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Il mondo vegetale nella letteratura antica
L'interesse per il mondo vegetale è stato ampiamente trattato nella letteratura antica. Diverse opere hanno menzionato circa 550 specie diverse e hanno descritto i grandi problemi del mondo botanico.
Uno dei primi autori che si è dedicato all'agronomia è stato Mago, considerato il padre di questa disciplina. Ha scritto un lungo trattato in lingua punica, purtroppo oggi perduto, ma ci sono giunti solo alcuni frammenti.
Un altro autore importante è stato Marco Porzio Catone, noto anche come Catone il Censore. È stato autore di un'unica opera che ci è giunta integra, il De agricultura, una raccolta di regole per l'agricoltore.
Virgilio, famoso poeta romano, ha scritto due opere che trattano il tema del mondo vegetale. Le Bucoliche trattano di un ambiente campestre e di una vita pastorale, mentre le Georgiche sono dedicate interamente alla vita contadina e alla coltivazione dei campi, degli alberi e della vite.
Infine, Lucio Giunio Moderato Columella è ricordato per due opere: De Arboribus, un trattato dedicato alla coltura degli alberi, e De re Rustica, dedicata all'agricoltura con un linguaggio chiaro e preciso.
Questi autori hanno contribuito in modo significativo alla conoscenza e alla diffusione delle pratiche agricole e della coltivazione delle piante nel mondo antico.
Plinio Secondo, detto il Vecchio, scrisse Historia Naturalis che costituisce un compendio delle conoscenze ma anche delle credenze ingenue popolari.IL PAESAGGIO BOTANICO ANTICO
La specie botanica più rappresentata è la palma da dattero, che non solo dava ombra ai primi giardini ma produceva frutti fortemente zuccherini e offriva infinite utilizzazioni di foglie e legno. La palma da dattero non era solo apprezzata per il suo utilizzo, ma anche per la capacità di creare un ambiente gradevole per la frescura. Oltre che di palme, i parchi della piana mesopotamica erano ricchi di conifere e di un albero destinato alla grande diffusione: il platano, spontaneo nell'area montagnosa della regione persiana, prediletto per la sua bellezza e ombreggiatura. In Egitto era assai apprezzato per ombra e frutti, il sacro Hator, la divinità femminile della fertilità. Oltre alle piante descritte furono importanti anche: la palma dum, il gelso moro, il fico, il pesco, il melograno,
Il noce, l'olivo, la vite - altre piante a funzione decorativa furono il cipresso e il ginepro.
CAPITOLO 3: IL GIARDINO DELL'ISLAM: VISIONI DEL PARADISO
ARABIA, UN TERRITORIO DIFFICILE
La penisola arabica, una regione priva di fiumi e scarseggiante di pioggia, si trova il deserto di sabbia più grande al mondo: il Rub al Khali. Presenta una superficie molto ridotta utile per coltivare, questa area viene detta Yemen. Quel territorio fu in epoca antica prospero per i commerci - il reddito, ottenuto attraverso la coltivazione e la commercializzazione degli aromi, permise una sistematica organizzazione del territorio, basata sul controllo delle acque meteoriche. Per favorire le pratiche agricole nella seconda metà del VI secolo a.C. viene costruita una grande diga che raccoglieva in un bacino l'acqua dei torrenti stagionali delle montagne vicine. Dall'invaso artificiale si sviluppava un prodigioso sistema di irrigazione che permise alla grande città,
alle porte del deserto, di essere immersa nel verde di giardini e frutteti. La diga, era un'opera spettacolare, il Corano ne racconta il crollo avvenuto nel V secolo a.C. Nel resto della Penisola Arabica le colture si concentravano nelle verdeggianti oasi di pianura sorte intorno alle rare sorgenti dell'ambiente desertico, dove dominava la palma da dattero, le cui fronde creavano a terra un'ombra fresca un microclima da cui traevano vantaggio le altre coltivazioni. È in questo ambiente che viene praticata la religione di Maometto; alla sua morte la religione da lui introdotta era confinata ad alcune zone della Penisola Arabica, e la popolazione che lo aveva accolto, gli Arabi, viveva ancora all'interno di questa religione. Lo scenario geopolitico dell'epoca classica mutò radicalmente; la conquista araba pose fine al secolare conflitto che aveva posto l'impero romano a quello cristiano per il controllo delle vie carovaniere che collegavano.L'Oriente all'Occidente. L'attenzione al disegno dei condotti d'acqua che attraversavano lo spazio verde marcò già i primi grandi giardini dell'Islam, facendo loro acquisire un valore simbolico che andava ben oltre la funzionalità: i geometrici tracciati irrigui, elaborati nelle oasi per motivi funzionali, divennero uno degli elementi caratterizzanti delle nuove architetture verdi.
