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SCALE DI EQUIVALENZA:
viene utilizzata per confrontare il livello di benessere economico di famiglie
diverse per ampiezza sulla base di reddito e consumi equivalenti e viene
calcolata dividendo il reddito o i consumi per il coefficiente che rappresenta
l’ammontare di risorse necessarie per ciascun componente. Il calcolo della
soglia di povertà è possibile in relazione sia alla povertà assoluta che alla
povertà relativa, ma con due modalità di calcolo differenti. Per quanto concerne
la povertà assoluta quest’ultima è calcolata sulla base dei costi dei beni di
prima necessità. Per quanto riguarda gli stati uniti la soglia è calcolata sulla
base del costo minimo del fabbisogno nutrizionale calorico medio individuale
giornaliero e della quota di reddito che le famiglie povere destinano alle spese
alimentari. La soglia inoltre era adattata alla tipologia familiare (numero di
componenti, figli minorenni, anziani). Per quanto riguarda l’Italia invece la
soglia, calcolata l’ISTAT, è realizzata a partire dalla definizione dei costi richiesti
per la soddisfazione di 3 mansioni fondamentali:
Spese alimentari
Spese per l’abitazione
Quita residua (vestiti, abbonamento mezzi ecc)
Questa modalità di calcolo è stata, nel corso degli anni, modificata: infatti ad
oggi ci si concentra maggiormente su ogni singola famiglia in proporzione al
numero e all’età dei componenti in modo tale da poter operare una
comparazione anche tra famiglie con caratteristiche differenti. Riguardo alla
povertà relativa invece questa è calcolata sulla base delle spese per consumi.
Relazione a tale soglia è considerata povera quella coppia d’individui il cui
reddito mensile è uguale o minore al reddito procapite relativo ad un singolo
soggetto.
Inoltre è possibile utilizzare più soglie contemporaneamente: soglia standard +
altre soglie. In questo caso è possibile discriminare diverse categorie di
soggetti:
SICURAMENTE POVERI: persone tanto al di sotto della soglia
APPENA POVERI: persone al di sotto della soglia ma vicino ad essa
QUASI POVERI: persone tanto al di sotto della soglia, ma di poco
SICURAMENTE NON POVERI: persone tanto al di sopra della soglia
Per quanto riguarda l’interpretazione della povertà relativa tale da procedura è
assai complicata in particolar modo perché rischia di essere con il concetto di
disuguaglianza. Una questione da dover tenere in considerazione è la stretta
connessione che intercorre tra la soglia di povertà e la distribuzione dei redditi
monetari. Tale relazione è tale per cui all’aumentare della crescita economica
aumenta la povertà (in quanto le persone ricche divengono sempre più ricche e
le persone povere, automaticamente accrescono la povertà) e viceversa nei
momenti di crisi la povertà si riduce (si limita la differenza tra i poveri e quelli
con reddito più stabile).
La povertà relativa inoltre è calcolata su base territoriale e ciò implica che la
soglia è calcolata in relazione al contesto territoriale in cui la persona è inserita.
Oltre alle soglie sopra citate esiste un’altra tipologia di soglia: quella soggettiva
attraverso la quale si chiede direttamente alle famiglie di giudicare la loro
posizione economica rispetto al contesto assoluto e relativo. Sulla base della
soglia soggettiva e del suo utilizzo accanto agli altri tipi di soglia si è potuto
dividere le famiglie in 4 categorie:
CONSAPEVOLMENTE POVERE: famiglie oggettivamente e
soggettivamente povere
SOLO SOGGETTIVAMENTE POVERI
APPARENTEMENTE POVERE: persone oggettivamente non povere che
pensano di esserlo
CONSAPEVOLMENTE NON POVERE: sia oggettivamente che
soggettivamente non povere
Da ciò si evince che gli indici soggettivi non sempre possono essere chiariti
attendibili. Tuttavia calcolarla e misurare la povertà solo ed esclusivamente in
relazione ad una determinata annata non è sufficiente per consapevolizzarsi
degli stati in cui vertono le famiglie, al fine di tale presa di coscienza grande
rilievo hanno le ricerche longitudinali. Quest’ultime, di difficile realizzazione
per l’elevato costo di attuazione, hanno molteplici scopi:
Studiare il ciclo di vita di una famiglia, la sua entrata o uscita della
povertà nonché i messi che influiscono su tali condizioni
Valutare l’efficienza e l’efficacia delle misure di sostegno
Considerare quali sono i gruppi solo momentaneamente poveri e quelli
che invece permangono nella condizione
Fonti importanti di dati longitudinali:
EU-SILC: ha come obiettivo la creazione di statistiche comunitarie su
reddito, povertà ed esclusione sociale.
