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Talvolta si ha l’impressione che l’azione semplifichi, poiché, all’interno di un’alternativa, si decide, si

sceglie. In effetti, l’azione è decisione, scelta, ma è anche scommessa. E nel concetto di scommessa

vi è la coscienza del rischio e dell’incertezza. Interviene qui l’ecologia dell’azione. Dal momento in cui

un individuo intraprende un’azione, quale che sia, questa comincia a sfuggire alle sue intenzioni.

L’azione entra in un universo di interazioni e, alla fine, è l’ambiente che se ne impossessa nel senso

che essa può divenire contraria all’intenzione iniziale. L’azione ritornerà come un boomerang sulla

nostra testa. Questo ci obbliga a controllare l’azione, a cercare di correggerla – se si è ancora in

tempo – e talvolta a silurarla. L’ecologia dell’azione significa dunque tener conto della complessità che

essa comporta, con i suoi rischi, con i suoi casi, con le sue iniziative, con le sue decisioni, con i suoi

imprevisti, e richiede inoltre la coscienza delle derive e delle trasformazioni. Una delle più grandi

acquisizioni del XX secolo è stata la dimostrazione di teoremi di limitazione della conoscenza, per

quanto concerne sia il ragionamento sia l’azione. In questo campo, segnaliamo il teorema di Arrow

che stabilisce l’impossibilità di aggregare un interesse collettivo a partire dagli interessi individuali

nonché di definire un piacere collettivo a partire dalla somma dei piaceri individuali. In senso lato, è

impossibile porre un algoritmo di ottimizzazione nei problemi umani: la ricerca dell’ottimizzazione

supera ogni possibilità di ricerca disponibile e rende alla fine non ottimale se non pessimale, la ricerca

di un optimum. Si è trascinati in una nuova incertezza fra la ricerca del bene maggiore e la ricerca del

male minore. D’altronde, la teoria dei giochi di Von Neumann indica che, eccetto che nel caso di un

duello fra due attori razionali, non si può decidere in modo certo circa la strategia migliore. Ora, i

giochi della vita comportano raramente due attori, e ancora più raramente attori razionali. Infine,

l’ecologia dell’azione comporta quattro principi di incertezza.

Il principio di incertezza, nato dalla doppia necessità del rischio e della precauzione. Per ogni azione

intrapresa in ambiente incerto, vi è la contraddizione fra il principio di rischio e il principio di

precauzione, essendo sia l’uno sia l’altro necessari; si tratta di poterli connettere malgrado la loro

opposizione.

Il principio di incertezza del fine e dei mezzi. Poiché i mezzi e fini inter-retro-agiscono gli uni sugli altri,

è pressoché inevitabile che mezzi ignobili al servizio di fini nobili pervertano questi ultimi e finiscano

per sostituirsi ai fini. I mezzi che assoggettano, impiegati per fini liberatori possono non solo

contaminare questi fini, ma anche autofinalizzarsi. Non è assolutamente certo che la purezza dei

mezzi porti ai fini desiderati, né che la loro impurità sia necessariamente nefasta.

Ogni azione sfugge alla volontà del suo autore entrando nel gioco delle inter-retro-azioni dell’ambiente

in cui essa interviene. Questo è il principio caratteristico dell’ecologia dell’azione. Azione che rischia

non solo l’insuccesso ma anche la deviazione o la perversione rispetto al senso iniziale, e può anche

rivoltarsi contro i suoi iniziatori. L’azione può avere tre tipi di conseguenze inopinate, come argomenta

Hirschman:

- l’effetto perverso, l’effetto nefasto inatteso è più importante dell’effetto benefico sperato;

- l’inanità dell’innovazione, più cambia, più rimane uguale;

- la messa a rischio delle acquisizioni raggiunte, si è voluto migliorare la società, ma si è riusciti solo a

sopprimere libertà o sicurezze.

Si possono certamente considerare o prevedere gli effetti a breve termine di un’azione, ma i suoi

effetti a lungo termine sono imprevedibili. Vi sono due viatici per affrontare l’incertezza dell’azione. Il

primo è la piena coscienza della scommessa che la decisione comporta, il secondo è il ricorso alla

strategia. Una volta stabilita la scelta meditata di una decisione, la piena coscienza dell’incertezza

diventa piena coscienza di una scommessa. Pascal aveva riconosciuto che la sua fede derivava da

una scommessa. La nozione di scommessa deve essere generalizzata a ogni fede, così come deve

essere generalizzata ad ogni decisione etica. La strategia deve prevalere sul programma. Il

programma stabilisce una sequenza di azioni che devono essere eseguite senza variazione in un

ambiente stabile, ma, dal momento che vi è una modifica delle condizioni esterne, il programma è

bloccato. La strategia, per contro, elabora una scenario d’azione esaminando le certezze e le

incertezze della situazione, le probabilità, le improbabilità. Lo scenario può e deve essere modificato

secondo le informazioni raccolte, i casi, i contrattempi o le sorti favorevoli incontrate strada facendo.