CHAHR BAGH, L'OMBRA DEL PARADISO
Nel 762, il secondo califfo Abu Jafar al-Mansur, fondò la prima capitale della nuova dinastia, Baghdad. La città posta in una fertile area lungo il fiume Tigri, ebbe una forma circolare e palazzi con magnifici giardini, creati su terrazze che si affacciavano sul fiume; divenne un importante centro per l'istruzione e le scienze. La regione era anche celebre per la coltivazione di fiori utili per i profumi. Nell'attuale Iraq meridionale si trovava Ctesifonte, ultima capitale dell'impero persiano.
retti dalla dinastia Sasanide. I paradeisos – recinti di caccia e parchi in forma geometrizzata da viali e canali di irrigazione e costellati di padiglioni per la sosta – eretti in corrispondenza dei percorsi, generalmente con un impianto cruciforme. È da qui che gli arabi sviluppano la pianta quadripartita, vera e propria icona del giardino islamico, detta Chahar Bagh – che riprendeva i quattro elementi originari: fuoco, aria, acqua e terra. Basandosi sul numero quattro, i creatori dei giardini islamici si rifacevano alle forme celesti. I giardini tripartiti a quattro non si spiegano solo per la funzione religiosa, ma anche a una funzione pratica e all'esaltazione della dignità regale e fu per questo ampiamente usato nei grandi giardini delle corti islamiche. Esempi di giardini delle corti furono: nel palazzo di Rusafa, nei pressi di Damasco e negli immensi palazzi di Balkuwara, nella città di Samarra. GIARDINI ISLAMICI D'OCCIDENTE In questi luoghiesistevano ancora resti di giardini, come quelli in Portogallo, nella località romana di Conimbriga, nei pressi di Coimbra e in Spagna a Emerita Augusta, oggi Merida. Tracce di quello che fu forse il più esteso insieme di giardini della Spagna islamica fu quello nei pressi di Cordova, all'interno del complesso palaziale di Mandinat al-Zahara, costruito dal sovrano omayyade Adb-ur-Rahman III, per essere distrutto quarant'anni dopo. Il grande palazzo presentava vari spazi verdi in cui si coltivavano piante rare e cui semi furono importati dal Medio Oriente. Il complesso aveva una superfice di 120 ettari e si sviluppava su più terrazzamenti; gli edifici principali, compreso il palazzo del califfo, erano posti al livello superiore, mentre alla quota inferiore si trovavano estesi giardini a pianta quadripartita, con percorsi rialzati rispetto al piano di coltivazione che permettevano di apprezzare meglio le piante. Descrizioni dell'epoca narrano della presenza.di bacini e fontane, gabbie per animali selvatici ed uccelli. Fra le testimonianze di questi giardini chiusi ricordiamo: il Patio del Yeso nell'Alazar Viejo e i due Patios de crucero a Siviglia nel quartiere di Albaicin di Granada. La Moschea di Cordova e quella di Siviglia erano entrambe precedute da parti cintate e porticati, densamente piantati, con palme e aranci. A Cordova, il patio aveva in passato un rapporto diretto con l'interno dell'edificio; la grande moschea, trasformata in seguito in cattedrale, presenta archi a ferro di cavallo sorretti da colonne distribuite ordinatamente che sembrano imitare la regolarità di un frutteto o di un palmeto. Dopo la riconquista cristiana, la tradizione islamica non venne dimenticata, ma anzi proseguì con la realizzazione di grandi giardini in stile moresco, come avvenne già con il re Pietro il Crudele, che fece ricostruire l'Alcazar di Siviglia. Alcazar ha