INDAGINI MULTISCOPO DELL’ISTAT: sono a carenza annuale e
ricavano informazioni circa le condizioni economiche delle famiglie e sulle
caratteristiche dell’abitazione di un numero assai ampio di famiglie
INDAGINI SULLE FAMIGLIE DELLA BANCA D’ITALIA
L’AGGREGAZIONE
Si propone l’obiettivo di capire quanti sono i poveri. A tale fine, fino agli anni 70
del 900, venivano utilizzati tre distinti indicatori:
INDICE DI DIFFUSIONE: indica la qualità di poveri sul totale della
popolazione e si calcola dividendo al totale delle persone sotto la soglia
di povertà, per il totale della popolazione. Questo indice è spesso il più
usato in quanto il più immediato, ma nulla ci dice circa la distribuzione
del reddito trai i poveri. Al fine di ovviare a questa mancanza viene
utilizzato un altro indice
INDICE DI INTENSITA’: calcola di quanto i poveri sono poveri, ossia di
quanto il loro reddito è inferiore rispetto alla soglia di povertà. La pecca
di questo indice è la sua incapacità di considerare il numero di persone
coinvolte bensì considera solo il divario dei redditi rispetto alla linea della
povertà
INDICE DI PROFONDITA’: valuta il rapporto tra i divari medi di povertà
e a linea di povertà (somma dei divari di povertà/totale popolazione).
Risulta anch’esso insoddisfacente in quanto considera solo la media dei
divari e non quanto questa è distribuita tra i poveri. Questi indici vengono
definiti tradizionali in quanto on hanno alla loro base alcun tipo di
fondamento etico o morale
Nel 1976 Sen operò una rivoluzione relativa alla metodologia di rilevazione di
dati statistici sulla povertà mettendo a punto l’APPROCCIO ASSIOMATICO.
Tale approccio si basava sul presupposto secondo il quale dovessero essere
fissati in precedenza dei principi (assiomi) in grado di chiarire le scelte etiche
che orientano la costruzione di un indice. I due principali assiomi sono:
MONOTONICITA’: l’indice deve aumentare se il reddito di qualunque dei
soggetti poveri si riduce e viceversa
TRASFERIMENTO: l’indice deve aumentare se si verifica un
trasferimento di denaro da un soggetto sotto la soglia ad uno sopra,
viceversa deve ridursi se il trasferimento di denaro è inverso
Sulla base di questi due principi i tre indici precedenti non risultano idonei in
quanto non soddisfano o soddisfano solo in parte i suddetti assiomi:
Diffusione: non rispetta nessuno dei due in quanto rimane invariato sia
nel primo caso sia nel secondo
Intensità: coerente con il secondo solo quando si verifica un
superamento della soglia da parte di un povero, e coerente al primo solo
se il povero subisce una riduzione del reddito
Profondità: soddisfa solo il primo e non il secondo
Accanto ai due assiomi principali vi sono:
SIMMETRIA DELLA POPOLAZIONE: l’indice deve rimanere invariato in
presenza di un cambiamento del vettore dei redditi che non comporti una
modifica della distribuzione di frequenza (es. 9,4,15,8- 8,15,4,9)
PROPORZIONE DEI POVERI: se la frazione dei poveri cresce l’indice
deve crescere e viceversa
IDENTIFICAZIONE
L’indice deve essere invariato se avviene una ridistribuzione che interessa le
persone sopra la soglia, viceversa deve aumentare.
Sino ad ora ci si è focalizzati prettamente su indici in grado di calcolare
l’aspetto economico e monetario della povertà. Tuttavia quest’ultima
comprende anche altri aspetti: istruzione, godere di buona salute, difficoltà di
accesso ai servizi. A tali fine sono stati creati indicatori che fossero in grado di
comprendere la natura multipla della povertà.
MISURE DI DEPRIVAZIONE MULTIPLA (Townsend): questi stilò
indicatori che racchiuse in 12 item. Questi concepiva la povertà come
mancanza di risorse per conseguire un’alimentazione, partecipazione
sociale e tenore di vita che corrispondono ad un livello medio di sviluppo.
IPU (indice di povertà umana): prende in considerazione la
deprivazione in relazione alla longevità al livello d’istruzione e al reddito.
Si divide in:
IPU-1: utilizza come indicatore inverso di longevità gli individui che alla
nascita hanno una speranza di vita inferiore a 40 anni, tasso di
analfabetismo (paesi ricchi)
IPU-2: uguale al precedente, ma speranza di vita a 60 anni (paesi
poveri)
INDICE DI RISCHIO DI POVERTA’ (Eurostat): combinazione di tre
indicatori semplici, ovvero indicatori di persone a rischio povertà dopo i
trasferimenti sociali, quota di persone in condizioni di grave deprivazione
materiale e quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di
lavoro.
Tale indicatore cela molti problemi d’interpretazione dati dal fatto che le
persone povere tentano, comunque, di mantenere uno stile di vita dignitoso. A
questi indicatori se ne affiancano altri su base territoriale. Tali indicatori si
concentrano maggiormente sulle zone di svantaggio (alto tasso di immigrati,
disoccupazione, abbandono scolastico) e sono soggetti a due problemi
interpretativi:
Le comunità hanno caratteristiche che non corrispondono alla somma
delle caratteristiche degli individui che risiedono nel luogo
Il significato degli indicatori può variare dal passaggio dall’indicatore
individuale a quello aggregato.
CAPITOLO 6: IL MODELLO ITALIANO DI POVERTA’
Il capitolo parte definendo la condizione italiana a partire dal dopoguerra. La
scrittrice spiega la sua decisione di partire ad analizzare le condizioni degli anni
500 sostanzialmente per due motivi: in primo luogo in questo periodo vi è
l’esodo dei contadini che inizieranno a emigrare e in secondo luogo a questi
anni fanno riferimento le ricerche condotte sulla povertà. In realtà gia negli
anni 30 vennero effettuate alcune ric