Possiamo, nelle nostre strategie, utilizzare piccole sequenze programmate, ma, in un ambiente

instabile e incerto, si impone la strategia. Quest’ultima può e deve formulare compromessi. Così, la

risposta alle incertezze dell’azione è costituita dalla scelta meditata di una decisione, dalla coscienza

della scommessa, dall’elaborazione di una strategia che tenga conto delle complessità inerenti alle

proprie finalità, che possa modificarsi in corso d’azione, in funzione dei casi, delle informazioni, dei

cambiamenti di contesto, e che possa prendere in considerazione l’eventuale siluramento dell’azione

che avesse imboccato un corso dannoso.

L’incomprensione permane generale. Il problema della comprensione è divenuto cruciale per gli

umani. Insegnare la comprensione fra gli umani è la condizione e la garanzia della solidarietà

intellettuale e morale dell’umanità. Il problema della comprensione è doppiamente polarizzato:

- un polo divenuto planetario: quello della comprensione fra lontani, poiché si moltiplicano gli incontri e

le relazioni tra persone, culture, popoli che appartengono a culture differenti;

- un polo individuale: quello delle relazioni fra vicini. Queste relazioni sono sempre più minacciate

dall’incomprensione. L’assioma “più si è vicini, meglio ci si comprende” possiede una verità solo

relativa, e gli si può opporre l’assioma contrario “più si è vicini, meno ci si comprende”, poiché la

prossimità può alimentare malintesi, gelosie, aggressività.

La comunicazione non produce comprensione. L’informazione, se è ben trasmessa e compresa,

produce intelligibilità, prima condizione necessaria ma non sufficiente alla comprensione. Vi sono due

livelli di comprensione: quello della comprensione intellettuale o oggettiva e quello della comprensione

umana intersoggettiva. Comprendere significa intellettualmente apprendere insieme. La comprensione

intellettuale passa attraverso l’intelligibilità e la spiegazione. Spiegare è considerare come oggetto ciò

che si deve conoscere e applicarvi tutti i mezzi oggettivi di conoscenza. La spiegazione è necessaria

alla comprensione intellettuale o oggettiva. La comprensione umana va oltre la spiegazione.

Quest’ultima è sufficiente per la comprensione intellettuale o oggettiva delle cose astratte o materiali.

È insufficiente per la comprensione umana. Questa comporta una conoscenza da soggetto a

soggetto. L’altro non è solo concepito oggettivamente, è percepito come un altro soggetto con il quale

ci si identifica e che viene identificato con sé, un ego alter che diventa alter ego. Comprendere

comporta necessariamente un processo di empatia, di identificazione e di proiezione. Sempre

intersoggettiva, la comprensione richiede apertura, simpatia, generosità.

Gli ostacoli esterni alla comprensione intellettuale o oggettiva sono molteplici. La comprensione del

senso delle parole di un altro, delle sue idee, della sua visione del mondo è sempre minacciata da

ogni parte. Vi è il rumore che parassita la trasmissione dell’informazione, che crea il malinteso o il non

inteso. Vi è la polisemia di un concetto che, enunciato in un senso, è inteso in un altro. Vi è l’ignoranza

dei riti e dei costumi altrui, che può condurre a offendere inconsapevolmente o a squalificare se stessi

nei confronti degli altri. Vi è l’incomprensione dei valori imperativi diffusi all’interno di un’altra cultura.

Vi è l’incomprensione degli imperativi etici propri di una cultura. Vi è spesso l’impossibilità di

comprendere le idee o gli argomenti di un’altra visione del mondo. Vi è l’impossibilitò di una

comprensione tra una struttura mentale e un’altra. Gli ostacoli interni alle due comprensioni sono

enormi; sono non soltanto l’indifferenza, ma anche l’egocentrismo, l’etnocentrismo, il sociocentrismo,

che hanno come tratto comune il fatto di situarsi al centro del mondo e di considerare come

secondario, insignificante e ostile tutto ciò che è straniero o lontano.

L’egocentrismo mantiene la self-deception, l’autoinganno, generato attraverso l’autogiustificazione,

l’autoglorificazione e la tendenza a rigettare sugli altri, lontani o vicini, la causa di tutti i mali. La self-

deception è un complesso gioco rotatorio di menzogna, sincerità, convinzione, duplicità, che ci porta a

percepire in modo peggiorativo le parole e gli atti altrui, a selezionare ciò che è loro favorevole, a

selezionare i nostri ricordi gratificanti, a eliminare o a trasformare quelli disonorevoli. L’incomprensione

di sé è una fonte molto importante dell’incomprensione nei confronti degli altri.

Etnocentrismo e sociocentrismo nutrono le xenofobie e i razzismi, che possono giungere fino a negare

allo straniero la qualità di umani.

Ridurre la conoscenza di un complesso a quella di uno dei suoi elementi, giudicato come il solo

significativo, in etica ha conseguenze peggiori che in fisica. È questo modo dominante di conoscenza,

riduttore e semplificatore, che determina la riduzione di una personalità, multipla per natura, a uno

solo dei suoi tratti. Se il tratto è favorevole, vi sarà misconoscimento degli aspetti negativi di questa

personalità. Se è sfavorevole, vi sarà misconoscimento dei suoi tratti positivi. In entrambi i casi vi sarà

incomprensione.

I più gravi ostacoli alla compre

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Publisher
A.A. 2019-2020
9 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiara_and di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof D'Andrea Fabio.