al suo interno un sistema di pati verdi conspecchi d'acqua che riprendono le modalità compositive dell'epoca precedente ed esemplificano l'influenza della cultura islamica sull'architettura spagnola dei secoli successivi. Fra le corti giardino superstiti, la più interessante è quella del Patio de los Leones, patio dei Leoni. Essa è cinta da una galleria porticata che perimetra un giardino quadripartito con al centro una fontana costituita da un bacino retto da dodici leoni. Un secondo patio oggi chiamato Patio dei Mirti a causa della piantagione moderna è il Patio del Estanque, patio del Bacino, che doveva il suo nome alla peschiera rettangolare incassata a raso nella pavimentazione marmorea. Anche il complesso di Granada, Il Generalife, un palazzo con giardini costruito su una ripida pendice collinare che guarda l'Alhambra e la sottostante città. Il Generalife nacque come palazzo estivo del califfo e presenta giardini terrazzati su vari livelli; gli scavi condotti.Giardini d'acqua in Sicilia
Hanno confermato la presenza di un oblungo giardino con giochi d'acqua. Ci si sposta in Sicilia, fu conquistata Palermo. Durante il regno di Ruggero II si avviò la costruzione della residenza urbana della Favara, un palazzo che si specchiava in un bacino artificiale con al centro un isolotto. Nelle vicinanze di Palermo sorsero altri due giardini: il primo, della Zisa, presentava di fronte all'edificio un bacino rettangolare cinto da alberature; il secondo, della Cuba, presentava un giardino dalla vegetazione lussureggiante disegnato intorno a un vasto bacino.
Il giardino Agdal a Marrakech
Il maggiore giardino dell'Africa settentrionale fu Agdal a Marrakech, orto e frutto perfettamente rettangolare, recintato e ordinato geometricamente in moduli quadrati. La realizzazione del giardino fu resa possibile da un mirabile sistema di captazione dell'acqua delle precipitazioni atmosferiche e delle falde freatiche che scendono dai monti dell'Atlante.
Giardini persiani
I giardini persiani furono fonte...
Di ispirazione per la grande scuola di pittura mirata di Tabriz – gli artisti di Tabriz, a cui era affidata la rappresentazione di storie romantiche o epiche, presero a rappresentare gli eventi narrati nei manoscritti, ambientandoli in giardini formali recintati o in paesaggi naturali – fra questi spiccavano il "Libro dei re" diffuso nell'impero ottomano e rappresenta ancora una fonte di informazione sulla vegetazione e sui modi compositivi dei giardini dell'epoca. Timur, un condottiero dalla popolazione islamizzata turca, conquistò parti dell'Asia centrale e delle regioni del mar Caspio, e pose la capitale nei territori conquistati a Samarcanda, di cui vitalizzò il paesaggio facendo creare vari spazi verdi dedicati alle attività di governo e ai cerimoniali della corte. Il giardino chiamato Dilkusha "delizia del cuore" – si trattava di un recinto verde che nella sua vasta estensione raccoglieva padiglioni, attendamenti,
i Gengis Khan e dei suoi successori ha portato alla diffusione di una nuova cultura e di nuove tradizioni in questa regione. Samarcanda è diventata un importante centro commerciale e culturale, con splendidi palazzi e moschee che testimoniano la grandezza dell'Impero Mongolo. Oggi, la città è un importante sito turistico, visitato da persone provenienti da tutto il mondo per ammirare la sua bellezza e la sua storia millenaria.