” del personaggio. (es: “Full Metal Jacket” di Kubrick per tutto il finale).

La scenografia e l’illuminazione

Elemento chiave del profilmico è la SCENOGRAFIA, anche detta décor. Si tratta degli edifici, dei

mobili, dei veicoli, degli oggetti di scena che compariranno nel corso della vicenda.

L’opzione fondamentale è tra lavorare in studio o in ambienti reali (da non confondere con

interni/esterni). Tra gli anni 30 e 40 le inquadrature realizzate in studio camuffate da esterni si

facevano con un effetto noto come trasparente, o back projection, dove gli attori recitano di fronte

a uno schermo traslucido su cui, da dietro, vengono proiettate immagini girate altrove. Una

versione più avanzata è il front project, dove il proiettore sta davanti anziché dietro gli attori. Oggi

invece si utilizza il chroma key dove gli attori recitano davanti ad una parete blu o verde su cui, in

fase di postproduzione, saranno inseriti gli sfondi. Il cinema classico girava quasi tutto in studio

oggi invece si prediligono gli ambienti reali.

C’erano dunque le scenografie che si sforzavano di passare inosservate al fine di replicare il

mondo come esso ci appare, e quelle che invece attiravano l’attenzione perché dichiarate

apertamente finte.

Il cinema precedente il neorealismo girava in studio per alcune ragioni:

- non era interessato a costruire ambienti che apparissero reali

- era più economico

- non dovevano badare ai cambiamenti del tempo o alle bizze del caso

Il cinema neorealista sceglieva di girare nelle vere piazze e nelle vere case dell’Italia de

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
17 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher NormaG di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Alonge Giaime.